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L’Estonia è stata tra le prime repubbliche sovietiche a cogliere i segnali di cedimento dell’Unione Sovietica e imboccare la via che ha portato il paese all’indipendenza. Infatti, proprio a Tallinn, nel 1987 prese il via ‘la rivoluzione cantante’, il movimento di piazza che accompagnò il paese verso l’indipendenza, raggiunta il 20 agosto 1991, durante il fallito putsch di Mosca.
La politica interna ed estera dell’Estonia sono ancora condizionate in modo significativo dal retaggio sovietico, in un contesto nel quale le memorie del periodo comunista suscitano ancora intense reazioni e contrapposizioni politiche e sociali. Sin dal conseguimento dell’indipendenza, la spiccata propensione filo-occidentale dell’Estonia e il rafforzamento dei rapporti con le strutture di matrice euro-atlantica hanno risposto principalmente all’esigenza di controbilanciare la tradizionale influenza russa sul paese. In questa prospettiva, nella fase immediatamente successiva all’agosto 1991, l’Estonia entrava a far parte delle Nazioni Unite, della Conferenza per la sicurezza e cooperazione in Europa e, soprattutto, del North Atlantic Cooperation Council (Nacc), foro consultivo tra i membri dell’Alleanza atlantica e i paesi dell’Europa centro-orientale. L’ingresso nel Nacc ha segnato l’inizio dell’attivo perseguimento della membership Nato che – vista come migliore garanzia rispetto alla minaccia russa – sarebbe arrivata oltre un decennio dopo, nel 2004. Nel maggio 2004, inoltre, l’Estonia è divenuta membro dell’Unione Europea, concludendo un negoziato iniziato nell’aprile del 1998.
Sullo sfondo dell’opposizione di Mosca all’allargamento della Nato ai paesi baltici, le relazioni con la Federazione Russa hanno attraversato diversi momenti di tensione. La garanzia dei diritti dell’ampia minoranza russa residente in Estonia e la demarcazione dei confini tra i due paesi – sulla quale non c’è ancora accordo tra le parti – sono stati i principali oggetti del contendere.
Altra direttrice di primaria importanza per la politica estera estone è quella rivolta ai paesi scandinavi e alla Danimarca, perseguita innanzitutto attraverso la cooperazione con il Consiglio nordico (Nc).
L’Estonia è una repubblica parlamentare a struttura unicamerale. Il sistema politico interno del paese è tuttavia, sin dall’indipendenza, generalmente instabile. Nonostante la scomparsa del Partito comunista con la caduta del regime e la preferenza di tutte le forze politiche per sistemi liberali e liberisti, una competizione politica fortemente personalistica tende a prevalere sui programmi di partito, contribuendo alla generale fragilità delle coalizioni di governo che si sono succedute al potere. Le elezioni parlamentari del 2011 hanno confermato alla guida del paese il liberale Partito riformista estone del primo ministro Andrus Ansip, in coalizione con il partito Unione della patria – Res Publica.
L’Estonia ospita una cospicua minoranza russofona, che rappresenta circa un quarto della popolazione del paese. La configurazione etnica del paese è frutto della ‘ingegneria delle nazionalità’ di matrice sovietica, che portò alla deportazione di un numero rilevante di Estoni, favorendo al contempo l’afflusso di cittadini di etnia russa. Dall’88% di Estoni residenti nel territorio del paese nel 1934, si è così passati al 62% del 1988. I rapporti con la minoranza russofona rappresentano, d’altra parte, uno dei più gravi fattori di tensione interna al paese e uno dei motivi d’attrito nelle relazioni bilaterali con la Russia. Nel 1992 una legge molto restrittiva revocò la cittadinanza estone a quella fetta di popolazione di lingua russa che non fosse riuscita a dimostrare di avere un parente residente nel paese prima dell’occupazione sovietica. D’altra parte, gli scontri di piazza seguiti alla decisione del parlamento estone (febbraio 2007) di rimuovere i monumenti che richiamassero la fase sovietica dimostrano il peso che una memoria storica non condivisa tra le etnie riveste ancora nella vita sociale e politica dell’Estonia. Negli ultimi anni il governo estone ha tuttavia avviato i programmi di integrazione socio-culturale e promosso corsi di lingua estone per facilitare la naturalizzazione dei cittadini stranieri.
La drastica riduzione della popolazione è l’altro problema che affligge l’Estonia: dal 1991 la popolazione residente è infatti diminuita del 15%, come conseguenza sia del tasso di emigrazione (nel 2008 in Finlandia vivevano circa 22.600 estoni), sia del basso tasso di fecondità (1,64 tra il 2005 e il 2010).
Nell’ottobre 2010 la Camera di commercio estone ha lanciato la campagna ‘Riportiamo in Estonia i nostri talenti’. Lo scopo del progetto, finanziato dai fondi strutturali dell’Unione Europea e dal governo estone, è quello di aumentare la possibilità di contatti tra i giovani estoni emigrati all’estero e le aziende nazionali, nel tentativo di invertire la fuga di cervelli dal paese.
Come molti altri paesi dell’Europa orientale postcomunista, dall’indipendenza l’Estonia sperimenta alti livelli di emigrazione. All’inizio del 21° secolo la maggior parte degli estoni che cercavano lavoro all’estero erano per lo più muratori o manovali, e la loro emigrazione era considerata temporanea e ciclica, in qualche modo positiva perché avrebbe accresciuto il flusso delle rimesse dall’estero. Tuttavia da qualche anno ha avuto inizio l’emigrazione dei laureati, che cercano condizioni di vita migliori nei paesi dell’Europa occidentale, e che hanno più probabilità di impiantarsi stabilmente all’estero. Inizialmente il governo ha cercato di colmare la carenza di risorse formative ‘importando’ circa 100 professori finlandesi a contratto, ma mancano le risorse finanziarie. D’altra parte arginare la fuga dei cervelli nei prossimi anni è cruciale perché l’Estonia riesca a formare una nuova generazione di studenti e a colmare il gap con i paesi occidentali nel settore della formazione universitaria.
La transizione economica verso il libero mercato è stata attuata con decisione ed efficacemente, portando a tassi di crescita record tra il 2000 e il 2007. La crisi economica mondiale ha avuto tuttavia un impatto particolarmente negativo sull’economia estone (−5% del pil nel 2008, −14% nel 2009). La crisi ha inoltre generato una grave emergenza occupazionale: il numero dei disoccupati è arrivato a sfiorare il 20% dell’intera forza lavoro, per poi ridiscendere lentamente verso il 15%.
L’Estonia è riuscita tuttavia a mantenere il proprio deficit fiscale entro i parametri fissati a Maastricht (−1,5% nel 2010) e, grazie all’adozione dell’euro a partire dal gennaio 2011, è stato possibile un ritorno alla crescita di quasi il 3% annuo e un rientro del deficit fiscale fino al pareggio di bilancio.
Pur rimanendo la più piccola economia dell’Unione europea in termini assoluti, l’economia estone ha un livello elevato di pil pro capite (di 19.451 dollari) se comparata con quella dei paesi un tempo appartenenti al blocco sovietico.
Dal punto di vista degli scambi commerciali, Tallinn intrattiene importanti relazioni con gli stati geograficamente più vicini: la Finlandia, la Svezia e le altre due repubbliche baltiche. I maggiori partner commerciali del paese sono tutti europei.
Sotto il profilo delle politiche energetiche, infine, da quando nell’inverno 1993 Tallinn si vide interrompere le forniture di gas dalla Russia, il paese ha scelto di fare forte affidamento sulle proprie riserve di carbone e sui limitati giacimenti di petrolio al largo delle proprie coste. Per questo motivo oggi Tallinn, pur dipendendo per i suoi approvvigionamenti di gas naturale da Mosca, ne importa in misura relativamente esigua (0,71 Gmc/a, rispetto ai 1,5 Gmc/a che importava nel 1990) e non tale da rappresentare una minaccia alla sicurezza energetica nazionale.
L’obiettivo delle politiche di sicurezza estoni è quello di preservare l’indipendenza e l’integrità territoriale del paese. Sebbene la dottrina di sicurezza nazionale, approvata ogni anno dal parlamento, non vi faccia esplicito riferimento, la minaccia maggiore per il paese è costituita da possibili tentativi di ingerenza da parte della Russia. La stessa dottrina descrive Mosca come uno stato ‘pronto a utilizzare la forza militare per raggiungere i propri obiettivi’, una volta esaurite le leve di tipo politico, economico ed energetico di cui dispone. D’altra parte, nell’aprile 2007, durante i gravi scontri di piazza a Tallinn, il paese è stato la prima vittima accertata di un attacco informatico da parte di Mosca. L’anno successivo, inoltre, l’intervento militare russo in Georgia, giustificato dalla necessità di protezione dei cittadini russi residenti nel paese, non ha fatto che esacerbare i timori estoni rispetto al proprio vicino.
Viste le ridotte dimensioni dell’esercito estone, la strategia di difesa adottata è quella della deterrenza, che punta a convincere gli stati esteri che intendano compromettere la sicurezza del paese del fatto che i danni derivanti da un attacco all’Estonia sarebbero maggiori dei possibili benefici. Per questo motivo l’Estonia si è posta come obiettivo prioritario quello di diventare stato membro della Nato, fino a farvi il suo ingresso nel 2004, garantendosi così il sostegno da parte degli alleati in caso di attacco esterno.
L’Estonia partecipa attivamente alle missioni di peacekeeping dell’Alleanza atlantica, schierando un contingente di 150 soldati nella missione della Nato Isaf in Afghanistan e avendo già partecipato alla missione Nato Kfor in Kosovo. Ha inoltre preso parte alle principali missioni civili e di polizia dell’Unione Europea in Afghanistan (Eupol), Kosovo (Eulex), Bosnia (Eupm e Eufor – Althea), Georgia (Eumm) e Iraq (Eujust Lex). Tra il 2005 e il 2009, l’Estonia ha inoltre schierato un proprio contingente in Iraq nel quadro dell’operazione Iraqi Freedom.