BOLL, Franz Christian
Nacque a Neubrandenburg (Germania) il 26 febbraio del 1849. Suo padre Franz Christian - erudito pastore evangelico - lo guidò nello studio del latino, del greco e della filosofia, così che il B. poté conseguire la licenza ginnasiale dopo un solo anno di frequenza nelle scuole pubbliche. La familiarità con uno zio geologo fu probabilmente all'origine del suo amore per le scienze naturali, e il B., dopo aver frequentato le università di Heidelberg, di Bonn e di Berlino, allievo, tra gli altri, di Max Schultze - dal quale apprese le tecniche istologiche - si laureò in medicina a Berlino nel 1869. L'anno successivo, dopo aver superato gli esami di stato, ottenne in breve tempo la nomina ad assistente dell'Istituto di fisiologia presso la stessa università, e sotto la guida di E. Du Bois-Reymond, allora titolare di quella cattedra, conseguì la libera docenza in istologia. Ben presto, però, a causa della salute cagionevole, desiderò stabilirsi in Italia: dopo aver concorso per la cattedra di fisiologia dell'università di Genova, nel 1873 divenne professore straordinario presso la cattedra di anatomia e fisiologia comparata di Roma, della quale fu poi nominato titolare nel 1877; nello stesso anno divenne corrispondente dell'Accademia dei Lincei.
A Roma il B. approfondì gli studi di istologia e completò quelle ricerche di fisiologia animale, intraprese in patria, che lo avrebbero portato a chiarire per primo l'importanza della porpora visiva e del meccanismo fisico-chimico della sua decomposizione nel processo di percezione delle immagini. Appassionato studioso degli apparati nervosi periferici, il B., autore di numerosi lavori sperimentali, comunicò alla Accademia delle Scienze di Berlino, nel 1876, con le note Zur Anatomie undPhysiologie der Retina e Zur Physiologie der Sehensund derFarbenempfindungen, la scoperta che il pigmento dell'articolo esterno dei bastoncelli è caratterizzato da una costruzione a "placchette" ed è costantemente presente negli apparati visivi periferici sia dei Vertebrati, sia degli Invertebrati. Le ricerche effettuate nell'ateneo romano gli consentirono di intuire l'importanza del pigmento da lui studiato nel processo della visione: nel 1876 il B., nella sua comunicazione all'Accademia dei Lincei Sull'anatomia e la fisiologia della retina (Mem. delle R.Accad. dei Lincei, classe di sc. fis., mat. e nat., s. 3, 1 [1876-77], pp. 371-393), annunciò la scoperta, originata dagli studi condotti sull'occhio della rana, che la porpora retinica, osservabile in vivo per brevissimo tempo dopo la morte dell'animale, scompare per azione della luce bianca e di alcune radiazioni monocromatiche dello spettro, e si rigenera al buio, raggiungendo in circa dodici ore un massimo non aumentabile neppure da una più prolungata permanenza nell'oscurità. Esperienze successive permisero al B. di dimostrare che la porpora retinica, da lui indicata per la prima volta con il termine di Sehrot (rosso visivo), determina la colorazione rosea della membrana oculare, indipendentemente dalla tonalità che essa possiede per la sua ricca rete di vasi sanguigni, e gli consentirono di prospettare la possibilità che tale sostanza, sotto l'effetto delle radiazioni luminose, subisca un processo di decomposizione chimica con totale scomparsa dalla membrana stessa. Per meglio caratterizzare la porpora retinica il B. tentò di isolarla dalla retina, valendosi di svariati mezzi estrattivi, ma i suoi sforzi in tal senso non furono coronati da successo. Tuttavia, la sua intuizione che un processo di fotodecomposizione della porpora retinica è alla base del fenomeno della percezione delle immagini, valse a togliere ogni valore alle teorie esclusivamente fisiche dei contemporanei, secondo i quali le ultime terminazioni delle fibre del nervo ottico sarebbero state direttamente impressionate nell'interno delle cellule sensibili della retina, ed a indicare ad altri ricercatori la giusta via per la interpretazione dei complessi meccanismi della visione. Infatti successive ricerche delucidarono perfettamente la natura della porpora retinica, più tardi denominata eritropsina o rodopsina, e le fasi del processo fotochimico, intuito dal B., che ne determina la decomposizione.
Il B. morì a Roma il 19 dic. 1879.
Bibl.: S. Fubini, Porpora visiva, in Riv.di fisiologia, in Ann.Univ. di Medicina e Chirurgia, CCXLIX (1878), pp. 524-526; Necrologio, in Transunti della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze fisiche, matem. e nat., s. 3, IV (1879-80), pp. 53 s.; A. Pazzini, Storia della medicina, II, Milano 1947, p. 521; A. Hirsch, Biograph. Lexikonder hervorragendenÄrzte..., I, München-Berlin 1962, p. 614; Encicl. Medica Italiana, IV, col. 280, sub voce Eritropsina; Ibid., IX, col. 1964, sub voce Visione; Encicl. Ital., XIX, p. 671; XXV, p. 126.