Scarfiotti, Ferdinando
Scenografo teatrale e cinematografico, nato a Potenza Picena (Macerata) il 6 marzo 1941 e morto a Los Angeles il 3 aprile 1994. Stretto collaboratore di registi come Luchino Visconti e Bernardo Bertolucci, ricreò atmosfere di epoche differenti, storicamente rigorose, in cui si avverte l'impostazione teatrale di Visconti, con il quale collaborò sia in opere liriche sia in spettacoli di prosa, come Il giardino dei ciliegi (1965) da A.P. Čechov. Nel cinema conquistò fama internazionale lavorando con Paul Schrader e Billy Wilder e aggiudicandosi un Oscar nel 1988 per The last emperor (1987; L'ultimo imperatore) di Bertolucci.
Con Bertolucci S. cominciò a collaborare in Il conformista (1970), dove impose scelte scenografiche strettamente legate al significato che i personaggi e le loro azioni assumono rispetto al senso complessivo del film: così il padre del protagonista è ricoverato in un manicomio dalle linee geometriche e squadrate, come geometrica e squadrata (di un rigido monumentalismo fascista) è l'architettura dell'altro luogo istituzionale, il ministero dove il protagonista si reca, mentre la casa del fuoriuscito antifascista a Parigi è tutta basata su linee curve. Di grande effetto è anche l'ambiente anni Trenta del ballo popolare a Parigi, che S. ricostruì assecondando con sensibilità gli esperimenti di trompe-l'œil del regista (giochi di specchi, un paesaggio che sembra vero e si rivela essere un quadro ecc.).
Con Morte a Venezia (1971) S. ebbe modo di estendere al cinema la collaborazione con Visconti già sperimentata in teatro. Per il film sfruttò mirabilmente gli ambienti art déco dell'Hotel des Bains al Lido, rievocandone le suggestioni decadenti fine secolo e valorizzando invece il versante stilizzato, quasi astratto, delle cabine balneari allineate lungo la spiaggia come in uno scenario del pittore surrealista R. Magritte; scelse poi i vicoli e le calli di una Venezia minore come scenario fatiscente di un crollo morale e fisico, emblema di quello che colpisce il protagonista. Nel 1972 lavorò con Wilder in Avanti! (Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?), allestendo gli ambienti di un altro grande albergo (a Ischia) come sfondo di nostalgia e seduzione, sia pure in chiave di commedia. Il grande successo arrivò con Ultimo tango a Parigi (1972) ancora di Bertolucci; come nella seconda parte di Il conformista, Parigi, la città, le sue strade, gli esterni, acquistano rilievo in quanto luoghi dell'erranza di Paul (il protagonista), cui si contrappone l'interno dell'appartamento vuoto, zona franca in cui avvengono i disperati incontri d'amore tra Paul e Jeanne. Ancora una volta, gli ambienti costituiscono il corrispettivo spaziale dei personaggi: la casa piccolo-borghese di Jeanne, l'albergo malandato di Paul, teatro di figurazioni mortuarie alla F. Bacon, l'appartamento da affittare, luogo di nessuno, vuoto di presenze come di mobili e di vita, dove avviene un fuggevole incontro di fantasmi. Spettrale, del resto, è anche l'ambientazione alla Sala Wagram dei ballerini di tango, in cui si conferma il nesso misterioso che sempre Bertolucci sembra porre tra il ballo e la morte.
Dopo aver lavorato con Peter Bogdanovich alla ricostruzione di un universo italiano fine Ottocento visto con occhi americani in Daisy Miller (1974) e con André Téchiné in Barocco (1976), S. avviò un'altra collaborazione importante, quella con Schrader: fu proprio Schrader a considerare fondamentale il lavoro di S. per un film come American gigolo (1980) e a confessare che l'artista italiano era stato il primo ad avergli fatto capire come la scenografia potesse essere 'un fatto di pensiero'. La collaborazione proseguì nel 1982 con Cat people (Il bacio della pantera), remake del film del 1943 di Jacques Tourneur. In Flash Gordon (1980) di Mike Hodges, il lavoro di S. come production designer e quello di Danilo Donati come set decorator e costumista valorizzarono il versante visionario e fantastico dell'opera: si tratta di un film d'avventura di fantascienza, ispirato ai fumetti, ma con una imagérie quasi ottocentesca, più artigianale che tecnologica, memore di George Méliès. Nel 1987 si confrontò nuovamente con l'immaginario di Bertolucci in The last emperor, nel quale le mura imponenti della città proibita a Pechino dapprima fanno da prigione dorata al giovanissimo imperatore e poi diventano lo scenario derisorio della sua trasformazione in guida per turisti. Magistrale la rievocazione dell'ambiente di corte con le spettacolari cerimonie che si trasformano, dopo il forzato trasferimento in Manciuria, in riti di morte e dissoluzione. Dopo aver curato le scene di Mamba (1989) di Mario Orfini in collaborazione con Osvaldo Desideri, S. tornò a lavorare con Bertolucci in The sheltering sky (1990; Il tè nel deserto), dove ricreò gli spazi descritti nel romanzo di P. Bowles ispirandosi alle atmosfere del cinema francese d'ambiente coloniale degli anni Trenta, anche se il fascino patinato degli esterni nel deserto evidenzia, qui, il contributo del direttore della fotografia Vittorio Storaro. Nel 1992 creò in Toys (Toys ‒ Giocattoli) di Barry Levinson uno strano universo di giocattoli animati per i quali sono stati evocati i nomi di pittori come F. Depero e R. Magritte; trasferitosi a Hollywood e conteso dalle produzioni internazionali, fu improvvisamente colto dalla morte poco dopo aver curato le scene di Love affair (1994; Love affair ‒ Un grande amore) di Glenn G. Caron.
S. Masi, Costumisti e scenografi del cinema italiano, 2° vol., L'Aquila 1990, pp. 133-46.