ZACCARIA, Francesco Antonio
– Nacque a Venezia il 27 marzo 1714 in una famiglia di civile condizione, a dispetto delle maldicenze di essere figlio di uno sbirro riparato nella città lagunare, diffuse sul suo conto, mentre era ancora in vita, dal gesuita Giovanni Bernardino Capriata o dallo scolopio Urbano Tosetti e altri. Il padre, Tancredi (1678-1773), che era originario del Casentino, esercitava la professione legale e come ‘interveniente’ fungeva da procuratore nei tribunali veneziani per conto di diverse località della Terraferma e di alcune delle maggiori famiglie cittadine (Grimaldi, Priuli, Donà e altre ancora); sposò Teresa Ferretti nel 1713. Padrino di battesimo di Francesco Antonio fu il fratello del cardinale Pietro Priuli, Francesco.
Dopo aver studiato umanità e filosofia nel collegio veneziano dei gesuiti, Zaccaria fu ammesso nella Compagnia di Gesù a Venezia, ma per il noviziato fu inviato a Vienna (18 ottobre 1731). Al termine, iniziò a insegnare retorica nel collegio di Gorizia (1733-37), mentre si dedicava alla predicazione nelle congregazioni mariane e alla traduzione dal francese dell’Histoire romaine depuis la foundation de Rome dei padri François Catrou e Pierre-Julien Rouillé. Nel 1737 fu inviato al Collegio romano per gli studi di teologia, che concluse nell’anno in cui fu ordinato sacerdote a Roma dal vescovo di Pesaro Filippo Spada, nella cappella del suo palazzo (30 ottobre 1740).
Apprezzato per la sua cultura dai superiori, passò dalla provincia austriaca a quella romana. Cominciò a pubblicare in forma anonima i primi scritti in polemica con il De superstitione vitanda di Ludovico Antonio Muratori (Lettere al Signor Antonio Lampridio, Palermo 1741) e si dedicò alle missioni popolari in area marchigiana.
Fece la terza probazione a Firenze (1741-42). Risedette per qualche tempo a Pistoia (1742-44), allargando all’Italia centrosettentrionale il campo della predicazione (Genova 1745, Torino 1746, Milano 1747, Parma 1748, Firenze 1749-53). A Milano fece la sua ultima professione (15 agosto 1747). Continuò a scandagliare archivi e biblioteche nelle città in cui si recava per ministero e a dedicarsi alla ricerca storica e teologica. Si tenne costantemente in contatto con numerosi eruditi del suo tempo, italiani e stranieri, cattolici e protestanti (Giuseppe Garampi, Francesco Gori, Scipione Maffei, Angelo Maria Querini, Domenico Schiavo, Jean-François Séguier, Johann Salomo Semler, Joannes Stilting, Apostolo Zeno e altri ancora), mentre cresceva il numero di critici e avversari, per esempio verso le sue posizioni immacolatiste.
Nel 1750 avviò a Venezia la pubblicazione di una anonima Storia letteraria, che intendeva trasferire in Italia l’esperimento dei Mémoires de Trévoux e perciò prometteva di far apparire ogni anno un volume, arrivando a produrne quattordici (dopo la soppressione della Compagnia, il suo successore a Modena, Girolamo Tiraboschi, fece tesoro della lezione e proseguì l’esperimento letterario con il riuscito Nuovo giornale de’ letterati d’Italia, che apparve dal 1773 al 1790). Gli furono iniziali collaboratori i gesuiti Leonardo Ximenes, matematico e astronomo; Domenico Troili, naturalista e anch’egli astronomo; Gioacchino Gabardi, letterato. In seguito, si aggiunsero Giambattista Roberti, Giuseppe Ignazio Crollalanza, Camillo Barbieri, Stanislao Bardetti, Giovanni Buongiuochi, Giuseppe Zauli, Iacopo Belgrado e altri ancora. L’opera suscitò subito vivaci polemiche, tanto da costringere il generale dei gesuiti Lorenzo Ricci a ordinarne la cessazione (1759), impedita, tuttavia, da Francesco III duca di Modena, cui era stata dedicata la collezione fin dal primo tomo.
Dopo aver rifiutato l’invito del cardinale Angelo Maria Querini ad assumere la direzione della biblioteca da lui costituita in Brescia (1752) ed essersi assunto l’onere di corrispondere sulla produzione libraria italiana per diversi periodici francesi, tedeschi e olandesi (Journal étranger, Journal encyclopédique, Italienische Bibliothek), accettò la richiesta del duca di Modena di succedere a Muratori nella carica di prefetto della Biblioteca estense (2 agosto 1756). Nel nuovo ufficio curò l’ampliamento dell’edificio della biblioteca e l’accrescimento del patrimonio con molti libri stranieri.
Per la notorietà raggiunta, furono varie le accademie che aggregarono Zaccaria; tra le altre, quella di Macerata (1751), la Colombaria di Firenze e quella di storia ecclesiastica di Lucca (1753), la Etrusca di Cortona e poi quelle di Livorno, Crema, Reggio Emilia, Fermo, Busseto (1754), Mantova (1756), Crati (1757), Rovigo (1758), Capodistria (1760), l’Umbra di Foligno (1760) e quella di Alessandria (1762). Fu accolto anche nell’Arcadia di Roma (1762), dove assunse il nome di Claristo-Sycionio.
Zaccaria s’impegnò nel contrasto al giansenismo sia ristampando con aggiunte e integrazioni opere di vari moralisti, gesuiti e non, sia promovendo opere nuove, come la Teologia morale di Alfonso Maria de’ Liguori, che diede alle stampe firmandone la premessa. Le sue posizioni dottrinali gli procurarono molti nemici e molte critiche.
Durante il suo mandato a Modena si trovò al centro delle tensioni antigesuitiche. Per le proteste della corte napoletana, che lo riteneva redattore anonimo di una recensione negativa delle Antichità di Ercolano sulle pagine della Frusta letteraria, per un certo tempo fu privato in pubblico di voce attiva e passiva, finché non emerse con chiarezza la sua innocenza. La sua vivace e apologetica attività pubblicistica gli procurò opposizioni su più fronti: non solo da parte di antigesuiti interni alla corte, con particolare riferimento a Pellegrino Niccolò Loschi, ma anche dagli ambienti della Curia romana desiderosi di un maggiore equilibrio diplomatico.
La sua opera Anti-Febronio, o sia Apologia polemico-storica del primato del papa (1767) risultò assai sgradita alla corte e fu proibita nei territori estensi. Aderendo anche alle pressioni austriache, la pubblicazione offrì al duca il pretesto per rimuoverlo dall’incarico e di sostituirlo, nell’aprile del 1768, con il confratello Giovanni Granelli. Richiamato a Roma dal generale della Compagnia, che lo nominò bibliotecario della casa professa del Gesù, fu dotato da Clemente XIII di una cospicua pensione. Da Roma riprese il contrasto al giurisdizionalismo di Johann Nikolaus von Hontheim, dando alle stampe, in quattro tomi, l’Antifebronius vindicatus (1771-1772).
La sopravvenuta soppressione della Compagnia di Gesù (1773) lasciò Zaccaria privo di mezzi, e principalmente di libri, obbligato a non allontanarsi da Roma, dopo essere stato per breve tempo in carcere a Castel Sant’Angelo per aver pubblicato senza imprimatur uno scritto in difesa dell’Ordine. Il cardinale Mario Compagnoni Marefoschi gli mise a disposizione la sua biblioteca, consentendogli così di proseguire gli studi e curare la stampa di altre sue opere.
Solo con l’avvento di Pio VI gli fu annullato l’ordine di restrizione, accresciuta la pensione di cui già godeva, concessa la giubilazione dall’insegnamento di storia ecclesiastica presso la Sapienza, da poco avviato, e accordata la possibilità di recuperare la sua biblioteca personale da Bologna, dove aveva depositato i manoscritti a cui stava lavorando.
Zaccaria divenne esponente di spicco della cultura curiale, sostenendo il primato papale con i suoi scritti e con i suoi studi sul giubileo (Dell’anno santo, Roma 1774), e sui riti liturgici (Bibliotheca ritualis, I-III, Roma 1776-1781)
Morì a Roma il 10 ottobre 1795 e fu sepolto nella chiesa di S. Apollinare; la tomba è contrassegnata da una lapide, composta dal rettore del collegio Giovanni Castiglione.
Zaccaria pubblicò molto, spesso in forma anonima o ricorrendo a qualche pseudonimo (Domenico Tabacco) e ancor più spesso in polemica con autori a lui contemporanei. Con approccio erudito e sempre apologetico, s’interessò di archeologia, liturgia, storia e letteratura. Collaborò all’opera dei bollandisti con dotte comunicazioni agiografiche. Lasciò inediti numerosi scritti (tra gli altri un Commentario della sua propria vita), insieme a una fitta corrispondenza intessuta negli anni con i maggiori intellettuali del suo tempo. Un ampio elenco della sua produzione è offerto da Luigi Cuccagni (1796) in appendice al suo profilo biografico. Suoi ritratti apparvero nei libri come antiporta, disegnati da Angelo Campanella e incisi da Niccolò Bisanzioni.
Fonti e Bibl.: Documentazione su Zaccaria si conserva presso l’Archivum Romanum Societatis Iesu, distribuita in vari fondi (Epp.NN., 20a, cc. 182-183, 185-186; Instit., 146, c. 263; Opp.NN., 301; 306, cc. 81-99 ecc.). Parte della sua corrispondenza fu portata a Loyola nel 1815 dal confratello arcade Faustino Arévalo.
Il miglior profilo biografico di Zaccaria è di L. Cuccagni, Elogio storico, o sia breve storia della vita dell’abate F.A. Z., già individuo della soppressa Compagnia di Gesù, in Supplemento al Giornale ecclesiastico di Roma, 1796, vol. 8, pp. 193-352, poi in volume (Roma 1796, con un ritratto in incisione); un elenco delle sue opere è alle pp. 142-158 del volume (ma pure, A. de Backer - A. de Backer, Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus ou Notices bibliographiques, Liège 1861, pp. 420-467; A. de Backer - A. Carayon - A. de Backer, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus. Nouvelle édition par C. Sommervogel, VIII, Bruxelles-Paris 1898, coll. 1381-1435, IX, 1900, col. 911). Si veda inoltre [G.B. Capriata - U. Tosetti], I lupi smascherati nella confutazione, e traduzione del libro intitolato: Monita secreta Societatis Jesu, Ortignano 1761; B. Gamba, Galleria dei letterati ed artisti più illustri delle provincie austro-venete che fiorirono nel secolo XVIII, Venezia 1822, ad vocem; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae theologos exhibens aetate, natione, disciplinis distinctos, I, Theologiae catholicae aetas recens, Oeniponte 1911, coll. 484-498; D. Scioscioli, La vita e le opere di F.A. Z., erudito del secolo XVIII. Studio biografico e critico, Brescia 1925; E. Rosa, Gli scritti e il carteggio di F.A. Z. in un archivio della Guipuzcoa, in La Civiltà cattolica, LXXX (1929), 4, pp. 118-130; A. Mabellini, Il P. F.A. Z. predicatore a Fano nel 1765, in Studia Picena, VI (1930), pp. 129-136; E. Rosa, La vita e le opere di F.A. Z., in La Civiltà cattolica, LXXXI (1930), 1, pp. 339-351; Id., Nuovi documenti sulla vita e le opere di F.A. Z., ibid., 1, pp. 509-517; Id., Pubblicazioni e tribolazioni del P. F.A. Z., ibid., 3, pp. 27-40, 121-30; Id., Tre gesuiti successori del Muratori nella Biblioteca Estense di Modena. Con documenti inediti, ibid., LXXXIX (1938), 2, pp. 225-236, 341-350; L. Huetter, Un’elegante controversia secentesca sulla residenza dei papi, in Roma, XXI (1943), p. 345-349; P. de Leturia, Il concetto di nazione italiana nel grande antigiansenista F.A. Z. (1714-1795) secondo fonti dell’Archivio di Loyola, in Nuove ricerche storiche sul giansenismo. Studi presentati nella Sezione di storia ecclesiastica del Congresso Internazionale per il IV centenario della Pontificia Università Gregoriana... 1953, Romae 1954, pp. 231-257; R. Bruch, Die Ausbildung der Lehre von den Erkenntnisquellen der Moraltheologie im 17. Und 18. Jahrhundert, in Zeitschrift für katholische Theologie, LXXXV (1963), pp. 440-459; G. Piaia, Il padre Z., l’abate Cesarotti e l’attualità di Marsilio nel secolo dei Lumi, in Marsilio da Padova. Convegno internazionale... 1980, a cura di G. Piaia, Padova 1982, pp. 619-637; F.A. Z. e Leno. Atti del Convegno di studi.... Leno... 1983, Brescia 1984; A. Serrai, F.A. Z. e Girolamo Tiraboschi sui due versanti della bibliografia: dalla storia letteraria alla storia della letteratura, in Il Bibliotecario, II (1996), pp. 5-200; ; M. Caffiero, Religione e modernità in Italia, Pisa 2001, ad ind.; M. Zanfredini, in Diccionario Histórico de la Compañía de Jesús, a cura di C. E. O’Neill - J. M. Domínguez, IV, Roma-Madrid 2001, s.v.; P. Tampieri, Vivere da gesuiti dopo il 1773. Dal carteggio tra F.A. Z. e Luigi Mozzi, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, LXIX (2015), pp. 437-477.