FASCIA (fr. bande, maillot; sp. faja; ted. Binde, Wickelband; ingl. band, swaddling-band)
L'uso d'avvolgere strettamente i bambini nel primo anno di vita è antichissimo nella civiltà greco-romana, ma sempre diede motivo a discussioni sull'opportunità e sui possibili danni. Gli Spartani, in omaggio alle loro teorie pedagogiche, avevano abbandonato l'uso delle fasce. Platone affermò l'utilità della fasciatura sino al secondo anno di vita; Aristotele la condannò come dannosa al normale sviluppo delle membra del bambino. Sorano d'Efeso, medico del II sec. d. C. propose una fasciatura moderata: le braccia e le gambe dovevano essere fasciate a parte, mentre una fasciatura generale doveva impedire che il bimbo si portasse le mani al volto e potesse farsi male agli occhi! L'uso continuò nonostante le discussioni, e continua ancor oggi; il volgo ama le fasciature tradizionali, che tengono immobile il bambino; nelle classi più elevate di solito si usa lasciare le braccia in libertà; più raro anche oggi il caso di rinuncia assoluta alle fasce. Per fasciare si usarono nell'antichità fasce di lana; più tardi si usarono le fasee di tela semplice, di lino, di cotone. Di solito il bambino era prima ravvolto in drappi di lana o di lino; i piedi spesso erano scoperti; i monumenti medievalì e del Rinascimento mostrano che già si avvolgevano anche i piedi in lini. La fascia era usata in due modi: o disposta attorno al corpo a spirale, oppure piegata a spina di pesce. La fasciatura a spirale è la più usata.
Anche nel campo della moda maschile e femminile la fascia o fusciacca, diversa dalla cintura (v.) che è stretta, viene portata intorno ai fianchi allentata, coi lembi pendenti, ed è spesso a colori intensi. Nel sec. XII l'influenza bizantina porta grande ricchezza nelle fasce o fusciacche d'ormesino tramate d'oro, annodate a fiocco e ornate di frange. Il Vecellio (Habiti) parla delle larghe cinture di "taffetano" e di velo "vergato" delle donne greche e di Rodi. Nel 1600 la fusciacca è portata spesso sopra le giubbe degli uomini e sulle corazze dei cavalieri: è di seta a righe, frangiata d'oro oppure orlata di merletto.
Nel costume femminile non riappare che verso il 1780: in questo tempo è molto in voga in Inghilterra, come risulta anche dai quadri di J. Reynolds e di T. Lawrence. Riappare, dopo una breve parentesi, verso il 1830. Nel 1848 il Corriere delle dame di Milano, dopo le Cinque giornate, porta, in un figurino, una simbolica fusciacca tricolore. Nel 1860 la fusciacca di nastro scozzese, di velluto o di seta, si allarga sulle crinoline con fiocchi immensi: con qualche variante di poca importanza rimane ad aumentare l'ingombrante guarnizione degli abiti e continua più tardi come cintura nel vestito delle bambine.
Si possono ancora menzionare le fasce di seta delle odalische, quelle in forma di farfalla delle Giapponesi, quelle dei contadini d'ambo i sessi, la rossa fascia dei toreri, quella dei pescatori napoletani, quelle che militari, ufficiali civili, podestà, ministri, indossano in segno d'autorità. In antico si usava cingere di fasce il corpo dei morti; nell'Egitto tali fasce, impregnate di materie speciali, servivano a preservare il corpo dalla decomposizione (v. mummia).
V. tavv. CXXXIII e CXXXIV.
Per le fasce in medicina e chirurgia v. fasciature.
Bibl.: J. Genevrier, Le maillot de l'enfant d'après les peintures de l'école italienne, in Nouvelle iconographie de La Salpëtrière, Parigi 1903; M. von Boehn. Die Mode, Monaco 1913, II, p. 47; H. Cornell, The iconography of the Nativity of Christ, Upsala 1924; P. de Giafferi, Histoire du costume féminin, Parigi s. a.