atmosferici, fenomeni
La dinamica dei gas che circondano la Terra
Il caldo e il freddo, la quiete dell'aria e il vento, il cielo sereno e le nuvole, la pioggia, la grandine, la neve e i temporali si manifestano nella parte più bassa dell'atmosfera e denunciano l'incessante attività di questo involucro di gas che si trova attorno al nostro pianeta. Sono fenomeni collegati tra loro e per capire come nascono e come si sviluppano è necessario considerarne la causa prima, cioè l'energia che il Sole trasmette alla superficie terrestre, agli oceani e all'atmosfera.
L'inclinazione dei raggi solari. Consideriamo lo strato più basso e denso dell'atmosfera, cioè la troposfera, che si estende per una dozzina di chilometri a partire dal suolo. A che cosa è dovuta l'estrema variabilità delle sue condizioni?
In ogni luogo della Terra, l'energia ricevuta dal Sole cambia con le stagioni. A causa dell'inclinazione dell'asse terrestre, infatti, anche i raggi solari arrivano più o meno obliqui e hanno così una diversa capacità di riscaldare la superficie del Pianeta. Ma esistono anche differenze geografiche. Nelle zone equatoriali, i raggi solari giungono più perpendicolari che altrove e il calore è più concentrato; nelle zone polari, invece, i raggi solari sono più inclinati rispetto alla Terra e il calore è disperso su una superficie più ampia. Insomma, il calore prodotto dai raggi solari diminuisce andando dall'Equatore verso i poli, cioè con l'aumentare della latitudine.
I moti dell'aria. Che cosa succede quando fluidi come l'aria o l'acqua si trovano al di sopra di una superficie calda? Proviamo a pensare che cosa accade nell'esperienza quotidiana. Vediamo qualche esempio.
D'estate viaggiamo sull'automobile. Il Sole è alto, l'asfalto è rovente. Davanti a noi le immagini di altre vetture lontane sembrano muoversi nell'aria perché gli strati che stanno a ridosso dell'asfalto hanno assorbito calore e si sono dilatati. Un fluido riscaldato si espande, diventa meno denso, si alleggerisce e tende a salire verso l'alto. Mano a mano che l'aria calda sale, lo spazio libero viene occupato da aria più fredda attorno. Si crea così una colonna d'aria in continuo movimento verso l'alto che deforma le immagini.
D'inverno stiamo in casa a studiare. I termosifoni sono accesi. Un batuffolo di polvere si avvicina al termosifone e viene proiettato verso il soffitto. Poi, lentamente, ridiscende lontano dal termosifone. In questo caso il tragitto seguito dal batuffolo è un indicatore del movimento verso l'alto di una massa d'aria riscaldata.
Quelli descritti sono esempi di moti convettivi, fenomeni che si verificano quando esistono differenze di temperatura fra gli strati di un fluido. Il moto convettivo, di solito, fa circolare l'aria innescando un circuito, detto cella convettiva, con flussi caldi che salgono verso l'alto, poi si raffreddano, ridiscendono e, di nuovo riscaldati dalla sorgente di calore, risalgono nuovamente.
Gli esempi fatti aiutano a capire i grandi spostamenti dell'aria sul nostro pianeta. Se la Terra avesse una superficie liscia e uniforme, senza oceani e rilievi, dalle zone equatoriali, le più calde, si solleverebbero enormi colonne d'aria dirette verso entrambi i poli. Qui giunte, le masse d'aria si raffredderebbero, scenderebbero verso la superficie e ritornerebbero verso l'Equatore, per ricominciare il ciclo.
Tuttavia, poiché la Terra ruota attorno al proprio asse ed è tutt'altro che omogenea in superficie, il percorso dell'aria dall'Equatore ai poli viene deviato e spezzato in moti convettivi meno estesi che prendono il nome di celle di circolazione atmosferica. Se ne possono individuare tre principali al di sopra l'Equatore, nell'Emisfero Nord, e tre al di sotto, nell'Emisfero Sud.
Una cella, detta tropicale o di Hadley ‒ dal nome dello scienziato che l'ha studiata ‒, si trova in corrispondenza delle zone tropicali. Qui l'aria calda equatoriale sale verso l'alto e giunta nell'alta troposfera, attorno a 10 km, si divide in due: una parte va verso il Tropico del Cancro, l'altra verso il Tropico del Capricorno. Durante il tragitto si raffredda e, giunta alle latitudini di circa 30°, sia nord sia sud, ridiscende per tornare verso l'Equatore viaggiando a bassa quota.
Un'altra cella, detta polare, si sviluppa tra i due poli e 60° di latitudine nord e sud. Qui l'aria gelida scende rasoterra e si muove verso le regioni più temperate dove si riscalda e risale ad alta quota prima di ripiegare verso i poli. A questo punto si raffredda di nuovo, scende e così ricomincia il ciclo.
Nel terzo tipo di cella, detta centrale o di Ferrel, il flusso dell'aria non segue un moto convettivo come nelle precedenti, perché, trovandosi stretto fra i movimenti della cella tropicale e di quella polare, viene trascinato controcorrente. Infatti, l'aria più calda delle regioni vicine ai Tropici è costretta a viaggiare a bassa quota verso le latitudini di 60° (sia nord sia sud); mentre quella più fredda proveniente dalle regioni vicine ai circoli polari si muove ad alta quota per poi ridiscendere verso le latitudini tropicali.
L'aria, per quanto leggera e impalpabile, ha un peso. Un metro cubo di questa miscela di gas, per esempio, ha una massa di circa 1.300 g, mentre tutta l'atmosfera della Terra pesa qualcosa come cinque milioni e duecentomila miliardi di tonnellate.
Sul nostro pianeta, poi, ogni corpo dotato di peso esercita anche una pressione. Se, per esempio, appoggiamo sulla mano un cubetto del peso di 10 g con 1 cm di lato, sentiamo che l'oggetto preme sulla pelle.
Anche l'aria, avendo un peso, esercita una pressione. Per determinarla bisogna calcolare il peso dell'intera colonna d'aria che si trova al di sopra di una certa superficie. A conti fatti risulta che, per ogni centimetro quadrato di superficie, la pressione esercitata dall'aria è di un chilogrammo. L'azione dell'atmosfera sul nostro corpo non è quindi indifferente; e infatti quando si manifestano cambiamenti di pressione ce ne possiamo rendere conto anche attraverso semplici sensazioni fisiche.
La pressione atmosferica non è sempre la stessa, varia, per esempio, con l'altezza. Passando dal livello del mare alla montagna diminuisce perché si riduce il peso della colonna d'aria che si trova sopra di noi. A 5.000 m di altezza, la pressione addirittura si dimezza rispetto a quella al livello del mare. Ecco perché quando ci muoviamo in automobile verso l'alta montagna a volte avvertiamo disturbi alle orecchie e vertigini. Per non farci sentire male negli aerei che salgono fino a quote di 9.000÷10.000 m, le cabine sono pressurizzate artificialmente.
Anche lo schema di circolazione generale dell'aria prima descritto determina sensibili variazioni di pressione atmosferica. Nelle zone in cui le masse d'aria salgono verso l'alto, la colonna d'aria risulta alleggerita e quindi ci si trova in condizioni di bassa pressione. Viceversa, nelle zone in cui le masse di aria scendono verso la superficie terrestre, la colonna d'aria risulta appesantita e quindi domina una condizione di alta pressione.
Di conseguenza, si possono distinguere:
• una fascia di basse pressioni equatoriali, che avvolge tutta la Terra attorno a 0° di latitudine, collegata alla risalita dell'aria equatoriale;
• due fasce di alte pressioni subtropicali, una a 30° nord e l'altra a 30° sud, collegate alla discesa dell'aria verso i Tropici;
• due fasce di basse pressioni subpolari, una a 60° nord e l'altra a 60° sud, collegate alla risalita dell'aria proveniente sia dai poli sia dalle latitudini più basse;
• due aree di alte pressioni polari, una sul Polo Nord e l'altra sul Polo Sud, con discesa verticale di aria sui rispettivi poli.
I venti che soffiano sul nostro pianeta dipendono dalla circolazione generale delle masse d'aria, dalle differenze di pressione fra le varie regioni dell'atmosfera e dalle condizioni fisiche e morfologiche locali. Di solito i venti prendono origine dai flussi d'aria delle celle convettive e si spostano dalle zone di alta pressione verso quelle di bassa pressione per ridurre le differenze di pressione fra fluidi in contatto, come vuole un principio della fisica.
In un pianeta caratterizzato da un veloce movimento di rotazione (antiorario) come la Terra, però, i venti ricevono anche un'altra spinta. È la forza di Coriolis, così chiamata dal nome dello scienziato che l'ha descritta per primo, e che spinge i venti a deviare rispetto alla loro traiettoria. I venti discendenti dalle alte alle basse latitudini si spostano verso la loro destra nell'emisfero boreale e la loro sinistra in quello australe; mentre i venti ascendenti agiscono al contrario.
Ci sono venti globali con caratteristiche costanti ‒ spirano pressoché continuamente e sempre nella stessa direzione ‒ e venti locali che si manifestano su scala ridotta e in modo discontinuo. Ci sono tre tipi di venti globali noti fin dall'antichità e sfruttati per la navigazione a vela.
Gli Alisei. Dominano le due fasce comprese fra i Tropici e l'Equatore (0°÷30° di latitudine); soffiano da nord est a sud ovest nell'emisfero boreale, da sud est a nord ovest in quello australe e convergono verso l'Equatore. Sono governati dalla circolazione della cella convettiva di Hadley e si formano perché l'aria fredda dalle zone tropicali sia a nord sia a sud, tornando verso l'Equatore, scende anche a bassa quota.
I venti occidentali. Si manifestano alle latitudini intermedie (35°÷55°) con flussi da sud ovest a nord est nell'emisfero boreale e in direzione opposta in quello australe. Agiscono sotto l'azione della cella convettiva di Ferrel e si muovono dalle alte pressioni subtropicali alle basse subpolari.
I venti polari orientali. Si manifestano alle più alte latitudini (60°÷90°) e derivano dalla discesa di aria fredda dalle alte pressioni dei rispettivi poli verso le basse pressioni subpolari.
Su scala regionale la situazione dei venti si complica perché montagne, avvallamenti e i vari elementi del paesaggio terrestre possono provocare deviazioni.
In quel semplice laboratorio che è una cucina possiamo osservare cosa succede quando l'acqua della pentola entra in ebollizione. Si solleva un denso vapore e, a poco a poco, il livello del liquido nel recipiente diminuisce. L'acqua da liquida si trasforma in vapore, cioè in minutissime goccioline disperse nell'aria.
Se accanto alla pentola c'è una superficie fredda, per esempio le mattonelle della parete, possiamo assistere al fenomeno opposto all'evaporazione, la condensazione, ossia il passaggio dallo stato di vapore a quello di liquido. La superficie, infatti, si ricopre di goccioline che possono formare rivoli di acqua.
Questo esempio rappresenta un modello su scala ridotta di quanto avviene nelle grandi masse d'aria al di sopra della superficie terrestre. Nelle distese d'acqua che si trovano fra i Tropici, dove si registrano le massime temperature, il calore provoca una continua evaporazione. Quando l'aria calda carica di umidità risale di quota si trasferisce verso le regioni meno calde a nord e a sud. A quel punto il vapore condensa e si formano allora le nuvole, che sono ammassi di minuscole goccioline d'acqua. Se le nuvole vengono a contatto con masse d'aria ancora più fredde, l'ulteriore condensazione fa ingrossare le goccioline che finiscono per cadere sotto forma di piogge o, come si dice in termini più generali, di precipitazioni. Infatti, se le temperature sono molto fredde, le gocce possono congelare e cadere sotto forma di chicchi di grandine o fiocchi di neve. Se, invece, le nuvole tornano a contatto con flussi d'aria calda, esse possono dissolversi e ritornare allo stato di minutissime gocce disperse nell'atmosfera.
Quando le regioni dell'atmosfera più vicine alla Terra sono sovraccariche di aria calda e umida e arriva un fronte di aria fredda, si può innescare un movimento verso l'alto dell'aria calda così rapido da portare alla formazione di nubi temporalesche chiamate cumuli. In queste condizioni l'umidità condensa in gocce particolarmente grandi e si scatenano precipitazioni abbondanti e violente. Nell'arco di una sola ora si possono rovesciare al suolo quantità di pioggia di solito distribuite in uno o più mesi.
I fenomeni temporaleschi possono essere accompagnati da scariche di elettricità nell'atmosfera che si manifestano come fulmini e tuoni. L'accumulo dell'elettricità dipende sia dal moto delle particelle di acqua o di ghiaccio lungo le linee del campo elettrico naturale della Terra, sia dagli scontri fra le stesse particelle che si caricano di elettricità statica. Nelle nubi cumuliformi si vengono a formare, così, zone con cariche elettriche positive e altre con cariche negative. Quando il potenziale elettrico e la conducibilità dell'aria raggiungono una certa soglia, si verificano i fulmini, vere e proprie scintille di grandi dimensioni che possono scoccare tra le nubi e il suolo, oppure tra nube e nube. La differenza di potenziale di una scarica elettrica atmosferica è di almeno cento milioni di volt e la corrente in gioco di decine di migliaia di ampere. L'energia sviluppata dal fulmine riscalda le molecole di aria fino a 15.000 °C e ne provoca una rapidissima espansione. Si sviluppa così il tuono, quel boato caratteristico che segue il fenomeno luminoso.
Le statistiche indicano che ogni ora, in tutta la Terra, si verificano mediamente quasi duemila temporali con la caduta di 360.000 fulmini.
La meteorologia è la disciplina scientifica che studia i fenomeni atmosferici per poterli prevedere, con evidenti benefici per tutte le attività sociali: agricoltura, trasporti, turismo, e altro. Il suo nome deriva dal greco metèoros lògos ("discorso sulle cose che stanno in alto") e la sua nascita si fa risalire ad Aristotele che già nel 4o secolo a.C. scrisse un trattato in quattro libri intitolato Meteorologia.
La risalita dell'aria calda e umida influisce sulla formazione dei fenomeni piovosi e dei temporali e si crea una diminuzione della pressione atmosferica al suolo, normalmente di 1.013 mbar. Per questo, nei quadranti dei barometri - gli strumenti che servono per misurare la pressione - i valori più bassi sono associati con scritte che indicano tempo instabile e pioggia.