Fisica nucleare
Il nucleo atomico ha dimensioni dell'ordine di 10−14 ÷10−15 m e in esso sono concentrate l'intera carica positiva e quasi tutta la massa dell'atomo. La fisica subatomica si differenzia in fisica nucleare propriamente detta, o fisica dei nuclei atomici, e in fisica subnucleare, o fisica delle particelle elementari. Mentre quest'ultima riguarda più specificatamente i costituenti primari della materia e le loro interazioni, la fisica nucleare si occupa essenzialmente della struttura e del comportamento dinamico dei nuclei, a partire dalle interazioni tra i suoi costituenti (nucleoni e particelle subnucleoniche) e dalle sollecitazioni e trasformazioni conseguenti a reazioni nucleari di vario tipo. Secondo la visione moderna, i nucleoni hanno struttura, sono cioè costituiti da ulteriori particelle, i quark; questi interagiscono fra loro scambiandosi gluoni, che sono i quanti mediatori dell'interazione forte propriamente detta, dalla quale ha origine la forza nucleare efficace che tiene legati tra loro gli stessi nucleoni mediante lo scambio di pioni.
Anche i più moderni approcci alla struttura e alla dinamica dei nuclei sono sostanzialmente basati sulle interazioni empiriche nucleone-nucleone: in linea di principio, le forze nucleari possono essere studiate a partire dall'interazione tra due nucleoni, sia liberi (diffusione libera) sia vincolati in un sistema semplice, per esempio il nucleo di deuterio, detto anche deutone. Nel primo caso, esperimenti con neutroni e protoni di varie energie hanno mostrato come tali forze siano di corto raggio, dell'ordine del femtometro (1 fm=10−15m), e dipendano dal modo in cui si combinano gli spin dei nucleoni: esclusivamente antiparalleli (ossia opposti) per coppie di nucleoni identici protone-protone o neutrone-neutrone, oppure anche paralleli nel caso di coppie neutrone-protone; dalle due disposizioni hanno origine rispettivamente i cosiddetti stati di singoletto o di tripletto. L'interazione n-p ha dunque maggiore probabilità di verificarsi rispetto a quelle p-p e n-n, ma in prima approssimazione, e per identiche condizioni, le intensità sono uguali. Studi più recenti evidenziano che le forze nucleari non rispettano esattamente l'indipendenza e la simmetria di carica.
Se nell'indagare le forze nucleari si prende a riferimento il sistema nucleone-nucleone, le sole misurazioni dirette possibili si riducono a quelle delle caratteristiche di stati legati e della dipendenza della sezione d'urto di diffusione dall'angolo e dall'energia. Si potrebbe anche pensare di studiare stati legati e sezioni d'urto di sistemi con tre o più nucleoni, ma le difficoltà matematiche rendono pressoché impossibile applicare gli strumenti della meccanica quantistica al problema a molti corpi. Gli spettri di eccitazione di nuclei complessi si descrivono perciò mediante modelli fenomenologici e interazioni efficaci, approssimazioni ad hoc delle forze nucleari. Pur costituendo un esempio di sistema a molti corpi, il nucleo è troppo piccolo per essere considerato una porzione di materia macroscopica e troppo grande per ridurne tutte le proprietà al solo moto delle particelle costituenti. Esso è soggetto a tutti i tipi d'interazione fondamentale: oltre a quella forte, che ne assicura la coesione interna, anche all'interazione debole, responsabile della radioattività β e a quelle elettromagnetica e gravitazionale.
Se si prescinde dalla cosiddetta materia oscura, che, pur non essendo ancora stata osservata, si ritiene necessaria per spiegare l'evoluzione dell'Universo, i nuclei atomici costituiscono il 99,9% della materia conosciuta. A tutt'oggi sono note circa duemila specie nucleari, con numeri di carica da 1 a 111 e numeri di massa da 1 a 277. Tra il 1993 e il 2004, laboratori tedeschi, russi, americani e giapponesi hanno prodotto, mediante reazioni nucleari con ioni pesanti, gli elementi 110, 111, 112, 114 e 116; nel 2004 è stata annunciata la produzione degli elementi chimici 113 e 115. Ancora a metà del 2005, però, la scoperta degli elementi dal 112 al 116 doveva essere confermata. Sono in corso ricerche per cariche fino a 118 e masse fino a 290 e oltre, ma i nuclei sintetizzati e noti sono meno di un terzo di quelli ancora raggiungibili. Ciò significa che la nostra conoscenza della materia e quella del suo comportamento in condizioni diversificate sono ben lungi dall'essere complete; è possibile, inoltre, che nuove reazioni inneschino fenomeni ancora inesplorati, per esempio che la materia nucleare si organizzi in strutture giganti o si manifesti nei cosiddetti stati esotici, o estremi. Già oggi, nuove specie nucleari esotiche, con numeri di protoni o neutroni in eccesso o difetto rispetto ai nuclei stabili e con proprietà strutturali anomale rispetto ai modelli attuali, sono state identificate impiegando fasci di nuclei radioattivi.
Il nucleo atomico, inteso come sistema di A=Z+N nucleoni (di cui Z protoni e N neutroni), ha un raggio fornito approssimativamente dalla relazione R=R0A1/3, con R0 dell'ordine del femtometro. Tale relazione suggerisce per nuclei medi e pesanti l'immagine di una sfera approssimativamente omogenea, e soltanto per i nuclei più leggeri effetti di superficie importanti. Nell'ipotesi di un'interazione forte con raggio d'azione dell'ordine di 1 fm tra due nucleoni, si può considerare che il sistema sia compatto e il volume cresca linearmente al crescere del numero di massa A (ossia V≈R3≈A). Poiché anche la massa è proporzionale ad A, ne consegue che la densità nucleare è costante, in contrasto con il caso atomico in cui il raggio medio è pressoché indipendente dal numero atomico e la densità elettronica cresce con Z. L'ordine di grandezza della densità nucleare n si può ricavare dal rapporto tra A/V, dove V=(4/3)πR3=(4/3)πR03A. Ponendo per un nucleo di media grandezza R0=1,3 fm, si ottiene n≈1038 nucleoni/cm3, una densità quindici ordini di grandezza maggiore rispetto a quella della materia ordinaria. È appunto l'interazione forte che produce un legame mille volte più intenso di quello tipico delle forze elettromagnetiche e che spiega, da una parte, la preponderanza della materia nucleare nell'Universo, dall'altra l'enorme energia ricavabile mediante processi di fissione e fusione nucleari.
La compattezza della materia nucleare è dimostrata dall'osservazione empirica che l'energia di legame B cresce all'aumentare del numero A di nucleoni. Più precisamente, l'energia di legame per nucleone B/A è, in prima approssimazione, indipendente da A e il suo valore medio, per nuclei intermedi o pesanti, è dell'ordine di 8 MeV, circa un milione di volte maggiore dell'energia che occorre per rompere un legame chimico covalente. L'andamento dell'energia di legame per nucleone è crescente nei nuclei più leggeri, lentamente decrescente nei nuclei più pesanti, con variazioni specifiche in corrispondenza di nuclei particolarmente stabili, detti nuclei magici. La stabilità del nucleo è il risultato dell'equilibrio che si instaura tra forze nucleari attrattive, indipendenti dalla carica dei nucleoni, e forze coulombiane repulsive, che si esercitano solamente tra protoni. Dalla distribuzione di protoni e neutroni dipende quindi la maggiore o minore stabilità dei nuclei atomici. Tra i nuclei leggeri, quelli con egual numero di protoni e neutroni sono stabili, mentre all'aumentare della massa diventano via via più stabili i nuclei che contengono più neutroni che non protoni: l'eccesso neutronico N−Z implica un maggior numero di interazioni nucleari attrattive, che compensano la repulsione coulombiana, sempre più intensa all'aumetare di Z (fig. 2). La stabilità nucleare è chiamata in causa nei decadimenti che conducono il nucleo verso situazioni energeticamente più favorevoli e regola la formula semiempirica delle masse. La massa totale, e perciò l'energia totale di legame, si può scrivere secondo la relazione:
[1] formula.
Il termine aνA è l'energia di volume di una sfera di nucleoni; asA2/3 è l'energia di superficie, dovuta a effetti di bordo; acZ2/A1/3 rappresenta la repulsione coulombiana di una sfera omogenea carica; aa(N−Z)2/A è l'energia di asimmetria, che giustifica la tendenza dei nuclei a soddisfare la relazione N=Z. Il termine Δ rappresenta un'energia di appaiamento, di circa 12/A MeV, che tiene conto del fatto che, a parità di A, i nuclei con Z pari e N pari hanno energia di legame maggiore rispetto a quelli di tipo pari-dispari o dispari-pari, e sono perciò più stabili, mentre i dispari-dispari sono a loro volta meno stabili (fig. 3). La stabilità o meno rispetto al decadimento β può essere determinata facilmente a partire dalla relazione empirica detta parabola delle masse:
[2] formula.
I nuclei in cui tale relazione è violata sono radioattivi β: quelli ricchi di neutroni, rappresentati a sinistra nella curva di stabilità, emettono un elettrone negativo, quelli ricchi di protoni, a destra nella curva, emettono un positrone, ossia un elettrone positivo; entrambi si trasformano così in nuclei più stabili (fig. 4). Nel decadimento β, gli elettroni (positivi o negativi) hanno un tipico spettro continuo e la conservazione dell'energia è garantita dall'emissione contemporanea di una particella neutra di massa molto piccola: il neutrino, o più esattamente un antineutrino ν_, nell'emissione di un elettrone e un neutrino ν in quella di un positrone. Nei nuclei ricchi di protoni è anche possibile il processo di cattura elettronica, che consiste nella cattura di un elettrone orbitale da parte del nucleo e nella trasformazione di un protone in neutrone.
Il nucleo atomico si pone alla frontiera tra lo studio della materia organizzata, per esempio atomi, molecole, materia condensata, sistemi complessi, e quello dei costituenti primari del mondo subatomico (le particelle elementari), ed è sede perciò di fenomeni che risentono, da una parte, della tendenza a comportamenti d'insieme (gradi di libertà collettivi) e dall'altra di proprietà specificatamente individuali (gradi di libertà di particella singola). L'elevata densità nucleare e la grande energia di legame hanno contribuito a determinare l'immagine di un nucleo atomico in cui i nucleoni, in analogia con le molecole di un liquido, interagiscono fortemente: ciò ha posto le premesse per descrivere proprietà d'insieme del sistema nucleare, per esempio i moti collettivi. Gran parte dei fenomeni legati alla struttura e alla dinamica dei nuclei, tuttavia, è interpretata nell'ambito di modelli che prevedono il moto di ogni nucleone indipendente da quello degli altri, così come accade alle molecole di un gas (per es. modelli a gas di Fermi e a particelle indipendenti). In effetti, gli spettri di eccitazione e le altre proprietà nucleari (le energie di legame, le probabilità di transizione, le sezioni d'urto delle reazioni nucleari, i momenti elettrici e magnetici), non possono, a tutt'oggi, essere completamente descritti a partire dall'interazione fondamentale tra nucleoni liberi, vale a dire dalla sola forza nucleone-nucleone, la cui non completa conoscenza, insieme alle difficoltà matematiche che sorgono nel trattare un sistema complesso di nucleoni, hanno reso necessario ricorrere a modelli fenomenologici: l'interazione tra singoli nucleoni può essere introdotta esplicitamente soltanto in sistemi contenenti un numero molto piccolo ‒ tipicamente inferiore a quattro ‒ oppure infinito di nucleoni.
Dal modello della goccia liquida discende quello del nucleo composto, proposto da Niels Bohr nel 1936 per spiegare le risonanze nelle sezioni d'urto delle reazioni indotte da neutroni termici. Agli albori della fisica nucleare, si avevano più informazioni sulle reazioni che non sulla spettroscopia nucleare e nel descrivere il comportamento del nucleo si faceva riferimento a una buca di potenziale, di tipo per esempio rettangolare. Quando si iniziarono a studiare reazioni con neutroni termici, si osservarono, sia per la sezione d'urto totale sia per quella di diffusione, alcune risonanze, con larghezze molto contenute (dell'ordine di 0,1÷1 eV), che corrispondevano a vite medie degli stati risonanti molto più lunghe di quelle calcolate mediante buche di potenziale. Il modello di nucleo composto interpreta simili vite medie affermando che il neutrone trasmette al nucleo un'energia di eccitazione pari alla propria energia di legame (ca. 8 MeV) e che tale energia si distribuisce rapidamente fra tutti i nucleoni. Il nucleo composto si comporta come un sistema termodinamico che, indipendentemente dal modo con cui è stato prodotto, riemette energia e particelle, secondo un processo di vera e propria evaporazione: quando l'energia di eccitazione si concentra nuovamente su un singolo nucleone, questo abbandona il nucleo. La durata dello stato transitorio del nucleo composto è di circa 10−15 s, talmente lunga su scala nucleare, ossia in riferimento all'intervallo di tempo necessario per attraversare alla velocità della luce il nucleo (tipicamente dell'ordine di 10−22 s), che i due processi di cattura e di emissione si possono ritenere indipendenti.
A partire dal 1950, sono stati sviluppati i modelli collettivi unificati (Aage Bohr e Benjamin Mottelson), che descrivono tanto i moti di particelle singole, quanto gli spettri macroscopici di vibrazione e di rotazione osservati per un gran numero di nuclei, dovuti, rispettivamente, a oscillazioni armoniche intorno a una forma sferica di equilibrio e a rotazioni, che riguardano particolari deformazioni permanenti del nucleo e che avvengono intorno a un asse di simmetria (fig. 5). Dalla rappresentazione a gas di Fermi hanno avuto origine i modelli a particelle indipendenti o a debole interazione, il cui quadro di riferimento va ricercato nel modello a strati sviluppato nel 1955 da Maria Goeppert Mayer e J. Hans D. Jensen, nel quale il singolo nucleone si considera sottoposto a un potenziale medio detto campo medio, che in prima approssimazione è di tipo centrale e simula l'interazione congiunta e contemporanea di tutti gli altri nucleoni. È un caso del tutto analogo a quello dell'elettrone atomico sottoposto al campo coulombiano del nucleo, tanto che si assegna anche al nucleo una struttura a strati, cui corrispondono orbite stazionarie che definiscono gli stati quantici, ossia i livelli energetici occupati dai nucleoni. Ciò che permette di estendere le sequenze tipiche degli elettroni nei livelli atomici al caso nucleare è la piccola probabilità di collisione tra due nucleoni o, in altri termini, il grande cammino libero medio.
Vi è però una differenza sostanziale tra strutture atomiche e nucleari: il campo elettrico generato dal nucleo può essere trattato come una quantità statica, mentre nel caso del campo nucleare l'aspetto dinamico, associato ai moti d'insieme dei nucleoni, assume un ruolo rilevante. I fatti sperimentali che hanno suggerito e corroborato l'ipotesi della struttura a strati sono: (a) la particolare stabilità dei nuclei cosiddetti magici, contenenti un numero di protoni oppure di neutroni tale da completare, analogamente agli elettroni orbitali dei gas nobili, l'occupazione degli strati superiori; tali numeri magici sono 2, 8, 20, 28, 50, 82, e per i neutroni anche 126; (b) l'andamento della curva dell'energia di legame per nucleone in funzione di A: esso mostra variazioni di pendenza in corrispondenza dei valori magici di N o Z, per i quali le energie necessarie a separare un nucleone dal nucleo cambiano bruscamente a seconda che quest'ultimo si trovi in uno strato non completo oppure in uno strato pieno o chiuso, che completa il nucleo magico (fig. 6); (c) le energie dei raggi β emessi dai nuclei radioattivi presentano discontinuità per Z o N magici e le energie dei primi livelli eccitati dei nuclei magici sono considerevolmente più elevate di quelle dei nuclei vicini; (d) la possibilità di caratterizzare sperimentalmente le orbite stazionarie di un nucleone estraendolo dal nucleo con reazioni di diffusione quasi libera di protoni o elettroni e misurandone l'energia di legame, analogamente alle misurazioni della ionizzazione di un atomo mediante l'estrazione di un elettrone.
Per la descrizione delle reazioni nucleari è stato sviluppato, nell'ambito dei modelli a particelle indipendenti, il modello a buca di potenziale: analogamente al potenziale medio del modello a strati, esso descrive l'interazione cui è soggetta una particella incidente. In tale contesto trovano spiegazione, per esempio, la diffusione elastica di tipo ottico e le cosiddette reazioni di trasferimento, in cui un nucleone è depositato nel nucleo bersaglio o strappato da esso. Nel 1974 Akito Arima, Francesco Iachello e Igal Talmi hanno sviluppato il Modello a bosoni interagenti (MBI), nel quale le eccitazioni nucleari sono descritte, entro certi limiti di energia, per tramite di coppie di fermioni, che costituiscono nel loro insieme bosoni in stati di momento angolare J=0 oppure J=2. A differenza dei precedenti, che sono di tipo geometrico, questo modello è basato su algoritmi algebrici definiti dalla teoria dei gruppi, da cui derivano i possibili tipi di eccitazione nucleare: rotazionale simmetrica (SU3), rotazionale triassiale (O6), vibrazionale (SU5), dove i termini tra parentesi indicano i gruppi di simmetrie dinamiche sottostanti. Le simmetrie, di tipo sia geometrico sia dinamico, sembrano oggi spiegare buona parte dei fenomeni legati alle strutture nucleari, evidenziando anche analogie formali con ciò che avviene nella struttura delle particelle elementari.
Al crescere dell'energia di eccitazione, il sistema quantistico costituito dall'insieme nucleare si 'scalda' e produce, tra gli altri: (a) stati con elevato momento della quantità di moto, in cui la rapida rotazione può modificare la struttura del nucleo fino a produrre un cambiamento di fase; (b) risonanze giganti, corrispondenti a oscillazioni traslazionali in cui i protoni oscillano coerentemente rispetto ai neutroni e viceversa, a un'energia di circa 10÷20 MeV. Oltre alle risonanze giganti di dipolo, sono state messe in evidenza le cosiddette risonanze di Gamow-Teller (le intensità sperimentali di queste risonanze trovano conveniente spiegazione negli effetti dovuti ai quark); (c) vibrazioni di tipo multipolare, associate alla presenza di aggregati nucleari e a riflessioni di forme nucleari asimmetriche; (d) oscillazioni torsionali di neutroni e protoni a bassa energia (3 MeV). Negli stati relativi alla condizione (a), energie dell'ordine delle decine di MeV, la struttura sferica del nucleo lascia il posto a strutture deformate che testimoniano l'esistenza di gradi di libertà collettivi: avviene il passaggio da forme ellissoidali oblate, simili a dischi rigonfi, a forme prolate, che ricordano quella di un sigaro. Se l'energia e il moto di rotazione crescono ulteriormente, si possono produrre configurazioni molecolari in cui due nuclei sono separati e associati come atomi in una molecola; a energie ancora più elevate si può ottenere addirittura la scissione del nucleo. Nei più recenti esperimenti, in cui il 'riscaldamento' del nucleo bersaglio è stato ottenuto mediante ioni pesanti e si è misurato il decadimento γ dei livelli prodotti, sono stati identificati valori del momento della quantità di moto mai osservati prima, anche fino a J=60 ℏ.
Di tutte le specie nucleari esistenti, il 98% è rappresentato per tre quarti da idrogeno e per un quarto da elio. Gli altri elementi costituiscono nel loro complesso il rimanente 2% e l'abbondanza relativa, variabile, privilegia la zona del ferro e altri nuclei medi e pesanti (fig. 7). La formazione di vari elementi a partire dall'idrogeno e da nuclei leggeri ha luogo per nucleosintesi durante l'evoluzione stellare: i nuclei leggeri sono sottoposti, nel corso della combustione nucleare, a un processo di sintesi, che porta alla formazione di nuclei più pesanti e che si interrompe con il ferro, elemento oltre il quale si hanno solamente fenomeni più o meno lenti di cattura di particelle leggere, soprattutto neutroni. La distribuzione dei vari elementi nell'Universo non è uniforme, ma concentrata in luoghi particolari; tra questi la Terra, dove elementi quali il carbonio, l'ossigeno e il ferro sono presenti in quantità tali da rendere possibile la vita. Quali siano state le circostanze che, nel corso dell'evoluzione dell'Universo, hanno dato origine a simili concentrazioni è oggetto di indagini che investono la fisica nucleare, l'astrofisica e la cosmologia.
I nuclei atomici possono essere suddivisi in stabili e in radioattivi, che decadono emettendo radiazioni γ oppure particelle. Alcuni nuclei, come gli isotopi 238U dell'uranio e 40K del potassio, non sono completamente stabili, ma hanno tempi di dimezzamento abbastanza lunghi per poter essere ancora presenti sulla Terra. L'isotopo radioattivo del potassio, come del resto il 14C, è contenuto, pur se in piccole quantità, anche nel corpo umano, che quindi è debolmente radioattivo. Sulla Terra, l'isotopo 238U è più abbondante dell'oro, che è un elemento stabile; la quantità presente oggi nelle rocce è la metà rispetto a quella di 4,5 miliardi di anni fa, l'epoca in cui si è formata la Terra. Le specie radioattive sono più numerose di quelle stabili, e sono in continuo aumento perché è possibile produrle con metodi artificiali. Del calcio, con Z=20, si è arrivati a produrre isotopi da A=31 a A=70, contenenti rispettivamente 11 e 50 neutroni Del resto, il 40Ca è l'ultimo nucleo stabile che abbia uguale numero di protoni e neutroni: l'eccesso neutronico N−Z cresce con la massa A e gli isotopi stabili per esempio del piombo, con 82 protoni, contengono 122, 124, 125 o 126 neutroni. Esistono però alcuni limiti alla produzione di nuclei artificiali, rappresentati dalle cosiddette drip-lines (letteralmente, linee di sgocciolamento), raggiunte le quali i nuclei non sopportano più l'eccesso di protoni o di neutroni e ne perdono uno, la cui energia di legame è quindi nulla. A tutt'oggi, la drip-line dei neutroni è stata raggiunta soltanto per il magnesio; il massimo numero possibile di neutroni per nuclei con Z maggiore di 12 non è noto.
Per valori di Z maggiori di 60 vi sono altre forme di radioattività, alcune per decadimento α, altre per fissione spontanea, ossia mediante scissione di un nucleo pesante in due nuclei più leggeri e approssimativamente uguali. Tali processi pongono un limite al numero totale di protoni e di neutroni che un nucleo può contenere. Generalmente, più grande è lo squilibrio tra il numero di protoni e neutroni, più breve è la vita media del nucleo. D'altra parte, l'energia totale immagazzinata in un nucleo dipende dal numero totale di nucleoni presenti in esso e cresce con A. Maggiore è l'energia in eccesso posseduta da un nucleo, superiore è la sua instabilità. Ciò spiega perché i nuclei stabili siano sul fondo della cosiddetta valle di stabilità, ai lati della quale si trovano i nuclei instabili, che decadono per emissione β e precipitano verso il fondo valle, tanto più rapidamente quanto più ne distano (fig. 4, parabola delle masse). Il valore minimo di energia per nucleone si ha in corrispondenza dei nuclei di ferro e nichel, con 26 e 28 protoni (fig. 8). Il ferro, in effetti, è molto abbondante sia sulla Terra, di cui costituisce in larga misura il nocciolo centrale, sia nel Sistema solare. Nuclei più leggeri o più pesanti tendono a spostarsi verso la regione del ferro: idrogeno, elio, carbonio, ossigeno, a seconda dello stadio di evoluzione stellare, possono subire reazioni di fusione con liberazione di energia, seguite dalla cattura di particelle; gli elementi più pesanti del ferro possono trasformarsi, mediante processi di fissione, in nuclei contenenti meno protoni e neutroni.
Quando il nucleo raggiunge il limite di fissilità, un ulteriore apporto di energia da particelle o da radiazioni incidenti provoca la fissione nucleare, ossia la scissione in due frammenti di massa intermedia, accompagnata da liberazione di energia. La fissione, scoperta da Otto Hahn e Fritz Strassmann nel 1938, si innesca quando neutroni di bassa energia, cosiddetti termici, sono catturati da un nucleo pesante, per esempio l'uranio 235. Essa può essere accompagnata dall'emissione di notevoli quantità di energia e di neutroni secondari, che, se sono prodotti in modo efficace e se il nucleo è fissile, come accade per 235U e 239Pu, possono a loro volta innescare una reazione a catena. L'energia liberata può essere utilizzata nelle armi nucleari, oppure, se prodotta in modo controllato, nei reattori nucleari di potenza. Il primo reattore nucleare (la pila di Chicago) fu realizzato negli Stati Uniti sotto la direzione di Enrico Fermi nel dicembre 1942.
Il processo opposto rispetto a quello di fissione è la fusione nucleare, in cui l'energia è rilasciata allorquando due nuclei, con numero di massa inferiore a 10 ed energia di legame relativamente bassa, si combinano per formare un nucleo più pesante, dotato di maggiore energia di legame. La tipica reazione di fusione nucleare, del deuterio con il trizio, si rappresenta mediante la formula 2D+3T→4He+n+17,6 MeV e libera un'energia considerevole, appunto di 17,6 MeV. Perché avvenga, tuttavia, è necessario vincere la repulsione coulombiana fra i due nuclei iniziali, il che richiede un'energia superiore a 1 keV, corrispondente a una temperatura di circa 100 milioni di kelvin: questo è il motivo per cui la reazione è detta termonucleare. Allo stato attuale, queste condizioni sono state realizzate dall'uomo soltanto nella bomba all'idrogeno; le alte temperature necessarie a innescare il processo di fusione sono state ottenute mediante fissione. L'uso pacifico della fusione nucleare costituisce un argomento di grande attualità sotto il profilo tecnico e scientifico, ma la produzione controllata di energia è tuttora in fase di ricerca, diversamente da quanto avviene con la fissione. Esiste una possibilità teorica di avvicinare i nuclei leggeri ricorrendo a catalizzatori esterni, per esempio sostituendo muoni agli elettroni atomici e restringendo in questo modo di circa duecento volte le orbite degli atomi. Più recentemente, in particolari condizioni di pressione gassosa o di elettrolisi chimica all'interno di reticoli metallici si è fatto anche riferimento a processi di fusione fredda, ma con risultati ancora episodici e alquanto contraddittori.
L'indagine delle proprietà nucleari si è avvalsa negli ultimi anni di innumerevoli tipi di reazioni, prodotte mediante particolari sonde messe a disposizione dai moderni acceleratori di particelle. Gli strumenti basilari sono: (a) fasci di elettroni generati da acceleratori lineari di alto rendimento e di alta energia, dell'ordine del GeV. La sonda elettronica interagisce per via elettromagnetica con il nucleo e con i suoi costituenti carichi, protoni, mesoni e quark, e permette di studiare con notevole precisione le proprietà del nucleo; fasci di muoni μ giocano un ruolo analogo nell'indagare la struttura a quark dei nucleoni e dei nuclei. Esperimenti condotti al CERN e in altri laboratori hanno mostrato come, a causa del confinamento nucleare, i quark si comportino diversamente all'interno del nucleo o nei nucleoni liberi; (b) fasci di protoni prodotti da acceleratori lineari e circolari; tra questi, il protosincrotrone e il sincro-protosincrotrone del CERN. Tali fasci, già in uso da tempo in fisica nucleare, raggiungono oggi energie di decine di GeV e vi si ricorre, oltre che per dimostrare aspetti particolari dell'interazione tra nucleoni, per trasferire quark nei nuclei bersaglio oppure produrre neutroni, mesoni, antiprotoni, particelle strane e neutrini, da impiegare come sonde nucleari; (c) fasci di neutroni provenienti da reattori nucleari e da reazioni indotte da particelle cariche accelerate. I neutroni rivestono grande interesse per la possibilità di produrre nuclei lontani dalla valle di stabilità e per il fatto di essere sonde puramente nucleari, prive di carica elettrica; (d) fasci di ioni pesanti, realizzati dopo l'avvento di acceleratori elettrostatici (Tandem), lineari (LINAC) o circolari (ciclotroni, sincrotroni), e capaci di trasferire a nuclei atomici ionizzati un grande momento della quantità di moto ed energie elevate, che vanno da qualche MeV a decine di GeV per nucleone. Possono essere utilizzati per produrre nuclei esotici, comprimere e scaldare la materia nucleare, indurre rapide rotazioni. I fenomeni legati a queste collisioni nucleari sono di notevole ricchezza. Nelle reazioni caratterizzate da energie inferiori a 10 MeV/nucleone, i due nuclei subiscono reazioni di trasferimento, in cui si scambiano nucleoni e formano altre specie nucleari, oppure fondono letteralmente in un nucleo composto, che può dar luogo, decadendo, a nuovi stati e strutture nucleari. Recenti risultati sperimentali hanno mostrato come nel processo di formazione del nucleo composto, in cui i due nuclei perdono completamente la propria identità, la fusione sia in competizione con reazioni profondamente inelastiche, in cui, a seguito di una notevole dissipazione di energia, avviene la frammentazione in due nuclei simili a quelli di partenza. Oggi possono ottenersi fasci di ioni relativistici e ultrarelativistici, di energie dell'ordine dei 10÷100 GeV/nucleone, talmente elevate da lasciar sperare che si possa comprimere e riscaldare la materia nucleare fino a raggiungere il deconfinamento dei quark.
Le correlazioni a lunga portata derivanti dai calcoli di modello a strati permettono di spiegare molti aspetti della struttura e della dinamica nucleare, tra cui quelli relativi alle basse energie. Altri risultati, concernenti reazioni a più alta energia indotte da elettroni, fotoni, nucleoni e ulteriori adroni, mostrano chiaramente l'esistenza di correlazioni a corta portata, associate al nocciolo (core) duro dell'interazione nucleone-nucleone. A questi livelli non è più possibile prescindere dalla struttura degli stessi nucleoni e, per distanze inferiori al loro raggio, l'interazione tra nucleoni non può più essere descritta solamente in termini di scambio di mesoni π e ϱ. L'interazione forte può inoltre produrre stati eccitati del nucleone e risonanze, detti anche stati isobari, che possono giocare un ruolo importante per le forze nucleari. Per esempio, la fotodisintegrazione del deutone non può essere spiegata se non includendo nell'interazione protone-neutrone gli effetti dovuti allo scambio di mesoni e, in particolare, alla risonanza Δ, che è uno stato di nucleone eccitato. Risultati simili si hanno nell'elettrodisintegrazione dell'elio.
Le particelle soggette a interazioni forti prendono il nome di adroni e si distinguono in barioni, per esempio i nucleoni, e mesoni, per esempio i pioni. I cosiddetti gradi di libertà mesonici diventano importanti alle corte distanze. La questione di verificare il ruolo dei costituenti elementari, i quark, è strettamente collegata alla possibilità di ridurre la materia nucleare in condizioni tali per cui la struttura dei nuclei ne risulti modificata sostanzialmente, tanto da trasformarsi, mediante transizioni di fase, in nuovi stati di aggregazione di nucleoni o di particelle subnucleari (come mostrato nel diagramma di fase fig. 9). In laboratorio, la materia nucleare può essere portata al limite delle condizioni presenti per esempio nelle stelle; un'altra opportunità è quella di realizzare combinazioni nucleari diverse dalle solite, in cui il ruolo di protoni e neutroni sia assolto da altri adroni. Lo scopo è diverso da quello della fisica delle particelle elementari, che, al fine di creare e studiare nuove particelle pesanti, mira a trasformare energia in massa e a conferire alla materia energie sempre piùelevate in volumi sempre più piccoli. Negli accelerato-ri di ioni pesanti ad alta energia, invece, l'intento è quello di trasferire sempre maggiore energia in un volumecontenente un numero sufficiente di nucleoni e generare effetti d'insieme inusuali, tali da riprodurre il plasma di particelle primarie. In questo secondo caso la velocità degli ioni supera quella del suono nella materia nucleare (un quinto della velocità della luce). Durante gli urti hanno luogo compressioni e rarefazioni, con energie superiori a 100 MeV. Così sollecitata, la materia nucleare può sconfinare in quella adronica, ossia in un plasma di nucleoni e mesoni, fino a raggiungere, per temperature corrispondenti a energie maggiori di 200 MeV e densità da tre a cinque volte quella nucleare ordinaria, un vero e proprio cambiamento di fase: i quark non sono più confinati e formano insieme ai gluoni un plasma in cui si muovono liberamente. Ricordiamo anche che, in natura, un collasso stellare come quello dovuto all'esplosione di una supernova produce materia nucleare di densità e temperatura mai raggiunti in laboratorio.
Per ottenere indizi precisi sulla fase di quark e gluoni si utilizzano collisioni tra fasci di ioni pesanti ad alte energie, oppure si introducono proiettili che in brevissimo tempo trasferiscono alla materia nucleare, senza compressione, energia sufficiente a scaldare i nucleoni fino alla loro fusione, con la conseguente produzione di plasma: è ciò che accade con i fasci di elettroni e di antiprotoni, questi ultimi in grado di liberare energia nell'annichilazione con i nucleoni. Si tratta di aspetti che si riallacciano all'astrofisica nucleare e allo stato della nucleosintesi primordiale che seguì la prima fase di espansione dell'Universo. La densità di energia che caratterizza la transizione dai nucleoni ai quark, o viceversa, è stata raggiunta probabilmente all'atto del big bang iniziale e di tale transizione possono essere rimasti i segni nell'abbondanza relativa degli elementi leggeri che oggi osserviamo. Vi è un ulteriore aspetto relativo a condizioni limite di esoticità della materia nucleare, ed è quello della produzione di specie ipernucleari e dei cosiddetti nuclei strani, in cui una specie nucleonica si combina con una specie mesonica per dare luogo agli iperoni, come le particelle Δ e Σ. L'interazione iperone-nucleo permette di indagare meglio i legami efficaci delle particelle nucleari ed è all'origine di una nuova spettroscopia adronica.
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