FESTO
(ΦαιστόϚ; XV, p. 167)
Scavi italiani, ripresi nel 1950, hanno rivelato l'esistenza di vaste strutture di palazzi più antichi, per cui il palazzo tardo-minoico messo in luce da L. Pernier può chiamarsi non secondo, ma quarto palazzo. Già in questi palazzi sono largamente usati, per pavimenti e zoccoli di pareti, lastre e blocchi di finissimo gesso alabastrino venato di vari colori. Fin dal loro apparire questi ruderi ci hanno restituito suppellettili consistenti soprattutto in ceramiche, dalle forme e decorazioni più svariate, manifestanti sin dagli inizi una rigogliosa ed elegante policromia (tipo chiamato di Kamares, dal nome della grotta nella quale si sono rinvenuti i primi frammenti).
Un vano del palazzo minoico che, per ragioni a noi inspiegabili, ha avuto rifatto il pavimento in un secondo tempo, palesa come nel primo momento la decorazione dipinta fosse associata, nella ceramica, a un ornato in rilievo: per questa duplice tecnica ricordiamo, per es., un ampio vaso troncoconico, con l'intiero corpo decorato da un alto giglio in rilievo, ma contemporaneamente con la superficie dipinta in policromia. Solamente dipinti appaiono in seguito alcuni vasi, soprattutto tazze, dalle pareti estremamente sottili che perciò vengono chiamati ''a scorza d'uovo''; tra le ceramiche decorate è una coppa con la rappresentazione, in forma fortemente stilizzata, della ''dea dei serpenti'' fiancheggiata da due ancelle danzanti. Contemporaneamente cominciano ad apparire le prime manifestazioni della scrittura lineare, ancora incerta e in qualche dettaglio legata alla precedente scrittura geroglifica. Verso la fine dell'età medio-minoica, la fantasiosa ricchezza e varietà della ceramica comincia a impoverirsi, ma in compenso viene a manifestarsi un inizio di timido e acerbo naturalismo. Un'olla policroma rappresenta, in mezzo a svariate decorazioni dipinte, un agrimi che cozza con le corna contro una roccia. Per questo momento finale della primitiva età palaziale ricordiamo la graziosa statuetta femminile con un velo scendente sulle spalle da un copricapo conico, nonché un tratto del fusto di un'ampia coppa sul quale sono rappresentati dei delfini che si precipitano verso il fondo roccioso del mare.
A ovest del piazzale occidentale del palazzo e in altre aree, più distanti, a sud-est e a nord-ovest si sono cominciati a riscontrare i resti della città. Già i primi saggi hanno restituito ruderi di quartieri di abitazione minoici di diversi periodi, con vasi dalle forme e decorazioni più svariate, rigogliose e fantasiose. A ovest del piazzale superiore, quello sovrastante di ben 7 m la gradinata, è stato messo in luce un notevole quartiere miceneo ricco di ceramiche, e vicino a esso, sulle terrazze delle due colline, un vasto e imponente complesso di case ellenistiche. Un vano di questo dimostra la conservazione sul posto di tradizioni antiche, nella disposizione analoga a quella del megaron miceneo, con due colonne fiancheggianti l'eschara centrale. Proprio a ovest dell'ala meridionale del palazzo sono stati rinvenuti i resti di un interessante quartiere di epoca geometrica che risulta sovrapposto a costruzioni minoiche. Fortuiti, ma di notevole interesse, sono alcuni rinvenimenti riferibili all'età greca arcaica. Il pur promettente scavo della città è stato provvisoriamente interrotto per consentire lo studio e la pubblicazione definitiva dei materiali.
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