BIBLIA, Fabrizio
Mal confuso da alcuni autori con Francesco Biblia, che fu vescovo di Isola in Calabria dal 1631 al 1634, il B. nacque a Catanzaro, non sappiamo se dalla stessa famiglia o da altro ramo della famiglia del vescovo. Altri Biblia troviamo attivi a Catanzaro, durante la prima metà del sec. XVII, nel commercio dei panni. Del B., della cui vita ben poche notizie ci restano, sappiamo che prestò il giuramento di studente, al suo ingresso nell'università di Napoli, il 6 maggio 1606: il che porta a stabilirne la data di nascita intorno al 1590.
In seguito il B. entrò, dopo essersi addottorato, nei quadri della Regia Zecca di Napoli, raggiungendovi presto il grado di reggente dell'ufficio di maestro di zecca. Che vi acquistasse perizia ed autorevolezza è provato dal fatto che nel 1621 fu incaricato dal cardinale Antonio Zapata, viceré del Regno, di scrivergli una relazione sulle cause e sui rimedi della grave crisi monetaria in cui il Regno versava ormai da gran tempo. Ne nacque il Discorso sopra l'aggiustamento delle monete e cambii del Regno di Napoli (senza l. né d., ma Napoli 1621), che il B. compose in breve tempo e dedicò al nipote del cardinale, Giovanni Antonio Zapata, canonico della metropolitana di Siviglia.
Nel suo Discorso il B. vedeva nella tosatura e nel taglio della moneta di alta qualità coniata dalla Regia Zecca la causa principale del disordine monetario. La buona moneta era, infatti, subito esportata dai mercanti e il prezzo delle merci si regolava su quella logora e falsa che rimaneva in circolazione nel Regno, con un conseguente aumento dei cambi per l'estero, che incoraggiava le esportazioni e deprimeva o rendeva troppo costose le importazioni. Il B. vedeva un rimedio nella coniazione di monete recanti nella loro faccia due cerchi concentrici: quello esterno segnato con le cifre corrispondenti al valore nominale del conio; quello interno segnato con un valore inferiore a quello dell'intrinseco ancora contenuto nella parte della moneta così circoscritta. Se dalla moneta veniva tagliata o tosata tanta parte di essa da intaccare il cerchio esterno, il suo valore si sarebbe dovuto ridurre automaticamente a quello indicato nel cerchio interno; se veniva intaccato anche questo, la moneta avrebbe perso ogni ulteriore valore di corso e si sarebbe ridotta ad "un pezzo d'argento rozzo". In ogni caso si sarebbe dovuto evitare di ricorrere all'espediente di far correre la moneta a peso anziché secondo un valore nominale. Il B. suggeriva perciò di proibire l'esportazione della moneta regnicola e l'uso di essa, previa fusione, nei lavori di oreficeria e argenteria, e di procedere quindi, con alcune opportune precauzioni, ad un cambio generale della moneta e alla distribuzione di quella nuova da lui escogitata, senza peraltro porsi il problema della spesa che per tale operazione sarebbe stata necessaria.
Delle proposte del B., l'idea della proibizione da farsi agli orefici e quella di un cambio generale della moneta furono accettate dal viceré, che nel marzo del 1622 mise in esecuzione la riforma. Anche per la fretta con cui le cose erano state preparate, tutto si risolse, però, in un grave insuccesso e in una ulteriore depressione dell'economia napoletana.
La posizione del B. non ebbe, tuttavia, a risentirne ed egli continuò a tenere la carica di reggente dell'ufficio di maestro di zecca. In tale qualità chiedeva nel maggio del 1624 un aumento dei diritti a lui spettanti per ogni libbra di oro messa a conio: aumento che gli fu concesso, facendo passare la sua parte da 8 a 11 carlini per libbra. I suoi affari - come si può dedurre anche dall'esistenza di più conti a suo nome presso i banchi napoletani - dovevano intanto essersi allargati. Egli poteva così concorrere nel gennaio del 1624 all'asta per l'appalto della tesoreria provinciale della Calabria Ulteriore, rimanendo peraltro soccombente dinanzi al dottor Geronimo Naccarella, importante capitalista del tempo, con un'offerta di 10.100 ducati contro 10.500. Nel luglio dello stesso anno, però, egli riusciva ad aggiudicarsi, contro lo stesso concorrente, l'asta per l'appalto dell'ufficio di percettore del Principato Citeriore, con una offerta di ducati 10.000 contro 9.900.
Il nuovo ufficio si rivelò forse più assorbente del previsto e il B. dovette chiedere alle competenti autorità che il fratello Giovan Battista potesse surrogarlo nel suo ufficio presso la Zecca. La supplenza fu autorizzata ed estesa, con successive proroghe, fino a tutto l'agosto del 1625. Ma nell'agosto del 1625 Giovan Battista doveva, a sua volta, dimettersi, "per altre sue occupazioni", dall'ufficio di proreggente così ottenuto, dopo che già nel luglio precedente era stato richiamato all'ordine, perché, invece di attendere di persona al suo ufficio, vi si faceva sostituire da un suo figliolo.
Le dimissioni di Giovan Battista dovettero coincidere, con tutta probabilità, quasi perfettamente con la scadenza dell'ufficio di percettore detenuto dal fratello. Questi si trovò, dopo di allora, soggetto ad una lunghissima procedura di revisione dei suoi conti di percettore, procedura che si prolungò almeno fino al 1632, anno al quale risalgono le ultime menzioni che si abbiano di lui nei Notamenti della Regia Camera della Sommaria.
Fino a questa data il B. non aveva eseguito il proposito, rivelato alla fine del Discorso, di scrivere un trattato De nummo et cambiis, che allora sperava "in breve mandare in luce". Il proposito scopre in lui un interesse anche teorico per i problemi della sua professione di monetiere che fu forse sopraffatto dal posteriore ampliarsi dei suoi affari. Certo è che nel Discorso egli si dimostra buon conoscitore dei lavori del De Santis e del Serra, pur non facendone il nome; e specialmente nell'analisi dei concetti di valore e di prezzo rivela acume non comune. Dopo aver argomentato sui concetti di valore e di prezzo (il valore è "stima della perfettione della quantità e qualità di qualche cosa"; il prezzo è detta stima espressa in moneta), il B. fissa alcuni importanti principi valutari, da cui fa derivare una teoria sulla stabilità del valore della moneta e dei cambi, fondata sul valore dell'intrinseco e a questo collegata.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli,Dipendenze della Sommaria, fascio 15; Ibid.,Collegio dei Dottori. Registri dei giuramenti, vol. 171, c. 36; G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 1204; E. D'Afflitto,Memorie degli scrittori del Regno di Napoli, Napoli 1782-94, pp. II, 127; G. H. Bousquet,Esquisse d'une histoire de la science économique en Italie. Des origines à F. Ferrara, Paris 1960, pp. 18 e 24-25.