Di Giacomo, Franco
Direttore della fotografia, nato ad Amatrice (Rieti) il 18 settembre 1932. Per sua stessa ammissione artigiano più che autore, non ha mai disdegnato il fatto di alternare opere di sicura vocazione artistica con altre di onesta finalità commerciale. Nel 1983 ha ottenuto il David di Donatello per La notte di San Lorenzo (1982) di Paolo e Vittorio Taviani. Nel triennio 2000-2002 è stato presidente dell'Associazione italiana autori della fotografia cinematografica (AIC).
Specializzatosi giovanissimo in filmati di documentazione antropologica al fianco di Riccardo Pallottini, iniziò a lavorare, prima come assistente ai fuochi e poi come operatore alla macchina, con maestri come Gianni Di Venanzo, Otello Martelli e, soprattutto, Aldo Tonti. Dopo aver percorso tutte le tappe dell'apprendistato, esordì come direttore della fotografia nel 1970 con Uccidete il vitello grasso e arrostitelo di Salvatore Samperi, film che, sotto molti punti di vista, ha prefigurato il suo percorso futuro: quello di un professionista disponibile a lavorare con budget produttivi modesti (ma mai a discapito della qualità), al servizio del talento di giovani più o meno affermati ma anche trasgressivi. Nel corso della sua carriera ha saputo stabilire sodalizi importanti e duraturi: di sapore acre e corrosivo sono stati i risultati della collaborazione con Marco Bellocchio (Nel nome del padre, 1972; Marcia trionfale, 1976); brillante e realistico, invece, il lavoro effettuato con Nanni Moretti (Sogni d'oro, 1981; La messa è finita, 1985). L'incontro con i fratelli Taviani ha avuto esiti a metà fra il realismo romantico e la rivisitazione del melodramma (Il prato, 1979; La notte di San Lorenzo; il film televisivo Resurrezione, 2001), mentre ha lavorato con dominanti sature per le ambientazioni ottocentesche richieste da Luigi Magni (La Tosca, 1973; 'O Re, 1989), con cromatismi morbidi e toni pastello per Luigi Comencini (il film per la TV La Storia, 1987; Un ragazzo di Calabria, 1987; Marcellino pane e vino, 1991), con luci crude e incisive per Ettore Scola (Romanzo di un giovane povero, 1995; La cena, 1998; Concorrenza sleale, 2001).
D. G. è sempre stato disponibile a coniugare la poetica e lo stile dei numerosi registi con i quali ha collaborato con la sua sensibilità, legata al senso del paesaggio e alla cura nella verosimiglianza delle ambientazioni. Elemento costante del suo lavoro è inoltre la particolare attenzione posta nel cogliere le atmosfere proprie della luce naturale e dei suoi colori, oppure volta a riprodurre l'immobile solarità della bassa padana (assieme a Vittorio Storaro in La strategia del ragno, 1970, di Bernardo Bertolucci), o l'uggiosa razionalità delle grandi città industriali del Nord (Quattro mosche di velluto grigio, 1971, di Dario Argento), l'incanto invernale della laguna veneta (Un'anguilla da 300 milioni, 1971, di Salvatore Samperi), come anche l'atmosfera luminosa del Sud (Polvere di stelle, 1973, di Alberto Sordi) o la morbida melanconia di una Russia di ispirazione čechoviana (Oči čërnye, 1987, Oci ciornie, di Nikita Michalkov).
S. Masi, Storie della luce, L'Aquila 1983, p. 174; Annuario 1989 dell'Associazione italiana autori della fotografia cinematografica AIC, a cura di M. Bernardo, Roma 1989, pp. 73-74; Annuario 1990 dell'Associazione italiana autori della fotografia cinematografica AIC, a cura di M. Bernardo, Roma 1990, p. 81.