vento
Aria in perenne movimento
Le differenze di pressione che esistono nell’atmosfera danno origine ai venti, dalla semplice brezza alle vere e proprie tempeste, per arrivare agli uragani. Ne esistono di costanti come gli alisei e stagionali come i monsoni; nel Mediterraneo sono ben noti ai naviganti tramontana, grecale, levante, scirocco, ostro, libeccio, ponente e maestrale. Ma l’azione del vento non è solo una faccenda da marinai: l’erosione del suolo e la produzione di energia eolica, così come l’aerodinamica dei mezzi di trasporto, sono fenomeni legati al vento
Impalpabile e lieve o sferzante e, a volte, addirittura distruttivo: questo è il vento, uno dei fenomeni naturali che più incidono sulla vita della Terra e degli esseri umani. Il movimento delle masse d’aria atmosferiche (atmosfera) erode la superficie del Pianeta, agendo soprattutto dove l’assenza o la scarsità della vegetazione lascia il terreno esposto – come accade nei deserti o sulle vette montane –, e risulta di fondamentale importanza per le condizioni climatiche di una certa località.
Il vento è in grado di mettere a rischio la stabilità degli edifici costruiti dall’uomo, in special modo quelli di maggiori dimensioni come ponti e grattacieli; può portare forti piogge o addirittura dare origine a violenti cicloni, uragani e tornado. Secondo alcune credenze popolari il vento influenzerebbe persino l’umore delle persone: sarebbero fonte di malumore, per esempio, lo scirocco caldo e sabbioso del Mediterraneo, il mistral che spazza la Valle del Rodano in Francia e il föhn che attraversa le Alpi svizzere.
In realtà il vento è, innanzitutto, un fenomeno naturale dovuto alle differenze di pressione tra due punti dell’atmosfera. Il Sole, infatti, non riscalda in modo uniforme le masse d’aria che si trovano al di sopra della superficie terrestre: l’aria calda tende a salire, mentre quella fredda va verso il basso; la densità inoltre cambia in relazione al contenuto di umidità dell’aria (è meno densa dove l’umidità è maggiore). Da queste differenze nascono i venti, che soffiano dalle zone di alta pressione a quelle di bassa pressione per ristabilire l’equilibrio, proprio come avviene per un liquido che fluisce in due vasi comunicanti.
I venti, in genere, sono movimenti delle masse d’aria che si sviluppano con un andamento orizzontale – in verticale invece si muovono le correnti atmosferiche –, anche se a causa della rotazione terrestre vengono deviati verso destra nell’Emisfero Boreale e verso sinistra nell’Emisfero Australe (forza di Coriolis).
Per misurare l’intensità dei venti si considera la velocità di spostamento delle masse d’aria, misurata grazie agli anemometri, strumenti formati da coppe rotanti fissate a un perno girevole. In base al numero dei giri che le coppe compiono in un determinato intervallo di tempo si risale alla velocità del vento.
Nel 1806 il geografo irlandese Francis Beaufort ha introdotto una classificazione dei venti basata proprio sulla velocità. La scala Beaufort ora in uso prevede 12 tipi diversi di vento, che vanno dalla calma (aria sostanzialmente ferma) all’uragano (oltre i 117 km/h) passando per brezze (leggera e tesa), semplici venti (moderato, teso, fresco e forte), burrasche e tempeste.
Una caratteristica importante per esaminare i venti è il loro andamento nel tempo. Ci sono venti costanti – come gli alisei, che spirano durante tutto l’anno – e periodici – come brezze e monsoni, legati a fenomeni stagionali. I venti dominanti sono quelli che in una regione risultano mediamente più intensi; ne sono esempi gli alisei di nord-est e sud-est, i venti da ovest alle medie latitudini e i venti polari che spirano da est; tutti questi, nelle epoche passate, hanno permesso ai marinai di orientarsi studiandone direzione e caratteristiche.
I venti stagionali invece, come i monsoni, spirano dal mare verso terra durante l’estate e dalla terra al mare in inverno. Nella stagione estiva, infatti, le masse d’aria che si trovano sopra la terraferma sono più calde di quelle che sovrastano i mari; al contrario in inverno l’acqua rilascia lentamente il suo calore riscaldando l’aria più di quanto non faccia la terra. Un fenomeno analogo, ma che si verifica su una scala temporale ridotta – limitata dall’alternarsi del giorno e della notte –, è quello da cui nascono le brezze che spirano verso terra durante il giorno e verso il mare durante la notte a causa del differente riscaldamento notturno e diurno della terra e del mare.
La direzione del vento viene indicata mediante i punti cardinali (N, S, E, O) e le quattro direzioni intermedie (NE, NO, SE, SO) che si possono individuare tra di essi. Riunendo le direzioni principali e intermedie si ottiene la rosa dei venti, una figura dotata originariamente di 8 punte, aumentate poi a 32 da quando è stata stabilmente applicata alla bussola, diventando uno strumento fondamentale per la navigazione.
Nella rosa dei venti che spirano sul Mediterraneo – denominati prendendo come riferimento l’Isola di Creta, da sempre terra di navi e naviganti – incontriamo, procedendo in senso orario a partire da nord, tramontana, grecale, levante, scirocco, ostro (o Mezzogiorno), libeccio, ponente e maestrale.
La tramontana è il vento del nord, in genere molto freddo ma poco umido che, spazzando le nubi, porta tempo sereno; grecale e bora (una sua variante particolarmente fredda proveniente da E-NE) invece recano piogge sulle coste adriatiche e bel tempo su quelle tirreniche, condizioni analoghe a quelle prodotte dal debole vento di levante che spira da E. Lo scirocco invece è il vento caldo per eccellenza, proviene da SE, dal caldo deserto del Sahara, e causa precipitazioni nelle regioni alpine dell’Italia; effetti analoghi si possono imputare anche all’ostro, il vento del sud. Da SO arriva il libeccio che scarica la sua umidità sugli Appennini. Il vento di ponente, di moderata intensità, è legato alle perturbazioni provenienti dall’Oceano Atlantico che raggiungono il Mediterraneo. Da NO spira il maestrale che porta stabilità e tempo buono, soprattutto nelle regioni dell’Italia settentrionale, riparate dalle Alpi.
Durante un uragano (ciclone) si sollevano in mare onde enormi, l’aria è piena di schiuma e di spruzzi e la visibilità risulta fortemente ridotta; i venti sulla terraferma spirano a velocità superiori ai 100 km/h e con la loro furia sradicano alberi e provocano gravi danni alle strutture che sono più esposte, come i tetti delle case. Ma il vento, con la sua forza, può essere anche di grande utilità: per secoli e secoli ha spinto sul mare le vele delle navi, ha azionato i mulini con cui macinare il grano o pompare acqua, e oggi l’energia eolica permette di produrre elettricità.
Il vento modella il paesaggio: erode (erosione) le rocce e, quando la sua forza si placa un po’, deposita sabbia creando le dune. Si tratta di formazioni tipiche dei deserti sabbiosi, come il Sahara, dove si estendono su aree molto vaste, ma compaiono anche sulle nostre coste, dove si sviluppano parallelamente alla riva del mare, in direzione quasi perpendicolare a quella dei venti dominanti.
Per studiare l’azione del vento e in generale l’attrito esercitato dall’aria sui mezzi che si muovono a forte velocità come automobili e aerei sono state realizzate le gallerie del vento. In esse il modello in scala ridotta dell’automobile o dell’aeroplano che deve essere costruito viene investito da aria a grande velocità. Così si misura la forza d’attrito esercitata dal vento al variare della velocità senza dover inseguire un’automobile che si sposta a 200 km/h o, peggio ancora, un aeroplano che vola in cielo.
Non tutti i venti hanno origine terrestre, esistono anche i venti provenienti dalle stelle e dovuti all’espansione nello spazio dell’atmosfera che circonda questi corpi celesti. Evidentemente, in questo caso, a muoversi non sarà l’aria, che non può viaggiare nel vuoto interstellare, ma si tratterà di un flusso di particelle e di radiazione elettromagnetica.
Tra i venti astrofisici che investono la Terra il più importante è indubbiamente il vento solare, un miscuglio di idrogeno ionizzato, radiazione e particelle di vario tipo che arriva sul nostro pianeta spinto dall’interazione tra il plasma che forma il Sole e il campo magnetico della nostra stella. Il vento solare provoca le aurore boreali perché ionizza le particelle dell’atmosfera terrestre e può addirittura causare vere e proprie tempeste elettromagnetiche sul nostro pianeta.