BELLOTTI, Felice
Nato a Milano il 26 agosto 1786, morto ivi il 14 febbraio 1858. Dalla sua arte d'interprete delle tragedie dei Greci ebbe la fama, che gli dura ancor oggi, di valoroso ellenista. Tradusse fra il 1813 e il 1851, e rifece poi, sin quasi al 1855, il teatro di Eschilo, Sofocle, Euripide; ma già prima aveva tentato una versione dell'Odissea, e più tardi diede discreta veste italiana alle Argonautiche di Apollonio, in sciolti; buona ai Lusiadi del Camoens, in ottave. Una sua tragedia originale, biblica d'argomento, classica di fattura, La figlia di Jefte, composta nel 1834, non ebbe fortuna; ché nel B. era quasi esclusivo il temperamento del traduttore. Al quale, talvolta, nuoce il verso - ch'ei pur derivò dall'endecasillabo pariniano - non sempre acconcio al pensiero dell'originale, e nuoce la frase, non di rado un po' floscia e cascante in paragone del testo. Ma conviene riconoscere che nel rendere i cori il B. seppe, se non sempre assai spesso, felicemente superare enormi difficoltà, soprattutto per essersi egli imposto un vario sistema di strofe, legate alle necessità della rima.
La sua larga conoscenza del greco il B. mise al servizio di V. Monti, amicissimo suo, traduttore d'Omero, e, pare, anche del Mustoxidi, traduttore d'Erodoto; e non tanto per la sua cultura, quanto per l'animo, ch'ebbe mite e leale, fu caro agli studiosi e ai letterati del tempo, quali il Costa, il Perticari, il Marchetti, il Maggi, il Berchet, e altri. Il Maggi n'espresse bene la figura morale con questa epigrafe: "Non cercò né bramò gli onori, li meritò; severamente sdegnoso d'ogni abiezione".
Bibl.: A. Vismara, Bibliografia di F. B. con cenni biografici e ritratto, Milano 1899; L. Nofri, Di F. B. vita, opere, amici, in Rass. Nazionale, 1° e 16 agosto 1912.