Costumista italiana (n. Rosignano Marittimo 1941). Ha prediletto sempre il film in costume lavorando con registi come M. Scorsese e S. Leone con i quali ha ricostruito le varie epoche basandosi su una puntigliosa documentazione, ma è anche riuscita a dar forma al mondo fantastico e onirico di F. Fellini e alle follie di T. Gilliam, traendo ispirazione dall'arte figurativa. Nel 1989 per The adventures of Baron Münchausen (1988) di Gilliam ha ottenuto una nomination all'Oscar che ha poi vinto nel 1994 per The age of innocence. È stata anche premiata con quattro Nastri d'argento e due David di Donatello.
Dopo aver studiato all'Istituto statale d'arte di Porta Romana, a Firenze, si trasferì a Roma, dove lavorò come assistente di P. L. Pizzi, E. Frigerio e quindi di P. Tosi, del quale divenne una delle allieve più promettenti collaborando a grandi progetti come Medea di P. P. Pasolini (1969) e Morte a Venezia di L. Visconti (1971). Nel 1971 disegnò gli sfarzosi costumi di Addio, fratello crudele di G. Patroni Griffi, tratto dal dramma elisabettiano Tis pity she's a whore (1633) di J. Ford, ispirandosi, negli accostamenti coloristici, alla tradizione della pittura italiana del Rinascimento, e nella scelta dei tessuti, alle realizzazioni teatrali di Tosi e di Visconti. Sempre per Patroni Griffi vestì i perversi aristocratici di Divina creatura (1975), ambientato nella Roma degli anni Venti. Dopo la cupa e statica galleria di borghesi romani d'età umbertina in L'eredità Ferramonti (1976) di M. Bolognini, P. sembrava destinata alla creazione di figurini di mode tramontate per film in costume calligrafici quando la chiamò F. Fellini, dapprima per Prova d'orchestra (1979), poi per realizzare le oniriche fantasie incarnate nei sensuali corpi femminili in La città delle donne (1980). Con Passione d'amore (1981), ambientato nell'Ottocento, ha iniziato una duratura collaborazione con E. Scola, che l'ha poi chiamata per alcuni dei suoi film corali più riusciti, da Il mondo nuovo, noto anche come La nuit de Varennes (1982) a La famiglia (1987), fino ai due film con Massimo Troisi, Splendor (1989) e Che ora è? (1989). Con S. Leone in Once upon a time in America (1984), ha contribuito a ricostruire il mondo degli immigrati e dei gangster ebrei di New York, in chiave più fantastica che non realistica, seguendoli dalla miseria del primo Novecento ai fasti dell'età del proibizionismo. Con la regia di J.-J. Annaud ha vestito i frati e le streghe nel Medioevo ruvido e barbarico in Der Name der Rose (1985) utilizzando stoffe grezze, colori naturali nei toni della terra, ottenendo l'effetto di un minimalismo spoglio, senza nessuna concessione estetizzante. Ormai affermata erede della migliore tradizione artigianale italiana, P. è stata chiamata in grandi produzioni internazionali, passando dal mondo colorato e visionario di The adventures of Baron Münchausen (1988) per il quale si è ispirata all'immaginario delle fiabe e delle illustrazioni per bambini, all'oleografico e rarefatto ambiente coloniale di Indochine (1992) di Régis Wargnier, per il quale ha collaborato con il costumista francese Pierre-Yves Gayraud. Per The age of innocence (1993) di M. Scorsese ha ricostruito con passione del dettaglio e capacità simbolica nell'accostamento dei colori, non solo i costumi, ma anche le oppressioni (basti pensare ai bustini che soffocano i desideri del personaggio impersonato da M. Pfeiffer) di un mondo ostile alla felicità dell'individuo come quello dell'alta società americana nella New York del 1870. Negli anni successivi, le sono stati ancora proposti film in costume, ma di minor spessore, come The scarlet letter (1995), Cousin Bette (1996), William Shakespeare's a midsummer night's dream (1999), Le temps retrouvé (1999). Tra gli i più recenti lavori realizzati si ricordano: Charlie and the chocolate factory (2005) di T. Burton e Beowulf (2007) di R. Zemeckis. Suoi, tra gli altri, anche i costumi dei film Les misérables (1998), Perduto amor (2003) e Van Helsing (2004). Intensa anche l'attività di costumista teatrale: attiva nell'opera lirica (con L. Visconti, Manon Lescaut, 1973) e nel teatro di prosa, in collaborazione fra l'altro con G. Patroni Griffi (Mahagonny, 1972; La signora delle camelie, 1992) e L. Ronconi (Strano interludio, 1990), si è imposta come erede della scuola del realismo fiorentino, riuscendo a filtrare modernamente l'esigenza filologica della fedele ricostruzione storica con il ricorso colto alla pittura e all'iconografia e con l'invenzione fantastica.