SELVAGGI, Gaspare
– Nacque a Napoli il 13 gennaio 1763 da Michele e da Mariangela Angelucci, e aveva un fratello, Massimo, forse padre delle nipoti Giuseppa ed Elisabetta, uniche sue eredi.
Lo zio Giulio Lorenzo Selvaggi, sacerdote e autore di opere erudite, lo avviò alla carriera ecclesiastica nel liceo arcivescovile di Napoli dove insegnava. Nei Cenni necrologici (1857) si riporta che Gaspare «compì i suoi studi scientifici a scuola de’ dotti Antonio Febbraro ed Antonio de Martiis, e imparò la teologia sotto la direzione del tanto famigerato Andrea Simeoli» (p. 64). Nel Necrologio del 1856 si afferma che l’abate Selvaggi «si ordinò sacerdote»; ma a detta di Benedetto Croce (1947, p. 81) egli era «semplicemente diacono della chiesa napoletana» e non adottò mai uno stile di vita da religioso.
Erudito bibliofilo, musicista, collezionista e per alcuni anni rivoluzionario, Selvaggi fu una personalità di spicco nella vita culturale napoletana coeva. Il primo documento biografico su di lui è una lettera inviata nel dicembre del 1791 a Filippo Aurelio Visconti, bibliotecario della Vaticana, in cui Selvaggi mostra di muoversi già a suo agio tra eruditi e religiosi. Secondo il Necrologio del 1856, «preso da vaghezza di viaggiare, nel 1792 partì da Napoli. Fermatosi alcun poco a Londra, passò in Francia e per diciotto anni rimase a Parigi» (p. 282). A Napoli il giovane si era lasciato attrarre dai circoli rivoluzionari filofrancesi di Napoli, legandosi al capo dei cospiratori, Carlo Lauberg, che lo elogiava come suo «dottissimo amico» (Croce, 1947, p. 81). Il complotto fu scoperto nel marzo 1794, e da Parigi Selvaggi tenne rapporti con i patrioti napoletani e italiani. Durante la Repubblica napoletana del 1799 non rimpatriò, ma restò in contatto con i rivoluzionari napoletani e gli altri esuli italiani: una lettera di Francesco Salfi prova che Nicola Celentani, Filippo Buonarroti e Selvaggi erano a Parigi già prima del maggio 1796 (un mese dopo però furono tutti espulsi dalla città per aver indirizzato una lettera di protesta al Direttorio).
Nel periodo parigino compare il primo legame dell’abate con la musica. Croce indica documenti della polizia francese secondo cui Selvaggi viveva «con l’arte del pianoforte», dando lezioni di musica e componendo romanze (Parigi, Archives nationales, Police générale, affaires politiques, F1, 6474, cit. in Croce, 1935), e ha individuato nei Souvenirs (1843) di Louis-Mathieu Molé un episodio che lo coinvolse come maestro di musica di una nobildonna con la quale avrebbe avuto una relazione amorosa illecita. L’episodio avvenne nel 1802 a Sannois, nel salotto della signora d’Houdetot, dove la dama si era presentata al fianco di Selvaggi, descritto come un esule napoletano di bell’aspetto (Croce, 1947, p. 82). A detta di François-Joseph Fétis (1878), Selvaggi aveva studiato musica a Napoli dall’età di 14 anni con Nicola Zingarelli e poi con il maestro di questi, Alessandro Speranza, allievo del celebre Francesco Durante. Selvaggi sarebbe giunto a Parigi nel 1794 con «una preziosa collezione di libri e di musica antica» (p. 12) e per diciotto anni sarebbe vissuto di lezioni di canto e d’armonia.
A Parigi, a partire dal 1799, pubblicò sei raccolte di sei romanze l’una, presso gli editori Nadermann, Érard, Imbault; a sua volta l’editore napoletano Girard mandò in luce Sedici Ariette per camera con accompagnamento di Pianoforte o Arpa «composte dal dilettante G. Selvaggi». In tutto si conosce una trentina di sue composizioni, in manoscritti databili tra il 1790 e il 1813; quando giunse a Parigi, Selvaggi aveva già composto almeno tre canzoni su versi di Metastasio (1790) e cantate dedicate alla regina Maria Carolina di Napoli. Nel 1823 apparve a Napoli il suo Trattato di armonia ordinato con nuovo metodo.
Più che per i suoi lavori musicali, Selvaggi si è guadagnato un posto di rilievo nella storia della musica grazie alla vendita della sua collezione di rarità musicali, che sopravvivono nelle biblioteche nazionali di Londra e Parigi (cfr. Fabris, 2015). Nel 1811 vendette al Conservatoire national di Parigi 18 volumi contenenti 93 manoscritti musicali tutti di Durante, pagati ben 2400 franchi, per interessamento del bibliotecario Nicolas Roze, influente massone. Negli anni successivi, a Londra, poté vendere un altro lotto ancor più consistente di manoscritti a Charles Compton, marchese di Northampton (morto nel 1828).
Questa raccolta di 148 manoscritti, comprendente autografi e unica di autori come Alessandro Scarlatti, Niccolò Jommelli, Leonardo Leo, Leonardo Vinci, fu poi venduta da Anne-Jane Maclean-Clephane, erede del marchese, al British Museum (oggi British Library) nel 1843. Alcuni importanti libri di musica furono venduti singolarmente o a lotti da Selvaggi ad acquirenti diversi: quelli comprati da Fétis sono oggi nella Bibliothèque Royale di Bruxelles. Grazie a queste cessioni sopravvivono in tutto circa 250 opere di autori napoletani o attivi a Napoli. Selvaggi aveva organizzato la sua raccolta in sezioni monografiche, come provano i volumi di Parigi e di Londra dedicati a Durante (11 volumi), Nicola Antonio Porpora (19), Jommelli (8), Pasquale Cafaro (5), Leo, Giovanni Battista Pergolesi e così via. Una sezione ulteriore dedicata a Jommelli era stata affidata per la vendita a Parigi a Ferdinando Paer, che però non riuscì a esitarla e a lungo ricusò di restituirla.
Se Selvaggi si era potuto procurare una collezione musicale così ingente, lo si dovette a vicende legate al suo impegno di rivoluzionario. Il nome più frequente nella raccolta è quello di Durante: docente nel conservatorio di S. Maria di Loreto a Napoli dal 1742 al 1755, era stato il maestro di Speranza, a sua volta insegnante di Selvaggi: forse attraverso di lui l’allievo poté raccogliere l’archivio del conservatorio, estinto nel 1797, in vista di una vendita che sarebbe servita a finanziare i rivoluzionari. Le diciotto lettere inviate tra il 1817 e il 1838 da Selvaggi al patriota e libraio Nicola Basti a Parigi (cfr. Croce, 1947; Fabris, 2015) comprovano il perdurante legame con i vecchi compagni oltre che le sue competenze di bibliofilo.
Secondo la testimonianza di Giuseppe Sigismondo, nel 1811 Selvaggi lasciò Parigi e, trascorsi sei mesi a Londra, ritornò a Napoli con una parte consistente della sua raccolta musicale. Nel 1819 Sigismondo, allora archivista del Real Collegio di musica di Napoli, tentò inutilmente di far acquistare dall’istituto la collezione per 4000 ducati (ca. 1820, 2016, p. 194). Si trattava certamente della stessa cospicua raccolta musicale acquisita poi dal marchese di Northampton e approdata al British Museum.
Nel frattempo a Napoli, forse grazie all’intercessione del fratello Massimo, militare lealista, Selvaggi cominciò ad avere incarichi e a farsi conoscere come erudito in vari campi: dopo il trattato di musica, nel 1839 pubblicò una Grammatica generale filosofica (stroncata come antiquata sul Giornale letterario-scientifico modenese del 1840). Selvaggi figura tra i sottoscrittori della prima edizione italiana della Tavola Peutingeriana (1809), e fu più tardi affiliato alle accademie napoletane Pontaniana ed Ercolanea. Nel 1852 apparve la sua traduzione dal greco dell’Ippolito, parte di un’edizione completa delle tragedie di Euripide avviata fin dal 1818, ma non proseguita. Nel 1832 era stato nominato da Ferdinando II di Borbone segretario generale del ministero della Pubblica Istruzione (con stipendio di 43 ducati) e poi, dal 16 giugno 1848, direttore della Biblioteca borbonica.
Morì a Napoli il 31 marzo 1856.
Sebbene nelle lettere Selvaggi lamenti le proprie difficoltà finanziarie e il degrado culturale ch’egli aveva trovato rientrando a Napoli, continuò a comprare e vendere libri in una rete internazionale di bibliofili. Una lettera del 1818 lo collega a Francesco Reina, possessore di un importante codice musicale del Trecento (oggi alla Bibliothèque nationale di Parigi), mentre più tardi Selvaggi proponeva senza successo alla Biblioteca reale di Parigi l’acquisto per 5000 ducati di una Bibbia proveniente dalla biblioteca dei re aragonesi di Napoli. La sua nuova collezione, dedicata a testi rari di letteratura italiana, toccò i 9000 titoli, ma nel 1838 tentò invano di venderla, con il sogno di poter tornare a Parigi. Ne apparve un primo Catalogo nel 1830 e poi un secondo postumo nel 1859 (la biblioteca fu venduta in blocco per 16.000 lire). Subito dopo la morte, nel 1856 la nipote Giuseppa offrì a Francesco Florimo, bibliotecario nel conservatorio di Napoli, tutta la musica di Selvaggi ereditata. Nel 1893 l’altra nipote Elisabetta, rimasta unica erede, lasciò alla biblioteca ch’era stata diretta dallo zio un «dono Selvaggi» che comprende, oltre a lettere e libri, le schedine bibliografiche della sua raccolta letteraria. Nel primo Novecento un discendente, lo scrittore Eugenio Selvaggi, ritrovò in una casa a Martina Franca volumi provenienti dalla collezione di Gaspare e in parte riferita a più antichi membri della famiglia. Nel 1907 la duchessa d’Andria donò alla Biblioteca di Napoli un ritratto di Selvaggi firmato dalla pittrice Argia Ferrigni, andato distrutto durante i bombardamenti del 1943.
Lettere e documenti di Gaspare Selvaggi sono conservati a Roma, Biblioteca Angelica (ms. 2540/37); Napoli, Biblioteca della Società napoletana di storia patria (mss. XXVI.B.5), Biblioteca nazionale (Manoscritti e Rari, XI.AA.38) e Biblioteca del Conservatorio (ms.XIII.8.9/170); Parigi, Bibliothèque nationale de France (ms. Italien 1560). Alcune lettere furono pubblicate in Spigolature nel carteggio letterario e politico del marchese Luigi Dragonetti, a cura di Giulio Dragonetti, Firenze 1886, pp. 217-221.
Fonti e Bibl.: G. Sigismondo, Apoteosi della musica del Regno di Napoli [ca. 1820], a cura di C. Bacciagaluppi - G. Giovani - R. Mellace, Roma 2016, ad ind.; G. Castaldi, Della Regale Accademia ercolanese dalla sua fondazione sinora, Napoli 1840, pp. 236 s.; Lettere indiritte al marchese di Villarosa da diversi uomini illustri..., Napoli 1844, p. 119; [C. de Sterlich, Necrologio], in Cronica giornaliera delle due Sicilie, I, n. 6, marzo 1856, pp. 281 s.; F. De Luca, Società Reale Borbonica. Cenni necrologici de’ più chiari uomini che ne furono i componenti..., in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, LIX (1857), pp. 64 s.; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VIII, Paris 1878, p. 12; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, III, Napoli 1882, p. 245; B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799, Bari 1912, pp. 271 s., 298, 327; Id., Pagine sparse. Biografie, [Napoli 1920], Napoli 1942, p. 85; Id., La vita di un rivoluzionario. Carlo Lauberg, in La critica, XXXII (1934), pp. 259, 268; Id., Varietà di storia letteraria e civile, serie I, Bari 1935, p. 225; L.-M. Molé, Souvenirs d’un témoin de la Révolution et de l’Empire, Genève 1943, pp. 258 s.; B. Croce, G.S., in Quaderni della critica, 1947, vol. 3, n. 9, pp. 80-87; P. Onnis Rosa, Filippo Buonarroti e altri studi, Roma 1971, pp. 38, 52 s., 224; R. Cafiero, Una sintesi di scuole napoletane: il “Trattato di armonia” di G.S. (1823), in Studi musicali, XXX (2001), pp. 411-452; A. Caroccia, La corrispondenza salvata. Lettere di maestri e compositori a Francesco Florimo, Palermo 2004, p. 131; R. Cafiero, La trattatistica, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, Napoli 2009, pp. 595 s., 598-600, 602, 605, 625; D. Fabris, The collection and dissemination of Neapolitan music, c.1600-c.1790, in New approaches to Naples c.1500-c.1800. The power of place, a cura di M. Calaresu - H. Hills, Farnham 2013, pp. 116-118; G. Selvaggi, Apulia: storia di una biblioteca privata nel Salento, in Accademie & Biblioteche d’Italia, n.s. IX (2014), 3, 4, p. 46; D. Fabris, L’art de disperser sa collection: le cas du napolitain G. S., in Collectionner la musique, 3, Érudits collectionneurs, a cura di D. Herlin - C. Massip - V. De Wispelaere, Turnhout 2015, pp. 359-394; M. Micheletti, La fortuna del «Pompeo» di Alessandro Scarlatti, in Studi musicali, n.s., VI (2015), pp. 57-61; P. Saturno, Alessandro Speranza e sant’Alfonso Maria de’ Liguori: affinità musicali, discrepanze spirituali, in Alessandro Speranza e la musica sacra a Napoli nel Settecento, Atti del Convegno... 2015, a cura di A. Caroccia - M. Marino, Avellino 2016, pp. 158, 177.