ANGELONI, Francesco
Nacque a Terni probabilmente dopo il 1559. Non sappiamo niente dei suoi studi giovanili e il collocare in questo primo periodo la composizione delle sue novelle rimane una semplice ipotesi. E' anche possibile che l'A. abbia ripreso e riveduto più tardi la sua opera narrativa.
A noi sono rimaste trentotto sue novelle delle quali molte sono state più volte pubblicate in varie circostanze e separatamente (Sei novelle piacevoli di F. A. da Terni, a cura di B. Gamba, Venezia 1839, Due novelle di F. A. non mai stampate, ivi 1860, ecc.). Esse si riallacciano in gran parte alla tradizione novellistica italiana, e i loro soggetti sono derivati dal Boccaccio, dal Lasca, dal Bandello, dal Parabosco, da Cinzio dei Fabrizi, da Sabadino degli Arienti e da altri. In alcune si sente l'influsso della novellistica spagnola, specialmente di Cervantes, con tracce di spagnolismi anche nel lessico e nella sintassi. Ci sono anche esempi di novella a sfondo pastorale, come quella ispirata ai fiumi Velino e Nera. La forma è disadoma, spesso trascurata, semplice strumento della narrazione.
Sul finire del sec. XVI troviamo l'A. a Roma, dove si appassionò all'antiquaria e divenne segretario del cardinale Ippolito Aldobrandini e protonotario apostolico. La sua casa romana si trasformava in quegli anni in un vero e proprio museo, che egli arricchiva compiendo anche brevi viaggi nella penisola. Scriveva intanto per il cardinale numerose lettere, delle quali il nipote ed alunno G. P. Bellori pubblicò una scelta dal titolo Lettere di buone feste scritte da principe a principi, Roma 1638. Tra il 1610 e il 1614 uscirono alle stampe due commedie dell'A. (Gli irragionevoli amori, Venezia 1610 e ivi 1611, e Flora, Padova 1614), che, con Li padri contenti inedita, formano un nucleo di produzioni teatrali piuttosto omogeneo.
Si tratta di commedie d'intreccio, in cui non mancano equivoci e agnizioni, e in cui i personaggi corrispondono ai tipi tradizionali, arricchiti, però, da figure come il Capitano (Crepaventre o Scagliamonti), il vecchio amoroso (Niceforo veneziano o Cleobolo) e il servo (Cola o Zuan Chiribino), evidentemente derivati dalla commedia dell'arte. A questo periodo dell'attività dell'A. corrisponde anche il Piego di Ser Agrestino de' Calzanti indirizzato ad Erasto Afrone di lui come figliuolo... , Vicenza 1616, satira misogina in forma di dialogo.
Preparate da una lunga attività di antiquariato e di studi storici, vennero pubblicate dall'A. negli ultimi anni della sua vita due grosse opere erudite, la Historia augusta da Giulio Cesare infino a Costantino il Magno illustrata con la verità delle antiche medaglie, Roma 1641, e la Historia di Terni, Roma 1646.
Entrambe ebbero vasta eco tra gli studiosi contemporanei e successivi. La prima, che l'A. ottenne attraverso il pittore N. Poussin di dedicare a Luigi XIII, fu difesa dalle critiche di incompetenza dell'antiquario francese J. Tristan de Saint-Amand dal Bellori nel Bonino ovvero avvertimenti di Tristano (anonimo, s.n.t., ma 1649) e dallo stesso ripubblicata in folio nel 1685, arricchita dallo studio delle monete di Cristina di Svezia. La seconda, compilata con l'incoraggiamento morale e materiale dei Priori e del Consiglio generale di Terni, e pubblicata con un ritratto dell'autore di G. A. Canini, allievo del Domenichino, e una dedica al cardinale Mazzarino, fu ristampata nel 1878 a Pisa.
L'A. fu anche membro, col nome di Tenebroso, dell'Accademia degli Insensati di Perugia.
Morì molto vecchio, come testimonia il nipote, a Roma, quasi certamente il 29 nov. 1652.
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