FILIPPINE (XV, p. 292; App. I, p. 595)
Popolazione. - Secondo un censimento del gennaio 1939 era di 16.000.303 ab. (dens. 54), fra cui 117.000 Cinesi e 29.000 Giapponesi. Al 31 luglio 1946 era stimata in 18.846.000 (dens. 63).
Statistiche economiche. - Fra le colture predominano il riso (20 milioni di q. nel 1946-47); il mais (2,55 milioni di q. nel 1946); la canna da zucchero, in ripresa dopo i danni alle piantagioni (ha. 73.752 e 3,7 milioni di q. nel 1947-48); la palma da cocco di cui sono uno dei maggiori produttori mondiali (665.000 t. di copra nel 1946); il tabacco (circa 157.000 q. nel 1947); la canapa di Manila (circa 900.000 q. nel 1947). Una valutazione del 1946 mostra la falcidia del patrimonio zootecnico: in migliaia di capi, i bufali erano 2608 nel 1938 e 1317 nel 1946; e rispettivamente i bovini, 1722 e 559; i suini 3558 e 1983. Tra i prodotti del sottosuolo, l'oro ha dato kg. 160,3 nel 1945; l'argento, 39.200 kg., ma gl'impianti sono stati largamente devastati dai Giapponesi, come quelli del rame; da poco tempo si è cominciato ad estrarre ferro (1,2 milioni di t. nel 1946), i cui minerali vengono esportati; esistono inoltre giacimenti di cromite (112.100 t. nel 1941; 58.000 nel 1946) e manganese (presso Burgos, vicino Manila e nelle isole Busuanga e Siquijor: 290.000 t. nel 1941). L'industria lavora soprattutto i prodotti locali (zucchero, olio di cocco, riso, tabacchi, ecc.); tradizionale quella dei cappelli di paglia, insignificante quella tessile, discreta quella del cemento. Comunicazioni: 1460 km. di ferrovie. Commercio con l'estero (in milioni di pesos): 951,7 importazioni e 128,3 esportazioni nel 1946.
Ordinamento politico. - Il 4 luglio 1946 è sorta a vita indipendente la repubblica delle Filippine secondo la costituzione del 1935 emendata nel 1940. Il presidente, con ampî poteri esecutivi e di veto, dura in carica 4 anni. Il senato conta 24 membri, rinnovabili per un terzo ogni due anni; la camera dei rappresentanti 98 membri eletti da tutti i cittadini di ambo i sessi che abbiano 21 anni e che sappiano leggere e scrivere. Il 14 marzo 1947 le Filippine hanno conchiuso con gli S.U. un accordo che riconosce a questi il diritto di usarebasi navali per 99 anni. Dal 17 luglio 1948 la capitale è stata trasportata a Città Quezón (in costruzione a circa 16 km. a NE. di Manila), in località (Nuova Manila) scelta nel 1937.
Storia. - In seguito alla legge statunitense del 1934 e alla costituzione del 1935, il 15 novembre 1935 vennero eletti presidente del Commonwealth delle Filippine M.L. Quezón, e vicepresidente il suo oppositore, S. Osmeña, che dovettero affrontare gravi problemi economici oltre quelli inerenti alla creazione d'un regime indipendente e democratico.
L'occupazione giapponese. - Con l'attacco del 7 dicembre 1941 a Pearl Harbour, l'occupazione delle Filippine fu per i Giapponesi tra gli obiettivi immediati principali.
Allo scoppio della guerra nel Pacifico, i maggiori presidî delle Filippine si trovavano nelle isole di Luzón e di Mindanao. A Luzón erano dislocati i corpi d'armata I (gen. J. M. Wainwright right), nel nord dell'isola, e II (gen. Parker), nella parte meridionale, con una forza complessiva di 60.000 uomini circa. L'8 dicembre 1941, i Giapponesi aprirono le ostilità nelle Filippine, impadronendosi della piccola isola di Lubang. Il 10 dicembre bombardarono Cavite, nella baia di Manila, unica zona fortificata dell'arcipelago, e ne distrussero completamente l'arsenale: la flotta asiatica degli S.U. rimase quindi senza punto d'appoggio, e fu costretta a trasferirsi a Giava (Soerabaja). Il giorno 11, presero terra con circa 3000 uomini ad Aparri, all'estremo nord di Luzón, e con un piccolo contingente a sud-est di Manila, nella baia di Legaspi. Seguì uno sbarco il 13 a Vigan e un altro, il 16, nella piccola isola di Batán, una delle più settentrionali. L'invasione ebbe inizio con l'arrivo nel golfo di Lingayen, di un convoglio di 84 trasporti, scortati da una squadra navale al comando del generale Masaharu Homma (fucilato a Los Baños, Luzón, il 3 aprile 1946, come criminale di guerra per maltrattamenti ai prigionieri nella famosa "marcia della morte" a Bataan). Le truppe sbarcate a nord, il 18 avevano raggiunto Tuguegarao; gli Americani tuttavia non si erano lasciati attrarre da tale attacco diversivo e concentrarono i loro sforzi per tentare di fronteggiare la minaccia maggiore. Ma il 21 prendevano terra, a Lingayen, altre truppe giapponesi che, sopraffatte le difese dell'11a divisione filippina lungo la costa occidentale, proseguivano verso oriente e verso sud. Il generale Mac Arthur, avuta notizia che dal 20 anche nella baia di Davao e nel golfo di Sindangan, nell'isola di Mindanao, si erano avuti ingenti sbarchi giapponesi, e che i reparti sbarcati a Legaspi erano stati rinforzati con altri scesi a Lamon, minacciando direttamente Manila, considerò assai grave la situazione; il 23 dicembre, pertanto, trasportò il suo quartier generale nell'isola fortificata di Corregidor e diede ordine che tutte le forze di Luzón si ritirassero nella penisola di Bataan, dove si calcolava potessero resistere per almeno sei mesi, quanti si prevedeva ne abbisognassero per fare arrivare adeguati rinforzi dagli Stati Uniti. La ritirata su Bataan (v. in questa App.) delle truppe dislocate a nord doveva effettuarsi in cinque successive fasi, con altrettante soste su linee ritardatrici, in modo da consentire al II corpo d'armata di risalire dal sud, girare attorno alla baia di Manila e schierarsi alla destra del I corpo a Bataan. Il piano, sotto la crescente pressione nipponica e pur con gravi perdite umane e di materiali, fu attuato con sufficiente aderenza alle previsioni e portato a compimento il 1° gennaio 1942. L'indomani i Giapponesi entrarono a Manila e nella importante base navale di Cavite della quale, però, non potevano usufruire, essendo l'ingresso della baia di Manila sbarrato dalle fortificazioni della penisola di Bataan, dell'isola di Corregidor e degli isolotti vicini. In tali località rimase concentrata ogni difesa organizzata delle Filippine, mentre focolai di resistenza venivano alimentati nelle isole Visayan e in Mindanao dalle truppe al comando del generale William F. Sharp. Dalla fine di febbraio a quasi tutto marzo si ebbe una relativa sosta nei combattimenti; il 10 marzo, il generale Mac Arthur venne nominato comandante supremo delle forze alleate ad est di Singapore, con sede in Australia, e cedette il comando al gen. J. M. Wainwright, che si trasferì a Corregidor (21 marzo).
Il 29 marzo i Giapponesi ripresero i massicci attacchi nella penisola di Bataan, che dovette capitolare il 9 aprile; il 16 aprile sbarcarono a Iloilo (isola di Panay), dove ammassarono truppe per un attacco contro le isole Visayan e Mindanao, e intensificarono gli sforzi su Corregidor (v. in questa App.), che cadde il 6 maggio. Il gen. Wainwright fu obbligato dai Giapponesi (12 maggio) a ordinare la resa ai reparti che ancora opponevano resistenza in altre località delle isole. La metodica occupazione nipponica di tutto il territorio fu completata nel giugno.
Il governo militare nipponico installatosi a occupazione avvenuta, mentre da una parte aprì campi di concentramento ove rinchiuse 3500 cittadini americani ed inglesi, cercò dall'altra di guadagnarsi le simpatie dei Filippini e promise l'indipendenza del paese col rispetto delle istituzioni e della religione cattolica, ottenendo la collaborazione dell'arcivescovo di Manila M. O‛ Doherty che fece appello alla pacificazione degli animi. A sindaco di Manila fu nominato J. B. Vargas, ex-segretario (lasciato ad occuparsi degli affari civili) del presidente Manuel Quezón. Questi (con poteri prorogati da una legge del Congresso nordamericano nel 1943) con Sergio Osmeña aveva costituito a Washington (maggio 1942) il governo delle Filippine in esilio, firmatario della Dichiarazione delle Nazioni Unite.
La nuova situazione apparve favorevole al risveglio del nazionalismo filippino e, dopo tanti decenni, tornarono sulla scena, dall'esilio, vecchi patrioti della rivolta contro il malgoverno spagnolo del 1896 e i conquistatori americani del 1898. I maggiori esponenti furono Emilio Aguinaldo e il generale Artenio Ricarte, i quali organizzarono un partito fascista ("Kalibapi"), unico riconosciuto, fautore della collaborazione con Tōkyō, che il 15 ottobre riconobbe un governo repubblicano presieduto da José P. Laurel, strumento della politica giapponese, mentre d'altra parte continuava l'azione partigiana, con una propria organizzazione politica.
Nell'autunno del 1944, i Giapponesi ebbero la percezione della imminenza della riscossa americana e concentrarono le loro forze nelle zone che si prestavano a maggior resistenza e, il 17 settembre, forse per ammonire l'avversario sulla propria preparazione e intimorirlo, annunziarono lo sgombero di Danao, capitale di Mindanao, "in vista dell'invasione nemica". Questa non si fece attendere.
In ottobre gli Americani bombardarono pesantemente Mindanao dall'aria e, il 19 (20), dopo un violento bombardamento navale, un corpo d'armata sbarcò nella baia di Leyte raggiungendo lo stesso giorno la capitale, Tacloban; la totale conquista dell'isola fu ultimata il 21 dicembre. Nel frattempo vennero effettuati sbarchi nell'arcipelago delle Suluan, all'estremità sud-occidentale delle Filippine e, dal 15 al 20 dicembre, venne rioccupata Mindoro. Il 9 gennaio 1945, dopo tre giorni di ininterrotti bombardamenti aerei, i corpi d'armata I e XIV (6a armata americana, gen. W. Krueger), appoggiati dalla 7a squadra navale e da una possente flotta aerea, sbarcarono in tre zone del golfo di Lingayen (Luzón) e, vivamente contrastati dai Giapponesi, marciarono verso sud, si congiunsero con l'XI corpo, sbarcato nella parte meridionale dell'isola, ed entrarono a Manila il 4 febbraio. Dieci giorni più tardi erano a Cavite e il 16 rioccupavano Bataan e Corregidor. Successivi sbarchi vennero effettuati il 21 febbraio a Palauan, fra Mindoro e Borneo, il 2 marzo a Lubang ed il 3 nelle isole Burias e Ticao: gli Americani si assicurarono così il passaggio dal Pacifico al Mar della Cina. Poi furono rioccupate alcune isole minori: il 19 marzo, Panay e, fra il 27 e il 30, Cebu. A Mindanao, dal 12 marzo operò l'8a armata (gen. R. L. Eichelberger); la 24a divisione statunitense era sbarcata il 20 aprile a Cottabato e, il 2 maggio, aveva raggiunto Davao; proseguì verso il nord, per ricongiungersi, il 24 maggio, con la 40a divisione che aveva preso terra a Macajalar; la resistenza giapponese fu accanita e durò fino al 6 giugno. Anche nella parte settentrionale di Luzón si ebbero aspri combattimenti: il 13 maggio, varcato il passo di Balete, le truppe della 6a armata irruppero nella valle del Cagayan, ma fu necessario l'impiego di tre divisioni di fanteria e dell'11a divisione aerotrasportata per completare, il 27 giugno, l'occupazione di tutta l'isola. Il 3 settembre, a Baguio (Luzón) si arrese al gen. J. M. Wainwright il comandante in capo giapponese gen. T. Yamashita (condannato poi come criminale di guerra e impiccato il 23 febbraio 1946).
La liberazione, durata quasi nove mesi, aveva richiesto l'impiego di 17 divisioni ed era costata 17.000 caduti e 46.000 feriti e prigionieri. I Giapponesi avevano impegnato 23 divisioni e perduti - secondo calcoli americani - 317.000 uomini.
Dopo la liberazione. - Il 9 giugno 1945, convocato dal presidente Sergio Osmeña - ristabilito in esercizio della carica fin dai primi sbarchi (Quezón era morto a Saranac Lake, N. Y., il 1° agosto 1944) - si riuniva nuovamente il primo parlamento filippino, rimasto chiuso durante l'occupazione giapponese. Dei 98 membri del 1941 solo 70 poterouo intervenire. Eletto presidente (aprile 1946) Manuel Roxas, il 4 luglio fu solennemente celebrata la prevista indipendenza delle Filippine. La bandiera nazionale fu formata con strisce orizzontali rosso e blu, con il sole della libertà e tre stelle d'oro in campo bianco. Per rimediare ai gravissimi danni causati dalla guerra e dall'occupazione giapponese - distrutti il 10-15% dei fabbricati, in rovina le installazioni industriali e delle comunicazioni, caotiche le finanze per l'emissione di miliardi di dollari carta - il congresso americano stanziò (aprile 1946) 620 milioni di dollari per la ricostruzione (di cui 400 per indennizzi a privati), cedette per 100 milioni di residuati di guerra; un trattato commerciale, favorisce, fi1io al luglio 1974, le esportazioni filippine agli S. U.; altre misure, poi, favoriscono gli investimenti di capitale americano nelle isole; all'accordo per le basi (v. sopra) seguì, il 21 marzo 1947, quello per l'assistenza militare. Le elezioni dell'11 novembre 1947 diedero la vittoria al partito liberale; nel febbraio 1948 in concessa un'amnistia ai collaborazionisti; si vietò (17 ottobre) il partito comunista; morto il Roxas gli succedette, il 17 aprile 1948, il vicepresidente E. Quirino.
Battaglia del mare delle Filippine. - Nel giugno 1944 la quinta flotta della marina degli S. U. operava nel Pacifico centrale sotto il comando dell'amm. R.A. Spruance; una parte di essa, l'11 giugno, iniziò l'attacco contro le isole Marianne, mentre il grosso della flotta giapponese era in posizione di attesa a Tawitawi (arcipelago di Sulu nel sud delle Filippine). Quella dislocazione derivava dal presupposto che il nuovo obiettivo americano fosse scelto nel Pacifico sud-occidentale, tanto che l'alto comando giapponese dapprima sospettò che l'offensiva contro le Marianne avesse carattere di diversione; tuttavia fece spostare le forze navali verso la zona centrale delle Filippine. Essendo confermato che le forze americane avevano iniziato operazioni di sbarco a Saipan, alla sera del 15 giugno la flotta giapponese attraversò lo stretto di San Bernardino, riunendosi al mattino seguente con altre forze provenienti da sud e, dopo aver eseguito il rifornimento in mare, si diresse verso la zona a ponente delle Marianne, per combattere la battaglia decisiva. Le notizie sui movimenti giapponesi furono trasmesse da due sommergibili americani. La flotta giapponese al comando del viceammiraglio T. Ozawa era costituita da 6 navi portaerei e 3 navi portaerei leggere, 5 corazzate, 11 incrociatori e 25 cacciatorpediniere, con due incrociatori capi flottiglia. Da parte americana fu deciso di continuare le operazioni di sbarco a Saipan sotto la copertura della forza navale denominata "Task Force 58" al comando del viceamm. Marc A. Mitscher; quella forza era composta da 8 grandi navi portaerei e 8 navi portaerei leggere, 7 corazzate veloci, 3 grandi incrociatori, 6 incrociatori leggeri, 4 incrociatori antiaerei e 58 cacciatorpediniere. La flotta americana aveva compito aggressivo rispetto a quella giapponese, subordinatamente alla necessità di mantenersi abbastanza vicina a Saipan, per impedire l'interferenza nell'operazione anfibia.
Il piano giapponese era principalmente basato sull'utilizzazione delle basi aeree nelle isole Marianne: con tale concetto i velivoli delle navi portaerei furono lanciati a distanze prossime al limite del loro raggio di azione rispetto alle isole, per farli giungere al più presto possibile nella zona di battaglia e rifornirsi di carburante e di armi nelle basi terrestri di Guam, di Rota e Tinian, che venivano così ad assumere una funzione di carattere complementare a quella delle navi portaerei, col vantaggio di offrire basi i naffondabili.
Il mattino del 19 giugno i gruppi di velivoli giapponesi, sia nel dirigere all'atterraggio sulle isole, sia nel procedere all'attacco delle navi americane, furono intercettati dai velivoli da caccia. Si svolse così sopra l'isola di Guam una grande battaglia aerea; per mezzo del radar i velivoli giapponesi che si dirigevano contro le navi portaerei furono intercettati a distanza di 50 a 60 miglia dagli obiettivi; inoltre i velivoli da caccia americani, oltre a giungere tempestivamente in posizione per tagliare la rotta al nemico, si trovavano in vantaggio di quota. Ciò produsse un risultato disastroso per l'aviazione giapponese, tanto che su 545 aeroplani impegnati 402 furono distrutti, contro la perdita di 17 velivoli da parte americana. Soltanto circa 40 aeroplani giapponesi poterono arrivare all'attacco sulle navi, ma con scarsissimi effetti. Nello stesso giorno le due navi portaerei giapponesi Taiho e Shokaku furono silurate e affondate da sommergibili.
Sulla flotta giapponese rimanevano soltanto circa 100 velivoli: perciò furono richiamati quelli che erano stati mandati nelle basi terrestri e la flotta si ritirò verso ponente, per rifornirsi e riorganizzarsi.
Nel contempo la flotta americana dirigeva verso ponente per attaccare con le forze aeree quella nipponica. Nel tardo pomeriggio del 20 l'esplorazione aerea poté avvistare la flotta giapponese, contro la quale furono lanciati attacchi di velivoli bombardieri e velivoli siluranti dalle 18h 20′ alle 19h 20′ incontrando un forte sbarramento di tiro antiaereo e il contrasto di gruppi di velivoli da caccia; tuttavia la flotta giapponese subì ancora la perdita di due navi portaerei, due cacciatorpediniere e una petroliera; inoltre furono danneggiate 3 navi portaerei, una corazzata, 3 incrociatori, un cacciatorpediniere e 3 petroliere. Le perdite americane in questi attacchi furono limitate a 23 velivoli. Altri 80 andarono perduti perché rimasti a corto di carburante nel ritornare sulle proprie navi che erano lontane circa 3000 miglia.
La grande vittoria aeronavale ebbe come effetto immediato la piena libertà di azione della flotta americana nelle operazioni per la conquista delle isole Marianne; il conseguente mutamento di situazione strategica e le disastrose perdite subìte dalla marina giapponese nelle navi portaerei e nei piloti ebbero effetti decisivi sull'andamento del conflitto.
Nella battaglia del mare delle Filippine fu importante l'azione dei sommergibili americani in cooperazione con le forze principali di superficie, mentre la flotta giapponese risultò insufficientemente preparata contro gli attacchi del naviglio subacqueo. Inoltre quella battaglia segnò il fallimento del piano d'azione giapponese fondato sull'impiego dei velivoli dalle navi e dalle basi insulari; per le perdite subite nelle navi portaerei la marina giapponese fu costretta a fondare sempre più le sue speranze sull'impiego dell'aviazione da basi a terra.