fondamentalismo
Una forma di totalitarismo religioso
Nato negli Stati Uniti al principio del Novecento per indicare una corrente della religione protestante, il termine fondamentalismo è oggi usato per definire quei movimenti religiosi, politici e sociali che propugnano un ritorno ai principi fondamentali di una data religione, identificata con l'autentica e infallibile parola di Dio. Tipica del fondamentalismo è l'opposizione ad alcuni aspetti della modernità propri delle società occidentali, come l'individualismo, il materialismo e il principio laico di separazione tra fede, politica e cultura. Correnti fondamentaliste sono presenti in tutte le grandi religioni mondiali: dal cristianesimo all'ebraismo all'islamismo
Quali sono le caratteristiche del fondamentalismo? Quali movimenti religiosi, politici e sociali hanno caratteri tali da poter essere definiti fondamentalisti? Non è facile rispondere a domande relative a temi che hanno suscitato tante controversie. Nell'ambito delle diverse religioni, in momenti storici e in contesti politici e culturali diversi, i movimenti fondamentalisti hanno assunto caratteristiche differenti. Possiamo però identificare un nucleo di elementi comuni che sembrano caratterizzare tutte le varietà di fondamentalismo. I movimenti fondamentalisti nascono quasi sempre per difendere una data tradizione religiosa, all'interno della quale vengono scelti alcuni principi o valori assunti come 'fondamenti' irrinunciabili e sottratti a ogni critica razionale: tipica del fondamentalismo è la credenza nell'infallibilità di una data interpretazione dei testi sacri. Alla difesa della tradizione si accompagna una condanna del mondo moderno, considerato corrotto e malvagio. Tale condanna però non investe la modernità in blocco, per esempio non si estende al progresso tecnologico: difatti Internet è usato da molti movimenti fondamentalisti contemporanei come strumento di propaganda. A essere rifiutati sono alcuni elementi tipici delle moderne civiltà occidentali: l'individualismo, il consumismo e soprattutto la laicità, cioè la separazione tra la religione e la sfera pubblica della vita civile, della politica e della cultura. Per i fondamentalisti fede, cultura e politica devono coincidere, per cui ogni espressione della cultura che non derivi dalla fede, ogni politica che non sia direttamente religiosa è identificata con il Male e quindi demonizzata. In questo senso il fondamentalista è incline al manicheismo, cioè alla contrapposizione radicale tra noi ‒ i difensori del bene e del vero ‒ e loro ‒ gli avversari portatori di malvagità e corruzione.
Infine, i fondamentalisti hanno in genere una prospettiva millenarista, credono cioè in un rovesciamento più o meno imminente e violento dello stato di cose e nella futura instaurazione di un 'regno dei giusti'.
Ai primi del Novecento negli Stati Uniti si affermò tra i protestanti un movimento di difesa di quelli che essi considerano i 'fondamenti' del cristianesimo ‒ e cioè alcuni dogmi della Chiesa, in particolare quello della infallibilità della Bibbia ‒ che erano stati rifiutati dalla cosiddetta teologia liberale nel tentativo di conciliare fede e scienza. Tra i principali bersagli dei fondamentalisti vi era l'evoluzionismo, considerato una negazione della dottrina biblica della creazione dell'uomo a immagine e somiglianza di Dio.
Dopo una battuta d'arresto, il fondamentalismo ha ripreso vigore negli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta e si è mobilitato contro la legalizzazione del divorzio e dell'aborto, conquistando il favore di larga parte dell'opinione pubblica. Dagli Stati Uniti il fondamentalismo cristiano si è diffuso dapprima nel mondo di lingua inglese, in particolare nella Repubblica Sudafricana, dove l'apartheid è stato giustificato teologicamente con posizioni fondamentaliste, e poi in vari paesi dell'America Latina.
Nell'ebraismo è considerata fondamentalista la corrente degli ortodossi e degli ultraortodossi, sostenitori di una rigida osservanza dei precetti e della tradizione. Nel 20° secolo gli ortodossi avversarono strenuamente la fondazione dello Stato laico di Israele, in base all'idea che il ritorno in Israele poteva essere determinato solo da Dio e non dagli uomini. L'etichetta di fondamentalismo però è attribuita anche al movimento ultrasionista dei nazionalisti israeliani di estrema destra, impegnati in una difesa a oltranza degli insediamenti ebraici nei territori occupati. La violenza politico-religiosa di matrice fondamentalista sfociò nel 1995 nell'omicidio del primo ministro israeliano Yishaq Rabin, avversato per i suoi sforzi in direzione della pace con i paesi arabi e i Palestinesi.
All'interno dell'induismo esiste una corrente di nazionalismo religioso che presenta alcuni tratti tipici del fondamentalismo. Tale corrente è rappresentata dall'insieme di organizzazioni derivate dall'Associazione dei volontari della nazione, che propone una difesa intransigente dell'identità indù dell'India. Alle campagne contro i missionari cristiani e musulmani si sono accompagnati gesti clamorosi, come la distruzione, nel 1992, della moschea di Ayodhya, il luogo in cui secondo la tradizione indù sarebbe nato Rama, una delle più popolari incarnazioni del dio Vishnu.
Il panorama del fondamentalismo islamico è estremamente variegato e complesso. Le sue origini risalgono alla fine dell'Ottocento, quando si afferma la convinzione che solo la piena applicazione delle legge islamica, la shari'a, può mettere fine alle dannose interferenze politiche, militari, commerciali e culturali degli Occidentali, consentendo alla comunità musulmana di restaurare la passata grandezza. Precursore delle correnti fondamentaliste contemporanee può essere considerato il potente movimento conservatore wahhabita, nato in Arabia Saudita, che impone una stretta osservanza delle pratiche del culto e della morale pubblica e privata. L'atto di nascita del fondamentalismo islamico coincide con la fondazione in Egitto nel 1928 dell'associazione dei Fratelli Musulmani, il cui esponente più radicale, Sayyid Qutb, è stato assassinato in Egitto nel 1966. In India nel 1941 Abu 'l Ala Mawdudi fonda la Jama' at-i Islami, che elabora la base dottrinale dell'attuale fondamentalismo, affermando il concetto della guerra santa intesa come lotta per il trionfo dell'islamismo nel mondo. In Palestina i Fratelli Musulmani creano nel 1987 il Movimento della resistenza islamica (Hamas).
Se il fine di tutte le correnti del fondamentalismo islamico è quello di una reislamizzazione della società, diverse sono le strategie proposte per raggiungerlo. Una corrente radicale sostiene l'islamizzazione dall'alto, cioè l'acquisizione del potere politico attraverso una rivoluzione o un colpo di Stato. Il suo trionfo fu la rivoluzione islamica in Iran guidata dall'ayatollah Khomeini (1979). L'ala definita a volte neotradizionalista, invece, propugna una islamizzazione dal basso, vale a dire la diffusione della cultura islamica tramite una fitta rete di moschee e la penetrazione capillare delle idee fondamentaliste nelle scuole, nelle università e nel mondo del lavoro.
Dagli anni Novanta si è sviluppata una importante forma di terrorismo internazionale legato al fondamentalismo islamico, diretto soprattutto contro Israele e gli Stati Uniti, che si è tragicamente imposto all'attenzione pubblica con gli attentati di New York e Washington dell'11 settembre 2001. A capo di questa corrente vi è il movimento al-Qa'ida fondato da Osama bin Laden.
Negli anni Venti l'offensiva dei fondamentalisti protestanti negli Stati Uniti contro la modernizzazione all'interno della Chiesa e nella società si spostò sul terreno politico. Essi invocavano un intervento diretto delle autorità statali perché vietassero l'insegnamento delle teorie di Darwin nelle scuole pubbliche, e in alcuni Stati del Sud riuscirono a far introdurre leggi che proibivano l'introduzione dell'evoluzionismo nei programmi scolastici. Nel 1925 l'insegnante di biologia John Scopes denunciò questo fatto e intentò un processo, ma venne condannato. Quello che è passato alla storia come 'processo delle scimmie' ebbe però l'effetto di screditare i fondamentalisti agli occhi dell'opinione pubblica, facendoli apparire come reazionari e avversi alla cultura.