TORRICELLI, Francesco Maria
TORRICELLI, Francesco Maria. – Nacque a Fossombrone il 31 ottobre 1794 da Giovanni Battista IV e da Apollonia Grossi, discendente dei marchesi Grossi di Senigallia.
Completati gli studi presso i padri scolopi di Urbino, si trasferì a Milano, dove studiò legge ed economia. A vent’anni rientrò nella città natale, donde, dopo la Restaurazione del 1815, si spostò a Roma, arruolandosi nelle guardie pontificie e divenendone ufficiale. Fu a Roma che molto probabilmente conobbe e si strinse in amicizia con Giuseppe Gioachino Belli. Compose i versi per le nozze fra il principe Clemente Altieri e Vittoria Boncompagni Ludovisi, che uscirono in una plaquette presso i tipi De Romanis (Roma 1817).
Dimessosi dall’incarico pontificio, rientrò a Pesaro e conobbe alcuni letterati, fra cui Vincenzo Monti e Giulio Perticari, da cui fu indotto ad accostarsi allo studio della Commedia di Dante Alighieri. Dopo la morte di Perticari, scrisse una lettera in cui ne raccontava gli ultimi istanti di vita, che, indirizzata a Monti, apparve per i tipi dello stampatore Annesio Nobili (Pesaro 1823).
Nel 1824 fondò l’Accademia Pergaminea, dal nome del letterato fossombronese Giacomo Pergamino (autore del Memoriale della lingua nel 1602), le cui riunioni ebbero luogo presso il teatro dell’Ancora di Fossombrone. Il 6 febbraio 1825 sposò la nobile diciassettenne Clorinda Gabrielli, di origine fiorentina, da cui ebbe sette figli. Su sua proposta, Belli ottenne la cooptazione nell’Accademia grazie a una lettera del suo segretario generale, il marchese Ercole Antonio Ercolani-Capalti, il 12 marzo 1826 (Mercati, 1948, pp. 7 s.). Di poco successiva è una minuscola plaquette di Alcune rime, uscita per i tipi dell’editore Vincenzo Guerrini (Urbino 1828).
Dopo il volgarizzamento della prima elegia di Tibullo, ancora per Guerrini (Urbino 1830), svolse nel 1831 l’attività di governatore della provincia di Urbino e Pesaro e fece parte del Parlamento di Bologna. Ciò non lo distolse dall’attività letteraria: si dedicò a una traduzione della terza elegia del libro IV di Properzio, che Belli commentò dettagliatamente in una lettera del 16 dicembre 1831 (Orioli, 1962, pp. 380-385). Tre giorni dopo morì suo padre, che aveva trascorso gli ultimi mesi di vita presso i padri filippini. Fu costretto a spostarsi per un certo periodo a San Marino dopo il ritorno delle truppe nelle Legazioni pontificie.
Nel 1835 pubblicò la Vita di Jacopo Pergamino forsempronese, per i tipi di Annesio Nobili. Per la stesura dell’opuscolo si era avvalso dell’aiuto di Belli, cui aveva chiesto di svolgere ricerche d’archivio per recuperare, fra gli altri documenti, il testamento di Pergamino (lettera del 13 maggio 1826: v. Mercati, 1948, p. 8). Per la morte della moglie, il 6 novembre 1835, scrisse alcuni versi elegiaci. Pubblicò quindi l’ode In morte della contessa Caterina Mariscotti vedova Marchetti degli Angelini, presso Nobiliani (Pesaro 1836), e il carme L’amore agli estinti, per la morte della nobildona Elena Cassi, con i tipi della Galileiana (Firenze 1837). La scomparsa del primogenito, il 19 dicembre 1839, gli ispirò invece la lirica All’animuccia del Torquatello Torricelli.
Dal 1° gennaio 1842 realizzò a proprie spese, a Fossombrone, un’Antologia oratoria poetica e storica dall’edito all’inedito. Il numero 30, del 23 luglio, segnalava i Versi di Giuseppe Gioachino Belli romano, editi tre anni prima presso Salviucci. Ma l’Antologia fu soprattutto la sede cui affidò i risultati della sua esegesi dantesca, come mostra il numero del 14 settembre 1842, che reca il titolo di Magistero della Divina Commedia osservato ed esposto.
Aveva nel frattempo raccolto in volume le Poesie funebri (per lo più già edite) presso l’editore Gabrielli di Fano (1843).
Se l’uso della terzina per la composizione di alcuni testi – a cominciare da quello per la morte della moglie – era il tributo al poeta della Commedia, gli altri erano testimoni dello sperimentalismo metrico tipico della sua epoca, che lo portava a spaziare dalle odi ai carmi in endecasillabi sciolti, dai sonetti alle ottave. Chiudevano il volumetto alcune iscrizioni sepolcrali per familiari e intimi.
Ammiratore di Pio IX, ne celebrò l’elezione sull’Antologia, parlandone anche in una delle ultime lettere a Belli che ci siano pervenute, quella del 10 agosto 1846, in cui, dopo essersi rammaricato per le condizioni di salute del figlio dell’amico, Ciro, di cui era stato padrino a battesimo, affermava la propria familiarità con il pontefice (Mercati, 1948, p. 5).
Il 1846 fu anche l’ultimo anno di uscita dell’Antologia, che si interruppe con il numero di settembre-ottobre. I mesi seguenti lo videro impegnato nella stesura della cantica Un giorno a Gaeta (1849), in cui appoggiava il pontefice fuggito da Roma, che raggiunse successivamente per presentargli, a quanto pare, un’istanza (Ianni, 1967, p. 635). Da Gaeta Torricelli si spostò a Napoli, dove avrebbe vissuto sino alla morte.
Riunì gli scritti danteschi nel volume Studi sul poema sacro di Dante Allighieri presso la Tipografia all’insegna del Diogene (Napoli 1850). Una seconda parte di Studi vide la luce tre anni più tardi presso il medesimo editore. Apparvero poi la seconda edizione di Un giorno a Gaeta, stampata dai fratelli Cannone (Bari 1853), e la seconda edizione degli Studi sul poema sacro di Dante Allighieri presso la Stamperia del Vaglio (Napoli 1856).
Fra gli episodi più significativi degli ultimi anni di vita di Torricelli è la nomina, voluta dai suoi concittadini, a presidente della Società operaia di mutuo soccorso di Fossombrone.
Morì a Napoli il 23 marzo 1867.
Fonti e Bibl.: F. Prudenzano, Elogio del conte F.M. T. di Torricella, Napoli 1867; S.G. Mercati, G.G. Belli e F.M.T., in Strenna dei Romanisti, 1948, pp. 3-10; G. Orioli, Lettere a T. e Missirini, in G.G. Belli, Lettere. Giornali. Zibaldone, Torino 1962, pp. 379-387; G. Ianni, Belli e la sua epoca, I, Milano 1967, pp. 611-649; E. Liburdi, F.M. T., Ancona 1971.