FISIOLOGIA (gr. ϕυσυιλογία)
È la scienza che indaga le funzioni degli organismi viventi, mirando a conoscere i caratteri, le condizioni e le leggi che regolano i fenomeni vitali. Essa forma la naturale e concreta base di nozioni alle scienze (e alle arti applicate) che si riferiscono agli organismi viventi o a particolari funzioni di essi. Il carattere che distingue la moderna fisiologia è quello d'essere una scienza sperimentale, come la fisica, la chimica e le altre moderne scienze naturali.
La parola fisiologia fu usata dapprima dai filosofi ionici per indicare lo studio della natura (ϕύσις) in genere; oggi, invece, la fisiologia limita il suo studio alla natura vivente, mentre la fisica, la chimica, la mineralogia, la geologia e l'astronomia si occupano della natura inanimata. Pur avendo diretta attinenza con la medicina pratica, la fisiologia non fu sempre, come la terapia o la chirurgia, corpo di sapere di pertinenza esclusiva dell'arte salutare. Importanti problemi di fisiologia furono posti, e spesso felicemente risolti, da filosofi, da matematici e persino da artisti, che non avevano alcuna educazione medica. E ciò perché a quel grande e complesso gruppo di fenomeni offerti alla nostra osservazione dalle piante, dagli animali, dagli uomini, finché vivono, si sviluppano, si muovono, ecc., dobbiamo aggiungere tutti i fenomeni che possiamo analizzare in noi stessi mediante l'autosservazione. Lo studio dei fenomeni vitali delle piante e degli animali si può condurre secondo i metodi delle altre scienze naturali, cioè della fisica e della chimica. Vediamo, misuriamo il movimento d'un verme; avvertiamo e misuriamo il calore della combustione del carbone, come avvertiamo e misuriamo il calore prodotto dal corpo d'un uccello; col galvanometro scopriamo e misuriamo i fenomeni elettrici che si svolgono in una pila, come in un muscolo che si contrae; cioè le stesse leggi che regolano i fenomeni fisici valgono a priori per i fenomeni vitali. Pertanto la fisiologia sperimentale moderna, per unanime consenso è collocata tra le scienze naturali esatte, che trattano dei fenomeni che si ordinano nello spazio e nel tempo. Quando includiamo nell'oggetto noi stessi e gli avvenimenti che si svolgono in noi, abbiamo un'altra fonte di conoscenza; le sensazioni di piacere o di dolore, i sentimenti, le percezioni, la volontà, ecc., tutto quel mondo così importante dello spirito che costituisce il campo dell'indagine psicologica, si rivelano alla coscienza in forma diretta, come dati immediati e su cui possiamo esercitare soltanto la nostra analisi introspettiva. Tutti i fenomeni psichici, però, per quanto rappresentino i più elevati fenomeni vitali, si diversificano dagli altri fenomeni fisiologici perché, fra l'altro, non sono ordinabili nello spazio. La psicologia è scienza autonoma; essa per la sua natura intrinseca non può essere confusa nel gruppo delle scienze obiettive esatte, essendo scienza sperimentale subiettiva.
Sviluppo Storico. - La fisiologia sorse per soddisfare non tanto ai bisogni ideali della scienza pura, quanto alle necessità pratiche della medicina; infatti non è possibile comprendere e interpretare i fenomeni morbosi senza conoscere prima i fattori o le condizioni che influenzano o deteminano i processi vitali normali. Perciò, all'inizio, la fisiologia fu opera, più che dei naturalisti, dei medici, quali Ippocrate, Galeno, A. Cesalpino, W. Harvey, F. Redi, A. Haller, G. Müller, ecc. Ma i problemi di fisiologia umana dovevano presto destare l'interesse anche dei filosofi, degli psicologi, degli artisti. Infatti l'opera del pittore e dello scultore è circoscritta e definita dalle leggi degli organi centrali e periferici della visione, l'opera del musicista da quelle degli organi uditivi. La conoscenza di tali leggi è un'esigenza logica per compiere opere possibilmente perfette. Così Leonardo da Vinci ha impostato e risolto eleganti problemi di fisiologia umana, animale e vegetale. Nella filosofia, poi, spesso sorsero e si discussero problemi di pura fisiologia; per es., la questione dell'origine della vita, della generazione, ecc. Ma non minore merito nel progresso ddla fisiologia spetta ai naturalisti in quanto l'oggetto di ricerca della fisiologia nel mondo animale e vegetale, interessa anche lo zoologo e il botanico; ricordiamo G. A. Borelli, L. Spallanzani, J. B. Lamarck, C. R. Darwin, ecc.
Ippocrate nella cura delle malattie attribuì la maggiore importanza ai processi spontanei di guarigione (natura medicatrix). La dottrina dei pneumi o spiriti vitali, tanto diffusa nell'antichità classica, sorta forse sotto l'influsso della filosofia socratica, fu svolta però dai seguaci d'Ippocrate, Erofilo ed Erasistrato, che distinsero un pneuma animale, con sede nel cuore, e un pneuma psichico con sede nel cervello, quasi riconoscendo così due cause distinte per le due serie di fenomeni corporei o psichici, fin da allora nettamente separati.
Aristotele, ammise che la causa prima d'ogni fenomeno fisico o vitale è insita nell'interno del substrato materiale; questa causa agisce con uno scopo prestabilito, per raggiungere cioè un fine ben determinato (dottrina teleologica). In ogni cosa reale (a eccezione della divinità) si devono distinguere (sebbene non si possano mai praticamente separare) forma e materia. Si debbono inoltre distinguere il fine e la causa movente, che si possono anche definire forma ed essenza (concetto). La plasmazione della materia, mediante la forma, non avviene per un processo brusco, ma graduale; il reale (il formato) esisteva prima come potenziale (disposizione a formarsi, predisposto), come il pulcino nell'uovo, la pianta nel seme. Il passaggio dallo stato potenziale (materia) in realtà (attualità, entelechia, perché contiene in sé lo scopo o fine) avviene per opera di movimento.
Galeno, trattando della natura del corpo umano (elementi, temperamenti, umori, struttura, dissezione, uso, facoltà e azioni) usò la denominazione complessiva "τό ϕυσιολογκόν". Cercando di chiarire la funzione degli organi, applicò anche il metodo diretto della vivisezione degli animali e raccolse in un edificio dottrinale armonico tutte le conoscenze prima sparse. Se all'opera di Galeno si deve indubbiamente la conquista di grandi verità anatomiche e fisiologiche (commiste però talora a numerosi errori, dovuti in anatomia all'aver sezionato cadaveri d'animali e raramente, o quasi mai, d'uomini), nelle sue interpretazioni teoriche egli non s'allontanò dalle dottrine filosofiche d'Aristotele; invocò l'azione dei pneumi, di cui nell'uomo distinse il fisico o nutritivo con sede nel fegato, l'animale o sensitivo con sede nel cuore e lo psichico con sede nel cervello, ripetendo in fondo la dottrina teleologica d'Aristotele.
Tra le opere di zoologia dell'antichità classica per più di mille anni (sino al sec. XIV) ha servito come trattato elementare di zoologia, un libro, la cui origine è oscurissima, intitolato Physiologus (v. fisiologo), che avrebbe dovuto contenere una spiegazione della natura in generale. Spesso infatti i Physiologi del medio evo ricordano le pietre, gli alberi, oltre gli animali. Ben presto però il contenuto si restrinse a un numero limitato d'animali, quelli nominati nella Bibbia, di cui si davano solo i caratteri ricordati nel sacro testo, deducendone il significato allegorico e morale.
Bisogna giungere al tardo Rinascimento, quando s'instaurò nelle scienze il metodo dell'osservazione diretta della natura, per trovare menti capaci di far avanzare le scienze mediche, elevandole a un livello superiore alla sapienza galenica. La scoperta della circolazione del sangue, per opera di R. Colombo, A. Cesalpino e W. Harvey segna la definitiva liberazione dai vincoli della scienza tradizionale.
Le successive scoperte e conquiste avvennero mediante l'osservazione sempre più accurata e approfondita dei fenomeni biologici e mediante la sperimentazione. La scoperta dei microscopi composti aprì nel campo medico e biologico nuovi orizzonti, specialmente per quanto riguarda l'istologia e i fenomeni cellulari. F. Redi con le sue esperienze sulla generazione degl'insetti dimostrò errata la dottrina, sino allora assai in vaga, della generazione spontanea degli organismi inferiori; M. Malpighi scoprì la circolazione del sangue nell'interno dei vasi capillari; A. v. Leeuwenhoek, gli spermatozoi. L'importanza e la giustezza del metodo induttivo sperimentale venivano intanto teoricamente dimostrate e confermate dalle dottrine filosofiche di F. Bacone e di R. Descartes, mentre le scienze fisiche, per opera di Galileo e di Copernico, s'arricchivano di scoperte sempre più importanti. Specialmente R. Descartes con la sua dottrina che gli esseri viventi (uomo compreso) si comportano come macchine fabbricate mirabilmente, ma che sono soggette alle leggi meccanico-cosmiche e spiegabili con esse, ebbe un notevole influsso sullo sviluppo ulteriore della ricerca fisiologica, verso l'indirizzo della spiegazione meccanica dei fatti biologici. La maggiore e più importante applicazione e ulteriore elaborazione di questo concetto avvenne per opera del matematico G.A. Borelli (v.), che nel suo grande trattato De motu animalium cercò di spiegare i movimenti animali mediante leggi meccaniche o fisiche (iatrofisica). Quasi contemporaneamente sorse per opera di F. De la Boë (Sylvius) la scuola iatrochimica, la quale, pur riconoscendo per alcuni problemi l'importanza delle spiegazioni iatromeccaniche, sosteneva che per la spiegazione d'altri fenomeni non meno importanti dovesse essere applicato il principio chimico. Seguendo tale indirizzo Sylvius fece le prime scoperte nei processi digerenti, applicando ed elaborando ulteriormente la dottrina dei "fermenti", emessa la prima volta dal più illustre seguace di T. Paracelso, J. B. van Helmont. Questi spiegava tutti i processi fisiologici o morbosi come dovuti a fermentazioni, e corresse il concetto errato di Galeno, che la digestione dei cibi nello stomaco avvenga per forza fisica del calore, sostituendo il concetto più giusto che questo processo è dovuto all'azione d'un fermento legato all'acido gastrico. J. M. Mayow applicò con successo il principio iatrochimico ai fenomeni respiratorî paragonandoli ai processi di combustione.
Troviamo quindi nel '600 e '700 nettamente delineati i due grandi indirizzi di biofisica e di biochimica che si mantengono tutt'oggi, contribuendo a dare i migliori frutti nella scienza fisiologica. Alla loro origine questi due indirizzi erano basati, più che su dati obiettivi, su considerazioni speculative e peccavano ambedue d'esclusivismo perché i sostenitori dell'una o dell'altra dottrina credevano di poter spiegare esaurientemente tutti i fenomeni degli organismi con l'uno o con l'altro principio.
La fisiologia però non era ancora assurta alla dignità di scienza indipendente dalle altre scienze affini; nessuno s'era accinto all'opera di raccogliere i dati acquisiti con l'applicazione del metodo sperimentale, e di coordinarli in un edificio unitario e armonico di dottrine. Questo merito spetta a A. H. v. Haller, insegnante a Gottinga di anatomia, botanica e chirurgia, il quale raccolse e ordinò nei suoi Elementa physiologiae corporis humani (Losanna 1757-1766) tutto l'insieme dei fatti e delle teorie fisiologiche, sparsi nei diversi trattati o nelle singole memorie. Intanto la tecnica microscopica migliorata nelle mani di L. Spallanzani forniva nuovi dati importanti sulla conoscenza degl'Infusorî, sulla circolazione del sangue nei capillari degli animali superiori, sulla fecondazione delle uova per opera degli spermatozoi; la grande scoperta di L. Galvani dell'elettricità aprì nuovi orizzonti di ricerche in fisiologia; la scopeita di J. Priestley dell'ossigeno ebbe un'eco profonda nel campo della fisiologia della respirazione con la dimostrazione fatta da C. Girtanner che il sangue venoso assume nei polmoni ossigeno dall'aria.
Tuttavia molte proprietà fisiche dei viventi, quali p. es., l'irritabilità e la sensibilità (eccitabilità), sembravano inaccessibili a ogni tentativo di spiegazione fisica. Di più, si pensò che tutte le sostanze chimiche, veramente specifiche degli organismi viventi (dette perciò organiche), si trovassero solo in essi e non mai nel mondo della natura inanimata e che nei processi vitali non agissero le note forze fisiche e chimiche ma una particolare forza vitale, le cui manifestazioni fossero l'irritabilità e la produzione di tutte le sostanze organiche. La dottrina del vitalismo, sorta dapprima in Francia, fu di grave danno allo studio dei fenomeni fisiologici, perché nella sua forma più rigida essa equivale alla rinuncia. Si diffuse così il metodo sperimentale nello studio dei fenomeni della vita; tuttavia non tutti i vitalisti rinunciarono alla ricerca obiettiva. Così G. C. Reil, G. Müller, e C. Bernard, pure ammettendo la forza vitale, ritenevano che i fenomeni vitali siano di natura fisico-chimica, quindi accessibili ai comuni metodi d'indagine delle scienze naturali, da cui differiscono solo per essere regolati da leggi specifiche degli organismi. Un fiero colpo al vitalismo fu dato da F. Wöhler, che nel 1828 dimostrò che è possibile col solo sussidio delle forze chimiche e fisiche ottenere per via sintetica un composto organico, l'urea, che egli ebbe riscaldando l'isocianato d'ammonio. Oggi si può dire infinito il numero delle sostanze organiche, fra cui alcune molto complesse e specifiche (p. es. l'adrenalina), che da allora in poi sono state ottenute sinteticamente nel laboratoiio chimico. Fu così tolta alla dottrina del vitalismo una delle sue basi più solide.
Nel sec. XIX la fisiologia sperimentale ebbe il suo più rigoglioso sviluppo. A questo progresso rapido e ricco di frutti contribuirono più specialmente i francesi F. Magendie, Cl. Bernard e E. J. Marey; gl'inglesi C. Bell e M. Forster; e i tedeschi E. L. v. Helmholtz, K. Ludwig, F. L. Fick, E. Du Bois-Reymond e altri.
Le varie branche della fisiologia. - Il prodotto del lavoro d'indagine è andato così aumentando col tempo che oggi esso rappresenta un'immane messe di fatti, di conquiste e di dottrine, da essere impresa quasi impossibile a una sola mente poterla per intero dominare. Per tutti gli organi del corpo umano, per quasi tutti quelli degli animali e delle piante, è stato posto (o si va ponendo) a mano a mano e tentato di risolvere il problema fisiologico. Vicino alla fisiologia teoretica o pura sono sorte (o dovranno sorgere) le applicazioni pratiche della fisiologia.
La fisiologia teoretica o pura o filosofica comprende: a) la fisiologia generale, che studia i fenomeni e i processi fisiologici fondamentali e comuni a tutti gli esseri viventi. Poiché tutti gli organismi sono costituiti da cellule (definite perciò individui elementari), la fisiologia generale tratta più specialmente dei fenomeni che si svolgono nell'interno cellulare e diventa, secondo M. Verworn, fisiologia cellulare. Secondo altri, la fisiologia generale è fisiologia umorale; b) le diverse fisiologie speciali, ossia dell'uomo, degli animali, delle piante; ciascuna di esse indaga i processi vitali degli organismi indicati: la fisiologia umana è quella che interessa massimamente il medico, mentre le altre sono o dovrebbero essere di pertinenza degli zoologi e dei botanici. Hanno però anch'esse importanza dottrinale per i fisiologi umani, perché molte nozioni acquistate nella fisiologia animale si estendono all'uomo. Inoltre della fisiologia umana alcune parti interessano altri studiosi, oltre il medico; ricordiamo la fisiologia antropologica ed etnologica (delle razze), la fisiologia del linguaggio (fonetica sperimentale) che riguarda i glottologi e i filologi; c) la fisiologia comparata (v. appresso) che ha il compito di paragonare i diversi processi e fenomeni vitali che si svolgono nei varî ordini dei viventi. Essa ridà quindi il carattere d'unitarietà alle varie fisiologie speciali, e permette d'assurgere a concetti d) fisiologia generale.
Le applicazioni della fisiologia possono riguardare ciascuna delle indicate fisiologie speciali. Le più importanti sono:1. La fisiologia medica o patologica o fisiopatologica, che considera le alterazioni dei processi fisiologici sotto l'influenza delle condizioni morbose e studia i processi di difesa e di riparazione delle lesioni patite. Essa coincide, almeno in gran parte, con la scienza che oggi si dice patologia generale. 2. La fisiologia sociale o igienica, che tratta dell'applicazione delle leggi fisiologiche sull'alimentazione, sulla abitazione, sul lavoro delle varie classi degl'individui, che costituiscono l'odierna società. 3. La fisiologia pedagogica, cui si dovrebbe assegnare con H. Spencer un posto privilegiato nella preparazione dei maestri e degli educatori, poiché solo la conoscenza dei bisogni fisiologici, del modo di svolgersi delle varie attività mentali e corporee nell'adolescenza, può formare la base solida d'una razionale educazione e istruzione. 4. La fisiologia artistica, che tratta delle nozioni degli organi di senso (vista, o udito), a servizio degli artisti (pittori, scultori e musicisti).
Le applicazioni della fisiologia animale e vegetale hanno una speciale importanza per le industrie biologiche, che formano il cespite di ricchezza delle nazioni e rappresentano una delle condizioni indispensabili per il benessere sociale. La fisiologia degli animali domestici o utili è (o dovrebbe essere) la base razionale dell'allevamento degli animali utili e della zootecnia, oltre che formare una delle scienze fondamentali della veterinaria. La fisiologia vegetale delle piante utili è (o dovrebbe essere) alla sua volta la base razionale dell'allevamento e della selezione dei cereali e di tutte le altre piante domestiche, oltre che formare una scienza fondamentale della patologia vegetale.
Il problema fisiologico: sua impostazione. - Il principio cui s'informa ogni problema moderno di fisiologia, è che il nostro corpo è costituito da un insieme di numerosi organi, distinti gli uni dagli altri anatomicamente e funzionalmente. Ma per conoscere le funzioni di ogni organo (fisiologia degli organi) occorre precisare i fattori e le condizioni che determinano o regolano tali funzioni. Mediante l'analisi della funzione complessiva d'un organo si perviene a localizzare i processi elementari nel seno dei tessuti e delle cellule che lo costituiscono; la fisiologia degli organi sbocca quindi nella fisiologia cellulare. Successivamente dallo studio delle funzioni parziali si passa a quella dei rapporti reciproci dei diversi organi fra di loro. E così la fisiologia dei singoli organi s'integra con la fisiologia dei processi coordinatori e regolatori, rappresentati dal sistema nervoso e dal plasma sanguigno (coordinazione nervosa e umorale), assurgendo a un concetto unitario dell'organismo completo.
La tecnica fisiologica. - I metodi d'indagine della tecnica fisiologica sono essenzialmente obiettivi o esterni (dell'esterospezione), o fisiologici in senso stretto; e subiettivi o interni (dell'introspezione), o psicologici.
I primi, applicati allo studio di tutti i fenomeni esteriori degli organismi viventi, hanno condotto ai risultati più importanti dell'odierna fisiologia. I secondi, rivolti allo studio dei fenomeni che osserviamo in noi stessi, si riferiscono in gran parte alla fisiologia degli organi di senso e dei centri nervosi. L'analisi obiettiva dei processi fisiologici è il frutto dell'applicazione di rigorosi metodi d'indagine, che la fisiologia pratica, o tecnica fisiologica, in parte attinge, modificandoli opportunamente, alle altre scienze sperimentali, in parte escogita e svolge per proprio conto. Alla fisica attinge i metodi per indagare i fenomeni vitali puramente fisici, come i movimenti muscolari, la circolazione del sangue e della linfa, il calore animale, i fenomeni elettrici ed energetici, ecc. Alla chimica, i metodi d'analisi qualitativa e quantitativa per studiare i fenomeni e i processi puramente chimici, quali quelli connessi col metabolismo, con le secrezioni, con lo scambio gassoso respiratorio, con le ossidazioni organiche, con i processi sintetici o di scissione, ecc. Alla chimico-fisica, i metodi per indagare i fenomeni delle sostanze disciolte nei liquidi dell'organismo, della permeabilità delle membrane, ecc. Nella fisiologia attuale questi svariati metodi di fisica e di chimica, o meglio, di biofisica e di biochimica, hanno assunto un grande sviluppo, fruttando copiosi risultati e se non ci mettono ancora in grado di dare una soddisfacente spiegazione delle funzioni dell'organismo, hanno contribuito notevolmente ad allargare la cerchia delle nozioni concrete e obiettive.
I metodi d'indagine strettamente fisiologica consistono nell'osservazione microscopica, nella vivisezione e nell'autosservazione psicologica. Alla tecnica microscopica si deve la scoperta fondamentale dell'intima struttura di tutti gli organismi animali e vegetali, unicellulari e pluricellulari e lo studio delle funzioni cellulari eseguito su cellule viventi o su quelle fissate e colorate con i complessi metodi della tecnica microscopica.
La vivisezione (v.), cioè la dissezione anatomica degli organismi viventi, eseguita con tutte le più accurate norme d'anestesia e di sterilizzazione della moderna chirurgia, permette: a) di scoprire un organo o un tessuto, o una loro parte, nascosti nella profondità del corpo, per poterli stimolare artificialmente e isolatamente, o per poterli recidere o distruggere in altro modo; nel primo caso si studiano i fenomeni irritativi, provocati dall'eccitazione; nel secondo, i fenomeni di deficienza prordotti dalla mancanza dell'organo estirpato; b) di separare dal corpo un dato organo o tessuto, per studiare la durata, le modalità e le condizioni d) sopravvivenza del medesimo, e distinguere quali siano i fenomeni dovuti alle forze interne dell'organo isolato, dagli altri che, non manifestandosi più in tali condizioni, debbono essere attribuiti a cause insite negli organi rimasti nel corpo. Recentemente i tentativi d'isolamento di organi e di tessuti, da organismi adulti e in via di sviluppo (colture degli organi e dei tessuti), sono andati divenendo sempre più numerosi e fecondi di risultati di notevole importanza; c) di trapiantare l'organo o il tessuto isolato, in altra sede o in altro animale (innesti di tessuti, trapianti d'organi) metodo che ha dato risultati importantissimi per l'endocrinologia (v.) sperimentale e per la terapia chirurgica. Gli animali da espeiimento sono specialmente la rana, il rospo, il cane, il gatto, la scimmia, il coniglio, la cavia, il ratto.
L'autosservazione psicologica volge l'attenzione indagatrice ai fatli che derivano dalla funzione dei vari organi di senso e dall'attività mentale o psichica. Col sussidio di strumenti, che aumentano la potenzialità fisiologica dei nostri organi di senso (specie la vista e l'udito), fornisce una copiosa messe di dati concreti alla fisiologia degli organi di senso e del sistema nervoso, ossia delle funzioni eminentemente specifiche dell'uomo.
La fisiologia umana si giova anche delle osservazioni cliniche e anatomopatologiche della patologia dei diversi organi e tessuti (specialmente per quanto si riferisce al sistema nervoso) le quali sono più direttamente applicabili alla fisiologia degli organi umani; però non sono sempre così bene delimitate, quali la tecnica fisiologica può produrre sperimentalmente nelle vivisezioni. Al fine di rendere duratura un'osservazione momentanea, di studiarla con più agio più tardi nei minuti particolari il fisiologo ha sentito il bisogno di fissare i risultati dell'osservazione immediata: sorse il metodo grafico, per opera di K. Ludwig in Germania e di E.J. Marey in Francia, e oggi, con maggior successo, in gran parte sostituito dai metodi fotografici e cinematografici.
Oltre agli strumenti di misura e di registrazione grafica, numerosi altri strumenti attinge la fisiologia alla fisica moderna. Fra essi, gli apparecchi d'ottica e d'acustica (le cui nozioni fisiche sono la base, su cui riposa la fisiologia della vista e degli organi dell'udito); poi gli strumenti elettrici, che svelano e misurano le forze elettromotrici, associate ai fenomeni fisiologici e forniscono lo stimolo che provoca lo stato attivo dei varî organi (nervi, muscoli, ghiandole, ecc.). Sugli altri agenti stimolanti (meccanici o di compressione, termici, chimici) hanno il vantaggio di non produrre lesioni profonde e d'essere facilmente graduabili nell'intensità.
Teorie e ipotesi in fisiologia. - Alla raccolta analitica delle osservazioni e dei dati sperimentali deve seguire il processo logico di sintesi ricostruttiva a cui si giunge con l'interpretazione teorica dei fatti osservati. Ma le teorie hanno valore prevalentemente gnoseologico e non obiettivo, donde la caducità delle varie dottrine adottate in fisiologia (e in genere in tutte le scienze naturali). Infatti nonostante i grandissimi progressi di queste scienze, per l'enorme complessità del loro oggetto di studio siamo ancora lontani dall'avere applicato ed esaurito tutti i metodi d'indagine analitica, che permettano la completa conoscenza obiettiva di tutti i fatti. Questa precarietà dottrinale non soddisfa i bisogni logici del fisiologo sperimentatore, il quale colma le lacune esistenti mediante le ipotesi.
Alcune, le ipotesi logiche, servono a dare una risposta a problemi insolubili sperimentalmente (per es., il problema dell'origine della vita sulla terra, della comparsa dell'uomo, ecc.); altre, le ipotesi di lavoro sono destinate a essere sostituite dai fatti osservati, quando saranno compiute le ricerche necessarie. Con le cosiddette spiegazioni teleologiche, si tenta di rendere comprensibile il meccanismo dei processi fisiologici, considerandoli in quanto tendono a raggiungere lo scopo d'una determinata funzione.
Compito generale della fisiologia animale. - Esso consiste nello studio delle funzioni che s'esplicano negli organismi viventi, i quali, secondo la teoria cellulare, risultano costituiti da parti elementari di diverso ordine (cellule, tessuti, organi), dotate di speciali funzioni, collaboranti armonicamente al benessere dell'individuo e alla conservazione della specie. Nella fisiologia degli animali superiori e dell'uomo, con X. Bichat distinguiamo le funzioni della vita organica o vegetativa dalle funzioni della vita animale o di relazione. Le funzioni della vita di relazione sono destinate a mettere l'organismo in rapporto con l'ambiente esterno, adempiendo al compito di raccogliere gli stimoli provenienti dal mondo esterno e di trasformarli in eccitamenti specifici (funzioni degli organi di senso generali e speciali; alcuni organi di senso generale raccolgono anche gli stimoli provenienti dall'interno dell'organismo), di trasmettere detti eccitamenti (funzioni del sistema nervoso periferico sensitivo) a organi centrali (funzioni del sistema nervoso centrale e in parte del sistema nervoso autonomo), che reagiscono adeguatamente, così da modificare in vario modo i rapporti con l'esterno (funzioni del sistema nervoso periferico motorio, del sistema muscolare, dell'apparato locomotore, ghiandolare, della fonazione, ecc.). Le funzioni della vita organica o vegetativa servono principalmente alla vita interna dell'organismo e sono destinate a preparare e rinnovare continuamente i materiali nutritivi indispensabili a tutte le cellule costituenti. Mediante tali funzioni, l'organismo è in grado di provvedere ai fenomeni del ricambio materìale generale, assumendo il nutrimento dall'ambiente esterno, digerendolo e assorbendolo (funzioni dell'apparato digerente e degli organi ghiandolari a secrezione esterna digestiva), e trasportandolo poi ai varî tessuti e organi per sopperire ai loro bisogni anabolici (funzione del sangue, della linfa, dell'apparato cardio-vasale); mentre i prodotti catabolici sono eliminati dall'organismo (funzioni dell'emuntorio intestinale, dell'apparecchio uropoietico, della cute e delle ghiandole annesse). Oltre allo scambio dei materiali solidi e liquidi tra sangue e tessuti e viceversa, si compie anche uno scambio di materiali gassosi (ossigeno, CO2) tra l'ambiente e il sangue e tra il sangue e i tessuti e viceversa (funzioni dell'apparato respiratorio). È poi da ricordare l'importante azione complessa (regolatrice, attivatrice, protettrice) esercitata dalle ghiandole endocrine (funzioni delle ghiandole a secrezione interna), mediante la produzione dei loro ormoni. Con l'insieme di tutte le funzioni, sia della vita organica, sia della vita di relazione, è assicurato il benessere dell'organismo; ma questo, affinché sia garantita la conservazione della specie, è pure compito d'organi riproduttori; pertanto la fisiologia, allo scopo d'assolvere tutto il suo compito, deve occuparsi anche delle funzioni dei diversi organi devoluti alla riproduzione della specie.
Bibl.: A. v. Haller, Elementa Physiologiae corporis humani, Losanna 1757; L. Hermann, Handbuch der Physiologie, Lipsia 1879; M. Verworn, Allgemeine Physiologie, Jena 1895; E. A. Schäfer, Text-Book of Physiology, Edimburgo e Londra 1898; H. Beaunis, V. Aducco e S. Baglioni, Elementi di Fiosiologia umana, Torino 1901; J. P. Morat e M. Doyon, Traité de Physiologie, Parigi 1904; W. Nagel, Handbuch der Physiologie des Menschen, Brunswick 1909; W. M. Bayliss, Principles of General Physiology, Londra 1915; E. H. Starling, Principles of humana Physiology, Londra 1915; L. Luciani, Fisiologia dell'uomo, Milano 1924; G. H. Roger, Traité de Physiologie normale et pathologique, Parigi (in corso); A. Bethe, G. v. Bergmann, G. Embden, A. Ellinger, Handbuch der normalen und pathologischen Physiologie, Berlino (in corso); S. Baglioni, Elementi di fisiologia umana, Roma (in corso).
Periodici: in lingua italiana: Archivio di Fisiologia, Archivio di Scienze biologiche, Fisiologia e medicina ecc.; in lingua tedesca: Pflüger's Archiv für die gesammte Physiologie, Biochemische Zeitschrift, Ergebnisse der Physiologie, ecc.; in lingua francese: Comptes rendus de la Société de Biologie, Comptes rendus de l'Academie des Sciences, Archives italiennes de Biologie, Archives internationales de Physiologie, Journal de Physiologie et de Pathologie générale, ecc.; in lingua inglese: Journal of Physiology, Quarterly Journal of experimental Physiology, The American Journal of Physiology, ecc.
Fisiologia comparata.
Ancora nella seconda metà del secolo scorso era sconosciuta ai fisiologi la complessa molteplicità del regno animale, e le ricerche, limitate al campo fisico e della elettrofisiologia (sebbene lo Spallanzani, più di mezzo secolo prima, avesse già, nelle sue esperienze, mostrato altre vie e più vasti campi), si aggiravano nell'ambito di qualche vertebrato superiore, salvo forme come la rana, che classiche esperienze avevano consacrato come oggetto di studio; l'uomo rimaneva sempre il centro di riferimento.
Nel campo zoologico, il fiorire dei concetti evolutivi darwiniani imprimeva alla ricerca un indirizzo essenzialmente morfologico e descrittivo, e l'anatomia, comparata si veniva organizzando nell'indagine della struttura degli organi, per stabilirne le omologie, al fine di tentar di fissare la parentela dei gruppi e di ricostruire gli alberi filogenetici. Isolati rimanevano quindi, fra questi studi della forma, gli orientamenti fisiologici che alcuni tentavano di portare nella considerazione del regno animale, anche se già Giovanni Müller avesse sostanzialmente gettato le basi per una fisiologia più propriamente comparata. Ma forma e funzione sono due concetti che, distinti e individuati dal nostro pensiero, si fondono nella realtà, e l'anatomia comparata, pur nella ricerca della forma, non poteva prescindere dalla funzione degli organi, non foss'altro per cercarvi il fattore della modificata struttura di organi omologhi, che nascondono l'uniformità d'origine sotto differenze contingenti d'ordine funzionale. Sì che, con l'anatomia comparata, si veniva insensibilmente svolgendo anche la fisiologia comparata, pure in essa rimanendo a lungo indistinta sotto il predominio delle direttive morfologiche. Il tentativo del Metchnikoff, nell'ultimo ventennio del secolo, sulla patologia comparata dell'infiammazione, richiamava però l'attenzione sul contributo, che, allo studio dei fenomeni interessanti l'uomo e gli animali superiori, possono fornirci gl'invertebrati e gli unicellulari: unità di reazione nella scala zoologica, unità delle leggi più generali delle sue manifestazioni; e, d'altro lato, il Verworn, concorreva a suggerire lo studio fisiologico delle forme inferiori, onde ricercarvi le espressioni più elementari di quelle funzioni, che troppo complesse appaiono negli organismi più evoluti. E mentre a poco a poco, dall'indirizzo predominante, con l'estendersi delle ricerche biochimiche, l'attenzione dei fisiologi si volge verso il più vasto campo dei Vertebrati inferiori e degl'Invertebrati, nella zoologia la reazione progressiva all'indirizzo pressoché esclusivamente evoluzionista e darwiniano e l'affermarsi dei problemi nuovi della meccanica nello sviluppo (v. embriologia sperimentale, XIII, p. 873 seg.) orienta la ricerca verso il metodo sperimentale, sì che le due tendenze si avvicinano ormai: la fisiologia verso gli animali inferiori, la zoologia verso l'esperimento fisiologico, e si viene così individuando, come indirizzo distinto, quella considerazione fisiologica del regno animale sinora sopraffatta dai concetti morfologici, e si delinea e prende forma a sé una fisiologia comparata.
Ma, mentre per l'anatomia comparata la ricerca delle linee direttive filogenetiche ha fornito guida di lavoro e sintesi, nella quale le descrizioni anatomiche delle singole specie si sono venute fondendo in un'organizzazione d'ordine superiore, la fisiologia comparata è, per alcuni, ancora oggi rimasta la conoscenza fisiologica del maggior numero possibile di animali differenti. Occorre, tuttavia, rilevare come, a differenza dell'anatomia che nell'ambito di determinati gruppi si preoccupa della comunanza di origine degli organi, la fisiologia comparata, abbracciando tutte le forme animali e, sotto un certo riguardo, estendendosi anzi a tutti i viventi, ha per suo fine invece lo studio dell'analogia delle funzioni, anche se funzioni analoghe sono compiute, nelle forme diverse, da organi di significato anatomico ed embriologico differente, o mancano addirittura, in alcune, dei corrispondenti organi particolarmente differenziati. La comparazione ha, in altri termini, in fisiologia significato ben diverso che in anatomia; e mentre non presume sempre localizzazione sopra un organo definito, essa può farsi là dove non può essere in alcun modo invocato un ravvicinamento morfologico. Ciò dipende dal fatto che, come una considerazione anche sommaria dei fenomeni ci dimostra, la funzione è mobile, e può essere sostenuta nelle varie forme, secondo le esigenze imposte in parte dall'adattamento ambientale, da organi che, rispetto all'origine embriologica, sono i più disparati. Classico esempio ce lo offre la funzione respiratoria che vediamo spostarsi dalle branchie alla vescica natatoria, dal polmone all'intestino e alle zampe o all'intera superficie corporea. Il cambiamento di funzione, o meglio il vario trasmigrare della funzione, è il fenomeno più singolare nella storia degli organismi, continuamente intenti ad armonizzarsi con le particolari condizioni d'ambiente.
Da tutto ciò appare dunque che, se le conoscenze fisiologiche delle diverse specie rappresentano la base per la fisiologia comparata, esse non possono costituirne che il materiale costruttivo, la cui raccolta è compito indispensabile, ma iniziale, per poter su di essa fondare le successive e più generali relazioni. In quanto, da tali conoscenze speciali, la fisiologia comparata mira, attraverso le vicende che la funzione percorre nei varî gruppi e nei diversi ambienti, a quelle analogie essenziali, a quell'unità funzionale che è alla base della molteplicità e dell'eterogeneità delle singole forme; e, ricercando l'origine di queste particolari differenze contingenti, tende alla creazione concettuale, per così dire, d'una forma astratta, che riassuma e sintetizzi la varietà d'aspetto degli organismi singoli e costituisca quasi l'espressione delle leggi fondamentali secondo cui la vita si svolge.
Da tutto ciò risulta che la fisiologia comparata ha necessariamente a fondamento quel metodo sperimentale comparativo, che ha dato alla fisiologia il suo massimo impulso; ma, assai più che questa, essa attinge dalle altre scienze naturali, ché qui più che altrove non è il metodo che sia unico, ma il problema. In questo suo carattere sintetico, per cui dai risultati di tutte le discipline biologiche, oltre che dai proprî, essa si eleva verso le relazioni più generali, abbracciando, per così dire, dall'alto l'intero campo della vita, sta soprattutto il suo valore filosofico; e questo la rende più che mai necessaria oggi, mentre più si aggrava il pericolo di perdersi negl'infecondi campi delle specializzazioni fisiologiche.
Bibl.: C. Bernard, Leçons sur les phénomènes de la vie communs aux animaux et aux vegetaux, Parigi 1878; M. Verworn, Allgemeine Physiologie, Jena 1909; A. Pütter, Vergleichende Physiologie; H. Winterstein, Handbuch der Vergleichenden Physiologie, Jena 1901, segg.; R. Tigerstedt, Handbuch der physiologischen Methokik, Lipsia 1909-1912.
Fisiologia vegetale.
Si chiama vegetale la fisiologia generale, quando prende come oggetto di studio e di sperimentazione le piante. Infatti data l'identità fondamentale del fenomeno vita nelle piante e negli animali, e data l'unità pure fondamentale del substrato nel quale esso si svolge (protoplasma) in dipendenza da strutture eguali e da eguali condizioni di temperatura, di umidità, di aerazione, ecc., si dovrebbe parlare di una fisiologia sola, comune ai due regni (fisiologia generale) che studia le singole manifestazioni vitali ora su piante, ora su animali, a seconda che in questi o in quelli sia più facile penetrarne l'intima natura. Vero è che le piante, a causa dell'esistenza della clorofilla, presentano per la maggior parte nei loro processi anabolici una fase tutta loro propria (l'organicazione delle sostanze inorganiche) che richiede sviluppi di organi in superficie quali non si osservano negli animali; ma si tratta d'un fenomeno parziale e non generale, che non si verifica nelle piante e negli organi non verdi e che si può inquadrare anch'esso negli scambî di energia, che sono di tutti gli organismi e di cui si occupa la fisiologia generale.
Tra le diverse parti della botanica, la fisiologia vegetale è quella che ha una storia delle più brevi. Benché gli agricoltori avessero già notato l'azione delle concimazioni, delle piogge, del sole, della temperatura e dell'irrigazione sopra la produzione agraria, gli antichi non avevano un'idea chiara di quel che fosse la vita delle piante: si adagiavano nella credenza che queste assorbissero dal terreno il nutrimento già elaborato, e molti di essi pensavano che le foglie avessero unicamente la funzione di riparare dal sole i fiori e i frutti. Solo verso la fine del sec. XVIII si ebbero le prime scoperte che si possono ritenere fondamentali per la fisiologia vegetale, e la storia di questa si confonde un po' con la storia della chimica moderna e si connette coi primi studî sopra la composizione dell'aria atmosferica: i nomi di J. Priestley, A.L. Lavoisier, J.J. Ingenhousz, J. Senebier, Th. De Saussure e altri sono ricordati dai fisiologi e dai chimici, così come si elevò più tardi, verso la metà del secolo scorso, sopra gli uni e sopra gli altri, J. Liebig considerato a ragione, insieme al Boussingault, come il fondatore della moderna teoria chimica della nutrizione delle piante.
Si attribuiscono infatti al Priestley e all'Ingenhousz (1770-1780) le prime osservazioni sopra l'azione delle piante verdi sul biossido di carbonio dell'aria atmosferica, osservazioni che permisero più tardi a P.-J. Pelletier e J.-B. Caventou (1819) di illustrare il fenomeno della fotosintesi clorofilliana, e a R.-J.-H. Dutrochet (1837) di affermare che la respirazione è un fenomeno generale comune a tutti i viventi: venne così stabilito qual'è la prima tappa della nutrizione delle piante, della quale il Liebig indicò poi magistralmente tutto il seguito. Contemporaneamente A. Knight, Th. Graham, St. Hales e altri facevano le prime osservazioni sopra la circolazione dei liquidi nelle piante. Le altre funzioni: riproduzione, accrescimento, traspirazione, sensibilità, secrezione, ecc., furono conosciute a poco a poco insieme con la morfologia e anatomia degli organi che le compiono e il loro studio forma oggi altrettanti capitoli, alcuni importantissimi, della disciplina di cui ci occupiamo. Il primo trattato completo di fisiologia vegetale nel quale questa disciplina è presentata a sé, in tutte le sue parti che sono tante quante, si può dire, ne troviamo nella fisiologia animale, è del tedesco Julius Sachs, pubblicato nel 1865. Esso fu subito tradotto in francese nel 1868 e servì per parecchi decennî di modello a numerosi altri trattati scritti in tutte le lingue; altro trattato d'importanza fondamentale è quello di W. Pfeffer (Lipsia 1881).
Bibl.: J. Sachs, Geschichte der Botanik, Monaco 1875; R. J. Harvey-Bibson, Outlines of the history of Botany, Londra 1919.
Chimica fisiologica.
La chimica fisiologica è la scienza che utilizza i metodi e i risultati offerti dalla chimica, nello studio dei fenomeni vitali. Essa indaga la composizione chimica dei tessuti e degli organi viventi; e poiché l'analisi chimica dell'organismo implica la disorganizzazione e perciò la morte di esso, non potendosi altrimenti applicare i metodi qualitativi e quantitativi chimici, è necessario ricostruire, il più spesso mediante ipotesi, i diversi processi chimici, di regola complicatissimi, che avvengono in seno ai tessuti viventi. Per essere esatti, alla scienza che indaga la costituzione chimica degli organismi morti dovrebbe darsi il nome di necrochimica (o, in senso lato, di biochimica statica); e alla scienza che s'occupa delle variazioni e dei processi chimici che si svolgono negli organismi viventi, e che nel loro insieme costituiscono il cosiddetto ricambio (materiale ed energetico), dovrebbe assegnarsi il termine di fisiochimica (o chimica fisiologica propriamente detta; o, in senso lato, biochimica dinamica o cinetica). Quest'ultima rappresenta il ramo più giovane e più promettente della biologia; è una scienza in via d'evoluzione, e le sue applicazioni nella pratica medica moderna si vanno sempre più affermando; sulle sue basi si sono già risolti importantissimi problemi chimici, specialmente riguardanti le malattie del ricambio (chimica patologica; chimica clinica). Non reca quindi meraviglia il fatto che la chimica fisiologica si sia già emancipata dalla scienza madre, la fisiologia; e che l'odiemo movimento scientifico nelle nazioni più progredite per cultura superiore (l'Italia tra le primissime) abbia reso necessaria la creazione di cattedre e d'istituti di biochimica, vicino a quelli di fisiologia. Servendosi di metodi attinti direttamente alla chimica generale, sia qualitativa, sia quantitativa, la chimica fisiologica è in grado di risolvere questioni fisiologiche con esattezza e scrupolosità maggiori di quelle date dalla fisica fisiologica (o fisiofisica). Inoltre, l'introduzione della tecnica analitica microchimica e semimicrochimica nello studio dei problemi di fisiochimica permette d'indagare le variazioni e i fenomeni chimici che avvengono in seno a un liquido o a un tessuto dell'organismo, anche quando si disponga di piccolissime quantità di sostanza. Poiché la chimica fisiologica, studiando i fenomeni chimici della vita, va considerata come una filiazione della scienza della vita, cioè della fisiologia, si può, da un punto di vista didattico distinguere una chimica fisiologica vegetale, una chimica fisiologica animale e una chimica fisiologica umana, come si suol fare per la fisiologia. Oggi tutte e tre le specie di fisiochimica sono in piena fioritura; i risultati sperimentali conseguiti hanno permesso di svelare molte incognite del complesso ricambio materiale ed energetico degli organismi viventi e animali.
Cenni storici. - I primi segni del sorgere dell'indirizzo biochimico in fisiologia si trovano all'epoca di Paracelso, per alcuni aspetti considerato il fondatore della iatrochimica, la quale rappresentò la fusione della medicina e della fisiologia antiche con l'alchimia. Secondo Paracelso il corpo umano era da considerarsi come costituito da sostanze chimiche particolari, in equilibrio fra loro; la rottura o il cambiamento di tale equilibrio, provocati da agenti diversi, dava luogo ai varî morbi, curabili mediante la somministrazione d'altri corpi chimici capaci di ristabilire l'equilibrio normale. Si deve a G. B. Van Helmont la base fondamentale d'una teoria biochimica dei fermenti; fino allora aveva dominato il concetto galenico secondo cui la digestione si compiva nello stomaco per opera del calore; G. B. Van Helmont fu il primo a fare la giusta ipotesi che il processo fisiologico della digestione fosse un fenomeno chimico connesso con gli acidi gastrici combinati ai fermenti. Tali idee furono riprese da Sylvius (Franz de la Boë), il quale, pur riconoscendo l'impulso dato dalla iatrofisica alla scienza della vita, assegnò la maggiore importanza all'indirizzo della iatrochimica, sviluppando l'ipotesi enzimatica di Van Helmont (nella digestione e nella respirazione). Intanto, altri osservatori studiavano il fenomeno della respirazione, la cui analogia con i processi della combustione vediamo già espressa in una vecchia teoria di J. M. Mayow. Ma bisogna giungere a J. Priestley (1733-1804) e a A. L. Lavoisier per trovare realmente dimostrato il rapporto tra fenomeni respiratorî e fenomeni di combustione. L'applicazione alla chimica degli studî fisici, fatti sui gas, specialmente sull'ossigeno, diede modo al Lavoisier d'introdurre in tal genere di ricerche biologiche sui gas il metodo esatto della pesata con la bilancia, e di stabilire la natura dell'aria inspirata ed espirata, paragonando infine la respirazione degli animali a una lenta combustione. Quasi nello stesso periodo di tempo J. J. Ingenhousz (1730-1789) scopriva, nel campo della biochimica vegetale, il consumo dell'acido carbonico, effettuato dalle piante; e L. Spallanzani estendeva il concetto della combustione lenta alla respirazione di tutti gli animali, Vertebrati e Invertebrati, e non solo alla fisiologia dei polmoni, ma a quella di tutti i tessuti e di tutte le cellule, che pertanto hanno continuo bisogno di ossigeno. Allo stesso Spallanzani si devono anche le prime fondamentali ricerche sul succo gastrico, sulle sue proprietà e sull'importanza della digestione degli alimenti nello stomaco. In G. Müller l'indirizzo chimico si fonde, si sintetizza con tutte le altre tendenze; ma per poco: ché alla scomparsa del grande fisiologo la biofisica e la biochimica si scindono nuovamente, battendo vie proprie. F. Wöhler preparando l'urea per sintesi dall'isocianato d'ammonio, dimostrava la possibilità chimica di costruire sostanze la cui produzione fino allora si riteneva d'esclusiva pertinenza degli organismi viventi. Seguirono le classiche ricerche di G. Liebig sul ricambio materiale degli organismi, coronate da quelle non meno fondamentali di E. Pflüger, F. Z. Zuntz, C. G. Lehmann, W. Kühne; e E. F. Hoppe Seyler, O. Schmiedeberg, O.H. Hammarsten, E. Fischer, G. Bunge, A. Kossel, M. Rubner, E. Abderhalden hanno impresso orme indelebili in questa scienza, che s'è resa sempre più indipendente dalla fisiologia e s'è sempre maggiormente sviluppata soprattutto per l'applicazione pratica che essa ha fatto dei metodi della chimica analitica e sintetica, elementare, qualitativa e quantitativa.
Gli stessi biochimici hanno giovato persino alla chimica; Ivar Bang, fondando la tecnica microchimica, è giunto a dosare con l'approssimazione del centesimo di milligrammo, in poche gocce di sangue, alcuni dei componenti chimici essenziali di questo; Franz Pregl, l'ideatore della microchimica elementare, ha introdotto in biologia l'uso della bilancia di Kühlmann, permettente pesate di precisione con l'approssimazione d'un millesimo di milligrammo, ed è riuscito a compiere l'analisi elementare esatta dei corpi organici e a stabilirne la formula chimica, adoperando in ogni prova quantità quasi imponderabili di sostanza. Anche la biochimica vegetale ha avuto e ha tuttora un periodo rigoglioso, a cui sono congiunti i nomi di F. Hofmeister, O. Nägeli, W. Pfeffer, F. Czapek. Né si deve por fine a questi rapidi cenni storici sulla chimica fisiologica senza ricordare i nomi di E. Fischer, di F. G. Banting, di J. Best, di J. B. Collip, il primo legato alla composizione chimica della grossa molecola proteica, gli altri legati alla scoperta dell'insulina. Riuscì al Fischer di dimostrare in via analitica che la molecola proteica è costituita da una serie di composti preformati (amminoacidi), i quali per polimerizzazione dànno luogo alle varie proteine; gli studî del Fischer sulla sintesi degli amminoacidi, con formazione di polipeptidi aventi proprietà e caratteri assai vicini a quelli delle proteine genuine, convalidano la giustezza dell'ipotesi.
Poiché la chimica fisiologica parte dalla conoscenza della composizione chimica dei tessuti viventi, è necessario premettere allo svolgimento di qualsiasi problema biochimico le notizie fondamentali sulla costituzione chimica generale del protoplasma e dei mezzi interni (acqua, sali, carboidrati, grassi, lipoidi, proteine, gas). Lo sviluppo delle nozioni sui fermenti ha costituito l'importante ramo dell'enzimologia moderna; allo studio di essi bisogna aggiungere quello degli ormoni, delle vitamine e degli anticorpi in genere, i quali tutti costituiscono il gruppo dei cosiddetti agenti biochimici che hanno importanza preponderante nello svolgersi dei fenomeni vitali. La dottrina dell'alimentazione oggi è assurta a un'importanza scientifica e pratica così alta, da essere ritenuta dai più come una scienza a sé; e in realtà le ultime conquiste in tale branca della biochimica la rendono sommamente interessante anche per l'economia delle nazioni. Infine, il ricambio materiale ed energetico, considerato sia da un punto di vista generale, sia nei suoi processi singoli (ricambio intermedio), occupa una gran parte dello svolgimento della chimica fisiologica moderna.
Composizione chimica degli organismi viventi. - Il protoplasma e i mezzi interni risultano composti chimicamente di acqua, sali, gas e sostanze organiche; le sostanze inorganiche e organiche in parte sono disciolte nel mezzo solvente acqueo, in parte sono pseudodisciolte, ossia allo stato colloidale, in parte sono aggregate in masse indisciolte, a formare granuli amorfi o cristallini.
La proporzione in cui si trova l'acqua nei tessuti viventi è abbastanza alta e varia, ma costante per ciascun tessuto; rappresenta una condizione essenziale della vita, essendo il mezzo solvente e pseudosolvente delle altre sostanze chimiche. All'acqua si deve anche lo stato fluido o semifluido della sostanza vivente; speciale importanza hanno poi il suo potere ionizzante e tutte le sue proprietà fisiche e chimiche.
I sali sono i più svariati, ma in genere corrispondono a quelli presenti nell'acqua di mare: si tratta di cloruri, solfati, carbonati, fosfati di sodio, potassio, magnesio, calcio, in proporzioni diverse, ma costanti per ogni tessuto. La biochimica moderna ha stabilito che negli organismi si trovano, oltre il carbonio, l'idrogeno, l'azoto, l'ossigeno, lo zolfo, il fosforo, il calcio, il magnesio, il sodio, il potassio, il cloro, anche altri elementi che una volta si ritenevano accidentalmente presenti, come il manganese, il rame, lo iodio, il silicio, il piombo, lo zinco, il nichelio, ecc., sotto forma di sali o di composti colloidali, e in piccolissime quantità.
I gas più importanti sono quelli respiratorî (l'ossigeno e l'anidride carbonica); vi si trovano disciolti l'azoto e gli altri gas aerei.
I composti organici si distinguono in azotati e non azotati; ai primi appartengono le proteine e i loro derivati, costituiti da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto (sostanze quaternarie); ai secopdi gl'idrati di carbonio o carboidrati e i grassi, formati da carbonio, idrogeno e ossigeno (sostanze ternarie).
Le proteine si differenziano dagli altri corpi organici sia per la presenza costante dell'azoto, sia per l'enorme complessità della loro composizione. Hanno tutte le proprietà fisico-chimiche dei colloidi idrofili e presentano in comune reazioni chimiche, che si distinguono in reazioni di precipitazione o di coagulazione (dovuta al calore, agli acidi minerali forti, agli alcali, ai sali solubili dei metalli pesanti, agli alcoli, agli acidi organici reattivi precipitanti degli alcaloidi, ecc.) e in reazioni di colorazione, dette anche di costituzione, perché dovute a determinati composti chimici presenti nella molecola proteica (reazioni del biureto, xantoproteica, di Millon, di Molisch, dello zolfo, della ninidrina, ecc.). Rispetto alla complessità della loro molecola, le proteine da alcuni si classificano in proteine semplici o genuine (albumine, globuline, prolamine, albuminoidi, istoni, protamine); proteine coniugate, che risultano dalla combinazione d'una o più proteine del gruppo precedente con un altro composto organico, detto nucleo prostetico (cromoproteine, glicoproteine, fosfoproteine, nucleoproteidi); prodotti di trasformazione o di scissione delle proteine, ottenuti per opera di reagenti chimici o di fermenti proteolitici (metaproteine, albumose, peptoni, peptidi). Le ricerche analitiche di E. Fischer hanno dimostrato che le proteine risultano costituite da una serie di composti preformati, detti amminoacidi, di cui il prototipo è la glicocolla; finora sono noti una quindicina (o poco più) di amminoacidi, i quali si combinano variamente fra di loro, per dare un numero quasi infinito di proteine; è interessante il fatto che molte proprietà fisiologiche delle proteine animali e vegetali sono dovute alla presenza o alla deficienza di alcuni amminoacidi, nonché alla differente proporzione in cui essi sono contenuti nella molecola proteica.
I carboidrati che interessano la chimica fisiologica sono gli esosî, forniti cioè di sei atomi di carbonio; si distinguono monoesosî, diesosî e poliesosi; i di- e i poliesosî risultano dalla polimerizzazione di due o più monoesosî, che si combinano fra loro con eliminazione d'altrettante molecole d'acqua. Tra i monoesosî ricordiamo il glicosio o destrosio, il galattosio e il fruttosio o levulosio (i primi due aldoesosî, l'ultimo chetoesosio) dalla formula generale: C6 H12 O6; tra i diesosî, il saccarosio, il lattosio e il maltosio, dalla formula generale: C12 H22 O11; tra i poliesosî, le destrine, il glicogeno, l'amido vegetale, la cellulosa animale, la cellulosa vegetale la gomma vegetale. I carboidrati hanno importanti proprietà comuni, che servono a riconoscerli qualitativamente e quantitativamente: fra le proprietà fisico-chimiche va segnalato il loro potere rotatorio, che si manifesta con la deviazione del piano della luce polarizzata, a destra o a sinistra, e si constata coi polarimetri o saccarimetri; fra le proprietà chimiche sono note la decomposizione che i carboidrati subiscono, per effetto del calore, degli alcali e degli acidi (i di- e i polisaccaridi si idrolizzano, trasformandosi nei monosaccaridi da cui risultano costituiti, per un processo d'inversione), il loro potere riduttore (derivato dalla facile ossidabilità, specialmente in ambiente alcalino) e la capacità di combinarsi con la fenilidrazina, per dare fenilosazoni caratteristici; fra le proprietà biologiche è la loro fermentazione alcoolica, diretta o indiretta, per opera del lievito di birra. Gli amidi si riconoscono al microscopio per la forma e il volume caratteristici dei loro granuli; in acqua bollente essi si rigonfiano formando una soluzione colloidale, detta salda d'amido; in presenza di soluzione iodoiodurata assumono una colorazione azzurra più o meno netta e intensa.
I grassi sono insolubili in acqua (a differenza dei carboidrati), ma solubili in cloroformio, etere, acetone, alcool. Si dividono in tre gruppi: gruppo dei grassi neutri, che risultano dalla combinazione della glicerina con gli acidi grassi, la quale avviene con eliminazione di molecole d'acqua (nella scissione idrolitica dei grassi neutri gli acidi grassi che si liberano si combinano con le sostanze alcaline eventualmente presenti e formano saponi); gruppo delle sterine (eteri della colesterina e della fitosterina); gruppo dei lipoidi, assai complesso, nella cui molecola, oltre al carbonio, idrogeno e ossigeno, entra l'azoto e in più il fosforo (nei lipoidi fosforati o fosfatidi: es., la lecitina), o molecole di glicosio (glicofosfatidi), o lo zolfo (solfatidi). I grassi neutri fondono a diversa temperatura, si colorano in rosso col Sudan III e in nero con l'acido osmico, formano con l'acqua emulsioni e sono caratterizzati dalla reazione chimica dell'acroleina, specifica della glicerina.
Oltre alla composizione chimica degli organismi animali, hanno importanza, nella trattazione della chimica fisiologica, le nozioni sui fermenti (v. enzimi), sull'alimentazione (v.), sulle vitamine (v.), sul ricambio (v.) materiale ed energetico, sugli ormoni (v.) e infine sui complementi e sugli anticorpi.
Metodi della chimica fisiologica. - Derivano dalla chimica analitica qualitativa e quantitativa: la loro applicazione nello studio dei problemi di chimica fisiologica presuppone la conoscenza delle manipolazioni più comuni della chimica generale, quali l'ebollizione e l'evaporazione dei liquidi, le operazioni di separazione (distillazione, estrazione, dialisi, centrifugazione, filtrazione, ecc.), il lavaggio dei precipitati, il disseccamento, l'incenerimento, l'arroventamento alla fiamma, ecc. I metodi di dosaggio sono quelli stessi dell'analisi quantitativa, cioè metodi ponderali e volumetrici o titrimetrici. I primi si basano sull'uso della bilancia, i secondi sull'impiego di soluzioni normali di acidi, basi, sali. Nell'analisi volumetrica si distinguono l'acidimetria e l'alcalimetria, i metodi per precipitazione, i metodi al permanganato, e la iodometria. Nell'acidimetria e nell'alcalimetria s'adoperano soluzioni normali, e indicatori, ossia soluzioni, colorate o no, che per passaggio dalla reazione acida alla basica, o viceversa, cambiano il loro colore (o assumono una determinata colorazione): fra i più usati ricordiamo la tintura di tornasole (s'adoperano anche le cartine al tornasole), il rosso d'alizarina (in soluzione acquosa all'1%), il metilorange (in soluzione idroalcoolica), l'acido rosolico, il verde di malachite, la fenolftaleina (in soluzione alcoolica all'1%). Gl'indicatori sono elettroliti (acidi o basi) deboli, la cui molecola indissociata o è incolora oppure ha un colore differente da quello dei suoi ioni; per gli acidi deboli si adopera la fenolftaleina, per gli alcali deboli (NH3) il verde di malachite.
L'analisi per precipitazione nella maggioranza dei casi si fonda sulla formazione d'un precipitato colorato, in presenza d'un indicatore (p. es. la determinazione del Cl secondo Mohr e secondo Volhard).
Per i metodi al permanganato vale la seguente reazione d'ossidazione: 2kMnO4 + 3H2SO4 = 2MnSO4 + K2SO4 + 3H2O + 5O, in cui a 2 molecole di permanganato di potassio corrispondono 5 atomi di ossigeno; tali metodi s'applicano, per es., nei dosaggi del calcio e del ferro.
Infine la iodometria è basata sulla seguente reazione: 2J + 2Na2S2O3 = 2NaJ + Na2S4O6, e sull'impiego di soluzioni normali di iodio e di tiosolfato sodico; la iodometria s'usa per le determinazioni del ferro, del fenolo, dell'acetone, degli zuccheri, ecc. Ricordiamo anche i metodi gasometrici, tra cui quello di D.D. Van Slyke per la determinazione dell'azoto amminico.
Tra i procedimenti fisici applicati in chimica fisiologica va segnalata la cristallizzazione, mediante la quale si può individuare una sostanza, isolandola sotto forma di cristalli caratteristici; criterî qualitativi si possono avere pure con la misurazione del peso specifico d'una soluzione e con la determinazione dei punti di fusione, di coagulazione e d'ebollizione. Tra i metodi ottici, molto usati dal chimico biologo sono quello polarimetrico e quello spettroscopico. Col polarimetro possiamo mettere in evidenza e dosare alcuni zuccheri; con lo spettroscopio siamo in grado di scoprire anche minime tracce di sostanze (chimicamente non dimostrabili) in base alle bande d'assorbimento che esse fanno comparire nello spettro. Anche la fluorescenza ha importanza per la determinazione d'alcuni corpi chimici nei liquidi organici (per es., l'urobilina nelle urine).
Recentemente hanno avuto grande impulso i metodi colorimetrici, con i quali s'ottengono reazioni colorate; il tono e l'intensità del colore, impartito dalla sostanza in esame al liquido in cui si trova, si paragona con il colore di una soluzione campione (standard); una scala graduata, annessa all'apparecchio (colorimetro, di Duboscq, di Hellige, ecc.), permette la lettura d'una cifra da cui col calcolo o con l'uso di tabelle si ricava il contenuto quantitativo della sostanza in esame.
Anche i metodi nefelometrici trovano oggi larga applicazione in chimica fisiologica; essi sono fondati su reazioni che provocano la formazione di precipitati e intorbidamenti delle soluzioni, e sul paragone tra il grado d'intorbidamento ottenuto e quello di soluzioni standard, in cui è nota la quantità del corpo che si vuole dosare.
Le analisi di chimica fisiologica fino a non molti anni fa si facevano generalmente su grande quantità di materiale, anche perché s'adoperavano solo macrometodi chimici: è questa una ragione per cui le ricerche sul metabolismo erano eseguite principalmente sulle urine, sulle feci e su notevoli quantità di tessuti. Interesse storico e valore classico, per esempio, ha il metodo di Kjeldahl per il dosaggio dell'azoto totale, basato sulla distruzione e ossidazione delle materie organiche per opera dell'acido solforico concentrato e bollente, e sulla trasformazione dell'azoto in ammoniaca, la quale è raccolta, per distillazione in presenza di soda o potassa, in quantità nota di soluzione decinormale d'acido solforico. È facile titolare con soluzione decinormale di soda caustica la quantità d'acido solforico neutralizzata dall'ammoniaca e risalire quindi all'azoto contenuto nella soluzione in esame. Ma l'uso dei macrometodi richiede quantità di materiale che non è sempre possibile avere, quando si sperimenta sull'uomo e anche sugli animali; inoltre il chimico biologo rivolge oggi l'attenzione non esclusivamente agli esami degli escreti, ma anche a quello del sangue, di cui è possibile avere a disposizione quantità relativamente piccole; al sangue, infatti, è legata la composizione chimica dei secreti e degli escreti, e quella dei tessuti di cui rappresenta l'ambiente interno. Si sono a tale scopo diffusi i cosiddetti semimicrometodi e i micrometodi o metodi minimetrici (I. Bang, O. Folin e molti altri), non sempre precisi come i macrometodi, ma abbastanza sensibili per avere un criterio quantitativo su una determinata sostanza presente in piccolissime quantità di tessuto o in poche gocce di sangue. Oggi questi micrometodi sono in numero assai copioso e in continuo perfezionamento; i principî chimici sui quali si basano sono molteplici. Per essi si va sentendo il bisogno d'una sistemazione definitiva, al fine di poter valutare e paragonare i dati offerti dai varî autori su una stessa sostanza; i risultati spesso contraddittorî o fortemente oscillanti sono dovuti ai differenti micrometodi adoperati e quindi ai diversi coefficienti d'errore e di sensibilità.
Bibl.: Hoppe-Seyler-Thierfelder, Handbuch der physiologisch- und pathologisch-chemischen Analyse, Berlino 1903; A. P. Mathews, Physiological Chemistry, Londra 1916; E. Abderhalden, Lehrbuch der physiologischen Chemie, Berlino e Vienna 1920; F. Czapek, Biochemie der Pflanzen, Jena 1922; E. Lambling, Précis de Biochimie, Parigi 1925; A. Clementi, Lo sviluppo storico e le conquiste dell'indirizzo biochimico in fisiologia, in Arch. di Farmacol., ecc., XLIII, 1927; P. Rondoni, Elementi di Biochimica, Torino 1928.