DEL CARRETTO, Fabrizio
Figlio di Giovanni (I), marchese del Finale, e fratello del marchese Galeotto (II), e del card. Carlo Domenico non se ne conosce la data di nascita che comunque dovrebbe porsi attorno al 1460 e non, come afferma il Grillo, verso il 1440. Quest'ultimo, d'altronde, lo dice figlio di Galeotto mentre secondo le Tabulae genealogicae gentis Carrettensis del Brichieri il D. nasce dal matrimonio fra Giovanni (I) e Viscontina di Barnaba Adorno, avvenuto nel 1451 (nel 1453 secondo G. M. Filelfo, La guerra nel Finale, a cura di Pinea, Genova 1979, p. 154). Mancano notizie anche sulla sua formazione; è certo, comunque, che se fu principalmente militare, lo fu in senso umanistico, allargata cioè alle discipline matematiche, storiche e letterarie.
I contemporanei infatti concordano nel definirlo doctus literas latinas (Fontano, c. Bv); il Bosio (p. 518) ne ricorda l'interesse per le "historie", mentre M. Giustiniani giunge ad annoverarlo fra gli scrittori liguri. In realtà la sua produzione si limita alla corrispondenza tenuta, come gran maestro dell'Ordine gerosolimitano, coi vari principi d'Europa e soprattutto con Leone X con cui aveva stretto legami d'amicizia durante il suo soggiorno romano (1505-1513) quando, attraverso il giovane cardinale, entrò in contatto con la cerchia di umanisti e letterati che Giovanni de' Medici aveva raccolto attorno a sé. L'amicizia sorta allora fra il D. e il futuro pontefice è testimoniata dallo stesso Leone X, nella lettera inviatagli per congratularsi con lui della sua elezione a gran maestro dell'Ordine gerosolimitano (Bembo, p. 259).
Le prime notizie si riferiscono al 1480 quando il D. è già fra i principali commendatori della Lingua d'Italia e viene incaricato da P. d'Aubusson, gran maestro dell'Ordine, di curare le fortificazioni di Rodi in previsione di un attacco turco.
Nel maggio di quell'anno infatti, gran parte della flotta ottomana si schierò di fronte all'isola di Rodi sottoponendo la città a intensi cannoneggiamenti e a un duro assedio. Al D. fu assegnato il comando di una delle più importanti piazzeforti dell'isola, la Torre di S. Nicola, dove combatté strenuamente al fianco del gran maestro d'Aubusson. L'attacco fu respinto e l'armata turca massacrata.
Il D. quindi ricompare in un documento, posteriore al 1481, conservato nell'archivio sforzesco (Gerola, p. 903), che lo indica precettore della prioria di S. Croce, fuori Milano. Nel 1496, quando il d'Aubusson lo incaricò di reclutare marinai in Italia, era già priore della Lombardia (Bertini, p. 23). Gli venne quindi assegnato, col titolo di capitano, il comando di tre galee dell'Ordine i cui equipaggi erano in gran parte costituiti da marinai reclutati in Italia, sudditi e vassalli per lo più del marchese del Finale, suo fratello.
Alla carica aspiravano molti cavalieri, tra cui il commendatore di Chamberau che ne fece esplicita richiesta al Consiglio riunitosi a Rodi il 3 ag. 1500. Ma la sua richiesta non fu accolta e il D. fu riconfermato capitano delle tre galee. L'anno seguente fu mandato a Venezia per sollecitare, attraverso il vescovo di Tivoli, l'armamento delle sette navi che il pontefice aveva promesso di inviare in Oriente per tentare un attacco all'isola di Mitilene insieme a Veneziani, Francesi e Spagnoli. Così, nell'agosto del 1502, il D. si trovò a Cerigo dove, al comando delle cinque galee che erano state armate a Venezia sotto la sua sorveglianza, si incontrò con la flotta pontificia, guidata da Giacomo da Pesaro. Ma le navi spagnole e francesi non arrivarono e Giacomo da Pesaro, contro il parere del gran maestro di Rodi, dirottò l'attacco sull'isola di Santa Maura.
Il D. venne richiamato a Rodi.
Alla morte di Alessandro VI (1503), il gran maestro si preoccupò di ristabilire gli antichi diritti e privilegi manomessi durante il suo pontificato e quindi, col parere del Consiglio, decise di inviare a Roma il D. come procuratore generale dell'Ordine. È del 24 ag. 1505 la bolla di vicariato che gli attribuisce "amplissima autorità e facultà di conferire le commende e benefici di quest'Ordine etiandio vacanti in corte di Roma, conforme a' privilegi della Religione ..." (Bosio, II, p. 485).
Gli ampi poteri conferitigli e gli incarichi diplomatici affidatigli dall'Ordine lo misero ben presto in contatto col gruppo di ambasciatori e legati presenti alla corte pontificia e fu impegnato da Giulio II anche nelle trattative di pace col re di Francia. Costretto ad allontanarsi spesso da Roma, si avvalse in questo periodo della collaborazione di Sabba da Castiglione.
Nel 1512, dopo che Giulio II ebbe aperto il quinto concilio lateranense, il D., che si trovava a Roma, fu incaricato dal priore di Lombardia di richiamare i cavalieri d'Italia e delle altre province per costituire una guardia che garantisse il pacifico svolgimento del concilio. La bolla, emanata il 22 nov. 1512 (Bosio, II, pp. 501 s.), rispondeva a un'esplicita richiesta di Giulio II; in realtà il D., accompagnato da Sisto Della Rovere, Pietro Grimani e altri cavalieri, aveva iniziato a svolgere questo compito fin dalla prima sessione. L'incarico di capitano generale delle guardie del concilio non gli impedì di continuare ad essere impiegato in missioni diplomatiche: nel 1513 è lo stesso re di Francia che lo invia "occultamente a' cardinali di Nantes e di Strigonia" (Guicciardini, II, p. 1045) per proporre di accettare le richieste del pontefice e stipulare con lui un trattato di pace.
Intanto a Rodi crescevano i timori di un nuovo attacco ottomano e il Consiglio decideva di richiamare il D., già da alcuni anni ammiraglio dell'Ordine, con l'incarico di condurre due navi cariche di frumento. Era appena giunto a Rodi quando la suprema carica dell'Ordine rimase vacante per la morte improvvisa del gran maestro Guy de Blanchefort. Il D. fu eletto suo successore (15 dic. 1513). Sua prima preoccupazione fu indire un capitolo generale (15 genn. 1514) i cui atti sono andati dispersi. Si sa però che gli furono conferiti tutti i poteri che il capitolo aveva già concesso al d'Aubusson (esazioni delle rendite delle commende vacanti, nomina degli ufficiali) e l'amministrazione del Tesoro; inoltre, poiché temendo un attacco turco si era stabilito che rimanessero di stanza a Rodi 550 cavalieri, gli furono assegnati 39.600 scudi annui per il loro mantenimento; infine, gli furono affidate tutte le spese straordinarie per l'armamento.
Da questo momento in poi costante preoccupazione del D. fu preparare la difesa di Rodi in previsione di un attacco turco che col passare degli anni appariva sempre più inevitabile. Egli cercò quindi di rifornire gli arsenali e di rimodernare le opere di difesa: si servì di Claudio Lorenzin, un cittadino di Lione, per far giungere dalla Francia una gran quantità d'artiglieria e chiamò a Rodi numerosi architetti italiani, fra cui Basilio della Scola, per introdurre nell'isola i nuovi sistemi di fortificazione che si andavano elaborando in quegli anni in Europa.
Ma soprattutto il D. diede l'avvio a un'intensa attività diplomatica volta a raccogliere aiuti fra i principi cristiani, sostenuto in ciò da Leone X, che fece della crociata uno dei punti fondamentali della sua politica estera. Inoltre, nel tentativo di allentare la pressione turca contro l'isola, cercò alleanze contro il sultano instaurando ottime relazioni con lo scià di Persia che nel maggio 1515 inviò a Rodi un suo ambasciatore. L'anno seguente (novembre 1516) il D. inviò un ambasciatore a concludere un trattato di pace col sultano d'Egitto. Fu soprattutto nel 1517 e nel 1518 che gli appelli del D. al pontefice e ai principi cristiani si fecero più incalzanti: nel marzo 1517 mandò propri ambasciatori al pontefice, al re di Spagna e a quello di Francia e il 17 maggio inviò una lettera a Francesco I cercando di spingerlo alla crociata; istituì inoltre una serrata corrispondenza con Leone X, informandolo dei preparativi militari che si andavano facendo a Costantinopoli. Ma non riuscì ad ottenere risultati concreti. La vittoria di Selī'm sui Persiani e la sua conquista dell'Egitto rappresentarono per Rodi la catastrofe. Il Setton sottolinea come nelle lettere inviate dal D. il 30 maggio e il 1° giugno 1518 al pontefice (Morello, pp. 68-71) sia presente "a note, almost, of resignation to fate" (Setton, IX, p. 408). Ma il D. non assistette all'attacco turco: la morte lo colse improvvisamente a Rodi il 10 genn. 1521, mentre era impegnato ad organizzare una spedizione contro i Turchi.
Fonti e Bibl.: G. Fontano, De Bello Rhodio libri tres, Romae 1524, c. Bv; P. Bembo, Epistolarium Leoni Decimi..., Basileae 1539, lib. VII, pp. 257-261, 341, 412, 544 ss., 579 ss.; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1888-1890, XXII-XXV, ad Indicem; F. Del Carretto, Lettera a Francesco I, in Annales de l'Ordre souverain milit. de Malte, XXVII (1969), 2-4, pp. 91 ss.; F. Guicciardini, Storia d'Italia, Torino 1971, II, pp. 1045 s.; G.Morello, Un appello da Rodi. Lettere di F. D. a Leone X (aprile-giugno 1518), in Annales de l'Ordre souverain milit. de Malte, XXXIII (1975), 3-4, pp. 59-73 (con notizie su altra corrisp.); L. Alberti, Descrittione di tutta l'Italia…, Bologna 1550, c. 11v; U. Foglietta, Gli eloggi degli huomini chiari della Liguria, Genova 1579, c. 67v; F. Sansovino, Historia univ. dell'origine et delle guerre de Turchi, Venetia 1582, cc. 351v, 361v; Id., Della origine et dei fatti delle famiglie illustri d'Italia, Vinegia 1582, c. 207; G. Bosio, Historia della Religione et ill.ma Milizia di S. Giovanni, Gerosolimitano, Roma 1594, II, pp. 440-518; O. Rinaldi, Annales ecclesiastici…, Roma 1663, ad annum 1514, n. 47, pp. 71 s.; ad annum 1516, n. 55, pp. 128 s.; ad annum 1517, n. 19, p. 155; G. Marulli, Vite de' gran maestri della Sacra Religione di S. Giovanni Gerosolimitano, Napoli 1639, pp. 615-625; M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, I, pp. 207 s.; B. Giustinian, Historie cronologiche degli ordini militari di tutte le religioni cavalleresche..., Venezia 1692, I, pp. 208-300; Codice diplom. del S. M. O. Gerosolimitano, a c. di S. Paoli, Lucca 1733, II, pp. 179 ss.; R. Aubert de Vertot, Histoire des chevaliers hospit. de S. Jean de Jérusalem, Paris 1726, II, pp. 310, 409-420; G. C. Brichieri Colombo, Tabulae geneal. gentis Carrettensis..., Vindobonae 1741, tab. XIV, p. 69; G. B. Spontorno, Elogi di liguri ill., Genova 1828, pp. 69-76; L. F. Villeneuve-Bargemon, Monuments des grands maîtres de l'Ordre de Saint Jean-de-Jérusalem..., Paris 1829, I, pp. 243, 306, 344; L. Grillo, Elogi di liguri illustri, Genova 1846, I, pp. 318-344; L. De Caro, Storia dei gran maestri e cavalieri di Malta..., Malta 1853, II, pp. 242, 355-377; G. Avignone, Medaglie dei Liguri e della Liguria, in Atti della Soc. ligure di storia patria, VIII (1868), 2, pp. 530 s.; O. Tadini, Genovesi al servizio dei vari Stati europei, in Riv. marittima, XXI (1888), 10, pp. 19 s.; G. Gerola, Docum. rodiesi del secolo XV nell'Arch. Sforzesco, in Atti del R. Istit. ven. di sc., lett. ed arti, LXXVI (1916-17), 2, pp. 900, 903; C. A. Bertini Frassoni, Il Sovrano Militare Ordine di S. Giovanni…, Roma 1929, pp. 11, 23; L. v. Pastor, Storia dei papi, IV, Roma 1923, p. 141 n. 4; E. Rossi, Riassunto storico del S. M. Ordine di S. Giovanni..., Roma 1929, pp. 39-161; Id., Il Sovrano Militare Ordine Gerosolim. di Malta..., Roma 1932, pp. 20, 77; T. Cerone, I cavalieri di Rodi, Firenze 1938, pp. 131 ss.; G. Berardelli, L'Ordine sovrano militare di Malta, Roma 1939, pp. 10-13; G. Bottarelli, Storia politica e milit. del S. O. M. di S. Giovanni..., Milano 1940, pp. 222, 241 s., 247, 271-75, 281-302; M. Monterisi, L'Ordine a Malta Tripoli e in Italia..., Milano 1940, p. 33; L. Rangoni Machiavelli, Cenni biogr. di rettori. Fra F. D., in Riv. del S. O. M. di Malta, XXI (1942), pp. 2 s.; G. Müller, Documenti sulle relazioni delle città toscane con l'Oriente cristiano e coi Turchi fino all'anno 1521, Roma 1966, pp. 267 s.; E. Brockmann, The two sieges of Rhodes, 1480-1522, London 1969, pp. 24, 32, 74; K. M. Setton, Europe and the Levant in the Middle Ages and the Renaiss., London 1974, IX, pp. 389, 397 s., 407 s., 413, 420; F. Petrucci, Castiglione, Sabba da, in Diz. biogr. d. Ital., XXII, Roma 1979, p. 101.