FANCELLO, Francesco
Nacque ad Oristano il 19 marzo 1884 da Pietro, alto magistrato e da Giovanna Maria Marche. Laureatosi in legge, intraprese la carriera amministrativa presso gli Ospedali riuniti di Roma. Fu interventista e partecipò volontario alla prima guerra mondiale; ufficiale degli arditi, rimase più volte ferito e si guadagnò due medaglie d'argento al valor militare. Di ritorno dalla guerra, aderì al gruppo della rivista Volontà, animato da V. Torraca, nel quale si ritrovavano gli esponenti del combattentismo democratico.
Sulle pagine di Volontà il F. - che firmava gli articoli anche con lo pseudonimo di Cino d'Oristano - esprimeva l'esigenza di rinnovamento della società italiana ed una critica serrata alla classe dirigente dell'epoca. A questo indirizzo, in cui confluivano echi del sindacalismo rivoluzionario di G. Sorel e del meridionalismo di G. Salvemini e al quale non erano estranee suggestioni dannunziane (il F. appoggiò l'impresa fiumana), si contrapponevano in seno all'Associazione nazionale combattenti tendenze ultranazionaliste e conservatrici.
Le profonde divisioni nelle file del combattentismo fecero fallire il tentativo di dar vita al partito del rinnovamento. In Sardegna le cose andarono diversamente e nell'aprile del 1921, ad iniziativa di ex combattenti quali E. Lussu, C. Bellieni e lo stesso F., venne costituito il Partito sardo d'azione (PSd'A).
Gli articoli scritti su Volontà e su Il Solco, organo del partito sardista, testimoniano l'avversione che il F. mostrò subito nei confronti del fascismo. Quando poi, giunto al potere, il fascismo tentò di inglobare il movimento sardista, il F. fu, insieme con Bellieni, il più deciso nel respingere ogni trattativa tra il PSd'A e i fascisti. Dopo la soppressione delle residue libertà proseguì la lotta antifascista nella clandestinità nelle file del gruppo di Giustizia e Libertà (GL).
"Nella varietà di composizione di GL c'era posto anche per il socialismo libertario e contadino di Fancello, che attraverso la militanza sardista non aveva dimenticato l'originario sindacalismo della sua prima formazione; ... particolare interesse il Fancello portava ai collegamenti col movimento operaio, di cui sempre meglio comprendeva la funzione nella resistenza alla dittatura e nella speranza di una futura riscossa. Egli cercava perciò, sin dai primi anni del fascismo, di avvicinare operai, piccoli artigiani e commercianti e comprendeva il rischio che le opposizioni democratiche correvano, di chiudersi nella logica di piccoli gruppi dì borghesi, per lo più intellettuali, i quali discutevano a tavolino, isolati dalla realtà e dalla miseria del paese" (Addis Saba, 1986, p. 216).
Da Roma il F., insieme con S. Siglienti, operò da anello di congiunzione con la Sardegna e con gli esuli antifascisti in Francia. Nel 1927 per il suo manifesto antifascismo fu privato del posto e rimase senza mezzi di sussistenza. Si trasferì allora nei pressi di Montepulciano (Siena), ospite nella tenuta dell'amico L. Bracci, già finanziatore di Volontà. Qui svolgeva le funzioni di amministratore e di precettore dei figli del Bracci ed ebbe modo di frequentare uomini di cultura, tra cui il critico d'arte B. Berenson. Al tempo stesso il F. proseguiva l'attività antifascista, mantenendo i contatti con Roma e la Sardegna e impegnandosi nella diffusione della stampa clandestina.
Il 2 nov. 1930, in seguito alla delazione della spia C. Del Re, il F. venne arrestato insieme con altri aderenti a Giustizia e Libertà. Processato il 27 giugno 1931 dal Tribunale speciale, fu condannato a dieci anni di reclusione e a tre di vigilanza speciale, perché riconosciuto aderente "all'organizzazione clandestina rivoluzionaria ed a carattere repubblicano di 'GL'. Trascorse il periodo di carcerazione in diversi penitenziari, prima a Roma, poi a Viterbo ed infine a Civitavecchia. Qui, nel novembre 1935, lo raggiunse l'amnistia che commutò la pena del carcere in quella del confino.
Nel proporne l'assegnazione al confino, il capo della polizia definiva il F. e i suoi compagni V. Calace e R. Bernardino "elementi di idee irriducibilmente antifasciste e uomini d'azione decisi a tutto per raggiungere l'abbattimento del regime" (Lettera del capo della polizia al questore di Roma del 23 nov. 1935 in Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, fasc. 70452).
Durante il periodo di confino, trascorso per oltre due anni a Ponza e quindi a Ventotene, il F. contribuì all'impostazione teorica del Partito d'azione e scrisse il romanzo Il diavolo tra i pastori. Al termine del periodo di pena, in considerazione della sua "pericolosità politica", fu riassegnato al confino con ordinanza del 19 nov. 1940. Venne finalmente restituito alla libertà alla caduta del fascismo e il 12 ag. 1943 raggiunse a Roma i suoi compagni di lotta, Lussu, Siglienti e Torraca.
Il F. aderì al Partito d'azione, appena costituito, e partecipò, il 5 e 6 settembre a Firenze, al primo convegno clandestino azionista. Chiamato a far parte, insieme con R. Bauer, U. La Malfa, O. Reale e M. Rossi Doria, dell'esecutivo del partito, fu anche membro della giunta militare del Comitato di liberazione nazionale a Roma.
Era particolarmente impegnato nella stampa clandestina. Ricercato dalla polizia, venne sorpreso dai nazisti nella tipografia dove si stampava il giornale azionista: riuscì ad evitare la cattura con un'avventurosa fuga.
Nel dibattito che stava allora animando la vita interna del Partito d'azione il F. si schierò al fianco di Lussu sulle posizioni filosocialiste. Nel gennaio 1944 scrisse - con lo pseudonimo Francesco Marchi - un opuscolo sui lineamenti programmatici del Pd'A, che in sostanza era una definizione del carattere socialista del partito.
I contenuti dell'opuscolo furono ripresi dall'organo ufficiale del partito, Italia libera, e ciò fu da taluni interpretato come un'adesione di tutto l'esecutivo alle tesi filosocialiste del Fancello. Contro quella che a loro giudizio appariva una forzatura inaccettabile insorsero gli esponenti dell'ala liberaldemocratica del partito, ravvivando ancor di più le polemiche interne.
Dopo la Liberazione il F., nominato membro della Consulta nazionale, non volle assumere cariche di governo, preferendo riprendere il suo posto agli Ospedali riuniti di Roma, di cui venne nominato commissario.
Al congresso del Pd'A, che si tenne a Firenze dal 4 all'8 febbr. 1946, il F. intervenne per esporre le posizioni dell'ala socialista del partito.
A suo giudizio, pur senza riconoscere una preminenza alla classe operaia, il partito avrebbe dovuto rivolgersi al mondo del lavoro. Il F. riteneva "politicamente poco serio" fare del Pd'A "addirittura un partito di ceti medi", quando invece avrebbe dovuto perseguire una "politica di nuovo socialismo non marxista che costitui[sse] la civile mediazione fra le varie categorie sociali in una libera convivenza democratica" (Tartaglia, pp. 338 s.).
Nel giugno dello stesso anno il F. venne eletto nel nuovo esecutivo del partito, di cui era divenuto segretario Riccardo Lombardi. Al successivo congresso, svoltosi a Roma dal 1° al 4 apr. 1947, si compiacque perché il partito poteva ormai "qualificarsi schiettamente, direttamente, senza riserva, come partito socialista" (Tartaglia, p. 556). Il F. fece quindi parte con M. Andreis, G. Calogero e A. Cianca della commissione del Pd'A che, tra luglio ed agosto 1947, incontrò una delegazione del Partito socialista (PSI), composta da L. Basso, R. Morandi e P. Nenni, per verificare la possibilità di una confluenza degli azionisti nel PSI. Questo sbocco, per cui il F. si era strenuamente battuto, si realizzò ad ottobre, allorché il Consiglio nazionale del Pd'A approvò la mozione Cianca favorevole alla confluenza nel PSI. Nel Partito socialista il F. svolse prevalentemente attività giornalistica come redattore del quotidiano genovese Il Lavoro e come collaboratore di alcune riviste, tra cui Il Ponte e Critica sociale. Per ragioni di salute trascorse gli ultimi anni lontano dalla politica.
Il F. morì a Roma il 19 febbr. 1970.
Oltre a Il diavolo tra i pastori (Milano 1943), scritto al confino, va ricordato un altro romanzo, Il salto delle pecore matte (pubblicato dall'editore De Carlo dopo la Liberazione), e sono da segnalare i saggi di carattere politico e di rievocazione storica: Il Partito d'azione nei suoi metodi e nei suoi fini, Roma 1944; Ilfascismo in Sardegna, in Il Ponte, VII (1951), 9-10, pp. 1090-1103; Un'azione fallita di GL, in Trent'anni di storia italiana, Torino 1961.
Fonti e Bibl.: Roma, Istituto per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza, Carte Fancello; Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1942, fasc. 70452; Una lotta nel suo corso, a cura di S. Contini Bonacossi - L. Ragghianti Collobi, Venezia 1954, ad Indicem; E. Lussu, Sul Partito d'azione e gli altri, Milano 1968, ad Indicem; G. Sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Bari 1974, ad Indicem; M. Brigaglia, E. Lussu e "Giustizia e Libertà", Cagliari 1976, ad Indicem; M. Addis Saba, E. Lussu (1919-1926), Cagliari 1977, ad Indicem; La crisi del Partito d'azione: febbraio 1946, a cura di L. Mercuri, Roma 1977, ad Indicem; Giustizia e Libertà nella lotta antifascista e nella storia d'Italia, Firenze1978, ad Indicem; L. Nieddu, Dal combattentismo al fascismo in Sardegna, Milano 1979, pp. 23 s., 100, 122, 243 s., 252, 338, 340; G. De Luna, Storia del Partito d'azione 1942-1947, Milano 1982, ad Indicem; I. Torraca, Ricordo di F. F., in Archivio trimestrale, IX (1983), 4; G. Tartaglia, I congressi del Partito d'azione 1944-1946-1947, Roma 1984, ad Indicem; G. Fiori, Ilcavaliere dei Rossomori. Vita di E. Lussu, Torino 1985, ad Indicem; M. Addis Saba, Ilsocialismo contadino di F. F., in L'antifascismo in Sardegna, Cagliari 1986, pp. 215-224; R. Bauer, Quello che ho fatto, Milano 1987, ad Ind.; G. Sotgiu, Storia della Sardegna. Dalla grande guerra al fascismo, Roma-Bari 1990, ad Ind.; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, II, ad vocem.