ESPROPRIAZIONE
. È l'atto mediante il quale un soggetto viene privato del diritto di proprietà che ha sopra una cosa, a favore di un terzo. Per ciò che si riferisce all'espropriazione che avviene in seguito a inadempienza di obblighi contrattuali v. esecuzione. Qui ci si limiterà a trattare della
Espropriazione per pubblica utilità.
È questo un atto di sovranità che lo stato esercita, previo indennizzo, anche a favore di terzi per raggiungere un fine di pubblico e generale vantaggio.
La proprietà, come altri diritti individuali, mentre si comporta quale diritto assoluto e perfetto nei rapporti fra i singoli, appare un semplice diritto condizionato nei confronti della collettività, dello stato. La ragione di questa diversa consistenza della proprietà nei due campi risiede nell'essenza stessa del diritto privato, il quale è sempre l'effetto dell'ordinamento pubblico dello stato: tale ordinamento, limitandosi, rende possibile il pieno svolgimento di diritti soggettivi perfetti nel campo delle autonomie lecite degl'individui, autonomie che, considerate rispetto all'ordinamento pubblico, costituiscono le libertà individuali. Alcune di queste libertà sono garantite ai singoli in modo assoluto; altre, fra cui la libertà di proprietà, sono garantite solo in quanto compatibili con determinati interessi pubblici. L'espropriazione costituisce pertanto l'atto con cui la libertà di proprietà viene sacrificata all'interesse pubblico. Perciò, tale atto deve riguardarsi come un provvedimento esclusivamente di diritto pubblico, destinato ad agire in modo immediato sopra un diritto soggettivo pubblico e solo mediatamente sopra il diritto privato di proprietà. Sono, quindi, da rifiutarsi quelle definizioni che condurrebbero ad avvicinare l'espropriazione ad alcuni istituti privatistici (vendita forzata; vendita nella quale la volontà del venditore sarebbe sostituita dalla volontà dello stato). L'istituto, invece, appartiene esclusivamente al diritto pubblico ed è del tutto regolato da norme pubblicistiche di diritto amministrativo. Né a diverso avviso può indurre la considerazione del compenso che viene corrisposto all'espropriato. Tale compenso non è un prezzo, ma un'indennità, in quanto l'espropriazione è uno degli esempî più tipici della responsabilità di diritto pubblico per atti legittimi. L'ordinamento giuridico, mentre comporta che un diritto possa essere sacrificato a un semplice interesse, quando il valore di questo sia socialmente superiore a quello, chiama però responsabile il soggetto di tale interesse per il sacrificio così legittimamente apportato, in base al principio di giustizia, per cui ogni danno giuridico deve incidere il meno possibile nel patrimonio di colui che di fatto ne è colpito e il più possibile in quello di colui (individuo o collettività) per il cui vantaggio si è verificato. Questo principio, che sta a fondamento di molte forme di responsabilità per danni legittimi, è anche il fondamento dell'indennità che deve accompagnare l'espropriazione.
Storicamente l'espropriazione si afferma come istituto giuridico normale solo nelle legislazioni moderne. Nel diritto romano poté essere praticata solo eccezionalmente e a mezzo di atti legislativi; nell'età di mezzo, sotto l'influenza della dottrina dello stato patrimoniale e del dominio eminente del principe sopra i beni dei sudditi, fu oggetto di un uso arbitrario e di frequenti abusi. Gli statuti comunali offrono esempî di savie disposizioni sulla materia: ma di esse si cercherebbe invano un ulteriore svolgimento nel successivo periodo delle signorie assolute e dello stato di polizia. Le prime carte costituzionali moderne (es., quella francese del 1791) si preoccuparono di affermare l'inviolabilità della proprietà privata, quale uno dei diritti naturali dell'uomo, ammettendo la espropriazione solo in caso di assoluta necessità pubblica. Le prime leggi sulla materia circondarono l'istituto di tante condizioni e limitazioni, da renderlo inadeguato ai suoi fini. Successivamente, la possibilità dell'espropriazione per semplice utilità pubblica fu sancita dalle nuove costituzioni: onde lo statuto italiano (1848), riproducendo gli articoli 8 e 9 della carta francese 1830, dispose all'art. 29: "tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili. Tuttavia, quando l'interesse pubblico legalmente accertato lo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto o in parte, mediante una giusta indennità e conformemente alle leggi".
L'atto che disciplinò l'istituto dell'espropriazione, dopo l'unificazione del regno, sostituendo quelli già vigenti in alcuni degli antichi stati, è la legge 25 giugno 1865, n. 2359. Questa costituisce tutt'ora il testo fondamentale sulla materia, salvo alcune modificazioni introdotte con la legge 18 dicembre 1879, n. 5188, e più recentemente col decr. 8 febbraio 1923, n. 422, e con la legge 3 aprile 1926, n. 686. Numerosissime, però, sono le fonti legislative che hanno dettato norme speciali per determinati luoghi o per determinate categorie di opere pubbliche. Ci limitiamo a ricordare: la legge 15 gen. 1885, n. 2892, sul risanamento della città di Napoli, estesa in seguito a molte altre località e completata dalle leggi 7 luglio 1902, n. 290, 11 luglio 1913, n. 921, e dal decreto-legge 27 febbraio 1919, n. 219; la legge 7 luglio 1907, n. 429, sull'esercizio di stato delle ferrovie (art. 77), completata in ciò dal decr. 24 settembre 1923, n. 2119; il testo unico 12 ottobre 1913, n. 1261, delle leggi emanate in conseguenza del terremoto calabro-siculo. Per la riforma e l'unificazione di questo materiale legislativo sono state nominate nei varî tempi commissioni governative e parlamentari: una commissione nominata dal governo formulò nel 1927 un vasto progetto organico, comprendente anche le norme sulle requisizioni. Tale progetto non è stato ancora reso di pubblica ragione.
Legislazione italiana vigente. - Elementi dell'espropriazione. - Sono i soggetti, l'oggetto, la causa e l'indennità.
a) Soggetti del rapporto di espropriazione sono: lo stato, in questa specifica competenza, l'espropriante e l'espropriato. Lo stato esercita le funzioni relative all'espropriazione principalmente per mezzo del prefetto. L'espropriante può essere qualunque soggetto, cui sia affidata la cura di quell'interesse pubblico specifico, che volta per volta giustifica l'espropriazione. Tale soggetto può essere lo stato stesso rappresentato da un organo diverso dal prefetto, ossia dall'organo che presiede al ramo d'amministrazione per il quale essa è chiesta, può essere un soggetto di amministrazione autarchica, come una provincia, un comune, un'associazione sindacale; può infine trattarsi di un privato, il quale per l'esecuzione di un'opera di pubblico interesse abbia bisogno di ricorrere all'espropriazione. In quest'ultima ipotesi deve riconoscersi uno dei numerosi esempî di esercizio privato di attività pubblica. Espropriato è detto nella nostra legge l'attuale proprietario della cosa che è oggetto dell'espropriazione: di solito un privato, penona fisica o giuridica; può essere però anche un ente pubblico e lo stato stesso, in un ramo d'amministrazione diverso da quello che domanda l'esproprio (art. 58).
b) Oggetto dell'espropriazione possono essere soltanto cose certe determinate e non fungibili, perché solo queste possono presentare quella utilità esclusiva, che giustifica l'istituto. Per questo, l'art. 1 della legge generale ricorda come oggetto di espropriazione soltanto "i beni immobili e i diritti relativi agl'immobili": la proprietà immobiliare, infatti, presenta sempre quel carattere monopolistico, determinato dalla sua ubicazione da cui può derivare l'accennata utilità specifica. Però anche alcune categorie di cose mobili, in quanto soddisfino altrimenti a tale condizione, possono formare oggetto dell'espropriazione. Tali sono: i materiali da costruzione, che si trovano in prossimità dei luoghi ove si costruiscono opere pubbliche; i quadrupedi e i veicoli annualmente necessarî all'esercito e, in tempo di guerra, ogni merce che con provvedimento speciale venga dichiarata oggetto di requisizione militare o civile; gli oggetti aventi valore artistico, storico o archeologico; i diritti di autore e quelli di privativa industriale, limitatamente all'interesse della difesa nazionale. In questa voce sarà trattata soltanto l'espropriazione immobiliare, trovando le altre svolgimento sotto gli speciali titoli. Riguardo ai beni appartenenti agli enti pubblici e allo stato, sembra che siano da escludersi dall'espropriazione i beni demaniali: non così invece i beni semplicemente indisponibili.
c) Come causa dell'espropriazione intendiamo non quella giuridica e immediata, ma quella remota e naturale, ossia il motivo pratico del provvedimento. L'art. 1 della legge, precisa che l'espropriazione può aver luogo "per l'esecuzione di opere di pubblica utilità". Questo principio restringe fortemente il campo d'applicazione dell'istituto e importa che l'espropriazione non possa mai essere praticata per motivi finanziarî e di speculazione e neppure a scopo di economia sociale, quale sarebbe la sostituzione del sistema latifondista con quello della piccola proprietà, o la sottrazione delle terre a proprietarî inetti per trasferirle ad altri moralmente e termicamente capaci. Nonostante la lettera dell'art. 1, è stato ritenuto dalla giurisprudenza che l'espropriazione di un immobile possa ottenersi, oltreché allo scopo di trasformarlo, adoprandolo nella costruzione di una nuova opera, anche al fine di conservarlo, adibendolo a un servizio pubblico, al quale per sé stesso sia idoneo. La legge, inoltre, ammette che, nel caso normale di espropriazione per la costruzione di un'opera, possano essere espropriate porzioni di beni non destinate all'opera stessa. Ciò può aver luogo per due diversi fini: 1. Il primo riguarda il più completo raggiungimento del fine pubblico a cui l'opera è destinata: "possono comprendersi nell'espropriazione non solo i beni indispensabili all'esecuzione dell'opera pubblica, ma anche quelli attigui in una determinata zona, l'occupazione dei quali conferisca direttamente allo scopo principale dell'opera stessa" (art. 22). L applicazione più comune di tale disposizione si è avuta nel caso della costruzione di nuovi quartieri urbani: oltre il terreno necessario alla formazione delle nuove strade, è stato opportuno espropriare anche i terreni laterali alle future vie, al fine di assicurare la costruzione dei nuovi edifici necessarî a integrare il nuovo quartiere. L'art. 34 del decreto 8 febbraio 1923, troncando una questione lungamente dibattuta, ha reso possibile l'espropriazione delle dette zone, anche nel caso che gli attuali proprietarî si obblighino a dare essi alle zone stesse la prevista nuova destinazione. 2. L'altro caso contempla l'espropriazione a richiesta dei proprietarî, di quelle porzioni residue degli edifici e terreni in parte soltanto segnati nel piano di esecuzione, qualora le medesime siano ridotte per modo da non poter più avere per il proprietario un'utile destinazione o siano necessarî lavori considerevoli per usarne in modo profittevole (art. 23).
d) L'indennità di espropriazione, che è sempre rappresentata da una somma di denaro, deve corrispondere al giusto prezzo che avrebbe l'immobile in una libera contrattazione di compravendita" (art. 39). Ciò importa che essa deve essere determinata in base al valore commerciale della cosa, escluso ogni elemento di valutazione soggettiva e personale. In caso di espropriazione parziale, l'indennità consiste nella differenza fra il giusto prezzo, che avrebbe avuto l'immobile prima dell'espropriazione, e il giusto prezzo che potrà avere la residua parte dopo di essa (art. 40). Accanto al sistema della legge comune, si deve ricordare quello della legge speciale per Napoli, già citata, che per le numerose sue estensioni è in pratica di applicazione quasi altrettanto generale. Secondo l'art. 13 di tale legge, l'indennità viene stabilita in base alla media dei fitti pagati per l'immobile nell'ultimo decennio e, in mancanza, in base alla cifra che rappresenta il reddito imponibile agli effetti dell'imposta immobiliare. Questo secondo criterio induce il più delle volte ad attribuire al fondo un valore puramente teorico, molto spesso inferiore a quello reale. Tornando alla legge generale, il momento a cui si deve aver riguardo nella determinazione dell'indennità non è quello della pubblicazione del piano particolareggiato dei lavori (come talora è stato ritenuto, per un'inesatta interpretazione dell'art. 43), ma quello in cui di fatto si procede a tale determinazione, sia con l'offerta e l'accettazione, sia con gli altri mezzi di cui sarà detto parlando del procedimento. Nel determinare l'indennità, non deve essere tenuto conto, secondo la legge: 1. delle costruzioni, piantagioni e migliorie, quando, avuto riguardo al tempo e alle circostanze in cui furono fatte, risulti che siano state compiute allo scopo di conseguire un'indennità maggiore: salvo il diritto del proprietario di asportare a sue spese i materiali e tutto ciò che può essere tolto senza pregiudizio dell'opera da eseguirsi; 2. dell'aumento di valore che dall'esecuzione dell'opera sarebbe derivato al fondo compreso nell'espropriazione; 3. della privazione di utilità puramente di fatto, alle quali l'espropriato non possa dimostrare di aver avuto diritto; 4. dei danni transitorî, che il proprietario risenta a causa dell'espropriazione, quale, trattandosi di edifici, l'abbandono da parte degli inquilini prima della perdita della proprietà.
Nel caso di espropriazione parziale, possono verificarsi invece dei danni, di cui è obbligatorio tener conto nel calcolo dell'indennità; come pure possono verificarsi dei vantaggi, che inducono in essa una riduzione Quanto ai primi, si deve trattare di danni permanenti, che rendano il valore della parte residua inferiore a quanto risulterebbe da una stima basata soltanto sulla sua entità materiale. Rientrano fra tali danni la perdita dell'accesso sopra una via principale, la perdita di una servitù attiva, la costituzione o l'aggravamento di una servitù passiva. Nel caso che una servitù debba essere soltanto spostata, senza danno o disagio notevole, deve essere tenuto conto solo delle spese necessarie per i lavori di trasferimento. L'indennità per la parte espropriata subisce, invece, una detrazione, quando alla parte residua derivi dall'esecuzione dell'opera pubblica un aumento di valore. La detrazione in parola non può superare la metà dell'indennità dovuta; e, anzi, solo che superi di essa la quarta parte, il proprietario ha diritto di abbandonare all'espropriante l'intero immobile e di riceverne l'intero valore: ciò, però, a condizione che il valore della parte espropriata superi il quarto del valore intero. Evidentemente, l'espropriazione totale può essere evitata dall'espropriante, non riducendo l'indennità per la parte a lui occorrente oltre i tre quarti di quanto spetterebbe non tenendo conto del vantaggio derivante dall'opera pubblica.
Procedimento. - Consta di due periodi principali: quello (a) diretto alla dichiarazione della pubblica utilità e quello (b) diretto all'emanazione del decreto di esproprio.
a) Il primo periodo può mancare, in quanto l'opera, per cui si promuove l'espropriazione, risulti altrimenti di pubblica utilità per disposizione generale di legge. Ciò avviene: 1. per tutte le opere autorizzate con atto legislativo; 2. per tutte le opere da eseguirsi dallo stato, direttamente o per mezzo di concessionarî, quando i relativi progetti siano stati regolarmente approvati (art. 30 del decr. 8 febbraio 1923); 3. per altre opere, per le quali l'approvazione del progetto sia espressamente equiparata alla dichiarazione di pubblica utilità: ciò è disposto per le opere idrauliche di qualunque categoria, per le opere di grande derivazione, per le opere di bonifica, ecc. (testo unico 23 luglio 1904, n. 523, art. 14; decr.-legge 9 ottobre 1919, n. 2161, art. 25; decr. 30 dicembre 1923, n. 3256, articoli 5-6). Tolte queste ipotesi, la dichiarazione deve essere promossa con domanda accompagnata dal piano di massima dei lavori che si vogliono eseguire e dall'indicazione dei mezzi con cui saranno sostenute le spese occorrenti. Se, per preparare il progetto, sia necessario fare rilievi e constatazioni nell'interno delle proprietà private, compete al prefetto autorizzare l'ingresso in tali proprietà. L'istanza e il piano sono pubblicati per quindici giorni nell'albo comunale e nel foglio degli annunzî legali della provincia: gl'interessati possono dentro tale termine presentare opposizioni e ricorsi; il richiedente può di essi prendere visione e depositare le sue risposte. La dichiarazione è fatta di regola con decreto reale, promosso dal ministro dei Lavori pubblici: tale regola soffre però varie eccezioni. Il decreto reale è promosso dal ministro della Guerra, della marina e dell'aeronautica per opere d'interesse militare; dal ministro dell'Educazione nazionale per l'espropriazione di beni aventi valore storico o archeologico; è poi sufficiente il decreto del ministro dei Lavori pubblici se si tratta di ferrovie oppure di opere dello stato o della provincia il cui progetto deve essere approvato dallo stesso ministro nonché della costruzione o sistemazione di strade comunali o consorziali nell'interno dell'abitato; l'atto, infine, è di competenza del prefetto se si tratta di opere provinciali il cui progetto non deve essere approvato con decreto ministeriale, di strade comunali o vicinali fuori dell'abitato, di cimiteri o di opere comunali in genere, o sistemazione di campi di tiro a segno (legge generale, articoli 3-12 e 84; decr. 8 febbraio 1923, articoli 30-32 e 37; decr. 24 settembre 1923, art. 1). Gli atti di cui parliamo sono in ogni caso definitivi e impugnabili soltanto per incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge, col ricorso al Consiglio di stato in sede giurisdizionale o col ricorso al re in via straordinaria.
b) I beni da espropriare vengono determinati dall'espropriante con la presentazione di un piano particolareggiato dei lavori, ove risultino indicati i beni la cui espropriazione è per tali lavori necessaria, e i nomi dei rispettivi proprietarî dedotti dai libri catastali o, in mancanza, dai ruoli dell'imposta fondiaria. Tale ultima indicazione non pregiudica i diritti di altri, che possono provare la loro qualità di proprietarî in luogo di quelli iscritti nelle dette fonti presuntive. Il piano di esecuzione deve essere approvato secondo le norme di competenza nell'approvazione dei progetti di opere pubbliche, dopo di che viene pubblicato. Entro i quindici giorni dall'affissione negli albi, possono essere presentate opposizioni, sulle quali decide il prefetto o l'autorità che ha approvato il progetto, secondo la rispettiva competenza (articoli 16-21).
Riguardo all'indennità, l'espropriante deve presentare, insieme col piano, l'elenco delle somme che offre per ciascuno dei beni compresi nell'espropriazione. Gli espropriati, avuta notizia di tali offerte per mezzo della pubblicazione, possono dichiarare senz'altro la loro accettazione; oppure, non accettando, possono proporre un tentativo di conciliazione, che si svolge davanti al podestà assistito dal segretario comunale; oppure possono non fare alcuna dichiarazione. Per i proprietari che hanno accettato l'offerta o conclusa la conciliazione, il prefetto ordina il deposito della somma convenuta nella Cassa dei depositi e prestiti e rimette le parti al tribunale civile o al pretore; secondo la rispettiva competenza per valore, tali autorità provvedono per l'esecuzione del pagamento. Lo svincolo è disposto su richiesta della parte interessata con decreto del pretore, ovvero del tribunale in Camera di consiglio. Insieme con la domanda di svincolo, devono essere presentati al pretore o al tribunale un certificato della prefettura attestante che non è stato notificato alcun atto di opposizione dagli eventuali aventi diritto sugl'immobili, nonché i titoli comprovanti la proprietà e la libertà dei medesimi. Quando il valore del deposito non superi le lire 2500 e l'intestatario fornisca idonea malleveria, il pretore può decretare lo svincolo ancorché non siano stati prodotti i detti documenti (articoli 24-30 della legge generale; art. 1 della legge 3 aprile 1926, n. 686).
Quanto ai proprietarî che non accettarono l'offerta né conclusero conciliazione, il prefetto deve formare un elenco dei loro nomi, con indicazione dei prezzi che erano stati offerti, trasmettendolo, con tutti i piani e documenti, al presidente del tribunale civile. Questi, entro tre giorni dal ricevimento, nomina uno o tre periti, con l'incarico di procedere alla determinazione dell'indennità, secondo i criterî precedentemente accennati e seguendo le norme di procedura stabilite per la perizia dal codice di procedura civile. Compiuta la perizia, si procede alla liquidazione dell'indennità avanti l'autorità giudiziaria, secondo le regole già dette. Ogni vizio riguardante sia la nomina dei periti, sia la procedura e i criterî delle loro operazioni, non può farsi valere che dopo l'atto di espropriazione.
Il decreto di espropriazione viene emesso dal prefetto in seguito alla presentazione del certificato di pagamento o di deposito dell'indennità. Il provvedimento deve essere notificato agli espropriati con le forme degli atti di citazione e deve essere pubblicato nel foglio degli annunzî legali. Gli espropriati, e i terzi che vantano diritti sui loro immobili, possono impugnare il decreto di espropriazione avanti l'autorità giudiziaria, entro trenta giorni dalla ricevuta notifica o dalla pubblicazione. L'azione giudiziaria è diretta a far valere il diritto degli espropriati a una maggiore indennità e investe, perciò, la perizia nei suoi elementi formali e sostanziali: in questo giudizio ha massima importanza, fra i mezzi istruttorî, la perizia giudiziaria dedotta e svolta secondo le norme della procedura ordinaria. Oltre questo mezzo d'impugnativa, del quale la legge si occupa espressamente (art. 51), è esperibile contro il decreto il ricorso al Consiglio di stato, secondo i principî generali, con il solo effetto di far valere l'interesse dell'espropriato a evitare l'espropriazione traverso la deduzione degli eventuali vizî del procedimento o dell'atto amministrativo.
Effetti dell'espropriazione. - Si riassumono principalmente nella perdita, da parte dell'espropriato, d'ogni diritto sulla cosa e nell'acquisto della proprietà di essa per parte dell'espropriante. Per questo, il decreto di espropriazione deve essere trascritto e volturato agli effetti civili e tributarî. Tale acquisto tuttavia, per le cose dette in principio, è da ritenersi a titolo originario. L'espropriato acquista il diritto al pagamento dell'indennità, qualora questa fosse stata soltanto depositata. Ogni diritto, che i terzi possono avere avuto sulla cosa (diritto di rivendicazione di servitù, d'ipoteca, garanzia di crediti ordinarî o privilegiati), si trasferisce sull'indennità e può su di essa essere esercitato nel procedimento non contenzioso, che si svolge davanti all'autorità giudiziaria per la sua distribuzione.
Se, eseguita l'opera di pubblica utilità, una parte dei beni espropriati non sia stata in essa impiegata, l'antico proprietario ha diritto di ottenerne la retrocessione, pagando il giusto prezzo: questo diritto non sorge se la parte non utilizzata sia stata compresa nell'espropriazione a richiesta dell'espropriato secondo l'art. 23. Se poi, entro il termine fissato nel decreto di dichiarazione di pubblica utilità, l'opera non sia stata eseguita, l'espropriato può adire l'autorità giudiziaria, perché sia pronunziata contro l'espropriante la decadenza della dichiarazione medesima e la conseguente retrocessione di tutti i beni espropriati, previo pagamento del loro attuale valore.
Qualora i fondi confinanti o contigui all'opera di pubblica utilità eseguita in seguito all'espropriazione vengano ad acquistare per l'opera stessa un aumento di valore, può essere imposto ai rispettivi proprietarî un contributo di miglioria eguale alla metà del maggior valore acquistato. Nel computo di tale valore deve essere dedotta quella parte che già fosse stata sottratta, allo stesso titolo, dalla valutazione dell'indennità. Il contributo è pagabile a decimi annuali, contemporaneamente all'imposta fondiaria. Il proprietario può liberarsi di esso abbandonando il fondo alla espropriazione (articoli 77-82). L'imposizione del contributo, che originariamente non poteva aver luogo se non con legge speciale (art. 9), è ora attuabile con decreto reale e, quando si tratti di opere per le quali non è necessaria la dichiarazione di pubblica utilità, con decreto del ministro competente, sentito in ogni caso il Consiglio superiore dei lavori pubblici (art. 37 r. decr. 8 febbraio 1923). La facoltà d'imposizione del contributo si collega piuttosto che all'espropriazione all'esecuzione dell'opera pubblica: tanto è vero che più moderne disposizioni ammettono tale imposizione, in diversa misura, anche per opere per le quali l'espropriazione non sia intervenuta (r. decr. 18 novembre 1923, n. 2538; legge 16 novembre 1926, n. 2251).
Fra le numerose disposizioni concernenti casi speciali di espropriazione, ci limitiamo ad accennare a quelle relative alle occupazioni temporanee. (Per quelle relative ai piani regolatori edilizî. L'occupazione temporanea delle proprietà private può essere autorizzata, in caso di inondazioni, rottura di argini e di ponti, di eccezionali condizioni sanitarie o di altre cause di forza maggiore o di urgente necessità, con decreto del prefetto, e, ove occorra, del podestà. Il decreto medesimo stabilisce in via provvisoria l'indennità da corrispondersi per l'occupazione: tale determinazione, se accettata dai proprietarî, diviene definitiva e il prefetto ne ordina il pagamento; altrimenti, il medesimo ne ordina il deposito, salvo la determinazione definitiva da farsi in via giudiziaria. L'occupazione temporanea non può essere protratta per più di due anni: oltre tale termine, deve essere convertita in una regolare espropriazione (articoli 71-73; legge sanitaria 1° agosto 1907, n. 636, art. 127; r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2881, art. 65).
Tutto ciò per il diritto vigente. Sono però da tempo auspicate riforme, sia per la disciplina formale sia per il contenuto sostanziale dell'espropriazione. Sotto l'aspetto formale, si deplora soprattutto il sistema di notificazione puramente presuntivo, quale risulta dalla pubblicazione, applicato ai principali atti di un procedimento così importante. Le riforme di ordine sostanziale riguardano l'estensione dell'espropriazione ad altri campi, oltre quello dei lavori pubblici. Già si manifestano alcune applicazioni di tale tendenza con l'ammissione dell'occupazione temporanea e talora dell'espropriazione per ragioni sanitarie, per fini di edilizia popolare, di miglioramento agrario e di bonifica, di rimboschimento e di razionale utilizzazione dei terreni montani. Questi esempî della più recente legislazione si collegano a una più vasta trasformazione, che investe tutto l'ordine politico e giuridico dello stato: il passaggio dal sistema individualistico proprio delle costituzioni liberali, al sistema oggettivistico e di organizzazione sociale, proprio degli ordinamenti più recenti e principalmente dello stato corporativo fascista. Di qui, per quel che riguarda la proprietà, l'affermarsi della concezione di essa come una funzione sociale e la tendenza a una crescente estensione delle possibili cause d'interesse pubblico, che possono giustificarne la conversione e il sacrificio.
Legislazioni straniere. - Le legislazioni straniere presentano tutte, ormai, una completa disciplina della materia dell'espropriazione, alcune con evidente tendenza a estenderne l'applicazione al difuori del suo campo originario. L'Inghilterra stessa, che fino alla metà del secolo passato non conobbe l'espropriazione se non come atto eccezionale del potere legislativo, con la legge 8 maggio 1845 cominciò a dettare norme generali per alcuni tipi di espropriazione, seguitando successivamente con altre leggi del 1875, del 1890, del 1909, ecc.: sicché oggi la sua disciplina può dirsi quasi completa. La Germania, che presenta la più complessa legislazione a causa della competenza in tale materia degli stati singoli, ha formulato in proposito alcuni principî generali con la stessa costituzione di Weimar (articoli 153-156): come principio, l'espropriazione è possibile per qualunque causa di utilità generale; la determinazione concreta appartiene alla legislazione territoriale, salvo alcuni punti che la costituzione riserva alla legislazione dell'impero; sono pure le autorità dei singoli stati competenti a pronunziare la pubblica utilità e l'espropriazione nei casi concreti: di fronte a esse, può presentarsi come espropriante, oltre ogni altro soggetto, lo stesso stato germanico; sono ammessi alcuni casi di espropriazione senza indennità, nei riguardi di beni pubblici di enti territoriali. La legislazione francese, che consta principalmente della legge 3 maggio 1841 e delle più moderne leggi 6 novembre 1918 e 17 giugno 1921, si presenta interessante dal lato del procedimento. La dichiarazione di pubblica utilità può essere fatta, secondo i casi, con legge, con decreto presidenziale o con decreto prefettizio; al prefetto spetta, inoltre, la determinazione dei beni da espropriare. Le fasi ulteriori del procedimento sono interamente di competenza dell'autorità giudiziaria: spetta al tribunale civile emettere il decreto di espropriazione; spetta a un collegio formato di un giudice e di otto o quattro periti (jury d'expropriation) determinare l'indennità. I due provvedimenti giudiziarî sono impugnabili soltanto con ricorso alla Corte di cassazione. La legge del 1918 ha introdotto, per la prima volta come istituto generale, l'espropriazione per zone e alcuni casi di espropriazione per ragioni sanitarie; la legge del 1921 ha ammesso una nuova procedura di espropriazione, detta condizionata: in essa la determinazione dell'indennità viene deferita alla giuria di espropriazione anteriormente al decreto di esproprio, con lo scopo di permettere all'autorità amministrativa di abbandonare il procedimento, ove l'indennità risulti superiore a quanto essa per i suoi fini potrebbe consentire.
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