LORI, Ferdinando
Nacque a Macerata il 29 sett. 1869, da Luigi e da Candida Lucchini. Conseguita a 17 anni la maturità classica, nel 1886 si trasferì a Roma dove si laureò in ingegneria civile nel 1891.
La scuola di Roma, dove il L. si formò sotto la guida di Moisè Ascoli, si differenziava da altri atenei italiani per una visione più aperta, e comunque diversa, della formazione dell'ingegnere: all'istruzione tecnica in senso stretto si aggiungeva infatti quella umanistica, in un disegno complessivo di più ampio respiro. In questo clima il L. - poi assertore tenace di tale formazione - insieme con i suoi colleghi, fra i quali G. Giorgi, trovò il naturale completamento del proprio iter personale e professionale.
Il L. principiò la sua carriera di docente già all'ultimo anno di corso, dapprima come assistente di fisica tecnica di G. Pisati e subito dopo come professore incaricato della stessa materia presso la Scuola di architettura della capitale, dove rimase fino al 1898. Determinante in questi anni fu l'influenza esercitata su di lui, dapprima in fisica tecnica, ma in seguito proprio in elettrotecnica, da Ascoli, di cui diverrà ben presto il collega più stretto e in seguito, fino alla sua prematura scomparsa, l'amico carissimo. Nell'anno accademico 1898-99, il L. fu professore aggiunto di elettrotecnica presso il Museo industriale di Torino, ma nel 1899 lasciò l'insegnamento per dedicarsi all'attività industriale come direttore della Società italiana carboni elettrici di Roma (1899-1900). Nel 1901 fu quindi chiamato a dirigere i lavori dell'impianto elettrico di Patermon in Carinzia ma, l'anno seguente, fece ritorno alla Società italiana carboni elettrici, arrecando contributi tecnici innovativi nella progettazione di forni per carboni metallici e dedicandosi, nello stesso tempo, alla costruzione dello stabilimento di Narni. Sono di questi anni i suoi paralleli progetti di impianti idroelettrici.
Nel 1903 tornò all'insegnamento ricoprendo, in seguito a concorso, la cattedra di elettrotecnica presso l'Università di Padova, ove rimase fino al 1928, fondandovi l'Istituto superiore di elettrotecnica (di cui diverrà il primo direttore) e collaborando in seguito alla fondazione dell'Istituto di chimica. Nel 1904, insieme con A. Barbagelata e G. Vallauri, fondò la rivista L'Elettrotecnica. In quello stesso anno, per sua iniziativa, sorse a Padova la sezione veneta dell'Associazione elettrotecnica italiana (AEI), della quale fu presidente dal 1914 al 1918.
Tra il 1912 e il 1919 fu altresì rettore dell'Università patavina, contribuendo ai progetti di rinnovamento edilizio dell'ateneo. Nella città veneta svolse anche attività amministrative: come presidente dell'Azienda comunale di Padova tra il 1908 e il 1912 ricostruì la rete di distribuzione del gas e, nel 1923, il servizio tranviario della città.
Nel triennio 1916-19 fu presidente della Società italiana per il progresso delle scienze e socio fondatore e membro del Comitato nazionale scientifico-tecnico. Dal 1917 al 1920 membro del Consiglio superiore delle acque, dal 1923 al 1933 fece parte del Consiglio superiore dell'Istruzione. Nel 1924 fu vicepresidente dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti; dal 1919 al 1939 fu membro del Consiglio direttivo del Seminario matematico e fisico, nonché principe della rinnovata Accademia dei Catenati in Macerata. Il L. fu membro effettivo del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, della R. Accademia di Padova; nonché socio corrispondente della R. Accademia delle scienze di Torino, e membro del Comitato per l'ingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR).
Tra il 1929 e il 1937 diresse la sezione "ingegneria" dell'Istituto della Enciclopedia Italiana, cui collaborò anche come redattore delle voci per le sezioni di fisica e ingegneria.
Lasciato, per sua richiesta, l'incarico di rettore, dal 1929 al 1939 insegnò elettrotecnica generale al Politecnico di Milano, realizzando al contempo importanti innovazioni quali l'ampliamento e l'ammodernamento dell'Istituto di elettrotecnica e del suo laboratorio, dotandolo in particolare di una strumentazione e di una didattica al passo con i tempi. A Milano istituì una sezione radiotecnica dell'Associazione elettrotecnica italiana da cui in seguito sorgerà l'Istituto di comunicazioni elettriche e, parallelamente, l'istituzione, da lui tenacemente voluta e perseguita, della cattedra di comunicazioni elettriche.
Nel 1939, per raggiunti limiti di età, fu collocato a riposo; nominato professore emerito, gli venne conferita la stella d'oro al merito della scuola. Risiedette a Milano ancora per qualche anno, ma l'incalzare degli eventi bellici lo indusse a far ritorno a Macerata, dove si stabilì presso una sorella.
A Roma, dopo un primo lavoro sulle trasmissioni teledinamiche (L. Teoria pratica delle trasmissioni teledinamiche a grande distanza, in Annali della Soc. degli ingegneri e degli architetti italiani, 1892, n. 8, pp. 492-503; 1893, n. 1, p. 5; f. 2, pp. 134-141), il L. si occupò di reti induttive e capacitive nei circuiti in corrente alternata (Studio sperimentale sopra la capacità dei condensatori, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, mat. e nat., s. 5, VII [1898], pp. 150-155), intravedendo con grande anticipo la possibilità, in seguito sfruttata dalla tecnica, di usare i condensatori per il rifasamento. Perfezionò in questo periodo la sua conoscenza della trasformata di Steinmetz ed enunciò una moderna teoria dell'asincrono (Un nuovo metodo di avviamento dei motori asincroni monofasi, in L'Elettricista, VIII [1899], pp. 169-172). Inoltre un dettagliato studio comparativo sulla trazione elettrica, che per primo svolse in Italia (Confronto sommario fra le ferrovie a vapore e le ferrovie elettriche [in collab. con F. Benedetti e D. Ruggeri], in Annali della Soc. degli ingegneri e degli architetti italiani. Bollettino, V [1897], pp. 305-325, 383-390, 413-421), offrì conferma al suo valore di tecnico. Ma furono in particolare le ricerche sul ferromagnetismo a mettere in evidenza, rivelando nel contempo parallele e non comuni doti di sperimentatore, le sue capacità di ottenere risultati certi e chiarificatori, spesso nuovi e brillanti (Influenza degli sforzi di tensione e di compressione sulle proprietà magnetiche del ferro, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Memorie, cl. di scienze fisiche, mat. e nat., s. 5, II [1895-98], pp. 323-330).
Le ricerche sull'elettromagnetismo che, frutto di una profonda conoscenza del pensiero maxwelliano gli erano valse la cattedra universitaria, continuarono ad attrarlo fino a condurlo, nel 1906, a tracciare una teoria del rivelatore magnetico a onde hertziane (Trasmissione di segnali per mezzo di correnti alternate, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LXIV [1904-05], pp. 1491-1497; Il meccanismo del rivelatore magnetico delle onde hertziane, Pisa 1905, p. 295; Il materiale magnetico del detector, Padova 1906, pp. 189-193).
Il L. non abbandonò mai completamente lo studio dei fenomeni ferromagnetici e delle proprietà magnetiche del ferro, e a tali ricerche indirizzò il giovanissimo assistente G. Vallauri. Nel contempo, procedendo nelle sue indagini sulle correnti alternate, mise a punto metodi di risonanza per la misura di frequenze e sfasamenti nei quali si può ravvisare un'anticipazione dei moderni galvanometri a vibrazione (Un frequenzimetro ed un fasometro per correnti alternate, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LXIV [1904-05], pp. 1179-1184).
Già in una nota del 1905 (Trasmissione di segnali per mezzo di correnti alternate, ibid., pp. 1491-1496) egli mostrò chiaramente il suo pensiero innovatore sulla telegrafia armonica multipla, in cui numerosi segnali di diversa frequenza sono lanciati su una stessa linea e vengono separati attraverso opportuni circuiti risonanti. In tal modo, con queste esperienze, egli anticipò di una ventina d'anni l'uso dei filtri elettrici, per il cui buon funzionamento riconobbe la necessità di avere un elevato coefficiente di risonanza.
Dopo la prima guerra mondiale il L. si interessò maggiormente ai problemi della fisica moderna lasciando ai suoi giovani collaboratori gli studi tecnici e dedicandosi, con passione e versatile ingegno, all'interpretazione delle nuove teorie fisiche (L'interpretazione fisica dell'Universo, Padova 1925, pp. 5-13; Pensieri di filosofia naturale, in Rendiconti dell'Istituto marchigiano di scienze, lettere ed arti, II [1926], pp. 1-9; Il valore della scienza, in L'Elettrotecnica, XV [1928], pp. 285-306; I problemi della fisica moderna, in Rendiconti dell'Istituto marchigiano di scienze lettere ed arti, IV [1928], pp. 2-10).
Nello stesso tempo continuò a coltivare gli interessi per la didattica, dedicandosi in particolare alla definizione dell'ordinamento degli studi (L'ordinamento degli studi scientifici e tecnici che conducono al diploma di ingegnere, in Atti dell'Associazione elettrotecnica italiana, XV [1912], pp. 255-263; Le lezioni orali nell'insegnamento tecnico superiore, in L'Elettrotecnica, I [1914], pp. 765-769). Numerose si contano le edizioni dei suoi testi di lezione (Principi di elettrotecnica, Padova 1921; Complementi di elettrotecnica, ibid. 1921-22; Appunti di fisica tecnica, s.l. né d. [ma Padova 1924-25]; Dal corso di elettrologia, ibid. 1926; Elettrotecnica, ibid. 1926-27; Corso di elettrologia generale, Milano 1934-35; Corso di elettrotecnica, ibid. 1938 [in collab. con R. Sartori]), che continuamente rielaborò e aggiornò, cui si deve aggiungere, negli anni del suo collocamento a riposo immediatamente precedenti al suo definitivo trasferimento a Macerata, un'esemplare Storia del Politecnico di Milano (ibid. 1941).
Il L. morì a Macerata il 17 sett. 1947.
Fonti e Bibl.: G. Emanuelli, Scienziati fisico-matematici marchigiani 1846-1951, Urbino 1964, ad ind.; R. Sartori, F. L., in L'Elettrotecnica, XXXV (1948), 9, p. 386; F. L., in Enc. Italiana, XXI, p. 506.