GIOLITTI, Federico
Nacque a Corio Canavese (Torino) il 19 giugno 1880 da Giovanni (futuro presidente del Consiglio) e da Rosa Sobrero, la nipote del chimico Ascanio Sobrero, inventore della nitroglicerina.
Frequentò i corsi scolastici medi e superiori a Torino; nel 1902 si laureò in chimica pura presso l'Università di Roma. Successivamente, con borse di studio, frequentò per un anno a Gottinga i laboratori di chimica fisica, diretti da W.H. Nernst, quindi, a Lipsia, i laboratori, pure di chimica fisica, diretti da W. Ostwald.
Ebbe così modo di conoscere i metodi di lavoro dei due più eminenti chimico-fisici dell'epoca, impegnati in importanti ricerche, Ostwald sul comportamento delle soluzioni acquose diluite, Nernst sugli equilibri fra idrogeno, azoto e ammoniaca; assistette, inoltre, agli sviluppi fondamentali dell'energetica chimica tramite studi volti a spiegare e a prevedere lo spostamento degli equilibri di reazioni chimiche sotto l'influenza di vari fattori, quali le concentrazioni, la temperatura, la pressione.
Le prime pubblicazioni del G. risalgono al 1904 e riguardano studi di chimica fisica (dilatometria di sostanze tautomere, pseudo-soluzioni di idrossido ferrico, fenomeni di equilibrio tra gli idrati del solfato uranoso, preparazione dell'uranio). Ben presto, però, le sue ricerche si orientarono in altra direzione, e precisamente verso la metallurgia: in un primo tempo con lo studio delle leghe rame-stagno, poi più approfonditamente con quello della siderurgia (ghisa, acciaio, ferro).
Nel 1905, presso l'Università di Roma, ottenne la libera docenza in chimica generale e tenne un corso libero di chimica metallurgica. Dette così inizio agli studi teorico-pratici nel campo metallurgico e più particolarmente siderurgico, poi approfonditi e sviluppati nel corso della sua intera vita professionale. L'argomento di cui più si occupò il G. è la cementazione degli acciai.
La cementazione è un processo siderurgico che viene applicato a manufatti d'acciaio allo scopo di migliorarne le proprietà meccaniche. Consiste nell'introduzione, in uno strato superficiale del manufatto, di carbonio finissimo, che viene ceduto, ad alte temperature, da adatti cementi, costituiti da una o più sostanze organiche 0 inorganiche, allo stato solido, liquido o gassoso. Si formano così dei carburi di ferro nello strato superficiale che ne risulta indurito, con conseguente maggior resistenza all'usura, mentre la parte interna mantiene l'iniziale tenacità, che perderebbe se la carburazione fosse spinta fino all'interno; restano praticamente inalterati il peso e le dimensioni del manufatto.
Analoga alla cementazione propriamente detta (o cementazione carburante) è la nitrurazione, nella quale l'elemento indurente è l'azoto, ceduto da composti azotati.
In un lavoro pubblicato nel 1908 (Sul fenomeno della sfaldatura negli acciai cementati, in Rendiconti della Società chimica di Roma, VI, pp. 139-142) il G., intendendo indagare quali fossero le modalità nel corso del processo di cementazione, rileva "quanto scarsi siano i dati rigorosamente scientifici conosciuti intorno al processo di cementazione dell'acciaio, pur tanto importante per la pratica metallurgica", e nitidamente espone un piano di lavoro, in cui si ripromette di ridurre dapprima il fenomeno da studiare alla sua massima semplicità, determinando singolarmente l'effetto dei fattori che lo regolano (temperatura, pressione, e velocità di flusso dei gas cementanti ecc.), per poi passare ai casi più complicati.
In tre anni (1908-10) il G., insieme con altri collaboratori, pubblicò sulla Gazzetta chimica italiana quattro note dal titolo generale Ricerche sulla fabbricazione dell'acciaio cementato; nella IV nota, pubblicata all'inizio del 1910 (Sulla funzione specifica di cementi gassosi e di cementi solidi nel processo della cementazione) e in altre, pubblicate subito dopo negli Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, su Metallurgical and chemical Engineering e nel Journal of the Iron and steel Institute, egli espose, nei vari aspetti, quello che fu poi conosciuto (e coperto da brevetti in Italia e all'estero) come "processo Giolitti".
Il processo - che abbina felicemente i vantaggi dei metodi a cementante solido e gassoso, in modo da sfruttarne le caratteristiche migliori, utilizzando carbon coke e ossido (monossido) di carbonio, materie prime largamente disponibili all'interno degli impianti siderurgici - risente dell'educazione chimico-fisica del suo ideatore e tiene conto del cosiddetto "equilibrio di Boudouard", cioè della dismutazione dell'ossido di carbonio in carbonio e anidride carbonica (diossido di carbonio), con assorbimento di calore: il G. riuscì così a dosare la cementazione a piacere, a renderla omogenea e spingerla a volute profondità nel pezzo di acciaio, variando opportunamente i parametri (temperatura, pressione, rapporto fra le concentrazioni dei gas) che regolano l'equilibrio. Il G. chiarì, inoltre, che la sfaldatura di alcuni acciai cementati è dovuta all'irregolarità con cui il carbonio si distribuisce entro l'acciaio quando l'agente cementante (per esempio un idrocarburo) non agisce col meccanismo dell'ossido di carbonio, cioè secondo l'equilibrio di Boudouard, ma produce, per piroscissione, carbonio estremamente suddiviso, che causa un forte arricchimento in carbonio dello strato corticale e, di conseguenza, una distribuzione irregolare all'interno del manufatto, il che può provocare fenomeni di sfaldatura.
Questo primo brillante risultato fu ottenuto dal G. in collaborazione con la Società Ansaldo di Genova. Ma a esso il G. non si fermò: continuò a studiare il suo processo, migliorandolo, applicandolo a vari tipi di acciai, ideando un nuovo forno a muffola orizzontale per cementazione. Si occupò anche della cementazione "a zone", che consente di indurire solo alcune zone del manufatto, lasciando tenere le altre, per poterle successivamente fucinare; così pure della variante "a strati preordinati" sia riguardo alla profondità dello spessore del manufatto, sia per tenore di carburazione (cementazione) lungo lo stesso spessore.
Dopo aver ottenuto i primi brevetti negli Stati Uniti (1909-10), il G. fu chiamato ripetutamente, per collaborazioni e consulenze, da ditte americane fra cui la più importante siderurgica statunitense, la Bethlehem Steel Company. Per l'anno accademico 1907-08 il G. ebbe l'incarico di un corso complementare di metallurgia, il primo tenuto all'Università di Roma; nel 1910 fu nominato professore straordinario di chimica metallurgica e metallografica nel Politecnico di Torino. Presso questo ateneo istituì e attrezzò un istituto di chimica metallurgica dotato di laboratori specializzati, ove continuò, con diversi collaboratori, le sue fondamentali ricerche sperimentali sulla cementazione dell'acciaio.
Promosso ordinario nel 1913, in contatto con grandi industrie del settore siderurgico, riuscì a pervenire a realizzazioni industriali di grande interesse nel campo dell'acciaieria. In particolare l'Ansaldo, di cui divenne in seguito direttore generale (1918), tramite le collaborazioni col G. ottenne riconoscimenti e successi.
Nel corso della prima guerra mondiale, il G. lasciò l'insegnamento e si dedicò interamente ai grandi problemi derivanti dalle necessarie e urgenti forniture di corazze e grosse bocche da fuoco. Nel dopoguerra ritornò in America, proseguendo la collaborazione con varie industrie statunitensi. Rientrato in Italia, ricoprì alte cariche nell'Ansaldo, nella Cogne, e in altre ditte da lui fondate o potenziate.
Nel 1919 gli fu tributato il massimo riconoscimento mondiale in campo metallurgico, la medaglia Bessemer; inoltre fu nominato membro d'onore dell'American Institute of mining and metallurgical engineers.
A partire dal 1933 il G., con lo stesso metodo utilizzato per la cementazione, studiò sperimentalmente anche la nitrurazione degli acciai, su cui produsse numerose pubblicazioni tecniche e un libro.
Pur allargando i suoi studi professionali alla metallurgia e alla siderurgia in particolare, il G. rimase pur sempre un chimico, sia per indirizzi di ricerca sia per metodi, appoggiandosi costantemente ai risultati sperimentali, che dovevano essere interpretabili o quanto meno riproducibili. Questo rigore metodologico fu uno dei motivi del suo successo, cui contribuirono anche la stretta collaborazione con l'industria e la padronanza delle lingue straniere più importanti dal punto di vista scientifico-tecnico (francese, tedesco, inglese).
Il G. morì a Cavour, presso Torino, il 12 febbr. 1946.
L'opera del G., vastissima, si incentrò prevalentemente, sia in laboratorio sia su scala industriale, sulla sperimentazione relativa alla grande serie dei fattori influenti sui fenomeni che intervengono nella produzione di acciai normali e speciali (al nichel e al cromo in particolare) e sul loro indurimento, tramite cementazione o nitrurazione. Da tale sperimentazione il G. trasse numerosi brevetti, conseguiti fra il 1909 e il 1918, oltre che in Italia, negli Stati Uniti, in Canada e in Svezia, e una settantina di pubblicazioni su periodici tecnici specializzati italiani, francesi, americani. Oltre alle note scientifiche, di cui le principali sono state ricordate, il G. pubblicò i seguenti volumi: La cementazione dell'acciaio (Torino 1912); La cémentation de l'acier (Paris 1913); The cementation of iron and steel (New York 1914); Il trattamento termico preliminare degli acciai dolci e semiduri per costruzioni meccaniche (Milano 1918); Heat treatment of soft and medium steels (New York 1921); La nitrurazione dell'acciaio (Milano 1933).
Fonti e Bibl.: Necr. in La Metallurgia italiana, XXXVIII (1946), p. 1, e in La Chimica e l'industria, XXVIII (1946), p. 60; L. Losana, Chinica metallurgica, in Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, II, Roma 1939, pp. 370 s.; F. De Carli, Commemorazione, in Atti dell'VIII Convegno naz. dell'Associazione italiana di metallurgia, Torino 1958.