FILIPPINE.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato insulare dell’Asia sud-orientale. La popolazione al censimento del 2010 risultava essere di 92.337.852 ab., di cui circa la metà residente in città, con un tasso di inurbamento annuo sostenuto (2,16%), che ha generato ampie fasce di marginalità nelle periferie delle aree metropolitane; nel 2014 è diventata di 100.096.496 ab., secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs). Solo l’area di Manila conta quasi 12 milioni di abitanti, mentre Quezon City e Cebu City superano i 2,5 milioni. L’incremento naturale è del 18,6‰, ridimensionato da un tasso emigratorio (−1,23‰) che si mantiene consistente. La popolazione è molto giovane: più del 50% degli individui ha meno di 24 anni di età. Le condizioni di vita rimangono critiche per larghe fasce della popolazione: al 2012, l’8% dei residenti non disponeva dell’accesso all’acqua potabile e oltre il 25% ai servizi sanitari; più del 20% dei bambini sotto i 5 anni risultava sotto peso, e circa un quarto della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà.
Condizioni economiche. – L’economia filippina negli ultimi anni è cresciuta a un ritmo sostenuto (7% nel 2013) e ha risentito solo parzialmente degli effetti della crisi globale, anche in conseguenza di una scarsa dipendenza dalle esportazioni e da un mercato interno sviluppato, oltre che dal costante flusso in entrata costituito dalle rimesse dei filippini all’estero (23 miliardi di dollari nel 2011), che ammontano a circa 5-6 milioni di persone. La disoccupazione è stazionaria (6,9% nel 2014) e il PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto (PPA) è di 6986 dollari (2014). Quasi un terzo della popolazione attiva è impiegata nel settore primario, mentre solo il 15% in quello secondario, sebbene il ruolo dell’industria sia in continua ascesa e contribuisca al 31% circa del PIL, particolarmente nella produzione ed esportazione di manufatti di alta tecnologia.
Storia di Paola Salvatori. – Una forte instabilità politica caratterizzò il Paese durante il decennio di presidenza di Gloria Arroyo Macapagal (2001-2010), salita al potere con l’appoggio delle élites dominanti e dell’episcopato filippino. La presidente dovette infatti fronteggiare l’irrequietezza delle forze armate e l’intensificarsi degli scontri con la guerriglia comunista (organizzata nel New people’s army, NPA) e con quella musulmana del Moro islamic liberation front (MILF), attive soprattutto nelle regioni meridionali. Falliti i tentativi di dialogo, il governo tornò ad adottare la linea intransigente, con un uso massiccio dell’esercito, contribuendo in tal modo a rendere ancora più tesa la situazione. Rimasero irrisolti i problemi storici del Paese: l’arretratezza economica e la corruzione che investiva in maniera massiccia l’apparato politico e amministrativo dello Stato. Nel 2010 il candidato delle forze di opposizione Benigno Aquino III, figlio dell’ex presidente Corazón e del leader liberale Benigno Aquino assassinato nel 1983 durante il regime di Ferdinand Marcos, si impose nelle elezioni presidenziali (42% dei voti) con un programma incentrato sulla lotta alla corruzione e sul rilancio dell’economia. Il suo governo ampliò la spesa per il welfare e incrementò gli investimenti pubblici, soprattutto nel settore delle infrastrutture e dei servizi. Tali iniziative garantirono una crescita economica sostenuta che, pur non ponendo fine alle disparità sociali, portò al progressivo emergere di una classe media e permise a una fascia più consistente della popolazione di godere di salari più elevati. Venne anche promosso un programma di controllo delle nascite per cercare di frenare la crescita demografica, programma duramente osteggiato dall’episcopato locale. La riforma agraria che avrebbe dovuto ridurre lo strapotere dei grandi proprietari terrieri rimase invece disattesa e nelle campagne la popolazione continuò a versare in uno stato di estrema indigenza. Nel novembre 2013 le F. furono colpite da un violentissimo tifone (Haiyan) che provocò migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati oltre a ingentissimi danni materiali. Il governo dovette chiedere aiuti internazionali e dirottare i fondi pubblici sulla ricostruzione. Nello sforzo di pacificare il Paese, Aquino riprese i negoziati sia con il NPA sia con il MILF. Con quest’ultimo venne stipulato nel 2014 un trattato di pace che prevedeva lo scioglimento del movimento e la riconsegna delle armi, in cambio dell’autonomia amministrativa della regione del Bangsamoro, nell’isola di Mindanao. Rimase invece aperto lo scontro con il gruppo estremista islamico Abū Sayyāf, legato ad al-Qā῾ida e sostenitore dell’IS, responsabile di ripetuti rapimenti e attentati. Sul piano internazionale, durante l’amministrazione Aquino diventarono più tese le relazioni con Pechino, soprattutto per il contenzioso relativo alle isole Spratly, e si rafforzarono di contro quelle con gli Stati Uniti.
Bibliografia: Democracy in Eastern Asia: issues, problems and challenges in a region of diversity, ed. E.S.K. Fung, S. Drakeley, Abingdon-New York 2014.
Cinema di Matteo Marelli. – Il termine new wave, molto spesso adopera to inopportunamente, è certamente calzante per affrontare un discorso sul nuovo cinema filippino, quello affermatosi, internazionalmente, nei primi anni del Duemila (l’International Film Festival di Rotterdam, seguito, poi, da altre mostre del cinema, come, per es., quella di Pesaro, hanno contribuito a creare consapevolezza e a suscitare interesse attorno a questa cinematografia come non accadeva più dai tempi di Lino Brocka e Ishmael Bernal). La new wave che da Manila scuote il panorama cinematografico mondiale è mossa da un’inarrestabile urgenza espressiva, tanto forte da ribaltare la condizione di pochezza produttiva, in cui i film maker si trovano a operare, in una risorsa di inediti radicalismi formali.
Oltre a Lav Diaz (e prima ancora Roque Federizon Lee, alias Roxlee, n. 1950, pioniere dell’animazione cinematografica) sono molti, tra le nuove leve, a scegliere di militare, con attitudine punk, nel cinema indipendente. Come Khavn Nicolas de la Cruz, nome d’arte Khavn (n. 1973; Ang pamilyang kumakain ng lupa, 2005, noto con il titolo The family that eats soil; Iskwaterpangk, 2007, noto con il titolo Squatterpunk; Philippine new wave: this is not a film movement, 2010), regista incontenibile, irrequieto agitato re culturale (è direttore del MOV/International film music and literature Festival), autore del Digital dekalogo, manifesto programmatico che vede nel cinema digitale, fieramente esibito, una possibilità espressiva rivoluzionaria con cui le nazioni del Terzo mondo possono combattere il «rigido paradigma, a lungo sostenuto dall’Occidente come l’unico modo di fare film» (Dodo Dayao, sceneggiatore, regista di Violator, 2014, in Philippine new wave, http://www. acrossasiaff.org/philippine-new-wave/).
Altrettanto estremo nelle scelte formali, ma non così intransigente come Khavn in merito al supporto, Raya Martin (n. 1984; Maicling pelicula nañg ysañg Indio Nacional, 2005, noto con il titolo A short film about the Indio nacional; Autohystoria, 2007; Independencia, 2009; La última película, 2013) adopera disinvoltamente la pellicola e il digitale, in un percorso personalissimo che lo pone ai vertici della cinematografia internazionale. La clandestinità, adottata dal popolo filippino per preservare la propria libertà dalle svariate colonizzazioni, è il tratto fondativo, sia estetico sia produttivo, del gesto registico di Martin, in continuo dialogo tra memoria storica ed elaborazione filmica. Tra i registi più radicali John Torres (Todo todo teros, 2006; Ang ninanais, 2010, noto con il titolo Refrains happen like revolutions in a song; Lukas nino, 2013, noto con il titolo Lukas the strange), autore di un percorso che si potrebbe definire etnografico-psichedelico, debitore della tradizione poetica filippina, e Gym Lumbera (Anak araw, 2012, noto con il titolo Albino), con ogni probabilità la personalità più anarcoide, deciso a esplorare soluzioni espressive eversive rispetto a quanto imposto da una colonizzazione portata avanti anche dal punto di vista della standardizzazione dell’immaginario. Quasi un outsider all’interno della contemporanea new wave, Brillante Mendoza (n. 1960; Foster child, 2007; Tirador, 2007; Serbis, 2008; Kinatay, 2009, Kinatay - Massacro; Captive, 2012) che elabora set immersivi, ‘esperienziali’; una messinscena della realtà ottenuta facendo interagire elementi di fiction con altri di derivazione documentaristica.
Bibliografia: J. David, Wages of cinema: film in Philippine perspective, Quezon 1998; Southeast Asian independent cinema. Essays, documents, interviews, ed. T. Baumgärtel, Hong Kong 2012.