Margadonna, Ettore Maria
Sceneggiatore, nato a Palena (Chieti) il 30 novembre 1893 e morto a Roma il 28 ottobre 1975. Con la sua innata vena ironica, arricchita da una profonda conoscenza e capacità descrittiva delle sfumature dell'animo umano, contribuì al rinnovamento, per temi e linguaggio, della commedia italiana degli anni Cinquanta. Ritrasse la sfera di vita privata dei suoi personaggi, semplici e genuini, senza per questo cadere nel bozzettismo, esplorando con sensibilità i sentimenti umani e ponendo grande attenzione agli aspetti linguistici dei dialoghi, attento a cogliere la ricchezza e la forza comunicativa delle diverse realtà e delle inflessioni dialettali.
Dopo essersi laureato in scienze economiche, si dedicò all'attività giornalistica, collaborando a varie riviste ("Comoedia", "L'illustrazione italiana") e divenendo infine redattore capo del quotidiano l'"Avanti!". Dal 1937 si dedicò al cinema come soggettista e sceneggiatore, seguendo un percorso di arricchimento tematico, approfondimento narrativo ed evoluzione stilistica che lo portò nel dopoguerra ad affermarsi come autore di commedie di successo popolare, dal cui nucleo si sarebbe sviluppata la futura commedia all'italiana. Dopo le prime collaborazioni con Mario Bonnard (1937; Il feroce Saladino), con Corrado d'Errico, per il quale scrisse quattro film (tra questi, il melodramma L'argine, 1938), con Alessandro Blasetti per il film d'evasione dallo stile calligrafico Retroscena (1939), con Mario Soldati per il quale collaborò all'adattamento dell'inquietante romanzo di A. Fogazzaro Malombra (1942), M. sceneggiò tre film per Gennaro Righelli: Colpi di timone (1942), Tempesta sul golfo (1943), basato su un suo soggetto originale, e Storia di una capinera (1945), tratto dal romanzo di G. Verga. Se per Alberto Lattuada M. aveva esplorato con realismo i bassifondi torinesi con Il bandito (1946), scritto in collaborazione con Oreste Biancoli, Tullio Pinelli e Piero Tellini, e il mondo criminale in Senza pietà (1948), sceneggiato con Federico Fellini e Pinelli, fu l'incontro con Renato Castellani che avvicinò M. alla commedia venata di sensibilità neorealista. Per il regista scrisse, con Sergio Amidei ed Emilio Cecchi, Sotto il sole di Roma (1948), ma soprattutto Due soldi di speranza (1952), affresco popolaresco, accattivante e vitale ambientato in un paese campano, sceneggiato con l'apporto di Titina De Filippo.Sulla scia dell'interesse verso il mondo popolare e agreste, visto come espressione di una spensieratezza dovuta alla serena accettazione delle proprie condizioni, M. ottenne un grande successo collaborando con Luigi Comencini a Pane, amore e fantasia (1953), che gli valse la nomination all'Oscar, seguito da Pane, amore e gelosia (1954) scritto insieme a Eduardo De Filippo e Vincenzo Talarico. In questi film, ispirati alla struttura della commedia dell'arte settecentesca, M. riversò aneddoti e ricordi adolescenziali rendendo i personaggi (splendidamente interpretati da Gina Lollobrigida, Vittorio De Sica e Tina Pica) ricchi di quell'umanità caratteristica del dopoguerra, e offrendo al contempo uno spaccato di vita paesana in cui vengono descritti con verve, divertimento e affetto pregi e difetti dell'italiano. Dopo altri due film scritti per Comencini, La valigia dei sogni (1953) e La bella di Roma (1955), M. proseguì la serie delle disavventure amorose del maresciallo Carotenuto (Vittorio De Sica) con Pane, amore e… (1955) di Dino Risi, cui seguì tre anni dopo, senza però raggiungere uguale successo, Pane, amore e Andalusia (1958) di Javier Seto, passando attraverso È permesso maresciallo? (Tuppe, tuppe, marescià!), sempre del 1958 e diretto da Carlo Ludovico Bragaglia, con Peppino De Filippo. Nei personaggi interpretati da Alberto Sordi, in Il moralista (1959) di Giorgio Bianchi e in Gastone (1960) di Bonnard, M. fece invece emergere una vena amara sempre accompagnata da un bonario sorriso, spingendosi verso la satira di costume. Nel 1963 firmò il suo ultimo soggetto per il film Il monaco di Monza di Sergio Corbucci con Totò, Nino Taranto ed Erminio Macario, una parodia ambientata nel 17° secolo.