ACCURSIO, Francesco
Di umile origine, nato nel 1182 a Bagnolo in Toscana, morto fra il 1258 e il 1260. Fu giureconsulto di grande fama, assessore del podestà di Bologna e maestro di diritto nello Studio bolognese. Scrittore temperato e serio, visse nel periodo dei glossatori, ma la sua figura si stacca dalla folla dei contemporanei. Fra le varie sue opere, la maggiore è quella comunemente detta Glossa ordinaria o Glossa magna al Corpus iuris, nella quale egli raccolse in una sintesi quasi completa i commenti dei varî maestri di diritto alle diverse parti delle raccolte giustinianee. Questi commenti ai suoi tempi erano divenuti straordinariamente numerosi e ampî: scritti sui margini dei codici o riuniti in brevi trattati, insieme raccoglievano il buono e il cattivo, e venivano diffusi nelle Summae o raccolte, spesso senza critica e senza ordine, confondendo le opinioni di varî maestri. Accursio pose fine a tale disordine, raccogliendo le glosse dai dottori più antichi e talvolta direttamente dai viventi, tenendo conto delle controversie fra i maestri, e segnando ogni glossa coll'iniziale o sigla dell'autore. Molte interpretazioni errate o inutili lasciò da parte, altre tentò restituire alla lezione primitiva, aggiungendo pure la propria opinione. Gran parte dell'elaborazione della scuola bolognese sarebbe altrimenti andata perduta senza l'opera sua, che segna però l'inizio di un periodo di decadenza, chiudendo il periodo dei glossatori, meraviglioso per acutezza nell'esame dei testi. Ad essa infatti si rivolsero i giuristi i quali, per tale indirizzo, meritarono di essere chiamati per l'appunto accursiani (v.); sì che, già ai tempi di A., la Glossa divenne il manuale comune per gli studiosi, per i giuristi, per i giudici; e ancora Cuiacio l'additò come il vade mecum dello studioso. Varie critiche furono rivolte dagli storici alla Glossa e soprattutto di aver fatto dimenticare opere precedenti e contemporanee di sana e forte struttura, di aver preferito le opinioni dei più antichi a quelle dei recenti dottori, di aver tralasciato talune fonti, di averne altre alterate e adattate secondo le proprie idee, di non esser sempre chiara e limpida nella sua sintesi. I contemporanei l'ebbero in grande onore; già nel sec. XIII la glossa d'Accursio era diventata il testo comune, detto glossa ordinaria. A. raccolse pure il corpo delle consuetudini feudali, in forma più perfetta e moderna, con esclusione di talune fonti e l'inserzione di altre; tale collezione rimase come testo ufficiale, divisa in due libri: il primo di 27 o 28, il secondo di 57 o 58 titoli, e costituì, accanto alle nove collazioni dell'Authenticum, per opera di Ugolino Presbitero, la decima collatio.
All'opera paterna fecero aggiunte i figli Francesco e Cervotto (Glosse Cervottine). Gli storici del diritto, seguendo gli scrittori più antichi, datano da Accursio una nuova scuola, che, intitolata al suo nome, giunge fino a Bartolo.
Bibl.: L. A. Muratori, Rerum It. scriptores, IX, 133; Zeitschr. für Rechtsgesch. R. G., XII, 316; C. F. Savigny, Storia del dir. rom. nel M. E., (trad. Bolati) Torino 1852, l. V, § 42 e § 91-101; Maccaferri, Il genio di Acc. in L'Irnerio, I, 1855; L. Sanguinetti, Accursio, Bologna 1879; Landsberg, Die Glosse des A., Lipsia 1883 e Über die Entstehung ecc., Bonn 1879. È allo studio una nuova ediz. critica della Glossa magna per iniziativa delle curie degli avvocati.