GALIZIA
(lat. Callaecia; spagnolo Galicia)
Regione storica della penisola iberica, situata alla estremità nordoccidentale, oggi corrispondente all'omonima regione autonoma della Spagna (suddivisa nelle prov. di La Coruña, Lugo, Orense e Pontevedra) e a parte del Portogallo settentrionale (Braga). La lingua parlata in G., il gallego, è più vicina al portoghese che allo spagnolo.Sul piano politico-amministrativo, la G., dopo la conquista romana del 19 a.C., entrò a far parte della Hispania Citerior. Divisa fin dall'epoca flavia nei tre conventus giuridici di Asturum, Lucensis, Bracarum, aventi per capoluogo città fondate da Augusto, Bracara Augusta (Braga), Lucus Augusti (Lugo), Asturica Augusta (Astorga), la G. subì un processo di progressiva municipalizzazione, al quale contribuì la creazione di una complessa infrastruttura viaria il cui tracciato si conservò fino all'epoca medievale.A quanto attestano le scarse testimonianze archeologiche, il cristianesimo sembra essersi diffuso molto lentamente in G.; un quadro preciso della comunità cristiana della penisola iberica nordoccidentale non può peraltro essere ricostruito neanche tramite le fonti letterarie, che permettono tuttavia di individuare un ambiente colto, nel quale si distinsero personaggi come Eteria, autrice della Peregrinatio, Orosio, discepolo di Agostino, e lo storico Idazio, vescovo di Chaves (Portogallo) e discepolo di Girolamo. Con questa cerchia, che manteneva stretti legami con l'Oriente mediterraneo, è possibile mettere in relazione il distico in esametri latini inciso sulla tavola delle offerte decorata con il monogramma di Cristo e riutilizzata per l'altare della chiesa di Santa María de Lebeña a la Hermida (Lugo; Schlunk, 1977) e il sarcofago di Braga (Tesouro da Sé Primaz), di produzione locale, ispirato a modelli mediterranei.Nel 411, in seguito alla spartizione del territorio iberico da parte delle popolazioni barbariche, in G. si costituì un regno svevo che, benché indipendente, entrò presto nell'orbita di quello visigoto, al quale finì per essere annesso un secolo più tardi. Il fatto che gli Svevi fossero di confessione ariana rese più difficile l'opera di evangelizzazione della Chiesa gallega, che doveva confrontarsi, oltre che con il rinascere del priscillianismo, con il persistere di un paganesimo fortemente radicato. Determinante per la seconda cristianizzazione della parte nordoccidentale della penisola fu il ruolo di s. Martino di Dumio, vescovo di Braga, al cui apostolato Gregorio di Tours diede una dimensione leggendaria, facendo coincidere il suo arrivo in G. (559) con la conversione del figlio del re degli Svevi, Carriarico, dopo la guarigione miracolosa dalla lebbra per intercessione di s. Martino di Tours, del quale furono trasferite a Braga alcune reliquie (Gregorio di Tours, Hist. Fr., V, 37).Al vescovo di Braga si dovette l'organizzazione dell'amministrazione ecclesiastica gallega, per la quale egli prese a modello quella romana: Braga (v.) conservò la sua condizione di sede metropolitana, mentre alla giurisdizione di Lugo vennero assegnate le diocesi e i territori che costituiscono l'od. G. (Orense, Iria, Tuy e Britonia, capoluogo ecclesiastico di una colonia di immigrati bretoni; David, 1947; Torres Rodriguez, 1977). S. Martino promosse inoltre una riforma monastica di chiara ispirazione orientale, le cui direttrici furono probabilmente seguite, un secolo più tardi, da s. Fruttuoso nella Regula monachorum, che venne adottata dai numerosi monasteri di cui gli viene attribuita la fondazione. Le nuove indagini recentemente dedicate ai principali complessi risalenti a questo periodo hanno peraltro rivelato numerosi interventi successivi. È il caso della chiesa monastica di Santa Comba di Bande (Orense), considerata per lungo tempo prototipo dell'arte visigotica, della cui costruzione originaria resterebbe poco più della pianta; l'alzato e gli elementi decorativi di São Frutuoso di Montélios (Braga) e di São Pedro di Balsemão (Beira Interior) risalirebbero in gran parte al sec. 11° (Kingsley, 1980; Caballero Zoreda, 1991); un'analoga postdatazione è stata data al sarcofago di Dumio (Braga, Mus. D. Diogo de Sousa), secondo la tradizione eseguito in occasione della morte di s. Fruttuoso per ospitarne il corpo (Schlunk, 1977).I resti archeologici di questo periodo tuttavia permettono di evidenziare gli stretti rapporti tra la G. e i principali centri di produzione artistica della Spagna visigota. La pianta di Santa Comba di Bande riprende prototipi toledani (Santa María di Melque, La Mata), mentre le strutture architettoniche (São Frutuoso di Montélios) e le scarse vestigia di decorazione plastica, come i rilievi provenienti da Saamasas (Lugo, Mus. Diocesano), sembrano ispirate da modelli bizantini diffusi attraverso Mérida (Schlunk, Hauschild, 1978; Caballero Zoreda, 1991). L'invasione musulmana non lasciò traccia in G., giacché i pirati berberi, non soddisfatti dei territori che l'aristocrazia araba aveva loro assegnato, presto si ribellarono, ritirandosi verso S. La scomparsa del regno visigoto e l'abbandono della regione da parte dei musulmani privarono la G. di una forma di dominio organizzato. Con Alfonso II, re delle Asturie e di León (791-842), l'intero territorio gallego, organizzato in contea, entrò in modo definitivo nella sfera di influenza del regno delle Asturie (v.), al quale era peraltro accomunato dalla necessità di difendersi dalle periodiche incursioni musulmane nella Spagna settentrionale.Al regno di Alfonso II risale l'invenzione del sepolcro di s. Giacomo Maggiore nel Campus Stellae (Compostela), e al re asturiano si deve la costruzione della prima basilica dedicata all'apostolo, la cui abside rettangolare avrebbe inglobato l'arca contenente le reliquie (Guerra Campos, 1982). Nonostante lo stretto legame che intercorreva già a quest'epoca tra la G. e le Asturie - evidente anche per le imprese architettoniche promosse dal sovrano asturiano in G. -, si è rivelata infondata l'ipotesi di un'origine gallega della pittura asturiana (Nuñez Rodriguez, 1978).L'impulso dato da Alfonso III (866-910) alla Reconquista determinò il recupero del territorio gallego fino al Duero, con il conseguente ripristino delle antiche sedi vescovili. La crescente affluenza di pellegrini spinse inoltre il re a finanziare la costruzione di una nuova basilica a Compostela, alla quale donò una preziosa croce, rubata agli inizi del Novecento, e che abbellì con trofei di guerra, quali le petras marmoreas portate dalla terra dei Mori e citate dall'atto di consacrazione dell'899. Il confronto tra questo documento e i risultati degli scavi ha permesso di scartare l'ipotesi di un capocroce con terminazione triabsidata (Guerra Campos, 1982). È quindi verosimilmente derivato dalla tradizione asturiana il coro triabsidato delle chiese monastiche sorte, probabilmente nel sec. 10°, intorno alla basilica dell'apostolo: San Salvador de ante altares, San Martín Pinario e La Corticella, quest'ultima attualmente inglobata nella cattedrale romanica (Moralejo Alvarez, 1985).L'influenza della basilica compostellana cominciò a evidenziarsi nel sec. 10°, in edifici come San Pedro di Ansemil (Pontevedra; Yzquierdo Perrin, 1992), in un ambito artistico in cui edifici derivati da modelli asturiani - Santa María di Cebrero (Lugo), San Xés di Francelos (Orense) - convivevano con esempi strettamente legati all'arte mozarabica del León. Effettivamente la cappella di San Miguel di Celanova (Orense) - quanto resta del monastero eretto da s. Rudesindo -, che riprende, in dimensioni ridotte, l'eremo di San Baudelio de Berlanga (Soria), presenta un linguaggio decorativo affine a quello della chiesa di Santiago di Peñalba (León). A questo ambito culturale vanno ascritti, a Orense, gli elementi superstiti della ormai scomparsa chiesa di Santa María di Vilanova de los Infantes, delle chiese di San Martiño di Pazó, forse di Santa Eufemia de Ambía e Santa María di Mixós, e di San Juan di Panjón (Pontevedra).Dopo le campagne devastatrici a cui al-Manṣūr sottopose il Nord della penisola iberica, giungendo a radere al suolo Santiago de Compostela, nel sec. 11° iniziò una modesta attività di ricostruzione che interessò le basiliche compostellane e alcuni edifici di origine visigota; tuttavia il concentrarsi dell'attività edilizia in opere difensive - torre di Cresconio nella cinta muraria compostellana, torri di Oeste a Catoira (Pontevedra) - è indicativo di un'instabilità politica caratterizzata dagli attacchi normanni sulle coste galleghe e dai contrasti interni nel regno di León. Queste circostanze, insieme al lento indebolimento del califfato, permisero l'ascesa del regno di Navarra, che ampliò la sua area di influenza verso O, sotto il regno di Sancio Garcés III detto il Maggiore, alla cui morte (1035) il figlio Ferdinando I il Grande (m. nel 1065) divenne imperator totius Hispaniae grazie al matrimonio con Sancia, erede del regno delle Asturie e di León. Grazie al suo atteggiamento di apertura verso il resto dell'Europa, a O della penisola giunse una prima arte romanica, rappresentata da una serie di oggetti suntuari e di miniature e legata alla corte di León; di questi fa parte la più antica manifestazione del genere conservata in G., il Diurnale di Ferdinando e Sancia, conservato a Santiago de Compostela (Univ., Bibl. General, Res.1).Il successore di Ferdinando, Alfonso VI il Valoroso, re di Castiglia e di León (1065-1109), sostenne il vescovo Diego Peláez nell'avvio della costruzione a Santiago de Compostela di una chiesa-cattedrale di pellegrinaggio, sebbene l'esilio del prelato, che aveva appoggiato un fugace episodio di indipendentismo, impedisse la conclusione della prima campagna costruttiva - che si limitò a poco più della prima fase di alcune cappelle del capocroce -, alla quale parteciparono, tra le altre, botteghe originarie di Conques.Contemporaneamente veniva rinnovata l'antica cattedrale di San Martín de Mondoñedo (Lugo). Mentre la sua decorazione architettonica ad archetti pensili e lesene rimanda a opere catalane della prima età romanica e sembra trovare un'eco nella chiesa di San Xoán de Vilanova a Perbes (La Coruña) e a San Antoniño di Toques (La Coruña), i capitelli e l'antependium sono espressione di una corrente protoromanica indipendente dalle proposte compostellane, caratterizzata dal persistere di formule tradizionali e da una certa ingenuità espressiva, i cui riflessi si ritrovano ancora agli inizi del secolo successivo nella decorazione della chiesa di San Bartolomé di Rebordans (Pontevedra; Bango Torviso, 1979).Nella prima metà del sec. 12° Santiago de Compostela (v.) divenne il fulcro delle imprese artistiche più ambiziose e stilisticamente più avanzate della Galizia. Per interessamento del vescovo Diego Gelmírez - il quale, con l'appoggio di Raimondo di Borgogna, conte di G., e di sua moglie, la regina Urraca, riuscì a innalzare la sede al rango di archidiocesi - fu portata a termine la maggior parte dell'edificio romanico; allo stesso vescovo, che dotò la cattedrale di un ricco tesoro liturgico è legato un manoscritto a Santiago de Compostela (Bibl., Tumbo A) illustrato con ritratti dei re. In quest'epoca venne completato il capocroce, furono costruiti il transetto e gran parte della navata principale e fu realizzata la decorazione dei due portali del transetto, quello della Azabachería o porta Francígena a N e quello de las Platerías a S. Il primo, leggermente più antico - ricostruito da Moralejo Alvarez (1977) in base alla dettagliata descrizione contenuta nel Liber sancti Iacobi -, presentava un ciclo con scene della Caduta e della Redenzione, che trovava il suo compimento nel portale de las Platerías, dove alla rappresentazione di episodi evangelici si aggiungono immagini dal carattere simbolico. Mentre nella porta de las Platerías predominano forme derivate da Conques, nel portale nord si fondevano due stili anticheggianti, quello di Jaca e quello di Tolosa, filtrati dalla versione di León (Moralejo Alvarez, 1977).Le ambiziose opere di scultura di Santiago de Compostela ebbero scarsa eco in G., dove in età romanica si ebbero sviluppi artistici legati a tradizioni diverse, come nel caso della cattedrale di Lugo, iniziata nel 1129 dal maestro Raimondo di Monforte de Lemos, probabilmente formatosi in Guascogna e Linguadoca (D'Emilio, 1988); in area portoghese invece la rivalità per il primato ecclesiastico determinò una sorta di ostracismo artistico nei confronti di Santiago de Compostela (Pérez Homem de Almeida, 1984; Real, 1992).Alla morte di Alfonso VII (1157), con la separazione del regno di León da quello di Castiglia, ebbe inizio per la G. una delle epoche artistiche più feconde, grazie ai re Ferdinando II (1157-1188) e Alfonso IX (1188-1230). A quest'epoca risale il corpo occidentale della cattedrale compostellana, dove si trova il Pórtico de la Gloria (1188), realizzato da più botteghe di varia derivazione stilistica tradizionalmente riunite sotto il nome del maestro Matteo, unico documentato nell'impresa. Il fugace splendore di Santiago de Compostela, che Sauerländer (1992) ha definito uno dei centri dello 'stile 1200', sfociò presto in consuetudini di bottega nei rilievi della recinzione del coro e nelle figure dei giacenti nel pantheon regio e già dal primo terzo del sec. 13° si può osservare un progressivo decadimento.Gli esiti artistici compostellani trovarono eco, tramite il portale sud della cattedrale di Orense, in tutta la G.: a San Esteban di Ribas de Sil, nella valle del Miño (Lugo), a San Julián de Astureses (Orense), a Santo Tomé de Serantes (Orense). Opera di Matteo erano stati ritenuti i portali occidentali delle chiese di San Nicolás di Puertomarín (Lugo) e di Santa María di Carboeiro (Pontevedra) per la loro forte dipendenza dai modelli compostellani. Vanno tuttavia ridimensionati il carattere originale e il ruolo egemonico tradizionalmente attribuiti alla terza fase, corrispondente alla realizzazione del Pórtico de la Gloria, di Santiago de Compostela, alla quale aveva partecipato una bottega borgognona già attiva nella cattedrale di Lugo e a Santa María di Cambre (La Coruña; Vila da Vila, 1986; D'Emilio, 1988); anche gli artisti responsabili della prima fase della collegiata di Santa María del Sar (presso Santiago de Compostela) avevano già lavorato nella collegiata di Junquera de Ambía (Orense) e a Santa Eulalia di Losón (Pontevedra; D'Emilio, 1991).Nella regione non mancano tendenze artistiche indipendenti dal cantiere compostellano, come quella, di origine aragonese, che ispira la particolare soluzione architettonica di San Miguel di Eiré (Lugo), o quella, derivata da modelli guasconi, del portale occidentale di San Julián de Moraime (La Coruña), dove si ritrovano precoci esempi di statue-colonna (Sousa, 1983). Uno stile rozzo e anacronistico mostrano i portali di alcune chiese rurali firmati tuttavia dai loro artefici: Martinus, autore del portale di San Cristóbal di Novalúa (Orense), e Pelagius, autore del timpano di Taboada dos Freires (Lugo; Yzquierdo Perrin, 1983b).Ai re di León e all'alta nobiltà si deve anche l'impulso dato all'Ordine cistercense. A Santa María di Sobrado de los Monjes (La Coruña) - una delle fondazioni cistercensi più antiche della penisola - i monaci di Clairvaux si insediarono nel 1142 e costruirono una chiesa che riproduceva quella della casa madre, che servì da riferimento per le successive costruzioni dell'Ordine in G.: Armenteira (Pontevedra), Meira (Lugo), Melón (Orense) e Oya (Pontevedra). La sua influenza fu tale da determinare la trasformazione in corso d'opera di alcuni edifici romanici, per es. la cattedrale di Orense e quella di Tuy (Valle Perez, 1982).La crisi politica ed economica che la G. conobbe a partire dal 1230, con la morte di Alfonso IX e la sottomissione alla Castiglia, influì negativamente sullo sviluppo dell'arte gotica. Se ancora il portale occidentale della cattedrale di Tuy - alla cui ricca decorazione operarono nel primo quarto del secolo botteghe delle regioni di Laon e Chartres - introduceva elementi innovativi nell'arte gotica peninsulare, dal 1230 l'arte gallega cercò ispirazione nei prestigiosi modelli del passato. Nel Pórtico del Paraíso della cattedrale di Orense, 'interpretazione' più che copia del Pórtico de la Gloria compostellano (Moralejo Alvarez, 1975), lo stile c.d. matteino convive con echi di quello di Burgos; esso si ritrova nella decorazione plastica di alcune chiese (Santa María la Nueva a Noya, La Coruña) fino al sec. 15° (San Martín di Noya, La Coruña).A formule romaniche compostellane e a una pianta cistercense si fece ricorso nella costruzione della prima chiesa mendicante gallega, Santo Domingo de Bonaval a Santiago de Compostela (1230-1240), nella quale i vari apporti vennero adattati alle necessità dell'Ordine domenicano.Alla diminuita importanza politica si aggiunse il declino del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, che, di conseguenza, cessò di costituire un centro di elaborazione di fenomeni artistici in Galizia. Verso la metà del Duecento, durante il vescovado di Juan Arias, venne progettato per la cattedrale compostellana un nuovo capocroce gotico dipendente dalla fase rayonnante della cattedrale di León (Puente Miguez, 1985).A Santiago de Compostela si sostituì Orense, dove gli artisti, che verso il 1300 intervennero nella costruzione dei claustra nova della cattedrale, crearono lo stile gotico c.d. orensano (Moralejo Alvarez, 1975), la cui influenza giunse fino a Santiago de Compostela (San Fiz de Solovio, Santa María Salomé, La Corticella); essi contribuirono anche alla creazione di una tipologia di edificio mendicante ampiamente diffusa in G., i cui esempi più significativi sono Santo Domingo di Ribadavía, San Francisco di Orense e San Francisco a Pontevedra (Manso, 1993).A partire da allora e fino al primo terzo del sec. 15°, in coincidenza con il declino artistico della G., cantieri itineranti locali riprodussero modelli più antichi nei nuovi edifici mendicanti (Manso, 1993); queste costruzioni vennero incrementate dalla piccola nobiltà, che le scelse come luoghi di sepoltura (cappella maggiore di Santo Domingo de Bonaval a Santiago de Compostela, Santo Domingo di Pontevedra, Santo Domingo e San Francisco di Lugo). Nella cappella maggiore di San Francisco di Betanzos (La Coruña), con la rappresentazione di Fernán Pérez de Andrade, venne introdotta in G. la tipologia del giacente armato all'interno di un complesso programma iconografico di derivazione portoghese (Sánchez, in corso di stampa).L'influenza dell'architettura degli Ordini mendicanti è evidente anche in chiese parrocchiali quali quelle di Santa María del Azoque e di Santiago di Betanzos (La Coruña) e quella di San Martín di Noya (La Coruña); tuttavia gradualmente si optò per una variante a navata unica particolarmente diffusa nella prov. di La Coruña (parrocchie di Lage, Muxía, Corcubión, Santa María la Nueva di Noya, Santa Comba di Rianjo), tutte con un limitato lessico ornamentale (Caamaño Martinez, 1962; 1992).Carattere provinciale ha anche la produzione miniata, e i pochi manoscritti notevoli conservati non sono di produzione locale; non furono realizzate in G. nemmeno le opere di oreficeria che compongono i tesori ecclesiastici: la statuetta-reliquiario di S. Giacomo, il c.d. Santiago Coquatrix, che deve il suo nome al pellegrino francese che ne fece dono nel 1321 a Santiago de Compostela, uscì da una bottega parigina del sec. 14°; prodotto fuori dalla G. è anche il reliquiario detto della Vergine Abrideira, che la regina Violante regalò a Santa Clara di Allariz presso Celanova (Orense).
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