FESTO (Φαιστός)
Città della Creta meridionale, che la scoperta del grandioso palazzo ivi esistente ha resa celebre. Festo è rammentata da Omero nell'Iliade (II, v. 648) e nell'Odissea (III, v. 296) e da altri autori classici, come Diodoro (V, 78) e Strabone (X, 579), il quale ultimo ne misura la distanza da Gortina (60 stadî), dal mare (20), da Matala suo porto (40). Che questa città godesse di una notevole importanza, già s'intuiva dagli autori che la ricordano, ed è stato poi dimostrato dagli scavi. Essa sorgeva su tre alture che si succedono da est a ovest lungo la sponda sinistra del Geropotamos e a sud di esse. Nella sella fra la collina occidentale e quella mediana restano gli avanzi del monastero di S. Giorgio a Falandra, mentre a sud della collina orientale, quella del palazzo, è il paese di S. Giovanni. A nord si innalzano i monti dell'Ida e a oriente si estende il vasto e fertile piano della Mesarà. Centro fiorentissimo di ricchezza e di cultura durante l'età minoica, Festo seguitò a esistere per molti secoli, anche dopo essere stata devastata da Gortina, fino all'occupazione romana. La rivelazione di Festo è merito della Missione archeologica italiana, la quale vi iniziò i suoi scavi nel giugno del 1900, mentre già nel 1884 lo Halbherr aveva studiato accuratamente quella località e ne aveva intuito l'importanza (v. cretese-micenea, civiltà).
Archeologia. - Il palazzo minoico, dalla più orientale delle alture festie, domina la valle di Mesarà e il suo sbocco nel mare libico. Gli scavi del 1900-1909, e ricerche complementari del 1921, 1928-31, ne hanno rivelato la storia dal 2000 al 1300 a. C. circa. Sorse su terreno abitato fin dall'ultima epoca neolitica.
Dei primi abitatori restano un fondo di capanna, i ruderi d'una casetta quadrangolare, costruita a sassi rozzi e fango, e frammenti di vasi di rozzo impasto bruno a superficie ruvida o lucidata, coltelli di ossidiana, asce di pietra levigata, avanzi di pasto. Ondate di civiltà provenienti dall'Egitto e dalla Libia ben presto fecondarono quei germi di vita, cosicché già verso il 3000 a. C. vi si formò la civiltà minoico-primitiva, la cui importanza appare da resti di abitazioni, scoperte sotto lo stesso palazzo, e da depositi funebri del vicino colle di H. Onufrios (2500-2400 a. C.).
Resti di case minoico-primitive si sono trovate sotto l'ala O. del 1° palazzo e sulla più alta terrazza del medesimo, a NE., dove poi fu innalzato un peristilio. Qui sotto si ha una casa a pianta trapezoidale; colà piccoli vani rettangolari costruiti con sassi e fango, rafforzati da infrapposti rami d'albero e protetti da spesso intonaco d'argilla. Recenti osservazioni portano a credere che i resti di muri e di pavimenti, coperti di stucco dipinto in rosso, sotto l'ala O. del 1° palazzo appartenessero a un unico edificio, avente a O. un piazzale, secondo la disposizione che si mantenne sempre nella reggia. Associati a tali ruderi erano non solo vasi d'impasto, simili ai tardoneolitici, ma anche vasi d'argilla rossiccia dipinti con fasci di linee parallele e intrecciate di color rosso su fondo giallognolo. In strati minoico-primitivi cominciano ad apparire vasi dipinti a fondo nero con decorazioni lineari in bianco, che preludono al caratteristico stile di Camares.
Verso il 2000 a. C. al posto delle costruzioni suddette, fu innalzato un palazzo su terrazze via via elevantisi da S. a N. Con gli annessi, adattati ai piedi dell'altura NE. e SO., esso occupava un'area grande quanto quella del palazzo tardo minoico o secondo palazzo, avente un'estensione di m. 150 (da E. a O.) × 120. Nella struttura dei muri interni e dei pavimenti somiglia alle costruzioni più antiche, ma in genere il rivestimento di stucco è dipinto in bianco-crema anziché in rosso. I muri principali hanno la parte inferiore e le ante a grandi blocchi squadrati di calcare; le basi dei pilastri e delle colonne erano di pietre variegate. Sugli ultimi tempi del 1° palazzo cominciano a essere usate lastre di gesso per rivestire pavimenti, pareti, sedili. Parecchi blocchi murali recano segni di scrittura incisi rozzamente a grandi dimensioni. I palazzi di Cnosso, Festo, Mallia ci mostrano concordemente che la facciata principale era a O., sopra un piazzale lastricato, e consisteva in un muro, a tratti sporgenti e rientranti, di cui la parte inferiore a grandi blocchi squadrati, posti su gradino sporgente a uso di sedile, e quella superiore a sassi o mattoni crudi, uniti con fango e intelaiati fra travi di legno.
L'ala O. del 1° palazzo di Festo ha singolare imponenza perché sul lato N. del piazzale (1), traversato da marciapiedi, si stende una gradinata (4), lunga m. 22, la quale, essendo fatta di gradini molto alti e chiusa in fondo da un muro addossato alla roccia, serviva come cavea di teatro. Una scala vera e propria (6) la congiungeva a un piazzale superiore (94). All'angolo fra la gradinata teatrale e la facciata era un sacello a fronte tripartita (2-2‴) e vani retrostanti con fossa da sacrifici e tavola da libazione; i vani a S. di esso servivano da magazzini con vasi e giarre, cucina e dispense. A SE. del piazzale inferiore, un portico monumentale (3) con una colonna fra due ante dava accesso a un largo corridoio, dal quale, per mezzo di una scala (distrutta; quella esistente appartiene a una casa ellenica), si saliva al grande cortile centrale lastricato (40), conservatosi anche nel 2° palazzo. Parti notevoli del 1° palazzo, pure nascoste sotto il 2°, sono altri magazzini, in cui si conservavano al posto, lungo le pareti, grandi giarre dipinte nello stile di Camares, e due caratteristici cortili (61, 103) con portico sui quattro lati. Molta parte della suppellettile fu abbandonata tra le rovine. Rari i bronzi e i vasi di pietra, molti i fittili, fra cui lampade ad alto piede e lucerne d'argilla grossolana, levigata alla superficie; giarre e vasi tipici (per es., boccale biansato con becco a finestra), dipinti a decorazione scura su fondo chiaro, o più spesso a ornamenti bianco-crema, arancio, rosso su fondo nero lucente (stile di Camares).
Il palazzo, distrutto da un incendio o da un terremoto verso il 1700 a. C., fu subito ricostruito, seppellendone alcune parti, incorporandone altre. Soprattutto nella ricostruzione si rafforzarono le fondamenta, che, deboli o mancanti nel 1° palazzo, assumono proporzioni ciclopiche nel 2°, specie sulla china a S. Il cortile centrale, coi quartieri a N e NE., conserva lo stesso livello che nel 1° palazzo; a Festo, come a Cnosso e Mallia, tutte le parti erano distribuite intorno a esso.
Il 2° palazzo di Festo dà l'idea più chiara e compiuta di una reggia nel massimo fiorire della civiltà minoica (1700-1500 a. C. circa).
L'ala O., ricostruita a m. 1 circa più in alto rispetto al livello primitivo, aveva innanzi più estesa area teatrale, essendosi coperti i seggi inferiori della gradinata e ritratta la fronte O. di m. 7-8 verso E. Questo quartiere conservava l'antico piazzale superiore (94) e la scala (6); aveva inoltre, a NO., un grandioso propileo (67-69), una delle più sorprendenti creazioni dell'architettura minoica, preceduto da scala regia, donde per altre scale (70-71) si accedeva ai piani superiori. Più a S. il recinto dei magazzini (27-38), allineati sui fianchi di un corridoio (26), preceduti da un vestibolo con colonne (25); ancora più a S. il corridoio di accesso (7) al cortile (40); a SO. un gruppo di piccoli vani di servizio, dispense, bagni (19-21) con esedre rettangolari (23-24), aperte sul cortile centrale. Una veranda girava lungo i margini O. e S., e conduceva all'ingresso S. del cortile stesso. A N. di questo una porta monumentale e un corridoio (41) conducono nel quartiere nobile di abitazione, composto di cortili (48, 50); vestibolo con portico (50); caratteristico megaron (79) comunicante coi portici (77, 85) per mezzo di quattro porte su ciascuno dei lati N. ed E.; bagno e gabinetti (81, 84, 88); scale per salire al piano superiore (51, 76), ove erano sale (93 e attigue), comunicanti con un vasto peristilio a quattro colonne per lato e sovrapposto loggiato. Il peristilio per mezzo di una scala a due rampe (42-43) comunicava a sua volta coi vani del pianterreno (44-46; 58-61; 91-92), disposti ai lati del corridoio (41). A E. del cortile centrale e del portico (65), nel quale colonne rotonde si alternavano con pilastri quadrangolari, si trova un'altra sala di tipo minoico (63) con portico e cortile a S., portico e veranda a E. (64). Altro piazzale lastricato (90) limitava il palazzo a E. e, per mezzo di una scala, comunicava col peristilio (103) della terrazza inferiore, su cui v'erano pure, attiguo al palazzo, l'archivio (101), donde proviene il disco con pittografie (v. cretese-micenea, civiltà), e un infrapposto edifizio (102), probabilmente per la guardia che vigilava così l'archivio come l'ingresso alla reggia da E.
Il 2° palazzo, non senza modificazioni e restauri, fu in uso fin verso il 1400 a. C.; poi un incendio per invasione nemica lo distrusse e, solo in parte, fu riabitato fin verso il 1250 a. C., cioè nel periodo Minoico Tardo III, che corrisponde al prevalere della civiltà micenea. La tarda rioccupazione del palazzo, ma più il sorgere della città greca e romana sopra e dentro le sue rovine, furono la causa principale della dispersione della suppellettile Minoico Tardo. Si trovarono solo alcuni bronzi, bipenni, coltelli, scalpelli, falcetti; lampade, lucerne, vasi di pietra e di terracotta; tavole da libazione, rhyta, e idoletti fittili. I segni sulle pietre, incisi al momento della ricostruzione, sono ancora grandi e rozzi; poi prevalgono quelli a solco sottile e regolare. Le poche tavolette di terracotta con segni graffiti appartengono alla classe più antica di scrittura lineare.
Pithoi da derrate stavano ancora al posto nei magazzini (32, 33, 37, 38) e nel sottoscala (43) ornati con fasce orizzontali e ondulate in rilievo solcate da incisioni oblique. Notevoli alcune belle coppe e boccali, che richiamano forme e decorazioni di vasi delle tombe a fossa dell'acropoli di Micene; mancano i vasi del cosiddetto Palace Style, proprî del Minoico Tardo II e vi abbondano invece, negli strati superficiali, i frammenti di vasi micenei.
Nella città greco-romana, sovrappostasi alle rovine minoiche, si trovarono resti di templi, dei quali il più notevole, di fondazione arcaica e forse dedicato a Rea (100), sorgeva ai piedi della china a S., fra gli estremi contrafforti del palazzo.
Sulle colline a N.E. di questo, non lungi dal colle di H. Onufrios, sono tombe a cupola scavate nel terreno cretaceo e casse funebri in terracotta del Minoico Tardo III.
Bibl.: L. Pernier, in Mon. Lincei, XII (1902), pp. 5-142, e XIV (1904), pp. 313-492; L. Savignoni, ibid., pp. 501-675; L. Pernier, in Rend. Acc. Lincei, XVI (1907), pp. 257-303; id., in Ausonia III (1908), pp. 255-302; IV (1909), coll. 48-59; L. Pernier e A. Minto, in Boll. d'arte del Min. istr. pub. (1910, pp. 165-183; L. Pernier, ibid. (1921), pp. 434-40; id., in Annuario Scuola arch. di Atene, I (1914), pp. 357-364 (ill. riass. della pianta); id., in Le meraviglie del passato, IV, Milano 1929.