FALCE (gr. δρεπάνη, δρέπανον; lat. falx; fr. faulx; sp. falce; ted. Sense; ingl. scythe)
Come strumento agricolo, la falce fu usata da età remotissima. Son da riconoscere per falci taluni coltelli di silice, d'età neolitica, con immanicatura di legno. Talora, come in Egitto, servirono da falci mascelle di animali o manici di legno in cui erano innestate piccole schegge seghettate di selce. Con l'introduzione dei metalli si ebbero falci di bronzo e di ferro.
A seconda delle esigenze cui lo strumento doveva servire, esso mutò forma, dimensioni e caratteristiche. Si ebbero così la falce e la roncola; la falce venne talora dentellata, e la roncola fu munita di una punta a spiedo e di una escrescenza a scure sulla costa metallica opposta al taglio arcuato. Per tagliar l'erba o gli steli di grano dopo la mietitura si usò una falce più grande munita di lungo manico (falx veruculata).
Le divinità agricole, come Saturno, Silvano, Vertumno e la figura dell'Estate, ebbero come attributo la falce. Demetra è detta δρεπανοϕόρος.
La falce fu adottata anche per usi bellici: si ebbe cioè una spada in forma di falce, o fornita di un'appendice di questa forma. Essa venne detta dai Greci ἅρπη (harpe), e dai Latini falcatus o hamatus ensis. La poesia e l'arte ci presentano armati di harpe Zeus che combatte Tifone, Eracle in atto di uccidere l'idra di Lerna, Ermete che taglia la testa ad Argo, Perseo combattente contro la Gorgone, o irrompente sul mostro cui Andromeda era vittima destinata. In realtà, non mancarorio popoli antichi - come i Lici, i Carî, gli Oschi, e forse i Cartaginesi - che fecero uso di armi a lama ricurva. E sono ben note le falci pesanti di cui appaiono armati i Daci nei rilievi della colonna Traiana e nelle metope del monumento di Adamclisi.
I Greci e i Romani si servirono di strumenti falcati solo quali armi d'assedio, e nei combattimenti navali. "Falci murali" si dissero le grandi falci adoperate per portar la rovina nei bastioni e nelle loro palizzate (Caes., De bello gallico, VII, 86), o per distaccar le pietre dalle mura scompaginate dall'ariete. Delle "falci navali" la flotta di Cesare si servì nella guerra cotro i Veneti (De bello gall., III, 14). Un grande ferro a falce era sospeso agli alberi delle navi romane, e ricevendo un impulso simile a quello dell'ariete, doveva uncinare gli alberi e il sartiame delle navi nemiche, fino ad abbatterli e a strappare gli uni e l'altro. I carri armati di falce (currus falcati, quadrigae falcatae) furono usati qualche volta negli eserciti ellenistici, per esempio da Antioco IV a Magnesia. Essi potevano divenire esiziali all'esercito che se ne serviva, qualora si fossero spaventati i cavalli. I Romani non li adottarono.
In epoca feudale e comunale furono spesso usate come armi vere e proprie falci fienaie. Erano probabilmente usate, più che altro, nelle sortite e nelle difese delle brecce e nelle scalate, poiché oltre a ferire l'avversario potevano afferrarlo, rovesciarlo e trascinarlo. Per la falce da guerra, vedi falcione.
Bibl.: R. Forrer, s. v. Sicheln, in Reallex. prähistor. klass. und frühchrist. Altertümer, Berlino e Stoccarda 1907; S. Reinach, s. v. Falx, in Daremberg e Saglio, Dictionn. antiq., II, 2, Parigi 1918, pp. 968-971; Hug, s. v. Sichel, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., ii-A, II, coll. 2190-2193.