GELA (XVI, p. 481)
La Piana di G., che finora dava una produzione agricola scarsa a causa dell'eccessiva aridità, ha visto migliorare le sue condizioni, in seguito alle pratiche irrigue, rese possibili mediante la creazione del lago artificiale del Disueri (superficie 100 ha; capacità 10 milioni m3), a 17 km da Gela. Tra le colture che hanno trovato condizioni favorevoli è quella del cotone. Recente è il rinvenimento nel sottosuolo di manifestazioni petrolifere da parte dell'AGIP, nei terreni della serie gessoso-zolfifera, in condizioni di difficile sfruttamento. Il porto, che aveva un movimento commerciale esiguo, è stato migliorato e in prossimità d'esso è sorta una raffineria di petrolio. Gli abitanti del centro (che di poco si differenziano da quelli del comune) sono aumentati da 43.678 nel 1951 a 52.542 nel dicembre 1959.
Archeologia. - Nuovi scavi sistematici sono stati condotti a G. a partire dal 1951, sotto la direzione di P. Griffo, D. Adamesteanu e P. Orlandini. Gli scavi eseguiti da P. Orsi (1900-1905) avevano permesso, grazie soprattutto all'esplorazione delle necropoli, di chiarire la storia e la topografia di G. dalla fondazione alla distruzione cartaginese (689-405 a. C.) e di recuperare il prezioso materiale archeologico oggi esposto al Museo Nazionale di Siracusa. I nuovi scavi interessano invece tutta l'area della collina di Gela e hanno permesso di delineare anche la seconda fase di vita della città, dalla ricostruzione di Timoleonte alla distruzione definitiva ad opera di Finzia (339-282 a. C.). Sull'acropoli si sta mettendo in luce un quartiere di case e botteghe di età timoleontea, fondato sui ruderi di piccoli edifici sacri anteriori al 405 a. C.; questi, a loro volta, poggiano su uno strato preistorico della prima metà del bronzo (1800-1400 a. C.). Importante il materiale rinvenuto sia nelle botteghe di età timoleontea, sia nei depositi votivi della fase precedente. Sul lato sud dell'acropoli sono stati completati alcuni scavi dell'Orsi; si è così rinvenuta la preziosa stipe votiva del tempio di Atena ed è stato possibile stabilire le misure del tempio dorico del 5° sec. a. C. (m 22 × 52).
All'estremità opposta della collina, in località Capo Soprano, sono state riportate alla luce le grandiose mura di pietra e mattoni crudi, rimaste sepolte per 2400 anni sotto 12 metri di sabbia; le scoperte recenti hanno permesso di stabilire che queste mura facevano parte della nuova cinta costruita al momento della ricolonizzazione timoleontea di Gela. Edificate con tecnica mista (parte inferiore in blocchi perfettamente squadrati; parte superiore in mattoni crudi di forma quadrata) queste mura furono sopraelevate due volte nel giro di pochi decennî per sfuggire al progressivo insabbiamento e infine vennero abbandonate dopo la distruzione del 282 a. C.; a causa di questi rifacimenti il muro raggiunge, in un punto, l'altezza di m 8,50. All'interno delle mura alcuni saggi hanno rivelato la presenza di un regolare quartiere di abitazione, probabilmente caserme, con basamento di pietre e alzato in mattoni crudi.
Al di fuori dell'acropoli e di Capo Soprano tutta la collina di G. è stata poi oggetto di scavi e saggi; sono state così identificate sette nuove aree sacre urbane ed extraurbane, una delle quali (sotto l'attuale municipio) è stata identificata per un santuario di Hera; in generale le tracce monumentali sono scarsissime; abbondante e rivelatore è invece il materiale architettonico e votivo: si ricordano soltanto le splendide antefisse sileniche di un sacello presso l'acropoli, il grandioso tesoro di oltre mille monete arcaiche d'argento rinvenuto nell'area di un santuario presso la moderna stazione o la stipe votiva recentemente trovata sul pendìo verso mare, ricca di preziose terracotte tardo-dedaliche e ioniche.
Nella zona del quartiere orientale ellenistico, presso Capo Soprano, sono state scavate alcune abitazioni private che hanno restituito prezioso materiale fittile, in particolare terracotte figurate. La più importante scoperta, in questa zona, è data da un impianto di bagni pubblici che risale alla fine del 4° o all'inizio del 3° sec. a. C.; esso è formato da due gruppi di vasche con impianto di riscaldamento sotterraneo, vero e proprio ipocausto di tipo ancora primitivo. È questo certamente il più antico stabilimento del genere che si conosca finora in Italia.
Altra fonte di scoperte sono state le cisterne e i pozzi greci sparsi su tutta l'area della collina; da due cisterne provengono infatti la famosa testa fittile di cavallo e i due capitelli ionici di arenaria, i primi della Sicilia. La scoperta di fornaci, con relativi depositi di rifiuto, ha permesso inoltre di stabilire le caratteristiche della ceramica locale dipinta, sia arcaica sia ellenistica. È stato inoltre ripreso lo scavo delle necropoli in alcune zone che non erano state esplorate dall'Orsi.
Dal punto di vista storico-topografico, fermi restando i limiti topografici e cronologici assegnati dall'Orsi alla città arcaica, possiamo dire che la nuova G., ricostruita da Timoleonte dopo il 339 a. C., si estese con i suoi quartieri oltre i limiti della polis arcaica, occupando a est l'antica acropoli e a ovest l'area delle necropoli, al riparo della nuova cinta di mura in pietra e mattoni crudi che circondava tutta la collina, sviluppandosi con un percorso di parecchi chilometri.
Gli scavi si sono estesi anche nel territorio circostante in varî centri, con interessanti risultati storico-archeologici. Il retroterra risulta infatti già densamente popolato quando sorse la colonia rodio-cretese, e l'influsso e la penetrazione di Gela si avvertono verso la metà del 7° sec. a. C. a M. S. Mauro, a M. Bubbonia, a Butera, a M. Desusino, a M. Saraceno, a Licata, dove alla ceramica indigena subentrano i vasi protocorinzî e le sepolture di tipo greco; nel 6° sec. sorgono poi are e sacelli con terrecotte architettoniche; a M. Bubbonia l'abitato presenta un impianto regolare. Durante il 6° sec. si ellenizzano anche i centri più lontani, come Vassallaggi, Gibilgabib, Sabucina, Capo d'Arso, M. Navone.
I caratteri indigeni sono comunque sempre affioranti anche attraverso il processo di ellenizzazione, e i bronzi e le oreficerie mostrano una fusione dì elementi indigeni ed ellenici. Più tardi, nel 5° sec., l'influsso ellenico penetra anche nei centri più interni, come Terravecchia, Cozzo Mususino, Balate. Particolarmente ricco di trovamenti è il santuario di Bitalemi, su una collina a est della foce del Gela, del 7°-5° sec. a. C., con statuette xoaniche, statuette di offerenti, ceramiche geometriche sicule, vasi di importazione e di fabbricazione locale.
A coronamento delle nuove scoperte è sorto, sull'acropoli di G., il nuovo Museo nazionale di Gela, che comprende un piano di esposizione ordinato topograficamente, il medagliere, un museo di seconda scelta riservato soprattutto agli studiosi, un magazzino razionalmente ordinato e un laboratorio di restauro. Il materiale esposto proviene da G. e dai varî centri scavati o esplorati del retroterra. I criterî di esposizione e i pannelli illustrativi permettono al visitatore di seguire facilmente le varie fasi e gli aspetti della civiltà geloa, la penetrazione di Gela verso l'interno dell'isola e la progressiva ellenizzazione delle città indigene. Vedi tav. f. t.
Bibl.: P. Vecellio, Il lago artificiale di Gela, in L'energia elettrica, 1949, pp. 416-27. Sugli scavi archeologici v.: D. Adamesteanu e P. Orlandini, Gela: scavi e scoperte 1951-1956, in Notize, Scavi, X (1956), pp. 203-401; P. Griffo, Gela preistorica ed ellenica, 2ª ed., Gela 1951; id., Il Museo nazionale di Gela, Agrigento 1958; D. Adamesteanu, in Archeologia Classica, V (1953), pp. 1-9 e 244-247; VI (1954), pp. 129-132; X (1958), pp. 9-13; in Revue Arch., XLIX (1957), pp. 20-46; P. Orlandini, varî articoli, in Archeologia Classica, V (1953), pp. 34-38; VI (1954), pp. 1-8 e 251-266; VIII (1956), pp. 1-10, 47; IX (1957), pp. 44-75 e 153-173; X (1958), pp. 240-242; in Boll. d'Arte, 1953, pp. 155-158; 1954, pp. 76-79; in Κώκαλος, II (1956), pp. 158-176; III (1957), pp. 94-97; IV (1958), pp. 24-30; in Römische Mitteilungen, LXIII (1956), pp. 140-154; LXVI (1959), pp. 97-103; P. Orlandini e D. Adamesteanu, Guida di Gela, Milano 1958.