FRANCESCO
Jorge Mario Bergoglio nasce a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, figlio primogenito di Mario Bergoglio e di Regina María Sívori, emigrati piemontesi di estrazione piccolo-borghese. Sulla sua educazione alla fede cattolica influisce profondamente la nonna paterna, Rosa. In un’Argentina politicamente divisa tra peronismo e sinistra anticlericale, si diploma come tecnico chimico e viene in contatto, a scuola e nel laboratorio in cui lavora, con figure di riferimento non cattoliche legate al movimento comunista. Iniziati gli studi nel seminario diocesano di Villa Devoto a Buenos Aires, nel marzo 1958 entra nel noviziato della Compagnia di Gesù. Studia poi nel Seminario gesuita di Santiago del Cile, un Paese chiave per lo sviluppo della teologia cattolica latinoamericana negli anni immediatamente prima, durante e dopo il concilio Vaticano II (1962-1965). Tornato in Argentina, nel 1963 si laurea in filosofia al Collegio S. José di San Miguel; tra il 1964 e il 1966 insegna letteratura e psicologia nel Collegio dell’Immacolata di Santa Fe e nel Collegio El Salvador di Buenos Aires. Tra il 1967 e il 1970 studia teologia al Collegio S. José. Viene ordinato sacerdote il 13 dicembre 1969 e tra il 1970 e il 1971 prosegue la formazione ad Alcalá de Henares, in Spagna (dove aveva studiato anche Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù); pronuncia la professione perpetua nei Gesuiti il 22 aprile 1973. Tornato in Argentina, è maestro dei novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973, a soli 36 anni, viene eletto provinciale dei Gesuiti dell’Argentina, carica che conservera fino al 1979.
In questo ruolo sperimenta forti tensioni: in una provincia della Compagnia di Gesù divisa e segnata al suo interno da linee «liberazioniste» e dall’impatto con il dramma della dittatura instauratasi nel marzo 1976, Bergoglio aiuta alcuni gesuiti a sfuggire al terrore imposto dalla giunta militare, ma per lungo tempo viene accusato dal giornalista Horacio Verbitsky di aver fatto da delatore nei confronti dei gesuiti Orlando Yorio e Francisco Jalics, rapiti e torturati dal regime nel 1976. La testimonianza resa di fronte alla giustizia argentina nel 2010 e le parole di Jalics, con cui si riconcilia anni dopo, lo scagionano dalle accuse di connivenza con la dittatura.
Queste tensioni sono alla radice dell’isolamento che segue la fine del suo mandato da provinciale, quando riprende gli incarichi di rettore del Collegio di S. José e di parroco a San Miguel. Nel 1986 si reca in Germania, all’istituto superiore dei Gesuiti di Sankt Georgen (presso Francoforte), per ultimare la tesi di dottorato su Romano Guardini, ma torna in Argentina prima di averla completata e viene nominato direttore spirituale e confessore nella casa dei Gesuiti a Córdoba.
Il suo isolamento rispetto alle gerarchie ecclesiastiche finisce quando il cardinale Antonio Quarracino, arcivescovo di Buenos Aires, lo vuole suo stretto collaboratore: il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires; nel 1997 viene promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires; il 28 febbraio 1998, alla morte del cardinale Quarracino, gli succede sulla cattedra della capitale argentina. Viene creato cardinale nel concistoro del 21 febbraio 2001.
Il ministero episcopale in una città come Buenos Aires è decisivo per l’evoluzione della teologia e della pastorale di Bergoglio, che da vescovo abbraccia alcune pratiche tipiche di un cattolicesimo sociale radicale, anche se non «liberazionista» nel senso classico, nelle villas miserias, i quartieri poveri della capitale. In America Latina la sua influenza cresce: nel maggio 2007 è una delle figure-chiave della quinta assemblea del CELAM (Consiglio episcopale latinoamericano) di Aparecida, in Brasile, e tra gli autori del documento conclusivo, basato su una teologia dell’evangelizzazione di una Chiesa in cui è centrale il concetto di «popolo». Due anni prima di Aparecida, nell’aprile 2005, il cardinale Bergoglio aveva partecipato al conclave per eleggere il successore di Giovanni Paolo II. Secondo una ricostruzione giornalistica pubblicata pochi mesi dopo l’elezione di Benedetto XVI sulla base del diario di un cardinale che aveva preso parte al conclave, nelle votazioni Bergoglio aveva ottenuto 40 voti, superando di poco la soglia di un terzo utile a bloccare l’elezione del candidato più votato, il cardinale Joseph Ratzinger, che divenne papa il 19 aprile 2005.
Durante il pontificato di Benedetto XVI, il cardinale Bergoglio mantiene un basso profilo; ma in alcune occasioni non evita di marcare la sua distanza dalle scelte operate da papa Ratzinger, come durante la crisi innescata dalle dichiarazioni antisemite del vescovo lefebvriano Richard Williamson e dopo la creazione dell’ordinariato per gli anglicani che decidono di convertirsi al cattolicesimo romano.
Jorge Mario Bergoglio arriva al conclave dopo le dimissioni di Benedetto XVI (annunciate l’11 febbraio 2013 ed effettive alle ore 20.00 del 28 febbraio) senza essere tra i favoriti. Il conclave è caratterizzato da un clima di crisi nella Chiesa, da una situazione senza precedenti dal punto di vista canonistico e cerimoniale a causa delle dimissioni di Benedetto XVI, della sensazione che, oltre che a motivi legati all’età, la decisione di Ratzinger sia legata anche agli scandali diventati pubblici (noti come ‘Vatileaks’) nel corso del 2012 e a una più generale incapacità del successore di Giovanni Paolo II di governare la macchina curiale e la Chiesa universale. Il discorso tenuto dall’arcivescovo di Buenos Aires (già dimissionario per limiti di età) nel corso delle congregazioni precedenti il voto conclavario ha un forte impatto sugli elettori: Bergoglio parla dell’esigenza della Chiesa di uscire «verso le periferie esistenziali», di non essere autoreferenziale. Il conclave lo elegge al sesto scrutinio, la sera del 13 marzo 2013, e il nuovo papa prende il nome di Francesco. È il primo pontefice che non proviene dall’area euro-mediterranea ma dal Sud del mondo e il primo gesuita eletto al soglio di Pietro. Nel suo curriculum non vi sono periodi di studio in università pontificie romane né di lavoro nella Curia; le sue esperienze internazionali, al di fuori dell’America Latina, sono più limitate rispetto ai suoi predecessori sulla cattedra di Pietro. Non ha un passato nella diplomazia vaticana, né di teologo accademico, ne di canonista, ma di educatore e di vescovo.
Il nome scelto al momento dell’elezione, inedito nella tradizione pontificia, ha un forte valore programmatico: il riferimento è a Francesco d’Assisi, una figura universale, il santo di una Chiesa povera e della pace. Papa Francesco inaugura subito un nuovo stile e già la prima settimana è rivelatrice delle linee del pontificato. Nelle parole rivolte al popolo in piazza S. Pietro subito dopo l’elezione, Francesco si presenta come «vescovo di Roma» (titolo che viene sottolineato nell’Annuario Pontificio 2013, il primo di Francesco, pubblicato il 13 maggio 2013), e chiede al popolo una silenziosa preghiera di benedizione per il nuovo vescovo. Il giorno dopo, 14 marzo, nella messa celebrata con i cardinali nella Cappella Sistina, parla di una Chiesa che deve «camminare, edificare, confessare». Il 16 marzo, nell’incontro con i giornalisti in Aula Paolo VI, ricordando i primi momenti dopo l’elezione e le parole rivoltegli dal cardinale brasiliano Claudio Hummes, Franceso afferma di desiderare «una Chiesa povera e per i poveri». Il 17 marzo celebra la messa nella chiesa di S. Anna in Vaticano ed esce per incontrare i fedeli assiepati all’esterno. La messa d’inaugurazione del pontificato, il 19 marzo, segna una visibile differenza quanto a stile liturgico rispetto al suo predecessore: alla celebrazione assiste, per la prima volta, anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, che Francesco incontra altre due volte tra il 2013 e il 2014. Il 20 marzo 2013, nell’udienza con i delegati fraterni delle altre Chiese e religioni, Francesco cita per la prima volta il concilio Vaticano II e in particolare la dichiarazione Nostra aetate (1965) sulle religioni non cristiane.
Questi atti non sono soltanto parte della vita e testimonianza di fede di un prete gesuita che appare spiritualmente «libero», «risolto» e non ostacolato dall’elezione da parte del conclave, ma sono anche spia delle priorità del pontificato. Una prima enfasi è quella sul dovere della Chiesa cattolica di mostrare il volto misericordioso della fede cristiana: il motto scelto come nuovo vescovo e papa è «miserando atque eligendo», tratto dalle omelie del Venerabile Beda sul nono capitolo del Vangelo di Matteo e sulla vocazione di Matteo. Alla preghiera dell’Angelus del 18 marzo 2013 Francesco cita il libro Misericordia del cardinale Walter Kasper, suo teologo di riferimento nella discussione che porta fino al Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 sul tema «Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Al concistoro del 22 febbraio 2014 Kasper tiene la relazione principale sulla necessità di ripensare la prassi pastorale per l’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati. Francesco apre un dibattito – cui la gran parte dei vescovi e cardinali è visibilmente restia a partecipare, almeno fino al Sinodo – sulla necessità di cambiare alcune pratiche pastorali (confessione, matrimonio e sacramenti ai divorziati risposati, atteggiamento verso gli omosessuali e le coppie omosessuali) che viene interpretato, dagli ecclesiastici più legati ai due pontificati precedenti, come un attacco alla tradizione della teologia morale cattolica. Francesco segnala, in vari interventi e specialmente nell’intervista al direttore de «La Civiltà Cattolica» p. Antonio Spadaro (pubblicata contemporaneamente in varie lingue il 19 settembre 2013), la sua convinzione di dover ricentrare il messaggio della Chiesa sul contenuto fondamentale della fede e di dover ridimensionare la ridondanza del magistero sulla morale sessuale. Per le questioni ad extra, per le quali ritiene necessario tornare a mostrare l’indole misericordiosa della Chiesa come riflesso della misericordia divina, Francesco sceglie il genere letterario delle interviste a giornalisti e conferenze stampa (come quelle sui voli di ritorno dai viaggi all’estero, specialmente dal Brasile nel luglio 2013 e dalla Terra Santa nel maggio 2014), che ricevono grande attenzione anche dall'opinione pubblica laica. Altri interventi tipici di papa Francesco fin dall’inizio del pontificato sono le telefonate fatte personalmente ai fedeli che gli scrivono lettere.
Un secondo nucleo fondamentale è quello dei poveri e del loro ruolo nella Chiesa e nella società. Fedele alle intuizioni del Vaticano II (espresse in modo soltanto parziale nei documenti finali del concilio), Francesco parla da una parte del valore teologico della povertà come condizione spirituale dell’accoglimento del Vangelo di Gesù Cristo, dall’altra ripropone in modo radicale e continuo la necessità per la Chiesa e i cristiani di farsi prossimi ai poveri, nel senso della povertà esistenziale ed economica. Di grande rilievo simbolico (anche per il rifiuto da parte del papa del protocollo tipico di una visita ufficiale) è la visita all’isola di Lampedusa (8 luglio 2013), tragico punto di approdo per i migranti dal versante meridionale del Mediterraneo: Francesco celebra la messa su un altare fatto con i rottami dei barconi utilizzati per la traversata e parla di «globalizzazione dell’indifferenza».
Recupera i toni del magistero sociale di Paolo VI e va oltre, denunciando i meccanismi distorsivi dell’economia globalizzata che ha creato una «cultura dello scarto» (discorso ai rappresentanti delle agenzie ONU, in Vaticano, 9 maggio 2014). Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium del 24 novembre 2013 (il documento più importante dell’inizio del pontificato) Francesco associa le intuizioni teologiche della costituzione del Vaticano II Gaudium et Spes (1965) con la visione pastorale di Paolo VI, specialmente dell’esortazione Evangelii Nuntiandi (1975). In questo senso, riprende e fa proprie alcune istanze della teologia della liberazione, che pure da provinciale dei Gesuiti in Argentina aveva criticato: l’accoglienza riservata in Vaticano al fondatore della teologia della liberazione Gustavo Gutierrez (12 settembre 2013) rappresenta un passo simbolico di enorme importanza, considerati i difficilissimi rapporti tra il teologo peruviano e il Vaticano durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nel gennaio 2014 Francesco invia – è il primo papa a farlo – un messaggio al XIII incontro interecclesiale delle Comunità di base che si svolge in Brasile.
Un terzo nucleo di contenuti che caratterizza il pontificato di Francesco riguarda l’ecclesiologia del popolo di Dio che prende di mira esplicitamente il clericalismo, la corruzione (anche all’interno della Chiesa) e i rapporti tra la Chiesa e il potere ecclesiastico e politico, ma che recupera anche il ruolo delle devozioni popolari (la Vergine Maria, i santi, il rosario). Queste novità si iscrivono nel rapporto tra il concilio Vaticano II e il primo pontificato pienamente postconciliare: Francesco è infatti il primo pontefice che non ha preso parte al concilio come papa (come Paolo VI), né come vescovo e padre conciliare (come Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II), né come perito teologo (come Benedetto XVI). Espressione di questo rapporto col concilio è la decisione del 5 luglio 2013, quando Francesco firma il decreto di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II decidendo personalmente, ex certa scientia, di non attendere il secondo miracolo per la canonizzazione di Roncalli. I due papi vengono canonizzati il 27 aprile 2014, alla presenza in piazza S. Pietro, tra i cardinali, anche dell’emerito Benedetto XVI.
Questo rinnovato rapporto del papato col Vaticano II è visibile sia nelle linee teologiche generali, sia nell’approccio di tipo «conciliare» al governo della Chiesa, che Francesco imposta cercando una maggiore collegialità con i vescovi e una sinodalità a vari livelli. A un mese dall’elezione, il 13 aprile 2013, Francesco crea un consiglio di otto cardinali (provenienti da varie parti del mondo, con un solo italiano, membro della Curia, e coadiuvati dal vescovo di Albano come segretario) che lo aiuti nel governo della Chiesa universale e in particolare nella riforma della Curia romana: il consiglio si incontra regolarmente ogni due-tre mesi a iniziare dalla riunione del 1°-3 ottobre 2013, e dal luglio 2014 include stabilmente anche il Segretario di Stato cardinale Parolin. Anche il Sinodo dei vescovi (creato da Paolo VI nel settembre 1965, prima che il concilio Vaticano II presentasse una propria proposta in merito) riceve da Francesco un’attenzione superiore a quella data dai predecessori: nell’ottobre 2013 ne convoca uno straordinario sulla famiglia – previa consultazione universale sulla questione (in forma diversa dalle precedenti) – così che la Chiesa cattolica celebra due assemblee sinodali sullo stesso argomento nei dodici mesi tra l’ottobre 2014 e 2015. Prima di esse Francesco nomina cardinale il segretario generale del Sinodo, Lorenzo Baldisseri, e vescovo il sottosegretario, Fabio Fabene. Inoltre, in un messaggio del 1° aprile 2014 al cardinale Baldisseri, Francesco parla del Sinodo in termini di «collegialità affettiva ed effettiva» – aggiungendo un significativo «effettiva» al tradizionale «affettiva».
Come ha affermato in alcune interviste, Francesco ha ricevuto dal conclave il mandato di ricondurre sotto il controllo del papa la Curia e di mettere mano alle situazioni che hanno dato luogo agli scandali diventati pubblici durante il pontificato del predecessore. Incarica quindi il consiglio degli otto cardinali di ripensare la Curia superando la riforma definita dalla costituzione Pastor Bonus del 1988 e riordina le competenze economico-finanziarie in Vaticano (24 febbraio 2014, con il «motu proprio» Fidelis dispensator et prudens crea il Consiglio dell’economia e la Segreteria per l’economia, nuovo dicastero della Curia che vigila su tutte le attività economiche e finanziarie della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano); prende provvedimenti nei confronti di vescovi ed ecclesiastici che sono stati coinvolti in scandali finanziari (31 luglio 2013, dimissioni degli arcivescovi sloveni di Lubiana, Anton Stres, e di Maribor, Marjan Turnšek; 23 ottobre 2013, sospensione di Franz-Peter Tebartz-van Elst, vescovo di Limburg, in Germania) ed emargina dalla Curia e dalla finanza vaticana molti ecclesiastici italiani. Crea inoltre una commissione per la prevenzione degli abusi sessuali nella Chiesa (22 marzo 2014: gli otto membri della commissione sono quattro uomini e quattro donne – cinque dei quali laici – tra cui una donna irlandese vittima di abusi. Ne fa parte un solo cardinale, il cappuccino arcivescovo di Boston Sean O’Malley, l’unico statunitense nonostante l’epicentro dello scandalo degli abusi sessuali commessi dal clero sia negli Stati Uniti).
Le riforme istituzionali di Francesco parlano di una visione della Chiesa che non si esprime primariamente nella dimensione istituzionale, ma che ha presente la necessità di affrontare il nodo dell’accentramento del cattolicesimo romano. Nella Evangelii Gaudium Francesco parla della necessità di bilanciare la ripartizione delle competenze tra Roma e le conferenze episcopali valorizzando il ruolo di queste ultime; in vari incontri con i movimenti ecclesiali (Neocatecumenali, Rinnovamento nello Spirito, Comunità di Sant’Egidio) apre all’idea di una Chiesa di movimento in grado di affrontare le questioni sociali del nostro tempo con un dinamismo di cui l’istituzione non è capace. Francesco non è un papa post-politico: richiama sovente le responsabilità delle istituzioni politiche verso il bene comune, a livello sia nazionale sia internazionale. Ma la visione bergogliana del rapporto tra Chiesa e politica si traduce in Italia in un visibile distacco dalle esperienze di prossimità tra il mondo vaticano e gli ambienti del cattolicesimo politico, specialmente quello vicino a Silvio Berlusconi nel ventennio cominciato alla metà degli anni Novanta del XX secolo.
Fin dall’inizio del pontificato Francesco invita la Conferenza episcopale italiana a farsi responsabile delle proprie scelte e a recuperare un ruolo specifico nella Chiesa e nella società italiana. Nel discorso del 23 maggio 2013, il papa dice all’assemblea della CEI: «Andate avanti con fratellanza, la Conferenza episcopale vada avanti con questo dialogo, come ho detto, con le istituzioni culturali, sociali, politiche. È cosa vostra. Avanti!». Con qualche evidente riluttanza, l’assemblea dei vescovi italiani, nel maggio 2014, accetta l’invito del papa a cambiare il metodo di scelta del proprio presidente passando dalla nomina pontificia diretta a un sistema misto (tre candidati eletti dai vescovi e scelta di uno dei tre come presidente da parte del papa). Il distacco di Francesco dalla politica italiana e l’invito alla CEI a rendersi più autonoma dal Vaticano fa parte di una visione della Chiesa – espressa specialmente, ma non solo, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium – che si basa sulla priorità missionaria e sulla coscienza di una sua dimensione mondiale, nella quale i modelli ecclesiologici e culturali del cattolicesimo europeo non sono più normativi come nei secoli passati.
Francesco non sposa la cultura antipolitica imperante nell’Occidente di inizio XXI secolo, ma richiama la politica al suo ruolo di fronte al dominio dell’economia e della finanza, non senza il ricorso a un linguaggio dai toni populistici. Rispetto alle linee seguite dal predecessore Benedetto XVI e dal suo segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, Francesco recupera la tradizione diplomatica della Santa Sede nominando nell’agosto 2013 segretario di Stato Pietro Parolin (creato cardinale nel concistoro del febbraio 2014), diplomatico di lungo corso, che diviene membro di molte congregazioni della Curia e prende parte insieme al papa alle riunioni del consiglio degli otto cardinali. Francesco riprende il filo del ruolo della Santa Sede sulle grandi questioni internazionali: in particolare, sulla questione dell’immigrazione dal Sud al Nord del mondo e sulla pace in Medio Oriente. La visione geopolitica di Francesco è frutto del primato spirituale nel gesuita Bergoglio, che già da arcivescovo aveva ottimi rapporti con l’ebraismo argentino e con l’Islam: la visita in Terra Santa (24-26 maggio 2014) offre un esempio della sua visione dei rapporti tra cristianesimo, ebraismo e Islam nell’incontro davanti al Muro occidentale del Tempio a Gerusalemme con il rabbino Abraham Skorka e l’imam Omar Abboud, suoi amici personali. Sono gesti di grande portata simbolica (e fuori protocollo) anche il bacio ai sopravvissuti della Shoah all’interno di Yad Vashem e la preghiera silenziosa ai piedi del muro di separazione tra Israele e i territori palestinesi. Francesco riprende così il discorso sull’ecumenismo aperto dal pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa nel gennaio 1964 e continuato dai viaggi di Giovanni Paolo II (rapporti con l’ebraismo e con Israele), aggiungendovi una sottolineatura sulla questione palestinese. Ritorna spesso sul tema della pace, specialmente riguardo alla guerra in Siria, che lo spinge a convocare il 7 settembre 2013 in piazza S. Pietro una veglia alla vigilia di un paventato intervento militare statunitense contro la dittatura di Bashar Assad. In relazione alla questione israelo-palestinese, l’8 giugno 2014 Francesco ospita nei giardini vaticani, insieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, il presidente di Israele Shimon Peres e quello dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen per una preghiera per la pace.
I viaggi di Francesco indicano una corrispondenza tra la visione ecclesiologica di una Chiesa che deve «uscire fuori» e andare nelle periferie e la geopolitica del pontificato: in Italia visita Lampedusa, Cagliari, Cassano allo Jonio, Campobasso; all’estero i Paesi in cui i cattolici sono minoranza (Albania, Corea del Sud, Sri Lanka) o in cui il cattolicesimo sta prendendo forme diverse da quella europea (Filippine, Brasile). La geopolitica del pontificato aperta al mondo traspare anche dalla scelta dei diciannove cardinali creati nel primo concistoro, il 22 febbraio 2014, undici dei quali provengono da Paesi extraeuropei.
Più complicata che nel passato è la transizione rispetto al predecessore, a causa della coabitazione in Vaticano col papa emerito Benedetto XVI – una novità assoluta –, ma specialmente per la coabitazione con una Curia romana e un episcopato mondiale specchio dei due pontificati precedenti, in cui Joseph Ratzinger aveva giocato un ruolo centrale prima come cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi come pontefice. Benedetto XVI offre fin dall’inizio collaborazione al suo successore, che accetta di fare propria – «aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi» – e firmare l’enciclica Lumen Fidei (29 giugno 2013), frutto del lavoro del papa emerito nei mesi precedenti la rinuncia al pontificato. Francesco gestisce in modo accorto la discreta presenza del proprio predecessore in Vaticano, consapevole che visibili sono le resistenze al nuovo corso all’interno dell’episcopato e della Curia, come anche in quel mondo intellettuale e del giornalismo (specialmente italiano, ma non solo) più legato all’eredità di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
BIBLIOGRAFIA: gli atti e i testi del pontificato di Francesco sono consultabili sul sito della Santa Sede all’indirizzo www.vatican.va. Scritti di Francesco: Meditaciones para religiosos, Buenos Aires 1982; Reflexiones sobre la vida apostólica, Buenos Aires 1986; Corrupción y pecado: algunas reflexiones en torno al tema de la corrupción, Buenos Aires 2005 (1a ed. 1991; trad. it. Guarire dalla corruzione, Bologna 2013); Reflexiones en esperanza, Buenos Aires 1992 (trad. it. Milano 2013); Hambre y sed de justicia, Buenos Aires 2001; Educar: exigencia y pasión: desafíos para educadores cristianos, Buenos Aires 2003 (trad. it. Milano 2013); Ponerse la patria al hombro: memoria y camino de esperanza, Buenos Aires 2004; La nacion por costruir: utopia, pensamiento y compromiso, Buenos Aires 2005 (trad. it. Milano 2013); El verdadero poder es el servicio, Buenos Aires 2007 (trad. it. Milano 2013); Mente abierta, corazón creyente, Buenos Aires 2012 (trad. it. Aprite la mente al vostro cuore, Milano 2013); En Él solo la esperanza, Madrid 2013 (trad. it. Milano 2013); Riflessioni di un pastore. Misericordia, missione, testimonianza, vita, Città del Vaticano 2013; Omelie del mattino nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, 2 voll., Città del Vaticano 2013-2014; La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta, a cura di A. Spadaro SJ, Milano 2014. Scritti con altri autori e interviste: J.M. Bergoglio- A. Skorka, Sobre el cielo y la tierra, Buenos Aires 2010 (trad. it. Il cielo e la terra, a cura di D.F. Rosemberg, Milano 2013); S. Rubin-F. Ambrogetti, El Jesuita. Conversaciones con el cardinal Jorge Bergoglio, sj, Buenos Aires 2010 (trad. it. Milano 2013); Intervista a Papa Francesco, a cura di A. Spadaro SJ, in «La Civiltà Cattolica», CLXIV, 2013, 3918, pp. 449-477 (ripubblicata con integrazioni in La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Milano 2013); J.M. Bergoglio-M. Figueroa-A. Skorka, Conversazioni sulla Bibbia. Solidarietà, dignità, preghiera, ragione e fede, Città del Vaticano 2014. Si vedano inoltre: Biografia del Santo Padre Francesco, in http://w2.vatican.va/content/francesco/it/biography/documents/papafrancesco- biografia-bergoglio.html; L. Brunelli, Così eleggemmo papa Ratzinger, in «Limes», 2005, 4, pp. 291-300; Il conclave di papa Francesco, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2013; P. Vallely, Pope Francis. Untying the Knots, London 2013; E. Piqué, Francisco: vida y revolución, Madrid 2013 (trad. it. Torino 2013); A. Riccardi, La sorpresa di papa Francesco. Crisi e futuro della chiesa, Milano 2013; A. Spadaro SJ, Da Benedetto a Francesco. Cronaca di una successione al Pontificato, Torino 2013; Id., Il disegno di papa Francesco. Il volto futuro della Chiesa, Torino 2013; M. Faggioli, Papa Francesco e la chiesa-mondo, Roma 2014 (trad. ingl. New York 2015); V.M. Fernández (con P. Rodari), Il progetto di Francesco. Dove vuole portare la chiesa, Bologna 2014; Annuario Pontificio 2014, Città del Vaticano 2014.