Scola, Ettore
Sceneggiatore, regista e produttore cinematografico, nato a Trevico (Avellino) il 10 maggio 1931. È stato protagonista della grande stagione della commedia all'italiana, contribuendo a spingerla in direzione di una lettura politica della storia nazionale, come nel caso del suo maggiore successo, C'eravamo tanto amati (1974), e in seguito si è dedicato a una produzione cinematografica di taglio europeo, ottenendo all'estero (soprattutto in Francia) significativi riconoscimenti. Autore di un cinema di sceneggiatura, perfezionato grazie soprattutto all'assidua collaborazione con Ruggero Maccari e negli anni Settanta con Age e Scarpelli, attento nel ricostruire attraverso ambienti e dialoghi precisi periodi storici, ottimo direttore di attori, S. è stato il principale rappresentante italiano di un cinema di qualità europeo, travalicando talvolta i limiti della commedia e concedendosi scelte improntate alla libertà linguistica come nel caso di Le bal, noto anche come Ballando ballando (1983) che gli ha valso un César per la regia, uno speciale Orso d'argento al Festival di Berlino, oltre a una nomination all'Oscar come miglior film straniero, e la cui particolarità sta nel fatto di non essere basato sui dialoghi ma sulla ricostruzione di mezzo secolo di storia francese affidata esclusivamente a scenografie, costumi, musica. Premiato al Festival di Cannes nel 1976 per la migliore regia di Brutti, sporchi e cattivi e quindi nel 1980, con Age e Scarpelli, per la migliore sceneggiatura di La terrazza, ha ottenuto per due volte il César per il miglior film straniero, nel 1977 con C'eravamo tanto amati e l'anno successivo con Una giornata particolare. Nel 1983 ha inoltre vinto il David di Donatello per Un mondo nuovo, noto anche come La nuit de Varennes (1982), mentre nel 1987 gliene sono stati assegnati altri due per La famiglia, come miglior regista e per la migliore sceneggiatura. S. fu il più giovane umorista della rivista "Marc'Aurelio" che formò alcuni dei più importanti sceneggiatori italiani, e come la maggior parte di essi iniziò a lavorare attivamente per il cinema solo a partire dal secondo dopoguerra, quando il genere comico cominciò ad assorbire come gagmen moltissimi scrittori, diventando così una vera e propria scuola per futuri autori.
La sua prima sceneggiatura accreditata fu quella di Canzoni di mezzo secolo (1952) di Domenico Paolella, film musicale che incontrò un vasto successo di pubblico; ma tra il 1952 e il 1964, anno di esordio nella regia, il suo nome apparve nei titoli di oltre quaranta film e le partecipazioni non accreditate furono altrettanto numerose. Per lo più si trattò di film comici, ma collaborò anche al delicato Nata di marzo (1958) e al drammatico Adua e le compagne (1960), entrambi di Antonio Pietrangeli, film che indicano una sua propensione a trattare personaggi di maggior spessore psicologico e strutture narrative più complesse. La sua prima regia fu Se permettete parliamo di donne (1964), film a episodi non particolarmente significativo, che tuttavia non ostacolò la sua attività di sceneggiatore, in cui si distinse con il sensibile ritratto femminile costruito per Io la conoscevo bene (1965), ancora di Pietrangeli. Nel 1968 ottenne il suo primo grande successo di pubblico grazie a Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?, incentrato sulla sapida recitazione di Alberto Sordi nel ruolo di un arrogante editore alla ricerca in Africa del cognato (Nino Manfredi) in fuga dalla civiltà del benessere, ma soprattutto sulla creazione di una serie di figure volutamente sgradevoli e arroganti. Divenuto da quel momento uno dei registi più importanti del cinema italiano non ha però mai tralasciato l'impegno politico, come dimostra il film militante Trevico-Torino, viaggio nel Fiat-Nam (1973), la partecipazione al film collettivo L'addio a Enrico Berlinguer (1984) e il costante coinvolgimento in molte iniziative della sinistra, tra cui la realizzazione nel 2001 di un altro importante film collettivo, Un altro mondo è possibile, sui fatti avvenuti durante il G8 di Genova di quell'anno.
L'incontro con quello che sarebbe stato uno dei suoi attori preferiti, Marcello Mastroianni, avvenne nel 1970 per Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca), che risulta emblematico della capacità di S. di usare gli attori più significativi della commedia all'italiana in un contesto di deformazione grottesca ironicamente contaminata dalle forme del gergo popolare. La stessa chiave di rielaborazione grottesca e i toni esasperati e iperreali sarebbero ritornati in Brutti, sporchi e cattivi, spaccato di vita di un gruppo di immigrati meridionali in una borgata romana interpretato da Nino Manfredi. Dopo Permette? Rocco Papaleo (1971), girato negli Stati Uniti, ritratto caustico dell'opulenta società americana, S. diresse ancora Mastroianni, accanto a Sophia Loren, in Una giornata particolare (che ottenne una nomination all'Oscar come miglior film straniero), storia dell'amicizia commovente tra una casalinga e un omosessuale antifascista ambientata nel giorno della visita di A. Hitler a Roma nel 1938, tutta giocata sui toni crepuscolari morbidamente evidenziati dalla fotografia di Pasqualino De Santis, tesa a smorzare i toni brillanti del colore. S. avrebbe diretto Mastroianni in altre opere significative. Film che rispondono a un impianto corale come Un mondo nuovo, affresco drammaturgico che, attraverso la fuga dei reali di Francia dai rivoluzionari giacobini, narra il passaggio dal vecchio mondo aristocratico alla nuova borghesia, o La terrazza, emblematico ritratto collettivo di una generazione di intellettuali e uomini di spettacolo immersa nel cinismo torbido e patetico della Roma notturna dei salotti. Ma anche opere che giocano sul confronto tra due personaggi, divagazioni affettuose, nostalgiche o amare sul tema dell'amicizia o sul rapporto padre e figlio come Maccheroni (1985), interpretato anche da Jack Lemmon, o Che ora è? (1989) e Splendor (1989), entrambi con Massimo Troisi.In tutti questi film emerge con chiarezza la doppia vena che segna la produzione di S. volta da un lato a una raffigurazione storico-sociale della 'commedia umana', dall'altro a indagare su una dimensione più intima e psicologica. Sintesi di questa doppia predisposizione risultano due opere come C'eravamo tanto amati e La famiglia in cui il dipanarsi del racconto, posto in rapporto con il parallelo sviluppo degli eventi storici, e la strutturazione narrativa che incastra costantemente passato e futuro, creano una fluida connessione tra privato e pubblico, minimalismo del quotidiano e trasformazioni sociali, racchiudendo i personaggi (la generazione che ha vissuto le illusioni del secondo dopoguerra per il primo film o la famiglia borghese nell'arco di un secolo per il secondo) in luoghi deputati intesi come luoghi della memoria (l'appartamento, l'osteria, angoli e piazze romane). L'incrociarsi dei destini individuali appare del resto al centro tanto di un film picaresco e in costume, tratto dal romanzo di Th. Gautier, come Il viaggio di capitan Fracassa (1990), quanto di un film 'polifonico', tutto ambientato in una trattoria romana e incentrato sugli incontri-scontri di più generazioni, come La cena (1998). Ma anche di un'opera sulle angustie quotidiane sospese tra privato e politico, sentimenti e ideali come Mario, Maria e Mario (1993), e di un ritratto accorato e svagato di una città come Gente di Roma (2003). Mentre una tendenza più cruda e caustica, attraversata anche da una forte vena di humour nero, S. l'ha dimostrata in film come Romanzo di un giovane povero (1995) e Concorrenza sleale (2001), che restituiscono l'uno il clima cinico e a tratti disperato dell'Italia contemporanea in una oscura storia di crimini familiari, l'altro l'atmosfera oppressiva della Roma fascista sullo sfondo delle leggi razziali.
22 questions à Ettore Scola, éd. J. Gili, in "Écran 76", 15 novembre 1976, 52.
J. Gili, La comédie italienne, Paris 1983, passim.
M. D'Amico, La commedia all'italiana, Milano 1985, passim.
G. Canova, Ettore Scola, in "Belfagor", 31 maggio 1986, 3.
R. Ellero, Ettore Scola, Firenze 1998.