Fisico tedesco (Würzburg 1901 - Monaco di Baviera 1976). Iniziò i suoi studi a Monaco sotto la guida di maestri come A. Sommerfeld e W. Wien. Decisivi per la sua maturazione scientifica furono, tra il 1922 e il 1923, la collaborazione con M. Born e J. Franck all'università di Gottinga e, soprattutto, i contatti con il gruppo di fisici e matematici che faceva capo a D. Hilbert. Dopo il conseguimento del dottorato a Monaco (1923), H. iniziò un'intensa collaborazione con N. Bohr presso l'Istituto di fisica teorica di Copenaghen, che si concluse nel 1927, anno in cui H. fu chiamato a ricoprire la cattedra di fisica teorica all'università di Lipsia. Nel 1932 gli fu conferito il premio Nobel per la fisica. Trasferitosi all'università di Berlino (1941) venne nominato direttore del Kaiser Wilhelm Institut für Physik. Alla fine della guerra, sospettato d'aver assicurato la propria collaborazione alle autorità politico-militari naziste, H. venne fatto prigioniero dalle forze alleate. Dal 1947 socio straniero dei Lincei. Dal 1952, divenuto direttore del Max Planck Institut für Physik und Astrophysik a Monaco, H. si impegnò a fondo nella ricostruzione dei centri di ricerca tedeschi ed europei; fu tra i principali promotori della creazione del CERN a Ginevra, dove ricoprì la carica di presidente del Scientific policy committee. n Le indagini iniziali di H. presero le mosse dalla teoria quantistica dell'atomo di idrogeno di Bohr (1913), nella quale confluivano l'ipotesi di quantizzazione dell'energia applicata da M. Planck allo studio della radiazione di corpo nero e il modello d'atomo nucleare di Rutherford. H., anche in collaborazione con Born, contribuì a una migliore comprensione delle leggi della spettroscopia atomica e ricercò, sulla base della regola di quantizzazione e del principio di corrispondenza, un'interpretazione del cosiddetto effetto Zeeman anomalo. Le difficoltà incontrate dalla teoria di Bohr nel proporre uno schema interpretativo di validità generale, applicabile quindi anche allo studio degli elementi più complessi dell'idrogeno, i limiti sempre più evidenti dell'elettromagnetismo e della meccanica classica rispetto alla realtà e alla complessità dei microoggetti, le contrapposizioni sempre più aspre e radicali circa la natura, ondulatoria o corpuscolare, della radiazione elettromagnetica, portarono il dibattito a concentrarsi sul ruolo del modello meccanico dell'atomo nella costruzione della teoria atomica. H., in aperto dissenso con Bohr, si espresse risolutamente per l'abbandono di ogni approccio di tipo modellistico e dei concetti classici di "traiettoria" e "moto" degli elettroni e in favore di una teoria che trattasse solo grandezze direttamente osservabili e misurabili, come le energie e le frequenze associate alla variazione dello stato dell'atomo. Dopo aver sviluppato, con H. A. Kramers, la teoria quantistica della dispersione, H. tradusse questa sua inclinazione metodologica in un tentativo di riscrittura simbolica delle grandezze e delle leggi della meccanica classica nelle loro corrispondenti quantistiche. La memoria del 1925 Über quantentheoretische Umdeutung kinematischer und mechanischer Beziehungen, pubblicata sulla rivista Zeitschrift für Physik, segnò, con l'introduzione della meccanica delle matrici, l'atto di nascita della meccanica quantistica. In breve tempo, Born, P. Jordan e lo stesso H. elaborarono le basi matematiche della nuova meccanica, con prime applicazioni a specifici problemi di fisica atomica. Nel complesso quadro teorico della meccanica quantistica completato dagli apporti di E. Schrödinger, Born, P. Dirac e Jordan, si inserisce la formulazione da parte di H. del celebre principio di indeterminazione, che investe direttamente la dimensione conoscitiva della teoria. Il principio di indeterminazione afferma che, per ogni copia di variabili coniugate (per es., la posizione e quantità di moto di una particella), l'effetto dell'incertezza sui loro valori è maggiore o tutt'al più uguale al quanto di azione h di Planck; ovvero esso stabilisce quantitativamente gli intervalli di incertezza entro i quali tali variabili possono essere contemporaneamente determinate. Secondo H. tale limitazione va posta in rapporto con le possibilità di misura. Egli riteneva che nel campo della microfisica non si potesse prescindere dal ruolo dell'osservatore il quale, all'atto della misurazione, con i suoi apparati perturberebbe in modo irreversibile il sistema, che, tuttavia, si troverebbe sempre in uno stato ben definito, ma per noi inconoscibile, sia prima, sia dopo ogni osservazione. La posizione di H., secondo cui le indeterminazioni della meccanica quantistica possono essere chiamate soggettive, in quanto si riferiscono alla nostra incompleta conoscenza del mondo, non incontrò mai l'adesione di Bohr, il quale, nel contesto del principio di complementarità, giunse a un'interpretazione notevolmente diversa sotto il profilo teorico e filosofico. Negli anni Trenta, H. ebbe un ruolo rilevante nello sviluppo della elettrodinamica quantistica e nella fondazione della fisica del nucleo; in anni più recenti avanzò l'ipotesi non fortunata di una teoria unificata delle particelle elementari. Ma, soprattutto, egli rimase sempre attratto dai problemi filosofici ed epistemologici della meccanica quantistica, sui quali tornò fino alla fine con contributi di notevole portata storica e filosofica.