GALLIA CISALPINA (o Gallia Citerior, Κελτικὴ ἡ ἐντὸς "Αλπεων)
Si disse così in età romana, per contrapposto a Gallia trans Alpes o Transalpina, quella regione della penisola italica che rimane a settentrione della linea Ariminum-Pisae (Rimini-Pisa), dove giungeva, sino all'anno 90 a. C. e alla lex Iulia de civitate, l'Italia in senso stretto della parola. La Gallia Cisalpina fu - come si crede - organizzata a provincia da Silla, che per primo stabilì, secondo uno dei cardini della sua riforma, un confine politico fra l'Italia sottoposta alle magistrature ordinarie romane, dove un comando di truppe non doveva essere di regola tenuto, e la Gallia sottoposta per necessità a un magistrato fornito d'imperio proconsolare. Silla avrebbe anche portato il confine d'Italia dal fiume Aesis (l'Esino) al Rubicone, limite settentrionale del territorio di Rimini. Secondo altri l'organizzazione della Gallia Cisalpina a provincia sarebbe avvenuta in conseguenza della legge Vatinia che nel 59 a. C. assegnò a Cesare le provincie galliche; secondo altri, meno verosimilmente, nel 217 o nel 206 a. C. La provincia fu soppressa nel 42 a. C., dopo la battaglia di Filippi, quando il confine d'Italia fu portato al nord fino ai piedi delle Alpi e ad est dapprima sino al fiume Formio (odierno Risano poco a sud di Trieste), dipoi con Augusto sino al fiume Arsia (odierno Arsa) sul Quarnero.
Nell'età dell'indiscussa esistenza della provincia Gallia Cisalpina, e cioè dal 59 al 42, la provincia abbracciava approssimativamente il territorio dei Liguri e dei Galli Cisalpini, e il territorio dei Veneti: e cioè, per grandi linee, la regione a nord di Pisa lungo la costa del mar Ligure sino al limite del territorio dei Massalioti, il territorio a mezzogiorno del Po sino ai confini con le popolazioni dell'Etruria propriamente detta e dell'Umbria e sino al Rubicone, infine la regione a settentrione del Po a partire dai limiti orientali della colonia latina di Aquileia nel paese dei Carni e dalla Liquentia (od. Livenza, confine orientale del territorio dei Veneti) lungo il piede delle Alpi sino al mar Ligure. Il territorio a settentrione dei grandi laghi alpini e la Valtellina erano ancora indipendenti da Roma; e indipendente era la massima parte delle altre popolazioni alpine. I Salassi della Val d'Aosta furono sottomessi solo nel 25 a. C., e i popoli delle Alpi occidentali e centrali non entrarono nell'organizzazione politica di Roma prima del 15 o del 14 a. C. Per riferirci alla posteriore divisione augustea dell'Italia in undici regioni, possiamo dire che della Gallia Cisalpina facevano parte - nei limiti fino allora sottoposti ai Romani - le regioni VIII (Gallia cis Padum o Aemilia), IX (Liguria), X (Venetia et Histria), XI (Transpadana).
Per effetto della guerra combattuta nel secondo decennio del sec. III a. C. contro i Galli Senoni, i Romani sottomisero tutto il territorio dei Senoni dall'Aesis (Esino) sino al Rubicone. In tale territorio (divenuto ager publicus, e detto spesso ager gallicus romanus o semplicemente ager gallicus) fu subito dedotta la colonia romana di Sena Gallica, poi la colonia latina di Ariminum (268), infine le colonie di Aesis (247) e di Pisaurum (184). Il resto del territorio fu abbandonato alla libera occupazione, o ne fu fatta l'assegnazione viritana. Sgominate con la vittoria di Telamone (225) le tribù cisalpine dei Boi, dei Lingoni e degl'Insubri, e i Gesati transalpini, i Romani si assicurarono il controllo del Po fondando le due colonie latine di Piacenza e Cremona. Ridotti i Galli a federati dipendenti, e stretta alleanza coi Cenomani e coi Veneti, poterono esercitare un vero controllo sulla regione circumpadana, escluso il Piemonte e la Liguria. Dopo la seconda guerra punica, durante la quale Insubri e Boi erano passati ad Annibale, gl'Insubri vennero debellati (197), e i Boi in gran parte distrutti o scacciati (191). Nella regione dei Boi vennero dedotte la colonia latina di Bononia (189) e le colonie romane di Parma e di Mutina (183).
Intorno allo stesso tempo prima gli Apuani, poi le altre tribù liguri sino ai confini del territorio dei Massalioti vennero soggiogate; e in territorio già appartenente a Pisa venne fondata la colonia latina di Luca, e in paese apuano fu dedotta la colonia romana di Luna (177).
Nel 181 i Romani deducevano anche la colonia latina di Aquileia, sulla costa dei Carni, subito a oriente del paese dei Veneti.
Quando in dipendenza della guerra sociale e per effetto della lex Iulia de civitate (90 a. C.) e della lex Plautia Papiria (90-89 a. C.) le colonie latine divennero municipî romani, e la cittadinanza romana fu concessa anche alle città confederate, quasi tutta la Gallia a mezzogiorno del Po (l'espressione Gallia cispadana non fu mai adoperata dagli antichi) perveniva al diritto di città. Oltre alle colonie romane di Parma e di Mutina, e oltre alle colonie latine di Placentia e di Bononia, si erano infatti venuti costituendo tra il Po e il Rubicone, per effetto specialmente delle larghe assegnazioni viritane, numerosi centri romani che, per trovarsi di norma iscritti alla tribù Pollia, ci dànno un'idea dell'intensità della colonizzazione romana. Sono di fondazione romana e - per quei centri di cui la tribù è nota - iscritti alla Pollia i Fora Clodii, Cornelii, Druentinorum, Lepidi (più spesso detto Regium Lepidi), Licinii, Livii (?), Popilii, Forum Novum, e anche Claternae, Faventia, e, come sembra, Fidentia. In territorio romano erano altresì Tannetum, e, a cagione della sua ubicazione, certo anche Caesena. Tra le città confederate è soprattutto da ricordare Ravenna.
Ma nella Cisalpina a settentrione del Po (che fu detta di poi Italia transpadana e Regio Transpadana), pochi erano i centri romani, all'infuori delle antiche colonie latine di Cremona e di Aquileia, e oltre la colonia romana di Dertona (od. Tortona) fondata circa il 120 in territorio dei Liguri, e l'altra colonia romana di Eporedia (od. Ivrea) fondata nel 100, dopo la vittoria dei Campi Raudî; onde relativamente scarse erano le popolazioni che, pur dopo la lex Iulia de civitate, godevano dei diritti di città o della latinità (di Aquileia taluni credono che rimanesse colonia di diritto latino anche dopo la lex Iulia). Per venire incontro ai desiderî di tali popolazioni fu votata una lex Pompeia de Gallia citeriore che con una finzione giuridica trasformò in colonie di diritto latino quei comuni che avevano già un sufficiente grado di civiltà e di romanizzazione. Nel territorio dei veneti divennero colonie di diritto latino Ateste, Patavium, Vicetia; il territorio dei Cenomani divenne la colonia latina di Brixia, il territorio degli Orumbovii fu organizzato nella colonia di Bergomum, quello dei Boi alla sinistra del Po nella colonia di Laus Pompeia (od. Lodi), quello degli Insubri nella colonia di Mediolanum, quello dei Laevi nella colonia di Ticinum (od. Pavia); quello dei Vertamacori nella colonia di Novaria, quello dei Libici nella colonia di Vercellae; colonia di diritto latino divenne anche l'etrusca Mantua. Sulla destra del Po divennero colonie latine, nel territorio dei Liguri, Veleia (od. Velleia), Aquae Statiellae (od. Acqui), Albingaunum (od. Albenga) - centri rispettivamente dei territorî dei Veleiates, degli Statielli e degl'Ingauni - e senza dubbio anche Alba Pompeia (od. Alba), Genua (od. Genova), Tigullia, Libarna (od. Serravalle). Quanto ai distretti montani che non avevano raggiunto ancora un grado di cultura bastevole per essere organizzati a colonie latine, essi furono attribuiti o alle colonie latine di nuova formazione, o ai preesistenti comuni di diritto romano.
Finalmente nel 49 a. C. ai Transpadani fu conferito da Cesare il pieno diritto di città, come essi ardentemente desideravano.
Nel 42 a. C. la Gallia Cisalpina, riunita all'Italia, cessò di esistere come provincia. La denominazione Gallia Cisalpina rimase però ancora nell'uso corrente, secondo che indicherebbe l'intitolazione di una delle leggi che regolarono l'organizzazione dei nuovi municipî, e cioè la lex de Gallia Cisalpina, da taluni ritenuta posteriore al 42 a. C.
Bibl.: U. Pedroli, Roma e la Gallia Cisalpina, Torino 1893; U. Lauterbach, Untersuchungen zur Geschichte der Unterwefung Oberitaliens durch die Römer, Breslavia 1905; G. Oberziner, Le guerre di Augusto contro i popoli alpini, Roma 1900; G. Cardinali, in De Ruggiero, Dizionario epigrafico, IV (1926-1928), fasc. 3-4, pp. 92-113; K. J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino-Lipsia 1926, p. 612 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923, p. 410 segg.; Th. Mommsen, Römische Geschichte, II, p. 355 e note. Il paragrafo Gallia Cisalpina dell'articolo Italia, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., suppl. III, coll. 1259-1260 contiene più di una inesattezza.