GRAPALDO (Grapaldi), Francesco Mario (Maria)
Nacque nel gennaio del 1460 a Parma, da un'antica famiglia di cui si hanno notizie a partire dalla seconda metà del XIV secolo. I genitori, Catellano, giureconsulto e filosofo, e Beatrice di Paolo Ravacaldo, morirono prematuramente durante la peste del 1468. Il G. fu allevato dallo zio materno, Niccolò Ravacaldo, arciprete di Fornovo, grazie al quale ricevette la prima educazione umanistica, approfondita successivamente sotto la guida di Filippo Beroaldo il vecchio, che insegnò a Parma nel 1475-76. L'istruzione del G. fu completata dallo studio del greco. A quindici anni scrisse una declamazione epistolare latina con clausola in versi dedicata a Iacopo Bonarelli, podestà di Parma.
La morte dello zio portò il G. a intraprendere il mestiere di notaio, ma nel 1486 fu nominato professore di belle lettere presso lo Studio di Parma, incarico che ricoprì fino alla morte. Nello stesso anno sposò Amabilia Garimberti, discendente da nobile famiglia parmigiana; l'anno dopo nacque un figlio, cui fu imposto il nome di Marcantonio. Durante gli anni dell'insegnamento il G. compose numerose poesie latine e si dedicò alla stesura di un ampio trattato di erudizione classica, il De partibus aedium, uscito a stampa per la prima volta nel 1494 (Parma, Angelo Ugoleto), opera di successo che fu riedita numerose volte lungo tutto il XVI secolo in Italia e all'estero. Oltre all'attività letteraria, il G. divenne un uomo politico di spicco nella sua città; iscritto all'arte della lana, fu membro degli Anziani e ricoprì diverse cariche ai tempi delle guerre franco-spagnole: cancelliere del Comune nel 1494, nel 1501 fu inviato come oratore della Comunità a Milano e, quando Parma cadde in mano di Luigi XII, fu deputato dal Consiglio generale a correggere gli statuti delle arti. In qualità di segretario dell'ambasceria parmense, composta fra gli altri, da Paolo Colla, Iacopo Baiardi, Antonio Bernieri e Francesco Garimberti, il 27 ott. 1512 si recò a Roma da papa Giulio II. Nell'occasione richiese al pontefice la propria incoronazione poetica e dalla cronaca di Paride de' Grassi, cerimoniere del papa, si apprende che l'11 novembre, nei giardini di Belvedere, si tenne una cerimonia durante la quale il G. recitò una sorta di ecloga divisa in alcuni carmi sul tema della liberazione dell'Italia e venne incoronato poeta da Giulio II in persona. Dalla Camera apostolica gli furono assegnati 100 ducati d'oro annui sul dazio del vino, "con l'obbligo di tenere una pubblica orazione di oratoria e di poetica" (Affò, p. 141). Il G. tornò a Roma nel 1514, membro, insieme con Antonio Gabrielli e Sigismondo Tagliaferri, dell'ambasceria d'obbedienza di Parma al neoeletto Leone X. L'anno dopo, durante la ripresa della guerra con il re di Francia Francesco I, fu inviato presso Ippolito de' Medici, capitano generale della Chiesa.
Nei mesi successivi, indebolito dai numerosi viaggi, nonché dalle fatiche dell'insegnamento, decise di recarsi ai bagni in Toscana. Colpito da una malattia, accompagnata da febbre alta, morì in breve tempo, nel novembre 1515, a Parma. Su richiesta del figlio fu sepolto nel monastero di S. Giovanni Evangelista, dove un'iscrizione lo commemora.
Del sodalizio culturale del G. con altri due umanisti parmensi, Giorgio Anselmi e Taddeo Ugoleto, rimane, oltre a componimenti d'occasione, l'edizione di Plauto del 1510: M. Actii Plauti Asinii Comoediae viginti nuper emendatae et in eas Pyladae Brixiani lucubrationes, Thadaei Ugoleti et Grapaldi virorum illustrium scholia, Parma, O. Saladi - Francesco Ugoleto (poi Venezia, M. Sessa - P. de' Ravani, 1518). Il volume contiene venti commedie plautine, in parte accompagnate dal commento del professore bresciano Pilade Broccardo, per il resto illustrate dagli scolii allestiti da T. Ugoleto e dal Grapaldo.
Fatica principale del G. fu tuttavia il De partibus aedium, repertorio antiquario di tipo enciclopedico, che spazia dall'architettura alla meccanica, dalla medicina alla botanica, alla zoologia, all'economia domestica. Si tratta di un insieme di precetti che intendono applicare le conoscenze tratte dai classici alla dimensione privata e familiare della moderna dimora nobiliare, nella quale la giornata si svolge divisa tra attività fisica e intellettuale secondo l'insegnamento degli antichi. Gli autori classici sono citati in gran numero: da Omero a Platone, da Tucidide ad Aristotele, da Lucrezio a Virgilio, da Cicerone a Seneca, ai due Plinii, da Varrone a Columella, da Galeno a Vegezio, agli scrittori cristiani come s. Girolamo e Cipriano, ma, soprattutto, largo spazio è dato a Vitruvio e a Celso, le due auctoritates menzionate nel frontespizio dell'edizione 1516. Le fonti scientifiche si alternano in modo equilibrato alle favole mitologiche, che sull'immagine concreta della vita quotidiana stendono un alone di amenità letteraria. L'opera consiste nella descrizione attenta e minuziosa di tutti gli spazi della casa. Il G. tratta delle singole parti costitutive dell'edificio (porta, scale, pavimento, ecc.), delle stanze, della disposizione della biblioteca, ma anche del giardino, delle stalle e altri luoghi adibiti ad animali diversi, delle fontane, del granaio ecc., catalogando tutto ciò che contengono. Di qui una serie di informazioni su arredi, oggetti e manifatture dell'epoca: l'attrezzo che permette di prendere l'acqua dal pozzo (I, 2), la produzione del formaggio (I, 4), i tipi di orologi (II, 6), le rilegature del libro e la fabbricazione della carta a Parma (II, 9) e così via. A tutto ciò si alternano consigli su varie questioni pratiche: come trarre il beneficio dalle erbe (I, 5), come scegliere la disposizione delle stanze rispetto al sole (II, 1), come scacciare le mosche dal cibo e accendere il fuoco in cucina (II, 4). Alla selva impersonale di queste nozioni si alternano i ricordi privati del G.: il soggiorno ai bagni di Lesignano (I, 10), il maestro Beroaldo (II, 3), la moglie Amabilia (II, 5) e le sue riflessioni personali, come quando assapora le delizie dei giardini ("existimaverim semper domum licet ornatissimam sine hortis non domum sed ergastulum et tenebricosum carcerem appellandam", I, 5) ovvero - ispirandosi alle satire di Giovenale -, rimprovera alla società parmense la sua ingratitudine (II, 10). Il G. si serve di una terminologia specialistica precisa e rara, che talvolta sembra volutamente ricercata. Il realismo linguistico traspare dall'uso delle voci tecniche, documentate dalle citazioni e affiancate dall'equivalente greco (in caratteri originali, solo sporadicamente traslitterati in latino), che il G. applica alla realtà quattrocentesca (sartago per padella, II, 4); non mancano neppure vocaboli parmigiani volti in latino (ruscus, oggi in parmigiano ruscaroeula: pattumiera, II, 3).
L'opera fu rivista dall'autore e arricchita di un Index verborum nelle edizioni 1501 e 1506 (Parma, F. Ugoleto); nell'edizione postuma del 1516, per i tipi di O. Saladi e F. Ugoleto, fu aggiunto un glossario esplicativo ("addita modo verborum explicatione quae in eodem libro continentur"), con numerose voci, al quale G. aveva lavorato per anni e che fu ripubblicato anche nelle edizioni di Torino (G.A. e B. de Sylva, 1516-17), e Venezia (A. Bindoni, 1517). L'opera fu ripetutamente stampata fuori d'Italia, a Strasburgo, J. Prüss, 1508 (con il sottotitolo Dictionarius); Parigi, J. Granjon, 1511; ibid., J. Petit, 1517; Basilea, J. Walder, 1533, 1541; Lione, Err. St Vincent, 1535; a Dordrecht con il titolo Onomasticonvariarum rerum propria nomina, explicationemque ex optimis quibusque tam Graecae, quam Latinae linguae auctoribus petitam continens, 1618; a Salisburgo con il titolo De verborum explicatione…, 1723.
Della produzione letteraria del G. rimangono anche molti carmi e salmi, epigrammi, epistole e poesie d'occasione. Il De partibus aedium (II, 5) dà notizia di un'opera in preparazione, il De artificibus, eorumque instrumentis, che forse il G. non riuscì a portare a termine. Il Pezzana parla di un opuscolo "rarissimo", Praelectio in P. Virgilii Maronis Georgicon, che sarebbe apparso in stampa a Parma verso il 1514. Un Libellus psalmorum poenitentialium una cum variis orationibus, et litaniis novae inventionis ad imitationem regalis psalmistae pro singulis hebdomadae diebus uscì a Parma, per F. Ugoleto, nel 1505. Il poemetto in esametri Silva in deditione Parme s. Iulio II pont. max. (forse Roma, J. Beplin, 1512) è pubblicato in W. Roscoe, Vita e pontificato di Leone X, a cura di L. Bossi, III, Milano 1816, pp. 293-295. L'opuscolo ParaeneticonGrapaldi poetae reverendissimo Ioanni Gozadino protonot. apostolico clerico Camerae et Parmae ac Regii Lepidi gubernatori uscì a stampa senza indicazioni tipografiche (un esemplare a Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., 1139.18). La versione latina di Esopo è in un'edizione parmense, per i tipi di A. Ugoleto, 1488 (Gesamtkatalog der Wiegendrücke, 344a).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Parma, Raccolta di autografi illustri, b. 4398, ins. 20 (anni 1511-13); Parma, Biblioteca Palatina, Mss. Parm., 1193/1, c. 17; Roma, Biblioteca Corsiniana, Fondo Niccolò Rossi, 207 (45.D.4), c. 50; Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. lat., cl. X, 240 (= 3370), cc. 11v-15v; G.A. Bianchi, Francisci Marii Grapaldi viri illustriss. vita, in F.M. Grapaldo, De partibus aedium, Parma 1516, cc. 14r-15v; P. Giovio, Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita quae in Musaeo Ioviano Comi spectantur, Venetiis 1546, cc. 38v-39r; A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell'architettura civile ed arti subalterne, I, Roma 1788, pp. 81-103; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, Parma 1791, pp. 125-150; A. Pezzana, Continuazione delle Memorie degli scrittori e letterati parmigiani raccolte dal padre Ireneo Affò, VI, 2, Parma 1827, pp. 389-403; Id., F.M. G. da Parma, Parma 1842; G.B. Jannelli, Diz. biogr. di parmigiani illustri…, Genova 1877, pp. 203 s.; U. Benassi, Storia di Parma, Parma 1899, I, pp. 10, 128, 214, 240 s.; II, pp. 4, 20, 26, 83, 131, 247; III, pp. 6, 16 s., 129, 237; V, pp. 249, 320 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1925, pp. 721, 723; F. Rizzi, F.M. G., in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 5, V (1953), pp. 135-169; V. Marchi, Note in margine al G., in Aurea Parma, XXXIX (1955), pp. 147-154; F. Rizzi, Figure dimenticate del parnaso parmense, ibid., XLII (1958), pp. 180 s.; V. Lublinsky, Notions bibliothéconomiques de la Renaissance. Un texte oublié de G., in Bibliothèque d'humanisme et Renaissance, XXIX (1967), pp. 633-647; L. Balsamo, Editoria e umanesimo a Parma fra Quattrocento e Cinquecento, in Parma e l'umanesimo italiano. Atti del Convegno internaz. di studi umanistici, … 1984, a cura di P. Medioli Masotti, Padova 1986, pp. 89, 93, 95; A. Tissoni Benvenuti, Alcune considerazioni su Parma e i letterati parmensi nel XV secolo, ibid., pp. 133, 135-137; P. Medioli Masotti, Letteratura e società a Parma nel Quattrocento (I. Il "Philogyne" di Andrea Baiardi. II. Il ms. Parm. 1424 della Palatina di Parma), ibid., pp. 232, 234 s.; M.L. Valli, Autografi di Francesco Carpesano, Bernardino Dardano, F. Maria G. nell'Archivio di Stato di Parma, ibid., pp. 285 s.; J.-L. Charlet, Nicole de la Chesnaye lecteur de F.M. G. et visiteur de la Ste Baume en 1538, in Provence historique, LXXV (1994), pp. 86-96; A. Aliani, Il notariato a Parma. La "Matricula Collegii notariorum Parmae" (1406-1805), Milano 1995, pp. 234, 238 e n.; J.-L. Charlet, La bibliothèque, le livre et le papier d'après F.M. G. (De partibus aedium 2, 9), in Studi latini in ricordo di Rita Cappelletto, Urbino 1996, pp. 347-364; A. Lasagni, Diz. biogr. dei Parmigiani, Parma 2001, pp. 44-47.