ESTRADIZIONE (dal lat. ex "fuori da" e trado "consegno"; ted. Auslieferng)
L'estradizione costituisce il mezzo più importante con cui uno stato coopera al fine che un altro stato possa esercitare la sua potestà punitiva; è, come dicono i giuristi tedeschi, un aiuto giuridico internazionale (internationale Rechtshilfe).
Di fronte al delinquente straniero, imputato o condannato, rifugiatosi nel suo territorio, lo stato non è tenuto in base al diritto internazionale a seguire una determinata condotta, e come potrebbe lasciarlo indisturbato o espellerlo, così può punirlo per il delitto commesso all'estero ovvero consegnarlo allo stato, dal cui territorio è fuggito, autorizzato ad attuare la sua pretesa punitiva. Lo stato di rifugio non è, dunque, obbligato in via alternativa, giusta la dottrina di Grozio, a punire o a consegnare il colpevole, per non farsi complice di lui, ma si comporta come crede più corrispondente al suo interesse. Fra stati di uguale civiltà l'estradizione dei delinquenti è certamente il partito al quale ricorre di preferenza lo stato di rifugio, perché, oltre a soddisfare l'interesse dell'altro stato, contribuisce al mantenimento di buoni rapporti fra i membri della comunità internazionale. Essa unisce gli stati nella lotta contro la delinquenza, non potendo lo stato, nel cui territorio il delitto è stato commesso, impadronirsi del colpevole rifugiatosi nel territorio di un altro stato senza la cooperazione dello stato di rifugio, il quale provveda alla consegna del rifugiato (estradizione passiva). Pertanto, l'estradizione non costituisce in alcun modo esercizio della potestà punitiva da parte dello stato che la concede o la offre, né una particolare forma di attuazione del diritto penale sulla persona del colpevole; essa non è nemmeno un atto processuale. L'opinione contraria s'ispira al principio del cosmopolitismo della legge penale, ed ha i suoi lontani precedenti nella dottrina medievale dei giuristi italiani, i quali, con l'ammettere un ordinamento giuridico comune a tutti gli stati cristiani, ritennero che la remissio al giudice del luogo del delitto commesso fosse una semplice questione di procedura. Invece, giusta la concezione moderna, con l'estradizione lo stato riconosce implicitamente di non aver diritto di punire il rifugiato: l'estradizione significa appunto negazione del diritto di punire.
A prescindere dall'antichità, nel Medioevo s'incontrano casi di consegna al sovrano di sudditi fuggiti per ragioni politiche. Ma l'origine dei trattati di estradizione può ricondursi agli accordi con cui due sovrani s'impegnavano ciascuno a consegnarsi i traditori riparati nello stato dell'altro; il più antico trattato del genere fu concluso nel 1174 fra il re d'Inghilterra e il re di Scozia, e in sostanza implicava rinuncia al diritto di asilo, come il trattato franco-inglese del 1303. Un vero trattato di estradizione nel senso moderno fu stipulato il 4 marzo 1376 fra Carlo V, re di Francia, per il Delfinato, e Amedeo, conte di Savoia, e in esso è notevole che ciascun sovrano assunse l'obbligo di consegnare in primo luogo i proprî sudditi, e poi i sudditi dell'altro. Però, la pratica degli stati indipendenti per alcuni secoli non andò oltre i criterî di opportunità e di convenienza, e l'estradizione ebbe specialmente per oggetto i delitti politici. Solo a partire dalla seconda metà del sec. XVIII la Francia, seguita dall'Austria e dagli stati germanici, cominciò a concludere con gli stati vicini numerosi trattati, in cui le parti contraenti si promettevano, assumendo un'obbligazione reciproca, l'estradizione dei delinquenti; anche gli stati italiani si legarono con convenzioni del genere, in cui deve notarsi l'esclusione dell'estradizione dei cittadini. Ma successivamente si preferì addivenire ad estradizioni solo in forza di particolari convenzioni da stipularsi di volta in volta, e questo sistema costituì indubbiamente un regresso. Nella seconda metà del secolo scorso, col perfezionarsi ed accrescersi dei mezzi di comunicazione e con la conseguente maggiore possibilità di fuga per i delinquenti, si fece sempre più sentito il bisogno di una base più solida dei rapporti fra gli stati in materia di estradizione; si conclusero, perciò, trattati di estradizione in numero sempre crescente, e per combattere con maggiore efficacia la delinquenza, gli stati europei assunsero con tali trattati impegni internazionali non solo fra di loro, ma anche con stati di altri continenti, purché di civiltà cristiana.
I varî trattati di estradizione sono, nelle linee essenziali, poco dissimili l'uno dall'altro, perché corrispondono ad esigenze identiche; ma sarebbe erroneo desumere da tale uniformità sostanziale l'esistenza di un diritto internazionale comune a un considerevole numero di stati in materia di estradizione. Solo dal trattato relativo derivano per gli stati che l'hanno firmato diritti e doveri reciproci. Però, gli stati che hanno accolto il principio della territorialità della legge penale sono indotti a consentire l'estradizione reciproca dei cittadini per non lasciarli impuniti nel loro territorio, mentre quelli, e sono la grande maggioranza, che seguono il principio della personalità attiva della legge penale, sia pure combinato con altri principî, possono senza pericolo escludere i cittadini dall'estradizione. Le numerose convenzioni di estradizione stipulate dall'Italia risalgono quasi tutte ad epoca precedente all'entrata in vigore del codice penale Zanardelli (i gennaio 1890) e del codice di procedura penale del 1913, e si uniformano ai principî generalmente ammessi in materia. Oggetto dell'obbligo reciproco della consegna sono gl'individui, eccettuati i cittadini condannati o penalmente perseguiti dalle autorità competenti di uno stato, rifugiati nell'altro. Se si tratta di cittadini di un terzo stato, lo stato richiesto deve informarlo, e può anche consegnarli ad esso se li reclami per punirli. Se il rifugiato sia reclamato contemporaneamente da più stati, può darsi la preferenza allo stato nel cui territorio è stato commesso il delitto più grave, o allo stato che abbia per primo fatto la domanda per l'estradizione o allo stato cui l'individuo appartiene come cittadino. Sono esclusi gl'individui condannati o penalmente perseguiti per delitti politici, per delitti colposi e per contravvenzioni. I delitti per i quali deve essere concessa e si ha diritto di pretendere l'estradizione sono tassativamente indicati, ed è riconosciuto il principio della specialità dell'estradizione. La domanda deve essere fatta per via diplomatica; l'arresto provvisorio del rifugiato può chiedersi telegraficamente, ma per l'estradizione occorre copia della sentenza di condanna o il mandato di cattura. Il procedimento relativo all'estradizione segue nelle forme prescritte nello stato richiesto, il quale è tenuto a sostenere tutte le spese occorse fino alla consegna del rifugiato.
L'Italia non possiede una legge sull'estradizione, come il Belgio, che ne diede l'esempio con la legge del 1 ottobre 1833 (ora, legge 15 marzo 1874), imitato da molti altri stati, e da ultimo, dalla Francia (legge 10 marzo 1927); non ebbe seguito il progetto compilato dalla commissione nominata dal ministro degli affari esteri P. S. Mancini, presieduta da F. Crispi. Una tale legge, in quanto fissa i principî cui lo stato conformerà la sua condotta in materia di estradizione, presenta indiscutibili vantaggi, perché gli stati che non hanno convenzioni del genere sanno in quali casi potranno essere accolte le relative richieste, e quelli che intendono stipularle conoscono già fino a qual punto potranno giungere le obbligazioni internazionali da assumersi dall'altra parte.
In mancanza di una legge speciale sull'estradizione furono fissati nel codice penale Zanardelli (art. 9) i principî seguenti in materia: 1. non è ammessa l'estradizione del cittadino; 2. l'estradizione dello straniero non è ammessa per i delitti politici, né per i reati che a questi siano connessi; 3. l'estradizione dello straniero non può essere offerta, né consentita se non dal governo del re, e previa deliberazione conforme dell'autorità giudiziaria del luogo in cui lo straniero si trovi: su domanda od offerta d'estradizione può nondimeno esserne ordinato l'arresto provvisorio. Le disposizioni relative alle forme da osservarsi nell'estradizione passiva contenute nel codice di procedura penale del 1913 (articoli 640-649) avevano carattere suppletivo, dovendosi applicare se e in quanto non provvedessero al riguardo le convenzioni di estradizione (art. 635). La legislazione italiana per tal guisa si è allontanata così dal vecchio sistema francese, per il quale l'estradizione era un istituto puramente amministrativo, e non ha nemmeno seguito il sistema anglo-americano, in cui all'autorità giudiziaria sono dati i più ampî poteri. Essa segue una via intermedia, avvicinandosi al sistema belga: l'atto di estradizione rientra nella competenza governativa, ma è fornito deila garanzia giurisdizionale, nel senso che l'estradizione dello straniero non può essere offerta, né ionsentita, se non previa deliberazione conforme della sezione di accusa del distretto in cui si trova lo straniero. Quindi, qualora tale deliberaeione sia contraria all'estradizione, questa non può essere concessa. mentre se sia ad essa favorevole, il governo non è tenuto ad accordarla (la facoltà di offrire o concedere l'estradizione spetta al ministro della giustizia, in base al r. decreto 24 settembre 1923, n. 2017). Contro la sentenza della sezione di accusa possono ricorrere alla corte di cassazione, anche per il merito, l'imputato o condannato e il procuratore generale; la corte di cassazione, deliberando in camera di consiglio, pronuncia la conferma o la riforma della decisione impugnata. Il sistema, che ha fatto buona prova, è stato seguito nella recente legge francese ed è rimasto sostanzialmente inalterato nel nuovo codice dal 1930.
Quanto all'estradizione attiva (estradizione dall'estero), lo stato ha diritto di ottenerla solo in confronto degli stati coi quali abbia stipulato convenzioni di estradizione, e nei limiti di queste. La richiesta deve essere fatta per via diplomatica, trattandosi di un negozio giuridico internazionale. Nell'ordinamento italiano, per l'estradizione di un imputato o condannato che si trovi all'estero, il procuratore generale presso la corte d'appello presenta al ministro della giustizia la richiesta, coi relativi documenti; l'estradizione può essere chiesta direttamente anche dal governo (cod. proc. pen., 1913, art. 650; nuovo codice, art. 671).
Le convenzioni di estradizione sono in Italia pubblicate e rese esecutive con decreto reale; cosi è avvenuto anche per le più recenti concluse il 6 aprile 1922 con l'Austria, con la Cecoslovacchia e con la Iugoslavia, le quali presentano un perfezionamento rispetto alle meno recenti cui corrispondono nelle linee generali, in quanto, anziché contenere un elenco dei delitti rispetto ai quali l'estradizione deve aver luogo, fissano in via generale, perché sorga il diritto di chiedere e l'obbligo di consegnare il rifugiato, il limite di pena restrittiva della libertà personale inflitta in concreto o comminata in astratto dallo stato richiedente; inoltre, consentono espressamente alle parti contraenti di rifiutare l'estradizione, se l'autorità dello stato richiesto sia competente secondo la propria legge a giudicare il delitto. Appunto perché l'esecutorietà nel regno delle convenzioni di estradizione è avvenuta sempre mediante decreto reale è sorta una grave questione, in cui dottrina e giurisprudenza sono rimaste divise. Le convenzioni di estradizione, come ogni trattato internazionale, fanno nascere (naturalmente, dopo che ne sia avvenuta la ratifica) diritti e doveri fra le parti contraenti, gli stati, e non hanno efficacia, data la loro natura di atti internazionali, nell'ordinamento interno. Il cosiddetto "ordine di esecuzione" importa l'introduzione nel diritto dello stato, mercé il riferimento alla convenzione, delle norme giuridiche necessarie affinché gli organi interni, i magistrati, possano tenere una condotta corrispondente all'obbligo internazionale assunto dallo stato; queste norme, se l'ordine di esecuzione sia stato emanato con decreto reale, non potranno derogare alla legge esistente. Quindi, l'ordine di esecuzione emanato con decreto reale non sarebbe idoneo a modificare la norma di diritto interno che prescrive che la sezione istruttoria deve esaminare, trattandosi d'imputato, se gli atti del procedimento offrano sufficienti indizî di reità, mentre per il trattato l'estradizione deve essere accordata in base a mandato di cattura; non sarebbe sufficiente a impedire il procedimento anche per delitti diversi da quelli per i quali l'estradizione è stata concessa, mentre per il trattato deve seguirsi il principio della specialità dell'estradizione.
La giurisprudenza, nonostante le critiche della dottrina, non ha troppo sottilizzato in materia e, preoccupata solo che lo stato mantenesse gli impegni internazionali assunti col trattato, ha ritenuto che debbano relativamente all'estradizione osservarsi in primo luogo le convenzioni internazionali, come prescriveva il codice di procedura penale del 1913 (art. 635) e prescrive il nuovo codice (art. 656). Il nuovo codice penale tronca tale delicata questione, con l'art. 13, per il quale l'estradizione è regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali; il che importa, che queste diverse fonti della estradizione abbiano, per volontà del legislatore, il medesimo valore nell'ordinamento giuridico italiano.
Bibl.: H. Lammasch, Auslieferungspflicht u. Asylrecht, Lipsia 1887; F. v. Martitz, Internationale Rechtshilfe in Strafsachen, I, Lipsia 1888, p. 400 segg.; L. Beauchet, Traité de l'extradiction, Parigi 1899; L. v. Bar, Lehrbuch des internat. Privat-und Strafrechts, Stoccarda 1892; p. 277 segg.; E. Clarke, A Treatise upon the law of extradition, 4ª ed., Londra 1903; P. Lanza, Estradizione, estratto dall'Enciclopedia giur. ital., Milano 1910; A. Baldassarri, Il fondamento della estradizione, Roma 1914 e in Riv. di dir. internaz., s. III, X (1931), p. 3 segg.: H. Donnedieu De Vabres, Les principes modernes du droit pénal international, Parigi 1928, p. 248 segg.; W. Mettgenberg, voce Auslieferung, in Wörterbuch des Völkerrechts u. der Diplomatie, a cura di K. Strupp, Berlino 1922 segg.