BORGATTI, Francesco
Nacque a Corpo Reno, frazione di Cento (Ferrara), il 30 maggio 1818 da Giuseppe e Maria Bitelli. Compì gli studi medi a Cento, iscrivendosi, quindi, nel dicembre 1838 all'università di Bologna, ove si laureò in diritto nel giugno 1842 (Archivio di Stato di Bologna, Università pontificia, b. 1201). Fece pratica legale a Bologna e a Roma, dove, nel nuovo clima creato dall'elezione di Pio IX (cfr. Parole dell'avv. F. B. sul possesso di Pio IX, Firenze 1846), incominciò ad impegnarsi nella vita politica. Dopo aver collaborato a Il Panorama, un periodico artistico-letterario pubblicato a Roma nel 1846, diresse dal maggio all'ottobre 1848, insieme con M. Mannucci, La Speranza, un giornale politico che, finché il B. ne rimase alla direzione, può ritenersi espressione della corrente moderata che tenne il governo fino alla fuga da Roma del papa. Il B., "onorato", come più tardi egli stesso ricorderà (Inaugurazione del monumento nazionale a Pellegrino Rossi, Carrara 1878, p. 68), dalla "benevolenza" del Rossi, ebbe in quel periodo importanti incarichi governativi. Nel maggio del 1848 gli fu affidato il segretariato generale del ministerodegli Affari Esteri secolari, tenuto per la prima volta da un laico, G. Marchetti, e mantenne l'incarico con i successivi ministri T. Mamiani, C. Muzzarelli (con l'aggiunta di analogo incarico presso il ministero dell'Interno sotto il governo di P. Rossi) e C. Rusconi durante la Repubblica romana. Particolarmente intensa fu l'attività del B. nel gennaio del 1849, allorché condusse con P. Berghini, inviato del governo piemontese, le trattative per una convenzione militare tra i due Stati.
Dopo l'ingresso dei Francesi in Roma, il B. fu costretto ad abbandonare la città e ritornò a Bologna, dedicandosi solo alla professione forense. Caduto il potere pontificio nel giugno 1859, s'impegnò di nuovo, per non più allontanarsene, nella vita politica. Ebbe alcuni incarichi durante il periodo dei governi provvisori nelle Provincie dell'Emilia: fu segretario generale della sezione dell'Interno sotto il commissariato d'Azeglio e segretario generale del consiglio di governo sotto il commissariato Cipriani; soppresso quest'ultimo ufficio con la dittatura Farini, fu nominato consigliere presso la corte d'appello di Bologna. Eletto deputato per la circoscrizione di Cento nel marzo del 1860, venne confermato in tale incarico in tutte le successive elezioni, fino al 2 apr. 1871, quando fu escluso per sorteggio, data l'eccedenza del numero dei magistrati eletti.
Amico di M. Minghetti, alla Camera sedette a destra, e partecipò attivamente ai lavori parlamentari. Interessante come esempio di orientamenti propri al moderatismo emiliano all'indomani dell'unità, l'atteggiamento da lui assunto nei riguardi dei codici sardi. In alcuni discorsi alla Camera (19 maggio e 18 ott. 1860) e nell'opuscolo Sul progettodel nuovo codice civile, Bologna 1860, il B. si dichiarò contrario a un'affrettata unificazione legislativa, tanto più che la legislazione sarda era da considerarsi ancora "provvisoria": Anche nel 1865, quando furono approvati alla Camera i nuovi codici, espresse al riguardo voto contrario (discorso del 4 febbraio). Analogo atteggiamento ebbe per l'unificazione amministrativa, che, secondo il B., non doveva essere affrettata e confusa con quella strettamente politica. Il B. (cfr. Dell'ordinamento interno, Bologna 1863) era favorevole a un decentramento amministrativo basato su larghe attribuzioni alle province e ai comuni, pur non essendo favorevole all'istituto regionale. Il tema delle libertà amministrative e legislative si ricollega in lui a quello della libertà della Chiesa, il cui regolamento doveva rientrare in un coordinato rinnovamento di tutta la legislazione italiana. Entrato in rapporti d'amicizia con B. Ricasoli, si avvicinò sempre più alle posizioni assunte da quest'ultimo nei riguardi della politica ecclesiastica.
Divenuto nel giugno del 1866 ministro di Grazia e Giustizia (dal febbraio al giugno era stato segretario generale dello stesso ministero), presentò alla Camera, assieme al ministro delle Finanze A. Scialoja, il progetto della Libertà della Chiesa e la legislazione dell'asse ecclesiastico. Con tale progetto, che era una specie di rilancio del separatismo cavouriano, si cercava di risolvere, da un lato, il problema generale dei rapporti tra Stato e Chiesa e di superare, dall'altro, le coeve difficoltà finanziarie. Il progetto, però, ritenuto, particolarmente dalla Sinistra, troppo favorevole agli interessi economici della Chiesa, fu respinto dagli uffici della commissione della Camera e il B., come lo Scialoja, uscì dal ministero (febbraio 1867); egli fu tuttavia confermato deputato nelle elezioni del marzo successivo, alle quali si presentò assumendosi tutte le responsabilità circa il progetto (F. B. ai suoi elettori, foglio a stampa). Espresse le sue idee sulla libertà della Chiesa che, come ministro, non aveva potuto compiutamente manifestare, il 9 luglio 1867, quando intervenne nel dibattito relativo alla legge sull'asse ecclesiastico, presentata dal ministero Ricasoli; e le ripeté nel novembre 1870 quando si presentò agli elettori di Cento (Della libertà della Chiesa nel regno e delle sue necessarie attinenze alle altre libertà, Firenze 1870), precisando che i rapporti tra Stato e Chiesa dovevano essere regolati dal diritto comune dello Stato. Dati questi precedenti, il B. fu, nel 1870-71, quando si discusse alla Camera la legge delle guarentigie, uno degli uomini più preparati che intervennero al dibattito.
Dopo l'esclusione, per sorteggio, dalla Camera, il B. fu nominato senatore.
Anche in Senato diede prova in più di un'occasione della sua preparazione giuridica. Degno di menzione è soprattutto il discorso da lui pronunciato nel gennaio 1872, poi pubblicato in opuscolo col titolo L'ordinamento giudiziario nelle sue necessarie attinenze alle libertà interne,alle riforme ed alle economie, Roma 1873.
Dal 1876 fu vicepresidente del Senato, fino alla morte avvenuta a Firenze il 14 aprile del 1885
Fonti e Bibl.: Archivio Centrale dello Stato Carte Borgatti, b.2; Brolio, Archivio Ricasoli; Bologna, Museo del Risorgimento, Carte Filippo Martinelli, fasc. 5; G. Cassani, F. B., Firenze 1894; Annuario biografico universale, I, Roma-Napoli 1885, pp. 510-512; G. Finali, Memorie, Faenza 1955, pp. 142 s., 289 s.; A. Moscati, Iministri del Regno d'Italia, II, Salerno 1957, pp. 219-222; F. Manzotti, F. B. e il progetto sulla "libertà della Chiesa", in Boll. del Museo del Risorgimento (Bologna), V (1960), 3, pp. 35-73; Id., La destra storica in Emilia nel primo quinquennio unitario, in Rass. stor. toscana, VII (1961), pp. 193-196; G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano 1961, pp. 22, 25, 454, 542; O. Maiolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, II, Roma 1963, pp. 692, 898; A. Berselli, La destra storica dopo l'Unità, Bologna 1963, pp. 129 s., 183-185, 190 s., 215-217, 303 s.; C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica da Rattazzi a Ricasoli (1859-1866), Milano 1964, pp. 126, 130, 139, 189, 364, 408, 414, 445-448, 453, 572, 657; I. Zanni Rosiello, L'unificazione politica e amministrativa nelle "Provincie dell'Emilia" (1859-60), Milano 1965, pp. 119, 136, 236-238, 261; M. D'Addio, Politica e magistratura (1848-1876), Milano 1966, pp. 62, 68, 122, 124, 147, 192, 528, 576, 651 ss., 671.