SAVIGNY, Friedrich Karl von
Giurista, nato a Francoforte sul Meno il 21 febbraio 1779, morto a Berlino il 25 ottobre 1861. Terminati gli studî nell'università di Marburgo nel 1800, vi ottenne l'anno seguente la libera docenza e nel 1803 la nomina a professore straordinario. Nel 1808 fu chiamato all'università di Landshut; ma nel 1810, fondandosi una nuova e grande università a Berlino, fece parte della commissione incaricata di formarne gli statuti, e v'insegnò per primo il diritto romano fino al 1842. In quest'anno gli fu affidato nel governo prussiano il Ministero della riforma legislativa, dal quale uscì nel 1848 senza aver potuto attuare, per ostilità incontrate, i piani che si era proposti. Anziché ritornare all'insegnamento, preferì dedicare alla sola attività scientifica il resto della sua vita.
La rinomanza universale del Savigny è particolarmente legata alla fondazione della cosiddetta "scuola storica". Non già ch'egli sia stato il primo ad avvedersi dell'insufficienza dei metodi dei giusnaturalisti per la conoscenza e l'interpretazione del diritto; anzi nella stessa Germania la critica contro quei metodi era da tempo strenuamente condotta da G. Hugo; ma, oltre che praticare con energia e genialità incomparabilmente maggiori, nell'insegnamento e nella ricerca scientifica, un metodo di concreta aderenza alla realtà storica e alla propria fisionomia dei singoli sviluppi, il S. ebbe modo di dettare quello che fu considerato come il manifesto della nuova scuola. L'occasione gli fu data, nel 1814, da un opuscolo di A. Thibaut, Sulla necessità di un codice civile generale per la Germania; al quale egli contrappose lo stesso anno lo scritto Sulla vocazione del nostro tempo per la legislazione e la scienza giuridica. L'idea di un codice civile, analogo a quello che Napoleone aveva dato alla Francia e che altri stati venivano rapidamente imitando, era respinta non solo per ragioni politiche di grande efficacia sentimentale, date le condizioni in cui allora versava il popolo tedesco (che cioè non si potesse pensare a una legislazione germanica finché i Tedeschi non fossero riuniti in unico stato), ma anche per ragioni più profonde, attinenti ai modi di formazione e all'evoluzione del diritto positivo. Il diritto non può essere frutto di arbitrio legislativo, ma è fondato sulla moralità, la fede, il sentimento, le tendenze intellettuali di ciascun popolo, allo stesso modo come la lingua e l'organizzazione politica; perciò esso si sviluppa organicamente insieme col popolo a cui appartiene, progredendo col suo progredire e decadendo col suo decadere. La parte essenziale dell'ordinamento giuridico è quindi essenzialmente consuetudinaria, e la legge non può essere che fonte complementare, in quanto serve soltanto a risolvere dubbî e a colmare lacune. La scienza del diritto ha il solo fine di risalire alle più remote scaturigini del sistema in vigore, in modo da intenderlo nella sua vera essenza.
È facile vedere quale progresso fosse per questa guisa realizzato in confronto ai metodi, deduttivi e antistorici, del giusnaturalismo; e infatti al Savigny ed ai suoi allievi (in particolare G. F. Puchta, J. C. Hassl e F. L. Keller, M. A. Bethmann-Hollweg) è dovuto il primato che la scienza tedesca si conquistò e conservò lungamente negli studî di diritto romano. Tuttavia la tendenza romantica che traspare dal riferito programma (e che in Savigny era alimentata anche da ragioni di famiglia, per aver egli sposato Cunegonda Brentano, coltissima sorella del poeta Clemens) portava ad accentuare eccessivamente gli elementi originarî dei varî sistemi, a detrimento del travaglio secolare che depura le regole giuridiche degli elementi accessorî forniti dal costume e dalla religione, e perciò stesso riaccosta e frammischia i prodotti delle varie civiltà; e il difetto si accentuava presso i maggiori discepoli, specialmente il Puchta. D'altronde, nello studio del diritto romano e del suo sviluppo nell'antichità e nel Medioevo, l'analisi delle fonti, pur ricercate con infinita passione dal Savigny e dalla sua scuola, era resa difficile dal persistente rispetto per il testo giustinianeo, che ne impediva la necessaria critica. Ridando alle esigenze pratiche e anche all'arbitrio del legislatore il posto che loro spetta nell'evoluzione del diritto, ricostituendo il diritto classico attraverso la critica della compilazione di Giustiniano, dando, specie per quanto riguarda gli sviluppi del diritto romano in Germania, la debita parte agli elementi autoritarî, la scienza moderna, che riconosce in Th. Mommsen e in R. Jhering i suoi maggiori maestri, ha superato il punto di vista del Savigny; ma continua a riconoscere in lui il gran fondatore della storia del diritto. Il titolo gli spetta, d'altronde, anche per la somma dell'opera personalmente compiuta: dalla "Storia del diritto romano nel Medioevo", frutto d'immense e feconde ricerche, al mirabile "Sistema del diritto romano attuale".
Una fondazione Savigny (S.-Stiftung) fu istituita alla morte del grande giurista della Società giuridica berlinese, mediante contributi delle accademie di Berlino, Vienna e Monaco e col fine di promuovere gli studî storico-giuridici: sua cura principale è la pubblicazione della celeberrima rivista Zeitschrift der Savigny-Stiftung fur Rechtsgeschichte, in tre sezioni: 1. Romanistische Abteilung, Weimar 1880 segg.; 2. Germanistische Abteilung, ivi 1880 segg.; 3. Kanonistische Abteilung, ivi 1911 segg.; la detta Zeitschrift è la continuazione della Zeitschrift für geschichtliche Rechtswissenschaft, fondata dal S. nel 1815.
Opere principali: Das Recht des Besitzes, Marburgo 1803 (7ª ediz., curata da A. F. Rudorff, Vienna 1865: traduzioni in varie lingue, in italiano di Conticini, Firenze 1839, e di Andreoli, Napoli 1854); Von Beruf unserer zeit für Gesetzgebung und Rechtswissenschaft, Heidelberg 1814 (3a ediz., 1840); Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, voll. 6, Heidelberg 1815-31 (2ª ediz., 1834-51); System des heutigen römischen Rechts, Berlino 1840-49 (trad. ital. di v. Scialoja, Sistema del dir. rom. attuale, Torino 1886-88); Das Obligationenrecht als Theil des heutigen römischen Rechts, voll. 2, Berlino 1851-53 (trad. it. di G. Pacchioni, Le obbligazioni, Torino 1912-15); Vermischte Schriften, Lipsia 1850.
Bibl.: E. de Laboulaye, Essai sur la vie et les doctrines de F. de S., Parigi 1842; A. F. Rudorff, F. C. v. S.: Erinn. an sein Leben u. Wirken, in Zeitschr. f. Rechtsgesch., II (1862), p. 1 segg.; M. A. v. Bethmann-Hollweg, Erinn. an F. C. v. S. als Rechtslehrer, Staatsmann und Christ, ibid., VI (1867), p. 1 segg.; E. Landsberg, Allg. deutsche Biogr., XX (1890); H. U. Kantorowicz, Was ist uns S.?, ivi 1912; A. Manigk, S. und der Modernismus im Recht, Berlino 1914; G. Solari, Sulla dottrina del possesso del S., in Scritti Chironi, I, Torino 1915, p. 555 segg.; A. Stoll, F. K. v. S.: ein Bild seines Lebens mit einer Samml. seiner Briefe, voll. 2, 1927-1929; E. Sachers, Die hist. Schule S.'s und das röm. Recht, in Atti Congr. Intern. dir. rom., Bologna 1933; II, Pavia 1935, p. 215 segg.