FISICA ATOMICA
. Introduzione. - Nell'Enciclopedia italiana vi sono quattro articoli che espongono la vastità delle conoscenze già acquisite sugli atomi prima del 1940. Nel primo (v. atomo, V, p. 235) l'atomo è descritto come l'unità primaria e fondamentale di ogni sostanza materiale in qualsiasi struttura composta essa si presenti. Nel secondo (v. atomo, V, p. 243; App. I, p. 197) come sistema costituito da un numero definito e costante, per ogni elemento chimico, di elettroni gravitanti attorno a un nucleo nel quale è concentrata la quasi totalità del peso atomico e la carica positiva che neutralizza quella globale degli elettroni esterni da essa attratti.
Negli altri due, quanti (XXVIII, p. 559), e meccanica quantistica (XXVIII, p. 592), i princìpi e gli sviluppi della f. delle particelle atomiche e subatomiche, acquisiti con il principio di Heisenberg e la meccanica ondulatoria di de Broglie e Schrödinger, sono in particolare rivolti alla f. degli atomi concepiti come atmosfere di elettroni in moto attorno al nucleo centrale.
Già nel primo decennio di questo secolo, Rutherford aveva mostrato con le sue classiche ricerche sulla diffusione delle particelle a, che il nucleo era nel centro degli atomi e ne occupava un volume estremamente piccolo. Questo è infatti, come ordine di grandezza, un millimiliardesimo del volume nel quale si estendono gli elettroni. I volumi atomici, quando, come nei gas, sono ben definibili, sono sferici e hanno diametri dell'ordine di 10-8 cm.
Agli articoli ricordati, per gli anni ora trascorsi, c'è oggi solo da aggiungere come la periodicità nelle proprietà chimiche degli elementi rivelata da Mendeleev e le singolari deviazioni da essa, per es. nel gruppo delle terre rare, abbiano una semplice essenziale giustificazione nel principio di esclusione di Pauli e nell'identità e stabilità degli atomi connesse alle leggi generali della meccanica ondulato ria.
Similmente, le leggi che, in relazione alla struttura elettronica degli atomi, ne regolano i bilanci energetici, in particolare nei processi di eccitazione con la conseguente emissione di fotoni, hanno oggi raggiunto, con la meccanica quantistica, un'attendibilità equivalente a quella che le leggi di Newton dànno alla dinamica celeste. Perciò oggi per rendersi ragione di come gli atomi, con la loro struttura elettronica, siano all'origine dei fenomeni fisici e chimici prevalenti nel mondo, nel quale e del quale si vive, occorrerebbe conoscere i fondamenti della f. quantistica. Per questo, nella bibliografia sono anche indicati alcuni libri che la sintetizzano con singolare chiarezza anche per chi non abbia una specifica cultura scientifica.
Per quanto riguarda la vasta categoria dei fenomeni "atomici" e le loro applicazioni, il lettore potrà far capo agli articoli a essi dedicati, per es., fotoelasticità; ionizzazione; spettroscopia; nonché per acquisizioni più recenti a voci quali laser; maser; e ancora Spettroscopia, in questa Appendice.
Elememi di meccanica ondulatoria. - In ogni atomo gli elettroni, per l'attrazione coulombiana esercitata su di essi dalla carica positiva del nucleo centrale, gravitano attorno a questo costituendo una specie di micro-atmosfera. Per i princìpi della meccanica quantistica o ondulatoria (v. anche fisica, in questa App.) essi non sono localizzabili lungo traiettorie come avviene, per es., nel macrocosmo per le orbite planetarie. Per ognuno di essi è però definita la probabilità di poterlo osservare o rivelare in un certo elemento di volume dτ = dx dy dz, in un certo intervallo di tempo Δt. Questa probabilità è data dal prodotto di dτ per il quadrato dell'ampiezza della "funzione d'onda" di Schrödinger: Ψ(xyz, t). Se interessa lo stato stazionario di un elettrone atomico (cioè non una transizione di esso per eccitazione o ionizzazione) Ψ è indipendente dal tempo.
L'equazione di Schrödinger si scrive allora:
dove h è la costante di Planck e p il momento (lineare) di una particella di massa m e velocità v. L'equazione [1] determina in generale l'ampiezza Ψ delle onde di probabilità di de Broglie che hanno la lunghezza d'onda λ = h/p. Se l'energia dovuta al potenziale della forza che agisce sulla partícella è V e quindi l'energia cinetica è T = p2/(2m) = E − V, dove E è l'energia totale, e si indica con V2 l'operatore:
la [1] diviene:
Come per ogni equazione differenziale, le soluzioni sono determinate dalle condizioni, cosiddette al limite, che s'impongono perché esse siano compatibili col problema cui si riferiscono. In questo caso, le condizioni per Ψ richieste dall'osservabilità fisica di uno stato di una particella, sono le seguenti:1) deve avere un solo valore ed essere ovunque continua; 2) se Ψ1, Ψ2 ... Ψn sono soluzioni, anche una combinazione lineare Ψ = a1 Ψ1 + a2 Ψ2 + ... an Ψn deve esserlo; 3) Ψ deve tendere a zero quando x, y, z, tendano a ± -.
I valori possibili per l'energia possono essere discreti e distinti o distribuiti in uno spettro continuo. Questo avviene quando l'elettrone non è in uno stato stazionario, cioè non è "legato" stabilmente al nucleo. Questi valori caratteristici per E sono detti "autovalori": le corrispondenti funzioni Ψ, "autofunzioni". Nei casi più semplici c'è un solo valore En associato a una soluzione Ψn(xyz) e in questo caso lo spettro degli autovalori En costituisce l'insieme degli stati di energia quantizzati del sistema. In generale la probabilità, che in uno stato stazionario un elettrone o altra particella ha di trovarsi in un elemento di volume dτ = dx dy dz, è data dal prodotto della funzione Ψ per il suo complesso coniugato Ψ* poiché le soluzioni dell'equazione [2] sono funzioni complesse e la probabilità è reale. Perciò essa per ogni dτ è:
Il prodotto Ψ* Ψ, che rappresenta così la probabilità per unità di volume, si chiama "densità di probabilità".
Corrispondentemente Ψ esprime il fatto che la particella deve trovarsi in una qualche regione di spazio e pertanto l'integrale di dW a tutto lo spazio corrisponde alla certezza; quindi:
Infine, per il dualismo onda-corpuscolo (singolo) e perciò per la non interferenza di due stati d'onda diversi, dev'essere
I numeri quantici. - I numeri quantici, com'è detto nell'articolo atomo: Teoria elettrica dell'atomo (V, p. 243), che verte principalmente sulla f. a. descritta coi princìpi di Bohr e Sommerfeld, sono quelli che caratterizzano gli stati degli elettroni in un atomo. Essi determinano infatti le energie, i momenti angolari e le orientazioni possibili di questi, ossia dell'elettrone attorno al nucleo e quella intrinseca all'elettrone; cioè del suo spin. Nella meccanica ondulatoria, la definizione dei numeri quantici si mantiene in relazione alle coordinate, cioè ai gradi di libertà spaziali delle autofunzioni Ψ. Se, com'è nel caso della forza coulombiana fra nucleo ed elettrone, V ha una simmetria polare, le coordinate più idonee sono quella radiale r e le due direzionali angolari. Conseguentemente nelle Ψ sono distinti gli autovalori corrispondenti alla quantizzazione dell'energia e che dipendono dal valore medio (statistico) della distanza r e quelli associati alla probabilità delle direzioni di r rispetto al nucleo. In questo modo, i numeri quantici nel determinare la struttura degli stati atomici, coincidono con quelli della f. precedente, ma non più tramite i criteri assunti per pervenire alla quantizzazione delle orbite elettroniche. Questi erano infatti stati introdotti per superare le difficoltà che s'incontravano pensando che gli elettroni circolassero attorno ai nuclei lungo orbite simili, a parte le dimensioni, a quelle gravitazionali dei pianeti attorno al Sole. In particolare, per non dover considerare che in questa estensione dell'elettrodinamica macroscopica alle strutture atomiche gli elettroni avrebbero dovuto irradiare continuamente energia elettromagnetica fino a esaurirla completamente e quindi precipitare sul nucleo.
Per gli stati stazionari (o "livelli energetici", com'è consuetudine chiamarli) degli elettroni atomici, le cui energie sono gli autovalori En dell'equazione [2], questo non è più. In essi un elettrone non è da considerarsi come una carica che essendo accelerata, irradia onde elettromagnetiche. L'irraggiamento avviene solo quando un elettrone passa da un livello energetico (eccitato) di energia En a uno con energia inferiore Em, emettendo un fotone di frequenza ν = (En − Em)/h. Se l'elettrone permane in uno stato stazionario non irradia perché la sua carica non percorre un'orbita ma è casualmente distribuita, con una densità statisticamente costante, data dalla [3]. Nella figura sono riprodotte le densità di probabilità dell'elettrone nel caso più semplice e significativo dell'atomo d'idrogeno: A, B, C,... rappresentano stati corrispondenti ai diversi autovalori dell'energia e delle distribuzioni azimutali e quindi ai numeri quantici. Questi ultimi, infatti, determinano, a meno di costanti, gli autovalori. Per es., indicando con En l'autovalore di uno stato "legato" dell'atomo d'idrogeno, è: En = − Rh/n2, dove R è una costante detta di Rydberg. Essa si esprime con h e con le costanti universali della carica e della massa dell'elettrone: e, m0.
Il numero n non è indicato nella figura perché i disegni mostrano le diverse configurazioni degli stati rispetto a un asse che in assenza di un campo esterno può essere comunque orientato, passante per il nucleo centrale. La figura si riferisce particolarmente all'atomo d'idrogeno. La fig. A è quella dello stato stabile, che ha una completa simmetria sferica. Le altre sono, per l'idrogeno, rappresentazioni di stati eccitati. In esse il numero l, che si chiama "azimutale", misura in unità ℏ = h/(2π) il momento angolare. Il terzo numero, ml, distingue le orientazioni dei vari stati con lo stesso l e interviene specialmente nel discriminare gli stati stazionari di atomi con più elettroni e quindi più complessi dell'idrogeno.
Le denominazioni "stato s", "p", ecc... derivano da una nomenclatura che era usata per distinguere i livelli atomici in relazione alle righe spettroscopiche; sono connesse al valore di l, ossia alle simmetrie assiali dei vari stati.
Negli atomi complessi, con più di un elettrone, le configurazioni non sono molto diverse da quelle dell'idrogeno, perché, per il principio di esclusione di Pauli (di cui nel seguente paragrafo), in ogni atomo stabile, ogni elettrone dev'essere in uno stato stazionario diverso da quelli occupati dagli altri, cioè avente diversi numeri quantici. Inoltre, approssimativamente, la densità (di probabilità) spaziale di ogni elettrone è poco influenzata dalla repulsione coulombiana di quelli che sono prevalentemente a distanze equivalenti, ossia hanno lo stesso numero quantico n. Ogni elettrone è così situato in un campo coulombiano radiale col centro nel nucleo dovuto a una carica residua data dalla carica nucleare Ze diminuita da quella negativa degli elettroni che lo circondano più da vicino.
Il principio di esclusione. - I numeri quantici non sono meramente una classificazione degli stati stazionari o eccitati possibili agli elettroni negli atomi, ma per il principio di esclusione di Pauli detemminano la struttura di questi lungo la scala di Mendeleev dando una ragione semplice ed essenziale delle periodicità nel comportamento fisico e chimico degli elementi. Per questo il principio di Pauli è uno dei più importanti risultati generali conseguiti dalla meccanica quantistica.
Per specificare e descrivere lo stato di un livello energetico di un atomo occorrono quattro "numeri quantici". Tre di essi, com'è detto nel paragrafo precedente, derivano dall'equazione di Schrödinger. Il quarto, spesso indicato con ms, è quello che dà l'orientazione dello spin dell'elettrone.
Lo spin dell'elettrone, cioè il momento angolare di esso, ha un solo valore, S = 1/2, e distingue uno stato elettronico da un altro con le sue orientazioni. Secondo la meccanica quantistica dei momenti angolari, il valore S = 1/2 è compatibile, rispetto a ogni direzione orientata, solo con due valori ms = + 1/2; ms = − 1/2. Essi corrispondono allo spin parallelo o antiparallelo a quella direzione, che è generalmente quella di un campo magnetico. Anche negli atomi isolati un campo magnetico è quello suscitato dal rotare delle cariche del nucleo e degli altri elettroni e un singolo elettrone si orienta in esso.
Un tipico esempio è quello dei due elettroni dell'atomo di elio, anche per la connessione diretta col principio di Pauli. In questo atomo i due elettroni hanno distribuzioni spaziali attorno al nucleo (che ha la carica Q = 2e di due protoni) quasi uguali e corrispondentemente hanno numeri quantici come quelli dell'elettrone nello stato stabile dell'idrogeno, cioè n =1, l = 0, ms = 0, ma per un elettrone ms = 1/2, per l'altro ms = − 1/2 perché il principio di esclusione esclude che essi abbiano spin paralleli. Il momento angolare totale dell'elio è quindi zero e l'elio non si orienta in un campo magnetico esterno.
Il principio di Pauli ha una prima conseguenza generale relativamente alle dimensioni spaziali atomiche. Esse sono tutte dello stesso ordine di grandezza perché crescendo la carica nucleare, e quindi la forza di attrazione, le nubi statistiche degli elettroni si addensano attorno al nucleo ma compatibilmente con l'avere i numeri quantici diversi. Inoltre queste nubi sono per così dire a strati, perché la distanza media di un elettrone è determinata da n, ma con un dato n si hanno varie distribuzioni dovute ai valori diversi di l, ml, ms. In questi strati gli elettroni possono essere come nell'elio, appaiati con spin paralleli e antiparalleli, e se l'atomo è completo, ossia gli elettroni vi occupano tutti i numeri quantici disponibili (come accade per i gas nobili: elio, neo, argo, ecc.), l'atomo ha un momento angolare totale nullo. Se uno strato non è completo, come accade per l'argento, che ha tutti gli strati completi meno un elettrone esterno, il momento è diverso da zero e misurabile. Per questo, raggi atomici di argento furono usati nel 1920 da Stern e Gerlach per rivelare la quantizzazione direzionale in un campo magnetico.
Gli strati atomici. - Con la discriminazione fra i livelli elettronici di un atomo imposta dal principio di Pauli, l'energia totale di ognuno di essi in un stato stabile dev'essere minima. Passandoli in breve rassegna, si comincia con l'elettrone dell'idrogeno, con n = 1 e quindi l = 0 perché l può assumere solo valori interi positivi fra 0 e n − 1. Pertanto anche ml = 0 perché i valori di ml sono l, l − 1, ..., 0, ..., − l + 1, − l. Sono però possibili due stati di spin, cioè ms = ± 1/2. Nell'idrogeno, uno è occupato dall'unico elettrone, nell'elio entrambi perché due sono i suoi elettroni. Per formare il litio si deve aggiungere un terzo elettrone con n = 2 e così comincia il secondo strato. Questo si completa con i due stati l(ml = 0, ms = ± 1/2) e i sei stati
Perciò nello strato n = 2 si hanno otto elementi, che vanno dal litio (Z = 3) al neo (Z = 10).
Nella costituzione del terzo strato atomico, con n = 3, dovrebbero essere 18 atomi, ma interviene lo schermaggio della carica nucleare da parte degli elettroni più interni che altera le relazioni energetiche fra gli elettroni con n =1, quelli con n = 2 e quelli con n = 3 (elettroni D). Alcuni elettroni si collocano in uno stato a simmetria sferica simile a quella della fig. A relativa all'idrogeno con n = 4. Per la loro simmetria questi stati si dicono 4S. Con essi si determina una discontinuità nella periodicità della tabella di Mendeleev e gli elementi corrispondenti si dicono per questo "di transizione".
Bibl.: E. Persico, Fondamenti della meccanica atomica, Bologna 1940; V. Acosta, C. L. Cowan, B. J. Graham, Essentials of modern physics, New York 1973; A. Kastler, Atomo, in Enciclopedia del Novecento, vol. I, Roma 1976. A un livello più consono a una cultura generale i capitoli 12, 13, 14 di B. Marion, La fisica e l'universo fisico (trad. it.), Bologna 1975.