GALEANI NAPIONE di Cocconato, conte Gian Francesco
Nacque in Torino il 1° novembre 1748 da Carlo Giuseppe Amedeo Valeriano e da Maddalena de Maistre. Laureatosi in giurisprudenza, entrò nell'amministrazione delle Finanze (1776) e fu intendente delle provincíe di Susa (1782) e di Saluzzo (1785), indi sovrintendente al censimento del Monferrato (1787), membro della giunta per l'amministrazione dei comuni (1790), consigliere di stato applicato agli archivî di corte (1796) e generale di finanze (1797), ufficio quest'ultimo dal quale dopo poco si dimise. Sotto i Francesi si tenne lontano dai pubblici affari, ma fece parte dell'Accademia delle scienze e accettò la croce della Legion d'onore. Al ritorno del re (1814), divenne riformatore degli studî nell'università e sovrintendente degli archivî. Morì in Torino il 12 giugno 1830, senza lasciare prole maschile dei due suoi matrimonî con Luisa Crotti di Costigliole (1786) e con Barbara Lodi di Capriglio (1792).
Il G. scrisse con molta dottrina vite ed elogi d'illustri italiani (Botero, Bandello, Bettinelli, Muratori, Palladio, ecc.), studî sui principali scrittori d'arte militare da Egidio Colonna al Montecuccoli, notizie sulle riforme di Emanuele Filiberto, dissertazioni su Amerigo Vespucci e sulla patria di Cristoforo Colombo (ch'egli poneva a Cuccaro nel Monferrato), discorsi sulla storia del Piemonte, lettere sull'architettura, ricerche di numismatica, traduzioni, versi, tragedie e più altri saggi di svariatissimo argomento, raccolti in massima parte nell'edizione che delle sue opere uscì a Pisa, in dieci volumi, tra il 1818 e il 1826. Il lavoro suo più celebre è intitolato Dell'uso e dei pregi della lingua italiana (Torino 1791-92, voll. 2; migliore ediz. Firenze 1813). In esso il Galeani Napione combatte la moda della lingua e dei libri forestieri e vi ammonisce i proprî concittadini, esaltata l'italianità del Piemonte, a dimostrarsi sempre e in ogni cosa zelanti dell'onore della patria. Il medesimo spirito d'italianità appare nelle Osservazioni intorno al progetto di pace tra Sua Maestà e le Potenze barbaresche (1780) e nella Idea di una confederazione delle Potenze d'Italia (1791) per mantenere la tranquillità della penisola contro la propaganda rivoluzionaria francese e per "far rinascere, nella declinazione di quel popolo, la potenza navale d'Italia nel Levante". Di queste due memorie diede ampî estratti N. Bianchi (St. della monarchia piemontese dal 1773 al 1861, Torino 1877-1885, I, 486 e III, 527); ma più altre, ancora inedite negli archivî e nelle biblioteche di Torino, furono da lui indirizzate, spontaneamente o dietro richiesta, ai ministri del re per esporre loro il proprio parere sulle più gravi questioni d'interesse pubblico (per esempio: Dei religionari Valdesi e della negoziazione che potrebbesi intraprendere con l'Inghilterra rispetto ad essi; Del modo da tenersi per impedire che le turbolenze insorte nel regno delle Due Sicilie per motivo della nuova costituzione si estendano agli altri stati d'Italia). In questi scritti, forse meglio ancora che nelle opere a stampa, si delinea la figura del N., erudito e scrittore politico non privo di vanità, ma probo, disinteressato, nobilmente sollecito del progresso civile della sua terra.
Bibl.: L. Martini, Vita del conte G. F. N., Torino 1836; V. Gribaudi, Discorso critico su G. F. G. N., Cuneo 1872; L. Fusani, G. F. G. N. di Cocconato-Passerano, Torino 1907. Ved. anche Antologia, 7 luglio 1830.