Farmacodipendenza
Con il termine farmacodipendenza si indica un disturbo di interesse psichiatrico classificato nel Diagnostic statistical manual (DSM), a cura dell'American Psychiatric Association (APA), e nella International classification of diseases and health problems (ICD), a cura dell'Organizzazione mondiale della sanità, nella sua decima edizione. Il termine tossicodipendenza, che corrisponde all'inglese addiction, è un sinonimo di f. che si riserva per le forme più gravi. In lingua inglese si distingue una f. in senso stretto (drug-dependence) da una f. per sostanze contenenti principi farmacologicamente attivi, come alcolici, tabacco, marijuana (substance dependence). La f. è indicata da ICD 10 come sindrome, ossia un insieme di sintomi, di natura fisiologica, comportamentale e cognitiva, nella quale l'uso di una sostanza o di una classe di psicofarmaci acquista per il soggetto priorità di gran lunga maggiore rispetto ad altri comportamenti che in precedenza avevano un valore primario. Aspetto fondamentale della dipendenza è il forte e compulsivo desiderio (craving) di consumare la sostanza, la difficoltà di moderarne l'utilizzo e la tendenza a ricadere nell'uso anche dopo un periodo di astinenza. Un altro aspetto importante della f. è costituito dalla tolleranza e dalla dipendenza fisica, modificazioni indotte dalla cronica esposizione al farmaco. La tolleranza consiste in una progressiva riduzione dell'efficacia del farmaco così che dosi crescenti diventano necessarie per mantenere costanti i suoi effetti farmacologici. La dipendenza fisica si esprime nell'astinenza, che si sviluppa quando la somministrazione del farmaco viene interrotta o sostituita con un farmaco che ne antagonizza gli effetti. La tolleranza e la dipendenza fisica sono due aspetti di un processo di adattamento e consistono nell'induzione di modificazioni di segno opposto a quelle del farmaco, le quali, in presenza del farmaco stesso, ne riducono gli effetti (tolleranza) e, in sua assenza, prevalgono, scatenando la sindrome di astinenza. Un classico esempio di tolleranza e dipendenza fisica è costituito dall'eroina e in generale dai narcotici analgesici di cui è capostipite la morfina. L'esposizione cronica a questi farmaci induce una tolleranza ai loro effetti analgesici, sedativi, deprimenti la respirazione e gratificanti: la loro interruzione provoca una sindrome di astinenza caratterizzata da sintomi opposti (iperalgesia, midriasi, coliche intestinali, diarrea, irritabilità). L'importanza attribuita alla tolleranza e alla dipendenza fisica nella f. si è andata modificando nel corso degli anni. Questa evoluzione si riflette anche nei criteri su cui si basa la diagnosi di dipendenza. Fino al 1987 la tolleranza e la dipendenza fisica erano considerate condizioni necessarie per una diagnosi di dipendenza. Con l'introduzione dell'ICD-10 e della 3a edizione R del DSM, la tolleranza e la dipendenza fisica perdono tale status, diventando due tra i 6 (ICD-10) o 7 (DSM) sintomi la cui presenza, nella misura di almeno 3 di essi, consente la diagnosi di farmacodipendenza.Il cambiamento corrisponde a una reinterpretazione del significato della f. come disturbo della motivazione piuttosto che come alterazione della risposta al farmaco e delle funzioni organiche, che è indotta dalla cronica esposizione a esso.
La derubricazione della tolleranza e dipendenza fisica da sintomi preminenti a sintomi paritari a quelli di natura motivazionale e psicologica deriva anche da considerazioni pratiche. Innanzitutto dalla consapevolezza, derivante dall'esperienza clinica accumulata con la diffusione dell'uso della cocaina base (crack), che non tutte le f. ricalcano il modello dei narcotici analgesici o dell'alcol, prodotti che inducono una caratteristica sindrome di astinenza. La cocaina, infatti, e le stesse amfetamine, producono una sindrome di astinenza meno definita e caratteristica. Ugualmente dicasi della cannabis e della nicotina.
Un altro motivo di questo cambiamento è da ricercare nella decennale esperienza fallimentare dei tentativi di curare la f. da eroina o da alcol attraverso la disassuefazione con un trattamento a scalare con farmaci della stessa classe (per es., metadone) o appartenenti a classi farmacologiche collegate (per es., benzodiazepine, GHB). Da questa svolta interpretativa deriva l'introduzione nei criteri diagnostici della f., in aggiunta alla tolleranza e alla dipendenza fisica, di 4 (ICD-10) o 5 sintomi (DSM) indicativi della compulsione all'uso (forte desiderio di consumare il farmaco, incapacità di controllarne l'uso e a smettere nonostante ripetuti tentativi) e della centralità del farmaco nella motivazione del soggetto (perdita di motivazione e interesse nei confronti di occupazioni, affetti, rapporti sociali non connessi al farmaco; dedica di buona parte del tempo ed eventuale coinvolgimento in attività illegali al fine di procacciare il farmaco; uso continuativo del farmaco nonostante l'insorgenza di disturbi e patologie che sono associate alla farmacodipendenza). Nonostante tutto questo, il ruolo della tolleranza e della dipendenza fisica nella f. non è da sottovalutare. Lo stesso DSM iv invitava a distinguere due forme di f. a seconda della presenza di un componente di natura fisiologica e cioè di tolleranza e dipendenza fisica. Studi ulteriori mostrano che per tutte le più importanti forme di f. (alcol, cocaina, amfetamina, marijuana) la presenza di tolleranza e in particolare (nel caso dell'alcolismo) di dipendenza fisica è associata a forme più gravi e a prognosi meno favorevole. Collegato al termine farmacodipendenza è abuso (di farmaci e sostanze). Il termine è usato dal DSM iv per indicare una condizione meno grave della f., che è caratterizzata da un utilizzo continuato del farmaco o della sostanza nonostante il soggetto sia cosciente che ciò gli crei problemi di natura sociale, familiare, lavorativa e medica. L'IC-10 non utilizza il termine abuso ma dannoso per la salute del soggetto o rischioso da un punto di vista sociale. Nel caso di uso di sostanze illecite o di un uso illecito (non terapeutico) di farmaci leciti il termine abuso viene spesso applicato anche in presenza di uso sporadico e non continuato.
Classi farmacologiche
La proprietà dei farmaci di indurre f. è stata posta sotto il diretto controllo delle Nazioni Unite attraverso l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). L'OMS ha costituito un comitato formato da esperti sulla f. (Expert Committee on Drug Dependence) che ha classificato i farmaci che sono capaci di produrre dipendenza, dividendoli in varie tabelle sulla base della loro pericolosità e importanza terapeutica. Questo comitato ha anche stabilito i criteri sulla base dei quali assegnare alle diverse tabelle farmaci nuovi o non ancora classificati. Sulla base di tali criteri sono stati inseriti nella Tabella 1 farmaci e sostanze particolarmente pericolosi quanto a capacità di indurre abuso e con utilità terapeutica molto limitata o nulla, come eroina e fentanyl iniettabile, LSD, MDMA (exstasi), GHB, marijuana e hascish, PCP (fenciclidina), mescalina, psilocibina.
Nella Tabella 2 vi sono farmaci come amfetamina, metamfetamina, metilfenidato, cocaina e metaqualone (un ipnotico), che hanno un sostanziale potenziale di abuso e una limitata o moderata utilità terapeutica; nella Tabella 3 farmaci come amobarbital, buprenorfina, flunitrazepan, pentazocina, steroidi anabolizzanti, dotati di potenziale di abuso simile a quelli della Tabella 2 ma con utilità terapeutica da moderata a elevata; infine, sono stati inseriti in Tabella 4 farmaci come diazepam e dietilpropion (anoressizzante), utili da un punto di vista terapeutico e dotati di un minore ma significativo potenziale di abuso. L'appartenenza a ciascuna delle Tabelle indicate comporta restrizioni alla prescrizione e alla vendita; per fare un esempio, per tutti i farmaci e sostanze in Tabella 1 è assolutamente vietata la vendita.
Epidemiologia
Sulla base di dati del WHO si stima che negli anni 1998-2001 una percentuale corrispondente al 3,1 della popolazione mondiale (185 milioni di persone) abusasse di sostanze illecite (incluse in tab. 1). La sostanza più utilizzata era la cannabis (69% dei soggetti), seguita dalle amfetamine (16%), dalla cocaina (6%), dall'eroina (4%), dall'ecstasy (3%) e da altri oppiacei (2%). L'incidenza percentuale di dipendenza e abuso per le varie sostanze illecite tra i soggetti che ne fanno uso costituisce un dato particolarmente interessante in quanto fornisce una stima del potenziale d'abuso della sostanza. Secondo i dati relativi al 2003 del National Household Survey on Drug Abuse (NHSDA), tale incidenza è infatti massima (57,4%) per l'eroina, che si conferma come il farmaco a più elevato potenziale d'abuso, seguita da cocaina (25,6%), sedativi (19%), marijuana (16,6%), amfetamine (13,7%), analgesici (12,2%), alcol (11,5%), ansiolitici (8,6%), allucinogeni (8,2%) e solventi (8,2%). È particolarmente interessante il notevole potenziale d'abuso della marijuana, ben superiore a quello dell'alcol e degli psicostimolanti (amfetamine).
Fattori di rischio
La f. è un tipico esempio di interazione tra fattori genetici e ambientali nel quale l'influenza dei fattori genetici è prevalente. Studi di epidemiologia genetica condotti su gemelli monozigoti ed eterozigoti dimostrano che i fattori genetici contribuiscono per una percentuale variabile dal 63% al 78% nell'abuso di cocaina. Simili percentuali si ottengono per altre sostanze d'abuso come la cannabis e la stessa caffeina (Kendler, Jacobson, Prescott et al. 2003). Al contrario dell'abuso e della dipendenza, il semplice uso di sostanze risulta determinato prevalentemente da fattori ambientali piuttosto che genetici. Nel caso della cocaina, l'uso appare dipendente solo per il 39% da fattori genetici e per il resto da fattori ambientali. Lo stesso trend si osserva nel caso del semplice uso di cannabis. Questa dicotomia dimostra la fondamentale differenza esistente tra i meccanismi alla base dell'uso di sostanze e del loro abuso. Un'altra importante osservazione degli studi di epidemiologia genetica sui gemelli è che il fattore genetico che contribuisce all'abuso appare essere comune a tutte le sostanze d'abuso, indipendentemente dalla loro pericolosità e capacità di dare dipendenza e, quindi, indipendentemente dal fatto di essere considerate droghe 'pesanti' o 'leggere' (Kendler, Jacobson, Prescott et al. 2003). Così, non è stato evidenziato alcun fattore genetico specifico per una specifica classe di droghe; al contrario, droghe caratterizzate da meccanismi d'azione primari molto diversi, come la cannabis e la cocaina o gli oppiacei, avevano in comune un unico fattore genetico. Perciò, i fattori genetici che in un gruppo di individui determinano la vulnerabilità a una classe di droghe sono gli stessi che in un altro gruppo di soggetti contribuiscono all'abuso di un'altra classe di droghe. Questi risultati indicano come la dipendenza venga determinata in larga misura da fattori costituzionali geneticamente trasmissibili comuni a tutte le droghe. Tale conclusione è compatibile con la nozione che la dipendenza è raramente ristretta a una sola sostanza, ma assume spesso le caratteristiche del polidrug abuse. Inoltre è in accordo con il fatto che la familiarità dell'abuso di sostanze non è specifica per una classe di sostanze ma si estende a tutte quelle d'abuso e spesso si associa a disturbi della personalità e a disturbi psichiatrici.
Personalità e comorbidità
La personalità si può rappresentare come composta di due aspetti, l'uno invariante, presente fin dall'infanzia e di natura ereditaria, il temperamento, e l'altro acquisito e dipendente dall'esperienza e dall'ambiente, ossia il carattere. Nel temperamento si distinguono una serie di tratti fondamentali che, a seconda degli autori, assumono nomi diversi. Vari studi dimostrano un'associazione altamente significativa tra certi tratti del temperamento e farmacodipendenza. Tra questi tratti due sono più frequentemente associati alla f., quello dell'impulsività/estroversione/ricerca di nuove sensazioni o di novità (sensation/novelty seeking) e quello del nevroticismo-ansietà/paura. Per es., nei bambini e negli adolescenti tratti di impulsività e nevroticismo erano associati ad alcolismo nell'età adulta. Inoltre, elevati indici di emozionalità negativa e di disinibizione comportamentale (impulsività) si sono rivelati predittivi di problemi correlati all'abuso di sostanze. Infine, vari studi indicano un'elevata associazione tra alcolismo e sensation seeking. Un aspetto correlato all'associazione tra specifici tratti della personalità e f. è l'alto grado di comorbidità esistente tra f., disturbi della personalità nonché malattie psichiche. La f. è infatti frequentemente associata al disturbo di personalità antisociale e al disturbo della condotta, ai disturbi del tono dell'umore (depressione maggiore, disturbo bipolare) e ai disturbi d'ansia. Tale associazione si può spiegare come dovuta al fatto che queste condizioni condividono un comune fattore di tipo causale. Alternativamente, il disturbo psichico potrebbe indurre la f. come forma di automedicazione, oppure la f. potrebbe rimuovere dalla latenza un disturbo psichico. Diversi studi riguardo all'argomento mostrano che la comorbidità tra depressione maggiore e dipendenza da alcol è interamente spiegata dalla comorbidità di ambedue queste condizioni con il disturbo di personalità antisociale, che è anch'esso caratterizzato da eccesso di impulsività. Un disturbo dell'impulsività su basi genetiche potrebbe essere quindi alla base della spiccata comorbidità tra disturbi di personalità, disturbi del tono dell'umore, disturbi d'ansia e farmacodipendenza.
Neuropsicologia
L'ipotesi che i soggetti farmacodipendenti siano affetti da un disturbo del controllo degli impulsi è stata verificata attraverso l'applicazione di test neuropsicologici sensibili ai disturbi dell'impulsività. L'impulsività è tuttavia un costrutto complesso essendo composta da vari aspetti i quali vengono analizzati da diversi test neuropsicologici. Il Wisconsin card sorting test (WCST), che misura l'impulsività percettiva, il Reversal learning task (RTL), che misura l'impulsività motoria verso stimoli provvisti di contenuto affettivo, e il test di Stroop, che misura l'impulsività motoria nei confronti di stimoli affettivamente neutri, non mostrano sistematiche e consistenti alterazioni nei soggetti farmacodipendenti. Da ciò si deduce che gli aspetti percettivo-motori dell'impulsività non sono primariamente compromessi in questa condizione. L'aspetto dell'impulsività che è consistentemente alterato nei soggetti farmacodipendenti è quello coinvolto nella scelta tra opzioni diverse, ciascuna provvista di pro e contro, valutabili non immediatamente ma in una prospettiva futura. Due i paradigmi più usati: il gambling task e il delay discounting. Il primo è stato applicato nell'uomo e il secondo negli animali. Nel gambling task i soggetti devono scegliere tra diversi mazzi di carte con differente probabilità nonché entità di guadagno/perdita. I soggetti farmacodipendenti perdono regolarmente perché scelgono di prelevare dal mazzo che fornisce guadagni elevati ma infrequenti rispetto alle perdite e insistono nella scelta anche dopo aver acquistato coscienza delle probabili conseguenze negative della loro scelta (Bechara 2005). Nel test del delay discounting si valuta la tendenza del soggetto a preferire una gratificazione immediata rispetto a una futura ma di grado maggiore. Studi su animali portatori di lesioni sperimentali e su soggetti umani portatori di lesioni vascolari hanno dimostrato che lesioni della corteccia orbitofrontale mediale, dell'amigdala e del core del nucleus accumbens producono effetti simili, essendo ciascuna singolarmente capace di produrre un deficit nei test di scelta impulsiva. Studi ulteriori nei soggetti farmacodipendenti dimostrano che il loro deficit nel gambling task è dovuto a due meccanismi diversi a seconda degli individui (Bechara 2005). Il 23% dei soggetti fallisce perché è insensibile alle future conseguenze delle sue scelte, indipendentemente dal loro segno, positivo o negativo; questi soggetti sono in tutto simili a soggetti portatori di lesioni della corteccia orbitofrontale. Il 41% dei soggetti invece fallisce perché, pur sensibile alle conseguenze future delle sue scelte, non è in grado di resistere all'attrazione esercitata dalla prospettiva di un consistente guadagno. Sono anche ipersensibili alla prospettiva di una gratificazione, la quale finisce inevitabilmente per prevalere nell'indirizzare le loro scelte. Si ritiene che tali caratteristiche siano determinate primariamente da alterazioni a carico dell'amigdala e del nucleus accumbens piuttosto che della corteccia orbitofrontale. Da questi studi emerge il concetto che la f. sia dovuta a un disturbo dei meccanismi di scelta causato da un'alterazione a carico di due sistemi distinti, quello costituito dalla corteccia orbitofrontale e dalla corteccia dell'insula cui proietta e quello costituito dall'amigdala, striato ventrale (nucleus accumbens) e corteccia del giro anteriore del cingolo.
Neurobiologia
Studi di imaging cerebrale con tomografia a emissione di positroni (PET) hanno messo in evidenza l'esistenza di alterazioni del metabolismo del glucosio a carico della corteccia orbitofrontale e a carico del giro anteriore del cingolo in soggetti farmacodipendenti. In soggetti dipendenti dalla cocaina, la corteccia orbitofrontale è ipoattiva durante l'astinenza mentre mostra aumentata attività, proporzionale all'intensità del craving (intenso desiderio della sostanza), dopo somministrazione acuta di cocaina (Volkow, Wang, Ma et al. 2005). Un'aumentata attività della corteccia orbitofrontale si osserva anche dopo esposizione a stimoli condizionati alla sostanza d'abuso capaci di scatenare craving per la stessa sostanza. La corteccia orbitofrontale è connessa nei due sensi con l'amigdala che, attraverso le sue connessioni con l'ipotalamo, gioca un ruolo fondamentale nell'orchestrazione delle funzioni viscerali in risposta a stimoli emotivi. Tali connessioni sono implicate nel ruolo della corteccia orbitofrontale nella scelta impulsiva. Alterazioni della funzione di questa corteccia nei soggetti farmacodipendenti sono verosimilmente alla base della mancanza di risposte anticipatorie di natura viscerale (sudorazione) in coincidenza con una scelta rischiosa nel gambling task. Tali osservazioni concordano con gli studi neuropsicologici descritti nel considerare la f. un disturbo della motivazione, legato ad alterazioni della funzionalità del complesso striato ventrale - amigdala - corteccia del cingolo, e del controllo degli impulsi, legato ad alterazioni della funzionalità della corteccia orbitofrontale e delle sue aree di proiezione.
bibliografia
K.S. Kendler, K.C. Jacobson, C.A. Prescott et al., Specificity of genetic and environmental risk factors for use and abuse/dependence of cannabis, cocaine, hallucinogens, sedatives, stimulants and opiates in male twins, in The american journal of psychiatry, 2003, 160, pp. 687-95.
A. Bechara, Decision making, impulse control and loss of willpower to resist drugs: a neurocognitive perspective, in Nature. Neuroscience, 2005, 8, pp. 1458-63.
N.D. Volkow, G.J. Wang, Y. Ma et al., Activation of orbital and medial prefrontal cortex by methylphenidate in cocaine-addicted subjects but not in controls: relevance to addiction, in The journal of neuroscience, 2005, 25, 15, pp. 3932-39.