QUATTRAMI, Evangelista
QUATTRAMI, Evangelista. – Nacque a Gubbio nel 1527 ed entrò nell’Ordine degli eremiti di S. Agostino della sua città.
Degli anni giovanili e dei suoi studi non si hanno notizie precise. Nel maggio del 1556 fu nominato priore del convento di S. Agostino a Frosinone, dove rimase solo pochi mesi a causa delle devastazioni causate dall’arrivo, a settembre, delle truppe spagnole durante la cosiddetta guerra del sale (Nardelli, 1998, p. 514).
Trasferitosi a Roma, intraprese studi di botanica e conseguì il dottorato in teologia, in data non precisata. Le sole informazioni di cui disponiamo sono quelle contenute nel Proemio al Tractatus perutilis atque necessarius ad Theriacam, Mitridaticamque antidotum componendam (Ferrara, V. Baldini, 1597, p. 8), in cui Quattrami affermava di essere stato discepolo del Collegio dei medici di Roma e di essersi addottorato in teologia «sotto il Generalato dell’Illustriss. & Reuerendiss. Sig, Cardinal Mont’Elpairo» (p. 8). Quest’ultima notizia, se fondata, sposterebbe il conseguimento del dottorato a un periodo compreso tra il 1587 e il 1589, anni in cui il cardinal Petrocchini da Montelparo fu generale dell’Ordine.
Nel 1559, in occasione del Capitolo generale tenuto a Venezia, Quattrami esaminò la preparazione della teriaca e iniziò la collaborazione con Luigi Squalermo, detto Anguillara, allora custode del giardino dei semplici di Padova. L’anno seguente erborizzò sui monti Sibillini insieme ad Anguillara, Giulio Moderato e Francesco Accoramboni, speziali di Rimini. L’inizio del servizio presso gli Este a Roma si colloca tra il 1567 e il 1568. Nel 1587 scrisse di aver servito la Casa d’Este per circa venti anni, ma le prime attestazioni di un pagamento risalgono al 1569 (Luzzatto, 1951, p. 72). Quattrami servì come semplicista i cardinali Ippolito e Luigi, curò il giardino del palazzo a Monte Cavallo sul Quirinale, ed è probabile che fornì erbe medicinali per il giardino di villa d’Este a Tivoli. La ricerca e lo studio dei semplici comportavano frequenti escursioni naturalistiche, che intraprese per quattro anni in diverse parti d’Italia. Il salario percepito era piuttosto esiguo (36 scudi annui), inferiore a quello dell’ortolano di Monte Cavallo (60 scudi annui), e spesso corrisposto con ritardo (Luzzatto, 1951, p. 73).
Negli anni in cui fu a Monte Cavallo, Quattrami poté dedicarsi allo studio della medicina e dell’alchimia, stabilì contatti con Ulisse Aldrovandi, cui inviò un catalogo d’erbe nel 1579 (Bologna, Biblioteca Universitaria, Fondo Aldrovandi, ms. 136, t. VII, c. 55); ne visitò il Museo nel 1593. Nel 1586 pubblicò il Breve trattato intorno alla preservatione, et cura della peste (Roma, 2 ed. Milano 1630), opera che suscitò non poco interesse, se nel 1618 vide la luce a Lipsia la traduzione latina (Tractatus brevis de praeservatione & curatione pestis) a opera di Andreas Hiltebrand, medico di Stettino.
L’opera di Quattrami voleva essere di aiuto ai confratelli che, nel caso di pestilenze, fossero in grado di «visitare misericordiosamente senza paura li poveri infetti di tal crudelissimo morbo» (c. 4r). Il timore di un ritorno dell’epidemia del ‘mal castrone’ (influenza), che aveva colpito Roma nel 1580, lo aveva indotto a comporre un trattato sulle cause della peste e i possibili rimedi. Quanto alle cause, Quattrami adottò la concezione miasmatica, che però integrò con la teoria (proposta da Girolamo Fracastoro) dei semi del contagio: l’azione dei semi, definiti anche particole, è di tipo chimico-fisico. Il seme è più contagioso quanto più è sottile, cosicché velocemente converte le cose con la sua penetrazione, propagandosi facilmente e provocando la putrefazione dei misti. I semi più sottili possono corrompere gli spiriti vitali, determinando il decesso del malato.
L’anno successivo uscì La vera dichiaratione di tutte le metafore, similitudini, & enimmi degl’antichi filosofi alchimisti (Roma, Accolti, 1587) in cui l’autore, seguendo una tradizione consolidata, distingue la vera dalla falsa alchimia. La vera è difficile impresa, condotta con diligente studio di testi spesso oscuri e non per ottenere facili guadagni; la falsa alchimia è praticata da uomini senza scrupoli e ignoranti. Nell’epistola dedicatoria indirizzata a «Tutti gli Alchimisti», Quattrami si pronuncia sul sistema di Copernico, sostenendo che è possibile che teorie, benché fondate su principi falsi, possano ‘salvare le apparenze’, come accade con «le Teoriche del Copernico, che sono tali calculationi i dì nostri le più giuste, sebbene son fondate nel falso» (c. 3r). In chiusura dell’opera, egli esprime un parere favorevole nei confronti della teoria paracelsiana dei tre principi (sale, zolfo e mercurio).
Dopo la morte del cardinale Luigi d’Este, Quattrami rimase privo di protezione e d’impiego; cercò di continuare a lavorare per la famiglia d’Este, da cui ricevette ancora un salario nel mese di settembre del 1587. Nel 1590 una caduta causò la frattura dell’anca immobilizzandolo per circa un anno e lasciandolo malfermo per tutta la vita. A gennaio del 1591 era ancora a Roma, zoppo e «ridotto in miseria» (Luzzatto, 1951, p. 74). Per un breve periodo, forse poco più di un anno, passò al servizio di Filippo d’Este, marchese di San Martino in Rio, presso Reggio. Deceduto Filippo (2 dicembre 1592), entrò (marzo 1593) al servizio del duca Alfonso II d’Este a Ferrara. Malgrado le cattive condizioni di salute causate dalla caduta, intraprese numerose escursioni naturalistiche, a Trento, Verona, Vicenza, Padova, in Friuli, Garfagnana, Frignano Trevigiano, Reggiano e Dalmazia e allestì l’orto botanico presso la delizia estense della Montagnola.
Durante il soggiorno a Ferrara, stabilì una fitta rete di corrispondenze scientifiche con naturalisti italiani e stranieri con i quali scambiò non solo informazioni, ma anche semi, bulbi e piante. Tra i suoi corrispondenti figurano Ulisse Aldrovandi, il frate cappuccino Gregorio da Reggio, semplicista dei Gonzaga, Gian Vincenzo Pinelli, Giovanni Pona, nonché Jacob Zwinger (prima a Padova e poi a Basilea), Carolus Clusius a Leida (cui nel 1597 rivolgeva l’invito di stabilirsi a Ferrara) e Johann Hertel, botanico della Transilvania, che aveva soggiornato a lungo a Padova.
Nel 1597 uscì la già citata opera sulla teriaca, dedicata ad Afonso II, in cui Quattrami intervenne nelle dispute intorno alla composizione del farmaco, schierandosi con Bartolomeo Maranta contro Marco Oddi e i medici di Padova. Fu sollecitato dagli speziali a scrivere sulla teriaca e i suoi ingredienti, ma il suo principale intento era di metter fine ai frequenti abusi nella preparazione dei farmaci. In tutta l’opera Quattrami rivendica una precisa funzione al semplicista e distillatore nell’ambito delle professioni mediche, distinguendone i ruoli da quelli degli speziali e dei medici.
Con la morte di Alfonso II (1597) il giardino dei semplici di Ferrara cui era preposto Quattrami fu distrutto dai soldati e per il frate agostiniano, ormai settantenne, iniziò un nuovo periodo di incertezza e peregrinazioni. Il duca Cesare lo licenziò ed egli decise di far ritorno a Gubbio, dove inviò i suoi beni. Fu tuttavia riassunto in servizio e si stabilì a Modena nel dicembre del 1598, occupandosi del giardino dei semplici. Nel 1599 era ancora a Modena al servizio del duca, ma in condizioni ben più difficili che a Ferrara. Subì maltrattamenti e vessazioni, per poi essere licenziato definitivamente e lasciato privo di sostentamento. A luglio del 1601 era a Gubbio, infermo e in miseria. Di lì scrisse al segretario del duca Giovan Battista Laderchi chiedendo sostegno finanziario. Ancora da Gubbio reiterò la richiesta in una lettera al duca Cesare d’Este (31 marzo 1602). Sempre da Gubbio scrisse il 18 luglio 1602 una lettera al padre Christoph Clavius su temi astronomici, affermando la possibilità del moto della Terra (C. Clavius, Corrispondenza, a cura di V. Baldini - P.D. Napolitani, 1992, V, t. 2, pp. 14-16). Nell’ottobre del 1602 propose la creazione di una scuola di semplicisti a Gubbio (Nardelli, 1998, p. 517). È questa l’ultima notizia che si ha di Quattrami.
Fonti e Bibl.: Basilea, Universitätsbibliothek, Frey-Gryn Mss., I 15, 37; 300; 340; Bologna, Biblioteca Universitaria, Fondo Aldrovandi (v. la descrizione in L. Frati et al., Catalogo dei manoscritti di Ulisse Aldrovandi..., Bologna 1907); Leida, Universiteitbibliotheek, Mss., VUL 101 s.v. Quattranius; Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., S.P. II 275/152, c. 1r v; Roma, Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana, Mss., 529, cc. 211-212v; C. Clavius, Corrispon-denza, a cura di U. Baldini - P.D. Napolitani, I-VII, V, t. 2, Pisa 1992, pp. 14-16.
G. B. De. Toni, Il carteggio degli italiani col botanico Carlo Clusio, Modena 1911, passim; Id., Notizie bio-bibliografiche intorno E. Q. semplicista degli Estensi, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1917-1918, vol. 77, parte II, pp. 373-396; G. Luzzatto, E. Q., semplicista degli Estensi. Nuovo contributo bio-bibliografico, in Atti e memorie dell’Accademia di storia dell’arte sanitaria, s. 2, XVII (1951), 2, pp. 70-80; A. Perifano, Alchimie et philosophie de la nature chez E. Q., in Alchimie et philosophie à la Renaissance, a cura di J.-C. Margolin - S. Matton, Paris 1993, pp. 253-264; G.M. Nardelli, E. Q.: frate semplicista nel dibattito farmacognostico della teriaca, in Storici, filosofi e cultura umanistica a Gubbio tra Cinque e Seicento, a cura di P. Castelli - G. Pellegrini, Spoleto 1998, pp. 511-538; G. Olmi, Lettere di Fra Gregorio da Reggio, cappuccino e botanico del tardo Rinascimento, in Musa Musaei. Studies on scientific instruments and collections in honour of Mara Miniati, a cura di M. Beretta - P. Galluzzi - C. Triarico, Firenze 2003, pp. 117-139.