AVELLINO, Francesco Maria
Fu uno dei dotti più eminenti del Mezzogiorno d'Italia nella prima metà del sec. XIX ed esempio cospicuo d'ingegno versatile e di operosità scientifica.
Nacque in Napoli il 14 agosto del 1788 dall'ingegnere Gioacchino e da Rosalba Barba. Sin dalla fanciullezza mostrò grande inclinazione per lo studio della numismatica, e già nel 1804, all'età di sedici anni, pubblicò una dissertazione col titolo: In Ariadnes Augustae numum aureum anecdotum commentarius. Poco dopo seguì Giovanni Andres, prefetto della Biblioteca reale borbonica, in un viaggio a Roma, ove si trattenne per qualche tempo. Datosi allo studio del diritto, nel 1806 Francesco Ricciardi, conte di Camaldoli, lo chiamò presso di sé, col grado di uffiziale nel Ministero di giustizia. Le cure dell'impiego non valsero a ritrarre il giovine A. dai prediletti studî concernenti l'antichità e la filologia classica; e nel 1807 diè fuori un'edizione dei Captivi di Plauto, alla quale aggiunse un esteso commento e alcune ricerche sul teatro romano e sui parasiti dell'antica commedia. Nel 1808 fu chiamato a far da precettore ai figli del Murat; il quale incarico non gli vietò di por mano ad un Giornale numismatico, pubblicazione periodica, il cui prìmo volume vide la luce nel 1808 e il secondo nel 1811; e contemporaneamente pubblicava il catalogo delle monete dell'Italia antica (Italiae veteris numismata, vol. I, 1808; vol. II, 1811), al quale fece un supplemento nel 1814 (Italiae veteris numismata ad vol. I supplementum, 1814). Nel 1809 fu eletto socio residente dell'Accademia pontaniana di Napoli, nei cui Atti pubblicò non pochi lavori, divenendone segretario perpetuo nel 1815 e rimanendo in tale carica per ben 34 anni.
Oltre ad attendere a siffatti lavori di numismatica, l'Avellino collaborava allora nel Giornale enciclopedico di Napoli diretto da Michele Tenore. Nel 1815 fu nominato professore di lingua e letteratura greca nell'università di Napoli e socio ordinario della Reale accademia ercolanense. Se non che i doveri verso la crescente famiglía gli fecero riprendere la professione di avvocato, che aveva da molti anni interrotta, e alla reputazione già acquistata d'illustre studioso dell'antichità classica l'A. disposò ben presto quella di primario avvocato, della quale è ricordo il busto che gli fu collocato in Castelcapuano, sede del tribunale di Napoli.
Nel 1818 fu nominato segretario generale della Società reale borbonica, e in tale qualità ebbe l'incarico di soprintendere alla pubblicazione del Real Museo Borbonico, a cui fornì molti articoli numismatici, alcune illustrazioni di pitture pompeiane, di bronzi e di vasi dipinti: notevole il suo articolo su Il gran musaico pompeiano, e le Osservazioni su due iscrizioni osche di Pompei. Mentre Th. Mommsen preparava la sua opera fondamentale Die unteritalische Dialekte, già l'A. indirizzava il suo acume alla conoscenza del dialetto osco-sannitico, e nel 1840 pubblicava nelle Memorie della Reale accademia ercolanense (vol. V, p. 21 segg.) uno studio sopra un'iscrizione sannitica, che può anch'esso considerarsi come fondamentale.
Nel 1821 l'A. passò dalla cattedra di lingua e letteratura greca a quella di economia politica, che occupò per alcuni anni; resasi poi vacante la cattedra d'istituzioni di diritto romano, gli venne, a sua domanda, affidata, e da questa passò infine alla cattedra di pandette, che tenne negli ultimi cinque anni di sua vita.
Ma il periodo che corre dal 1832 sino al giorno della morte, che avvenne il 9 gennaio del 1850, segna l'apice della sua attività scientifica in vantaggio degli studî dell'antichità classica. Nominato nel 1832 segretario perpetuo della Reale accademia ercolanense, oltre alle numerose memorie concernenti la numismatica, l'epigrafia, i dialetti italici, i monumenti figurati, per incarico dell'Accademia pubblicò tutte le iscrizioni del Real museo borbonico, e del tempio d'Iside in Pompei. Alla conoscenza dell'antica casa romana contribuì con tre dissertazioni riguardanti tre case pompeiane scoperte tra gli anni 1831 e 1833.
Alla fine del 1839, il re Ferdinando II di Borbone lo chiamò alla direzione del Real museo e alla Soprintendenza generale degli scavi del regno. Iniziò allora la pubblicazione del Bullettino archeologico napoletano, vera miniera d'importante materiale monumentale, nel quale si videro per un sessennio descritti e pubblicati monumenti di ogni genere.
Tra gli anni 1826 e 1836 videro la luce i tre volumi di Opuscoli diversi, e nel 1834 l'opera: In Francisci Carellii numorum veterum Italiae descriptionem adnotationes: accessit de Neapolitanorum numo anecdoto epistola ad cl. virum Niebuhrium. Alle pubblicazioni dell'Instituto di corrispondenza archeologica non rimase estraneo l'A., che fu dalla fondazione uno dei membri onorarî della direzione, inserendo articoli così nel Bullettino come negli Annali. Collaborò anche nel Rheinisches Museum.
Dopo quarant'anni di studî numismatici, l'A. vagheggiava un Corpus numorum Italiae veteris, e già di questo grandioso disegno aveva compiuto la parte riferentesi alla numismatica della Tirrenia, dell'Umbria e del Piceno; ma ben presto si avvide quanto una simile impresa fosse superiore alle forze di un sol uomo, e vi rinunziò.
L'A. fu il restauratore degli studî archeologici nel Mezzogiorno d'Italia, ponendo a base di essi l'accurata osservazione dei fatti.
Bibl.: G. Minervini, Cenni biografici del commendatore Francesco Maria Avellino, Napoli 1850; Alla memoria di Francesco Maria Avellino gli Accademici pontaniani, Napoli 1850, dov'è l'elenco di tutte le opere dell'Avellino edite e inedite. Le carte dell'A. si trovano oggi nella biblioteca della Società di storia patria napoletana.