CARAFA, Galeotto
Nato a metà circa del XV secolo da Gurrello e da Lucrezia Pignatelli, acquistò da Ferdinando I d'Aragona nel 1481 la baronia di Tiriolo (Catanzaro). Era stato probabilmente nel 1470 castellano di Amantea e fu in seguito, nel 1482-84, castellano di Crotone. Quando il re, dopo la repressione della seconda congiura dei baroni, inviò in Calabria nel 1487, con il compito di ridurre all'obbedienza quanti non fossero ancora perfettamente allineati nella fedeltà al sovrano, Luigi di Lofreda, questi aveva il mandato di rivolgersi al C., allora governatore di Pietro d'Aragona, regio luogotenente generale in Calabria, per ottenerne aiuto e collaborazione. Il 16 ottobre 1487 il C. ebbe ordine di fortificare Rossano e il 3 luglio successivo il re gli confermava un feudo, da lui acquistato nel 1487, nel territorio di Motta Fillocastro (Cosenza). Fu probabilmente lui quel barone napoletano che, con altri illustri personaggi, sottoscrisse in Castel Nuovo, nel dicembre del 1488, i capitoli matrimoniali fra Isabella d'Aragona e Gian Galeazzo Sforza. Pochi anni più tardi, nel 1492, egli ebbe una controversia con la comunità di Catanzaro, che si era appellata al re contro il C., che aveva esatto una multa indebitamente ed aveva leso altri diritti della comunità.
Nel 1495, morto Ferdinando, mentre incombeva sugli Aragona e sul Regno la minaccia francese, il C., per sopperire ai bisogni di Alfonso II, vendette parte dei suoi beni, ma non la baronia che invece cedette nel 1499, per acquistare la contea di Terranova. Nel 1501, poco prima della definitiva scomparsa dalla scena storica degli Aragona, re Federico. della cui moglie, legata da parentela con la moglie del C., il barone era ciambellano, gli restituì Tiriolo, con una donazione. Da parte sua il C. seguì il sovrano ad Ischia, quando questi vi si rifugiò nell'agosto, dopo l'occupazione di Napoli da parte dei Francesi. Quando costoro furono a loro volta scalzati dagli Spagnoli, i nuovi signori gli confiscarono i beni e con atto del 10 febbr. 1505 Ferdinando il Cattolico annullò la donazione di Tiriolo. La baronia - ma non la contea di Terranova - fu poi restituita al figlio Gurrello, dopo la morte del C., avvenuta nel 1506 circa. Alla vedova, Vittoria Cantelmo, Ferdinando il Cattolico donò, a titolo di risarcimento, nel 1507, durante il suo soggiorno in Napoli, la contea di Soriano.
Contemporanei e omonimi del C. furono due personaggi, l'uno, Galeotto di Nicola di Galeazzo e di Maria Guevara, che successe allo zio Andrea nella contea di Santa Severina, attivo ancora nel primo quarto del sec. XVI; l'altro Galeotto signore di Pascarola, figlio di Scipione, o, secondo l'Aldimari, di Andrea, nato nell'anno 1415 circa. Quest'ultimo fu uomo d'arme e capitano di Sulmona nel 1455. Alla morte di Alfonso I d'Aragona si schierò contro Ferdinando, il quale nel 1460 gli tolse la metà del feudo di Pasacarola, che Galeotto aveva ricevuta in eredità dal padre. Nel 1465 divenne capitano de L'Aquila, dove rimase fino al 1469. Intorno a quest'epoca acquistò Civitaluparella, il cui possesso fu confermato dal sovrano agli eredi il 5 nov. 1486. Sposò Rosata di Pietramala, da cui ebbe sei figli; il primogenito, Andrea, fu il primo conte di Santa Severina. Morì nel 1486 ed il figlio maggiore nel 1513 gli fece porre una lapide in S. Domenico Maggiore in Napoli.
Fonti e Bibl.: Codice aragonese..., a cura di F. Trinchera, III, Napoli 1874, pp. 268-71; C. Minieri Riccio, Saggio di codice diplomatico, II, 2, Napoli 1880, p. 41; Regis Ferdinandi primi instructionum liber..., a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 79, 117, 130, 264, 307, 309, 355; Regesto della cancelleria aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, pp. 59, 119, 172; C. D'Engenio Caracciolo, Napoli sacra, Napoli 1624, p. 271; B. Aldimari, Historia geneaol. della famiglia Carafa, Napoli 1691, I, p. 150; II, pp. 229-31; N. Faraglia, Giancarlo Tramontano..., in Arch. stor. per le prov. napol., V (1880), p. 122; E. Pontieri, La "guerra dei baroni"..., ibid., s. 3, X (1972), p. 144; P. Litta, Le fam. celebri italiane,sub voce Carafa, tav. XII.