BELLELLI, Gennaro
Nato a Napoli il 18 sett. 1812 da antica e agiata famiglia baronale, s'impiegò giovanissimo nell'anuninistrazione borbonica. Risulta noto alla polizia per aver prestato, assidua assistenza a Giuditta Bellerio Sidoli nel 1834-35 quando la donna, amata dal Mazzini, dimorò in Napoli; non risulta provata la sua appartenenza ai "Figliuoli della Giovine Italia". Protagonista, con P. Bracale, degli avvenimenti napoletani del 1837, venne arrestato assieme a C. Poerio, M. e C. Rosaroll, processato ed assolto.
Tra i primi insorti nei moti del 1848, il B. militò nell'ala sinistra del partito liberale. Eletto nell'aprile 1848 deputato di Salerno al Parlamento napoletano, svolse opera di collegamento tra il gruppo dei deputati democratici delle province e i comitati insurrezionali di piazza. Dopo i fatti del 15 maggio 1848 si rese latitante; il 20 ag. 1853 era condannato a morte in contumacia dalla Gran Corte criminale di Salerno. Nel maggio del 1849 fuggì a Marsiglia, dove si erano rifugiati i fratelli Plutino, R. Conforti, G. Carducci, G. Coppola, G. Caputo e molti altri scampati alla polizia borbonica; si recò quindi a Parigi, ove rimase pochi mesi, facendo poi ritorno in Italia, per stabilirsi a Firenze (1852-1860).
In queste città fu in contatto con l'emigrazione politica, avvicinandosi sempre più al programma cavouriano diffuso dalla Società nazionale. Ai primi del 1860 costituì a Firenze, assieme ad O. Tupputi, G. Malenchini e A. Vannucci, un comitato permanente di soccorso all'insurrezione siciliana.
Dopo l'avvento al trono di Francesco II, promulgata la costituzione e concessa l'amnistia generale per i reati politici (30 giugno 1860), il B. fece ritorno a Napoli, dove sbarcò alla fine del luglio 1860. Eletto segretario del Comitato dell'ordine, organo clandestino dei moderati cavouriani che tentavano di strappare l'iniziativa politica al rivale e democratico Comitato d'azione, contribuì a riannodare le fila del movimento, d'intesa con l'ambasciatore sardo S. Pes di Villamarina e con l'anuniraglio C. di Persano, comandante la squadra sarda nelle acque delle Due Sicilie.
Fallito il tentativo di fomentare in Napoli un'insurrezione, guidata dai moderati, prima dell'ingresso di Garibaldi in città (7 sett. 1860), in modo da conquistare il potere e da accelerare l'annessione incondizionata al Piemonte - che Garibaldi voleva invece rinviare, e forse negoziare, soltanto a compimento dell'impresa - il Comitato dell'ordine si limitò ad assicurarsi alcuni dicasteri dell'erígendo ministero della Dittatura. Il B. andò a reggere la direzione generale delle Poste e delle strade ferrate, importante per la lotta intrapresa, sin da quel momento, da grossi gruppi finanziari rivali che si contendevano le concessioni per la costruzione e l'esercizio delle ferrovie meridionali.
Nel breve periodo del governo dittatoriale assunse chiaramente posizione contro il segretario generale A. Bertani e non nascose a Garibaldi di essere tra i principali annessionisti ad oltranza. Ai primi del novembre 1860 si recò sulla frontiera d'Abruzzo per le accoglienze a Vittorio Emanuele II. Istituita la luogotenenza generale del re per le Province meridionali, venne confermato nell'ufficio e, come risulta dai carteggi cavouriani, si adoperò alacremente, d'intesa con C. Nigra, segretario generale della luogotenenza, per operare la fusione dei servizi cui era preposto con quelli dell'amnùnistrazione centrale. Recatosi a Torino nell'aprile del 1861, ultimava il passaggio delle consegne.
Nominato il 20 genn. 1861 a far parte del Senato, del cui ufficio di presidenza fu segretario, non poté partecipare assiduamente ai lavori parlamentari per la malferma salute. Morì a Napoli il 21 marzo 1864.
Fonti e Bibl.: Sulla presunta appartenenza del B. ai "Figliuoli della Giovine Italia" e sui contatti da lui avuti con gli ambienti mazziniani, cfr. G. Paladino, B. Musolino, L. Settembrini e i Figliuoli della Giovane Italia, in Rass. stor. del Risorg., X(1923), p. 845; sulla partecipazione al complotto del 1837, cfr. Id., Gli avvenimenti napol. del 1837, ibid., XVII(1930), pp. 200 s.; sulla elezione ed attività al parlamento napoletano, cfr. Id., Il 15 maggio del 1848, Roma 1921, pp. 272 s., 373, 378, 456, 478 s., 511, nonché Le Assemblee del Risorg., X-XI, Napoli, Roma 1911, passim; sul periodo dell'esilio, cfr. M. Mazziotti, La reazione borbonica nel Regno di Napoli, Milano-Roma-Napoli, 1912, pp. 2, 54, 116, 121-123, 304-311, 346, 372, 385, 416; sull'attività politica durante la crisi del 1860 cfr., oltre i Carteggi di Camillo Cavour..., Indice generale, Bologna 1961, p. 16; R. De Cesare, La fine di un regno, Città di Castello 1909, I, p. 417; II, p. 323, e D. Mack Smith, Garibaldi e Cavour nel 1860, Torino 1958, p. 201.