DONIZETTI, Gaetano
Compositore, nato il 29 novembre 1797 a Bergamo, ivi morto l'8 aprile 1848. La famiglia D. era di condizioni assai umili (il padre era portiere al Monte dei Pegni, la madre tessitrice), sì che all'età di 9 anni Gaetano poteva essere accolto nella "Scuola caritatevole di musica", aperta l'anno prima e diretta da Simone Mayr. In questa scuola si può dire che l'insegnamento principale fosse quello del canto, ed infatti nel 1809 al D. viene affidata una parte in un'opera del Mayr che si rappresentava nel teatrino scolastico.
Il Mayr ebbe del resto un'influenza benefica sullo spirito e sul temperamento del fanciullo, ch'egli seppe piegare alle esigenze della scuola e ad uno studio metodico e severo. Iniziato, nella stessa scuola, allo studio del contrappunto, il D. fu poi mandato a compierlo a Bologna presso il Pilotti e poi presso il Mattei. Soprattutto mercé l'insegnamento del Mayr e del Mattei, il giovane giunse dunque alle soglie dell'arte non impreparato musicalmente o trascinato dal solo impulso, ma, al contrario, ricco di buona cultura teorica e di pratica esperienza.
Terminati gli studî e tornato a Bergamo, D. intendeva dedicarsi senz'altro alla composizione, ma, dovendo alleviare le ristrettezze nelle quali la sua famiglia si trovava, e non volendo, d'altra parte, porsi a insegnare, si risolse a entrare nell'esercito. La vita militare non doveva, infatti, togliergli ogni agio di scrivere musica. Trovandosi, nel 1818, a Venezia, riesce a comporre e far rappresentare al S. Luca un'opera, Enrico di Borgogna, che ottiene una accoglienza buona ma non tanto felice da assicurare il nome del compositore. Già in questo primo tentativo i competenti seppero, del resto, trovare pregi non comuni, e tali da far riporre nel D. liete speranze. Speranze che - confermate dalla seconda opera: Il falegname di Livonia, rappresentato al teatro di S. Samuele, a Venezia, sotto il titolo di Pietro il Grande zar delle Russie, nel dicembre 1819 - ottennero piena ragione con l'ottimo esito riportato all'Argentina di Roma nel 1822, dall'opera semiseria Zoraide di Granata, esito che permise al D. di lasciare l'esercito per dedicarsi finalmente soltanto alla composizione.
Gl'impresari cominciano infatti a commettergli opere, e si può dire che da allora in poi l'attività creatrice del D. non conosca riposo: dotato di una grande facilità, il maestro fa seguire un'opera all'altra, passando dall'uno all'altro genere, serio o giocoso, in un tempo estremamente breve. A circa 26 tra opere serie, farse, opere buffe, ecc. scritte dal 1822 al 1830 (quelle degli ultimi anni per l'impresario napoletano Barbaia) tengono dietro dal 1830 al 1832 altre cinque, tra le quali Anna Bolena e L'Elisir d'Amore, due composizioni che pongono il D. tra i più acclamati operisti del tempo. È interessante notare che il D. ebbe il libretto dell'Anna Bolena (di F. Romani) 40 giorni prima della rappresentazione. Il plauso destato da quest'opera fu così clamoroso da diminuire - nel confronto - il favore che avrebbero potuto ottenere le opere immediatamente successive. Solo con l'Elisir (composto in 14 giorni) il maestro si poté mostrare nuovamente degno di tali accoglienze.
Ma dall'Elisir in poi la fortuna del D. non ha ormai più nulla da temere, ché qualche insuccesso non è cosa meritevole di gran rilievo, quando si ponga mente al grandissimo numero delle opere e al valore di alcune di esse.
Dopo la Lucia di Lammermoor (1835), non vi furono più confini per la fama del maestro: l'opera passò trionfalmente da Napoli, attraverso i teatri di tutta Italia, a Parigi, a Londra, a Stoccolma, a Vienna. Il nome del D. fu posto accanto a quello di G. Rossini e di V. Bellini. Nel 1835 egli fu chiamato a insegnare contrappunto al Reale collegio di musica di Napoli.
Nel 1836 e nel '37 lo colpì una serie di sventure familiari (la perdita dei genitori, d'una figlia e poi della moglie, Virginia Vanelli, da lui sposata nel 1828), dalle quali la sua attività creatrice subì un fiero colpo: le opere scritte in quel periodo sono povere di tempra e di fascino, né loro arrise alcun duraturo favore. Soltanto nel 1840 il genio donizettiano rinasce a nuova potenza nella Figlia del reggimento, nel Poliuto (in francese Les Martyrs) e soprattutto ne La Favorita, opere rappresentate a Parigi con diverso esito iniziale. Mentre la loro fortuna doveva in seguito rafforzarsi, allora solo La Favorita fu apprezzata nel suo reale valore. Nel 1842, dopo alcuni lavori non molto fortunati, il D. vede acclamare, a Vienna, la Linda di Chamounix, opera che gli procura grandi onori; tra l'altro è nominato compositore e maestro di cappella della Corte, posto già occupato da W. A. Mozart. Nel 1843, ritornato a Parigi, vi allestisce il Don Pasquale; poi, di nuovo a Vienna, presenta la sua ultima opera fortunata: Maria di Rohan. Le altre composte in quel tempo: Don Sebastiano di Portogallo, Caterina Cornaro, Il Duca d'Alba, ecc., non fecero che affliggere col loro insuccesso l'artista già vicino alla fine della sua attività. Nel 1845 si manifestano in lui i segni della paralisi, e nel 1846 egli è ricoverato in una casa di salute a Jvry, demente "per doppia affezione cerebro-spinale, con paralisi generale". Trasportato, il 20 settembre 1847, a Bergamo, vi moriva dopo qualche mese.
La figura artistica del D. va considerata nel quadro del teatro musicale del primo Ottocento, già rivolto dal classicismo al romanticismo nell'opera rossiniana allora dominatrice. Nel D. non si nota dunque tanto un innovatore cosciente quanto un lirico istintivo, il quale s'esprime con accenti originali pur entro forme preesistenti, liberamente accettate. Per questo suo carattere di geniale istintività (che da molti critici gli ottenne l'accusa di dilettantismo) egli non sempre vuole o può mantenere a una costante dignità il suo discorso. Non povero davvero di capacità e di cultura (numerosi esempî d'ammirevole scrittura elaborata, come anche l'euritmia ellenica di alcuni suoi disegni musicali, non lasciano dubbî in proposito) il D. non si abbandona interamente al suo lavoro che nei momenti di grazia, ch'egli trova quasi sempre nell'espressione della passione amorosa, e soprattutto della passione nel momento del suo purificarsi in una luce di misticismo. E qui, nello spirito più che nella forma, al D. vien fatto, quasi inconsciamente, di oltrepassare l'arte da lui trovata nel suo tempo, contrapponendo al tepido romanticismo di un Rossini un romanticismo acceso da fiamme di sfrenata passione, o di rapimento celestiale. Basterà, a questo proposito, pensare alle scene principali della Lucia di Lammermoor, della Favorita, e alla patetica dolcezza di alcune arie e di alcuni duetti delle migliori 0pere buffe.
Opere: Enrico di Borgogna (Venezia 1818); Il ritratto parlante (1818); Pietro il Grande, ossia il falegname di Livonia (Venezia 1819); Le nozze in villa (Mantova 1820); Zoraide di Granata (Roma 1822); La zingara (Napoli 1822); La lettera anonima (Napoli 1822); I Pirati (Milano 1822); Il fortunato inganno (Napoli 1823); Alfredo il Grande (Napoli 1823); Aristea (Napoli 1823); Una follia (Venezia 1823); L'aio nell'imbarazzo (Roma 1824); Emilia, o l'eremitaggio di Liverpool (Napoli 1824); I voti dei sudditi, oratorio (1825); Alahor in Granata (1826); Il castello degli invalidi (Palermo 1826); Elvida (Napoli 1826); Olivo e Pasquale (Roma 1827); Il borgomastro di Saardam (1827), Le convenienze ed inconvenienze teatrali (1827); Otto mesi in due ore, ovvero gli esiliati in Siberia (1827); L'esule di Roma (Napoli 1828); La Regina di Golconda (Genova 1828); Gianni di Calais (Napoli 1828); Giovedì grasso (1828); Il parìa (1829); Il Castello di Kenilworth (1829); Imelda de' Lambertazzi (1830); La romanziera (1830); Anna Bolena (Napoli 1830); Fausta (Napoli 1832); Ugo, conte di Parigi (Milano 1832); Elisir d'Amore (Milano 1832); Sancia di Castiglia (Napoli 1832); Il furioso, o l'Isola di Domingo (Roma 1833); Parisina (Firenze 1833); Torquato Tasso (Roma 1833); Lucrezia Borgia (Milano 1834); Rosmunda d'Inghilterra (Firenze 1834); Maria Stuarda (Napoli 1834); Gemma di Vergy (Milano 1834); Marin Faliero (Parigi 1835); Lucia di Lammermoor (Napoli 1835); Belisario (Venezia 1836); L'assedio di Calais (Napoli 1836); Il campanello di notte (1836); Betly (1836); Pia de' Tolomei (Venezia 1837); Roberto Devereux (Napoli 1837); Maria di Rudenz (Venezia 1838); La figlia del reggimento (Parigi 1840); Poliuto (Parigi 1840); Gianni di Parigi (Milano 1839); La Favorita (Parigi 1840); Adelia o la figlia dell'Arcione (Roma 1841); Maria Padilla (Milano 1841); Linda di Chamounix (Vienna 1842); Don Pasquale (Parigi 1843); Maria di Rohan (Vienna 1843); Don Sebastiano (Parigi 1843); Caterina Cornaro (Napoli 1844); Il Duca d'Alba (incompiuto, ma rappresentato a Roma nel 1882) e altre minori. Oltre alle opere drammatiche: Cantate, Inni, due Messe, un Requiem (per Bellini), un Miserere, due Ave Maria, romanze, diverse musiche da camera e per canto.
Bibl.: F. Alborghetti e M. Galli, G. Donizetti e S. Mayr, Bergamo 1875; Num. unico del 1° cent. della nascita di G. D., Bergamo 1897; E. C. Verzino, Le opere di G. D., Bergamo 1897; G. Donati Petteni, G. D., Milano 1930. Cfr. anche G. Donizetti, Lettere inedite, a cura di F. Marchetti e A. Parisotti, Roma 1892; id., Lettere inedite, a cura di A. De Eisner-Eisenhof, Bergamo 1897.