Nietzsche, Friedrich Willhelm
Il profeta del superuomo
L’opera del filosofo Friedrich Nietzsche, vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, è caratterizzata da uno stile ispirato e profetico; in essa convivono una violenta critica distruttiva verso il passato (la tradizione filosofica, morale e religiosa dell’Occidente da Socrate in poi) e un appassionato appello al futuro, alla creazione di un uomo nuovo capace di affrontare la tragicità della vita senza bisogno di certezze filosofiche o religiose.
Le sue idee anti-democratiche e l’esaltazione della volontà di potenza ne favorirono la strumentalizzazione da parte del nazismo
Figlio di un pastore protestante, Friedrich Nietzsche nacque a Röcken (in Germania) nel 1844 e compì i suoi studi nelle università di Bonn e Lipsia. A 25 anni fu chiamato a ricoprire la cattedra di lingua e letteratura greca dell’Università di Basilea, dove rimase per un decennio. A questo periodo risalgono le prime grandi opere: La nascita della tragedia (1872), Considerazioni inattuali (1873-76), Umano troppo umano (1878).
La salute sempre più precaria lo costrinse a lasciare l’insegnamento nel 1879. Iniziò da allora un inquieto pellegrinaggio tra la Francia meridionale e l’Italia, durante il quale scrisse La gaia scienza (1882), Così parlò Zarathustra (1883-85), Al di là del bene e del male (1886). Infine si stabilì a Torino, dove nel 1889 diede i primi segni di follia. Venne allora affidato alle cure della sorella, Elisabeth, che se ne occupò sino alla morte, avvenuta a Weimar (in Germania) nel 1900.
La sorella si occupò anche della pubblicazione postuma di La volontà di potenza, ma secondo alcuni studiosi lo fece in modo tale da favorire la strumentalizzazione nazista del pensiero del fratello.
Nietzsche ebbe fin da giovane una concezione tragica della vita. Egli riteneva che la vita fosse un caos irrazionale privo di ordine e significato, ma a differenza di Arthur Schopenhauer (dal quale aveva ereditato tale concezione) non teorizzò la fuga dal mondo attraverso l’ascesi, bensì la piena ed entusiastica accettazione della vita, di cui vide il simbolo in Dioniso, il dio greco dell’ebbrezza e della danza (il romano Bacco).
Il riferimento al mondo greco è centrale nel pensiero di Nietzsche: ma la Grecia presa a modello non è quella del periodo classico, bensì quella presocratica. Nelle tragedie di Eschilo e Sofocle, infatti, sarebbe avvenuto per l’ultima volta il miracolo dell’unione tra l’elemento dionisiaco (l’entusiastica accettazione della vita che si esprime nell’ebbrezza creativa e nella passione sensuale) e l’elemento apollineo (il tentativo di organizzare e superare il caos in forme limpide e armoniche).
Questo miracolo ebbe però vita breve. Con Socrate prevalse l’atteggiamento apollineo, ossia l’incapacità di sostenere la tragica realtà della vita – con i suoi dolori, le sue assurdità – e il desiderio di rappresentarsela come una vicenda ordinata, razionale, dotata di senso. Iniziò allora la lunga serie delle «menzogne» con le quali gli uomini occidentali hanno ingannato sé stessi per secoli.
Il modello di tutte le menzogne è per Nietzsche la filosofia di Platone, che respinge il mondo reale come falso e inventa un mondo ideale – il mondo delle idee, caratterizzato da ordine, armonia, bene – presentandolo come la vera realtà. Il cristianesimo non è altro che platonismo per il popolo: la concezione è la stessa – l’al di là contrapposto al mondo terreno, lo spirito al corpo – ma il ‘mondo vero’ viene promesso non solo ai sapienti, bensì a qualunque uomo pio e virtuoso.
Al cristianesimo dobbiamo infine, secondo il filosofo tedesco, l’odio verso tutti i valori vitali – salute, bellezza, forza, potenza, che erano tipici della morale dei signori – e l’affermarsi di una morale da schiavi, incentrata sull’umiltà e sulla sottomissione, che ha condotto l’Occidente alla decadenza.
Ma quest’epoca di decadenza è destinata a concludersi. La più antica menzogna inventata dall’uomo – Dio – è stata ormai smascherata: «Dio è morto!», annuncia Nietzsche, e sono stati gli uomini stessi a ucciderlo. In un primo momento la morte di Dio sarà un enorme trauma: privi di ogni punto di riferimento, gli uomini si sentiranno persi nel nulla.
Ma questo nichilismo verrà ben presto superato, perché la scomparsa dell’illusione è destinata a portare via con sé anche la delusione.
Inizierà allora l’epoca dello Übermensch (superuomo o oltre-uomo), il quale saprà affrontare la vita senza certezze metafisiche e senza Dio, accettandone con entusiasmo la dimensione tragica e imponendo al caos insensato dell’esistenza la sua volontà di potenza.