Il fallimento avente implicazioni transfrontaliere comporta problemi legati all’individuazione del giudice competente, alla determinazione della legge applicabile e al riconoscimento dei provvedimenti pronunciati all’estero.
La l. 218/1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato non prevede alcuna norma in materia. Per far fronte a questa lacuna giuridica, la dottrina prevalente riconduce la disciplina del fallimento internazionale all’art. 9 della legge fallimentare 267/1942, modificato dal d.lgs. 5/2006. Tale disposizione stabilisce che il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa. Qualora la sede sia all’estero, è prevista la possibilità di dichiarare il fallimento in Italia anche successivamente a una dichiarazione di fallimento dello stesso imprenditore all’estero.
Esistono inoltre convenzioni bilaterali concluse dall’Italia in materia che, nel loro campo di applicazione, prevalgono sulla disciplina di diritto comune.