FOCH, Ferdinand
Maresciallo di Francia, nato a Tarbes il 2 ottobre 1851, morto a Parigi il 20 marzo 1929. Sottotenente di artiglieria nel 1873; da ufficiale superiore insegnò tattica alla scuola di guerra; generale di brigata nel 1907, comandò la scuola di guerra; divenne generale di divisione nel 1911 e l'anno successivo comandante di corpo d'armata: allo scoppio della guerra mondiale comandava il XX corpo d'armata a Nancy. Studioso d'arte militare, egli era alla testa del movimento inteso ad approfondire la conoscenza delle campagne napoleoniche, anche allo scopo di mettere in luce le imperfezioni della strategia del Moltke manifestatasi, a parer suo, durante le campagne del 1866 e del 1870 (si vedano le sue opere Des principes de la guerre, Parigi 1903; De la conduite de la guerre, Parigi 1904; Eloge de Napoléon, Parigi 1921).
In guerra, col XX corpo d'armata il F. prese parte all'offensiva della II armata in Lorena, subito cambiata in ritirata per l'insuccesso degli altri corpi d'armata. Posto a capo (fine di agosto) della IX armata, alla Marna, il F., per quanto costretto dai Tedeschi alla difensiva e respinto dalle paludi di Saint-Gond e da La-Fère-Champenoise, riuscì ad arginare la spinta dei nemici fino a quando questi ebbero ordine di ritirarsi.
Nell'autunno 1914, come generale aggiunto al generalissimo, F. coordinò gli sforzi degli alleati, arrestando i Tedeschi nelle Fiandre. Nel 1915 ebbe il comando delle armate francesi a nord dell'Oise. Nel 1916 comandò le armate francesi che il 1° luglio iniziarono la grande offensiva della Somme: in essa il F. riuscì, sottoponendo l'avversario a colpi ripetuti, a mettere a dura prova le linee tedesche. Tuttavia il successo brillante era mancato e il F fu esonerato dal comando. Forse vi contribuirono gl'intrighi che si svolgevano allora per la sostituzione di Joffre, e le rivelazioni recenti di Clemenceau indicano che F. era uno dei candidati; dopo qualche mese fu richiamato come capo di Stato Maggiore a disposizione del ministro, ma fuori di ogni comando diretto. Fu inviato in Italia nell'aprile 1917. Nell'agosto 1917 si accordò col Cadorna per l'invio di 10 divisioni franco-inglesi da effettuare nel 1918 per una grande offensiva contro gli Austriaci. Ritornò nuovamente in Italia dopo Caporetto, e il 31 ottobre con un foglietto scritto di suo pugno invitò il Cadorna a organizzare la resistenza sul Piave, cosa che Cadorna aveva - con l'approvazione di Vittorio Emanuele III - già ordinata fin dal 26. Tuttavia il F. dopo la guerra lasciò che in Francia prendesse piede il convincimento che la rinnovata resistenza italiana fosse a lui dovuta. Il disastro della battaglia del marzo 1918 in Francia mise in valore l'energia e l'ascendente del F. che, alla conferenza di Doullens, assunse il comando unico degli alleati. Gl'inizi non furono fortunati: mentre F. si attendeva d'essere attaccato nelle Fiandre, l'offensiva si scatenò invece contro lo Chemins-des-Dames e i Francesi furono duramente battuti. A stento il Clemenceau salvò F. dalle ire del parlamento e di Lloyd George che lo volevano esonerare dal comando. Solo in luglio l'offensiva tedesca fu arrestata e il F. ordinò allora il passaggio all'offensiva: demoralizzati per l'arrivo degli Americani in Francia, attaccati in punti sempre diversi, i Tedeschi dovettero retrocedere con perdite tali da dover chiedere la pace. La Germania avrebbe però potuto resistere ancora, ma Vittorio Veneto la costrinse a capitolare. Nell'esercizio del comando unico il F. cercò di attenersi al sistema della persuasione, evitando ogni urto, mentre Clemenceau avrebbe voluto maggiore energia per ottenere dagli Americani un più efficace concorso. Una certa indipendenza ostentata dal F. fu fonte di dissidî col Clemenceau, che si acuirono durante le trattative per la pace, perché il F. esigeva per la Francia il presidio permanente della testa di ponte sul Reno, il che Clemenceau non giudicò possibile ottenere.
Nel Mémorial de Foch pubblicato nel 1929 da R. Recouly su confidenze del maresciallo, il Clemenceau si vide attaccato e rispose pubblicando Grandeurs et misère d'une victoire (Parigi 1930), per dimostrare l'assurdità delle aspirazioni del F., le debolezze del quale per quanto riguarda l'ambizione personale e l'abitudine di esagerare i proprî meriti, sollevarono deplorazioni italiane e belghe. Come generale, il F. fu un intellettuale; non fu un innovatore, ma, ingegno chiaro e carattere tenace, seguì l'alto principio morale che la vittoria è di chi sa volerla. Fu quindi insuperabile nella difensiva, dove tale principio corrispondeva al patriottismo del soldato francese e alla tenacia inglese. Nell'offensiva ottenne risultati modesti fino a che, nell'estate 1918, anche le truppe credettero nella vittoria. Assunto il comando supremo in una situazione tragica, ma destinata a migliorare per l'afflusso degli Americani, egli attese, per quattro mesi, subendo la grande disfatta dello Chemins-des-Dames. Solo quando vide che l'offensiva avversaria era stata finalmente arginata seppe decisamente valersi della grande superiorità di mezzi. Col F. si ebbe al comando supremo una lucida, energica intelligenza che attese il momento favorevole e seppe abilmente sfruttarlo.
Bibl.: Cfr. le Memorie del Foch, trad. it., Milano 1931; A. Grasset, Préceptes et jugements du maréchal F., Parigi 1919; id., Le maréchal F., Parigi 1919; H. de Lacroix, Le maréchal F., Parigi 1921; C. Le Goffic, Les trois maréchaux, Parigi 1919; R. Recouly, F., le vainqueur de la guerre, Parigi 1919; J. Mortane, Vie et mort de F., Parigi 1929; H. Atteridge, Marshal F., his life and his theory of modern war, New York 1919.